30
Anna-Liisa e Siiri erano sedute sul tram numero 3 dirette verso il quartiere di Eira. Siiri cercava di descrivere le sue visite a Irma, ma i suoi racconti erano piuttosto confusi. Dopo essersi ripresa dallo shock della prima, era tornata da lei due o tre volte almeno ogni settimana.
«Non mi ha mai riconosciuto. Non ho il permesso di portarla fuori né di farla camminare.»
«Sta sempre sulla carrozzella? Eppure non è paralizzata.»
Tutti i pazienti erano legati al letto o alla sedia, era più facile gestirli. All’ora dei pasti venivano portati a tavola uno alla volta, sempre legati. Un’unica infermiera ne imboccava dodici. Un paio di cucchiai di purè di patate tiepido e, se qualcuno non capiva che era ora di mangiare, l’infermiera concludeva che non aveva fame e lo riportava nella sua stanza a fissare la parete. Quando Siiri aveva provato a dare da mangiare a Irma, erano intervenuti alla svelta. Era un lavoro da infermiere specializzate, non lo poteva fare chiunque. Se si fosse messa a imboccare Irma, avrebbe ostacolato il suo processo di guarigione, così le avevano detto.
«Il processo di guarigione? Ma guarda tu che faccia tosta!» sbraitò Anna-Liisa. «Si sa che nel reparto d’isolamento nemmeno ci provano a guarire qualcuno. Si limitano a conservarli fino al momento del crematorio.»
Ogni giorno c’era un’infermiera diversa, sempre e soltanto una. Spesso si trattava di un’immigrata che parlava male il finlandese. Se ne stava seduta nella guardiola sorseggiando un caffè e sfogliando qualche rivista. Lì dentro Siiri non aveva mai visto nessuno trascorrere del tempo insieme ai pazienti.
Sul giornale aveva letto spesso di cliniche dove agli anziani facevano massaggi e manicure, e il personale beveva assieme a loro il caffè in splendide tazze. Il reparto d’isolamento del Lieto Tramonto era tutt’altra cosa. Siiri era l’unica visitatrice: chi mai poteva desiderare di metterci piede? Era sconfortante, faceva sentire in colpa. Tuula era convinta che sua madre non fosse in grado di provare nostalgia per lei. Ma come poteva essere vero? Tutto il tempo c’era chi, dalla propria stanza, gridava «aiuto!», «aiutatemi!», ma le infermiere facevano finta di niente. Parlavano dei pazienti usando i numeri.
«Il letto sette? Urla sempre, ma non ha nulla. Il pannolone gli è stato cambiato stamattina.»
Siiri e Anna-Liisa attraversarono Eira senza scambiarsi una parola. Prima o poi sarebbero dovute scendere per prendere l’1A, la linea più a nord del pianeta, in direzione di Käpylä. Da molto tempo Siiri non andava in quel quartiere con le sue antiche case di legno. Come gita nella natura le sarebbe bastata. Non era certo un’amante della campagna, almeno non tanto quanto Irma che, solo l’estate prima, aveva voluto a tutti i costi andare fin fuori città per sedersi sulla veranda della sua casetta.
Tuukka, il fidanzato della figlia di sua nipote, aveva chiamato Siiri un paio di giorni prima. Sosteneva che la situazione era diventata preoccupante e le aveva chiesto se per caso avesse recentemente richiesto qualche manutenzione di una certa importanza. Siiri era caduta dalle nuvole. Temeva di aver nuovamente scordato qualcosa e non ebbe il coraggio di dire nulla. Era arrivata alla conclusione che fosse meglio tacere anziché rivelare le proprie dimenticanze.
«Ti hanno addebitato centinaia di euro per la riparazione dello scarico, ogni due settimane continuano a prelevarti il pagamento delle pulizie e per di più, dallo scorso ottobre, hai iniziato a pagare una retta maggiorata. Ne sai qualcosa?»
Non ne sapeva niente, o non lo ricordava. Tuukka era stato gentile, le aveva promesso di versare un po’ di soldi sul suo conto, così avrebbe evitato di andare sotto e di cacciarsi in un impiccio. La suocera di Irma diceva sempre che quando i soldi finivano all’improvviso, allora ci si trovava negli “impicci”. E se l’emergenza diventava davvero molto grave, ordinava alla nuora di andare a prendere le patate dai Valtonen, i loro vicini, dei contadini che