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L’operazione all’anca riuscì bene e già il giorno dopo Irma era stata trasferita all’ospedale di Laakso per la riabilitazione. Non le erano state impiantate delle viti, le aveva spiegato una gentile infermiera egiziana, ma solo un grosso chiodo sulla parte alta della coscia. Irma diceva di sentire quel coso pungere, ma Siiri non credeva che agli anziani piantassero dei ferri appuntiti.
«E quando fumo, ho la strana sensazione di sentirlo brillare!»
«Perché, ti sei messa a fumare qui in ospedale?» chiese Siiri senza però voler sembrare petulante.
«Solo un pochino. Insomma, qui non c’è niente da fare.»
Il chiodo scintillante di Irma era in titanio, un materiale molto prezioso. Avrebbe raccontato anche di quel colpo di fortuna ai suoi tesorini, in modo che, quando fosse arrivato il momento, potessero chiedere al personale delle onoranze funebri di toglierglielo per tenerlo come ricordo, e magari usarlo per la mensola del caminetto nella casetta di campagna. Se fossero arrivati tempi difficili, avrebbero potuto rivendere i suoi pezzi di ricambio: il chiodo in titanio e anche l’otturazione d’oro di un dente, sarebbe stato un peccato che andasse in cenere insieme alle ossa. Avrebbero detto “non buttiamo l’oro con l’urna” invece di tirare in ballo bambini e acqua sporca.
Siiri aveva portato con sé la documentazione medica di Irma, con le sue tremende annotazioni, ma non aveva avuto il coraggio di mostrargliela. Avevano passato in rassegna quasi tutti gli eventi degli ultimi tempi alla residenza, dall’incendio alle banconote stropicciate, ma quella era una questione troppo delicata da affrontare. Tuttavia, Irma aveva già compreso che la sua demenza era stata provocata dai farmaci.
Per evitare argomenti spiacevoli, Siiri le raccontò di Anna-Liisa e dell’ambasciatore. Il soggetto era spassoso, Irma non riusciva a starsene ferma e si rigirava nel letto, e tutt’a un tratto si ricordò di una sua cugina che si era sposata per la prima volta a ottantasette anni con il suo primo amore di gioventù, dopo aver atteso per sessantacinque anni che diventasse vedovo.
«Un po’ come aveva fatto Solveig in fondo al fiordo, anche se il marito di mia cugina non era una canaglia come Peer Gynt.»
Avevano organizzato un vero matrimonio, con la cerimonia in duomo e una grande festa, proprio come se a sposarsi fossero stati due ragazzi. C’erano stati il valzer, il taglio della torta, il lancio del bouquet e il rapimento della sposa. E al termine della cena, lo sposo ottantanovenne aveva cantato la serenata alla sua mogliettina.
«Pensa se riuscissimo a organizzare una festa del genere anche al Lieto Tramonto! Certo, per la funzione dovremo evitare la chiesa di Munkkiniemi, se non vogliamo che la sposa rotoli giù con il girello fino all’altare.»
Il buonumore di Irma contagiò rapidamente Siiri anche se, all’inizio della loro storia, era rimasta turbata dal grande amore di Anna-Liisa. Con sua sorpresa, si era accorta di disapprovarlo. Le era parso sconveniente andarsene in giro ad amoreggiare mentre tutt’intorno accadevano così tante cose orribili. Ma ora, chiacchierando con Irma, il sentimento tra quei due le apparve come una cosa bella.
«Perché mai dovremmo vivere da soli, ricordare il passato e piangere i consorti morti tanto tempo fa? Anche i vecchi devono poter cogliere l’attimo e innamorarsi e godere della compagnia di qualcuno, nel senso che...» Irma si fermò un attimo. «Ecco, non so, nella relazione di Anna-Liisa e Onni c’è proprio tutto tutto... Tu che dici? Si saranno perlomeno baciati?»
Ci ragionarono un po’ su e giunsero alla conclusione che si fossero di sicuro baciati, ma non vollero indagare oltre sulla faccenda. Dopo un momento di imbarazzato silenzio, Irma ricordò un altro dei suoi cugini, che era già morto ma che anche Siiri aveva incontrato varie volte. Era rimasto vedovo. La sua giovane quarta moglie era caduta in una depressione così profonda a causa della vecchiaia del marito, che era saltata giù dal balcone. E allora l’uomo aveva messo gli occhi su Irma, cominciando a piombare spesso al Lieto Tramonto.
«A volte con Einar bevevamo un po’ di vino rosso. E quando finiva, andava sempre a prenderne un cartone nuovo da Alko a Munkkivuori. All’improvviso si metteva a correre, era in buona forma fisica, come Kekkonen, e ha giocato a pallavolo fino alla morte. Ah già! Ma non era Kekkonen che giocava a pallavolo, ma Koivisto. A ogni modo, Einar correva sempre a prendere dell’altro vino da Alko e io nel frattempo schiacciavo un pisolino e recuperavo le forze. Ma poi una volta, quando finalmente se ne stava andando dopo aver bevuto tutto quel vino, all’improvviso mi baciò, esattamente come fa un uomo, come il mio Veikko. Andai completamente in confusione, non fu affatto gradevole. E qualche settimana dopo morì, il povero Einar, almeno un po’ più felice, si spera.»
Siiri stava così volentieri sul bordo del letto di Irma che non aveva mai alcuna fretta di andarsene. Giorno dopo giorno, l’amica tornava sempre più a essere se stessa, e presto si sarebbero ritrovate di nuovo insieme al Lieto Tramonto a mangiare pasticcio di fegato e riso un po’ rancido. Quello era già il quarto ospedale per Irma, dopo che l’incendio l’aveva salvata dal reparto d’isolamento, e tutte e due pensavano che fosse molto interessante avere la possibilità di conoscere così tante strutture ospedaliere di Helsinki.
«Prima l’Hilton, poi il Suursuo, poi a Töölö e ora a Laakso... sì, è vero, sono quattro. Il cibo migliore era a Töölö, le camicie da notte sono gli stessi stracci ovunque e dappertutto ci sono infermieri incredibilmente gentili. Anche se, in verità, non ricordo nulla né dell’Hilton né del Suursuo, ma di certo anche lì sono stati carini con me.»
Chi mai non sarebbe gentile e cortese con Irma, pensò Siiri. Le erano così mancati il suo “tic tac tic tac” e i cugini e tutte quelle cosucce divertenti che avevano in comune, che si sentiva inebriata dalla sua guarigione, tanto quanto Anna-Liisa dal suo Onni.
Non appena Irma cominciò a essere stanca, Siiri a passo leggero lasciò l’ospedale e, per puro diletto, prese il 4 nella direzione opposta, verso il centro, per fare un salutino al vecchio deposito dei tram e, dopo aver girato con il 3 per i quartieri di Töölö e Kamppi, si diresse verso casa a Munkkiniemi. All’altezza della scuola per infermiere, ebbe l’impressione che sulla sua stessa carrozza ci fosse Erkki Hiukkanen, proprio dietro di lei, sull’altro lato. Non osò girarsi a guardare. L’assalì una sgradevole inquietudine, in un attimo tutto l’allegro brusio sparì. Era una coincidenza che quell’uomo si trovasse sempre sul suo percorso? E da quando aveva cominciato ad andarsene in giro per la città in tram?
Uscita dall’ascensore, si avviò verso il suo appartamento, e proprio allora incrociò nel corridoio la caporeparto. Camminava a passi veloci e con le labbra strettissime, la salutò a malapena. Toltasi la giacca, il cappello e le scarpe, Siiri andò in cucina. Posò la borsa sul tavolo, accanto al portapillole, e raggelò. Quell’affare era sul tavolo e la fissava. Era sicura di non averlo lasciato lì. Appoggiava sempre quello stupido portapillole sul mobile del lavello, perché da lì era facile nascondere le pasticche nella dispensa, e così aveva fatto anche quella mattina, ci poteva giurare. Adesso però era stato spostato ed era colmo tanto che erano stati adoperati persino gli scomparti supplementari. Virpi era entrata nel suo appartamento e l’aveva riempito, proprio come aveva sospettato vedendola.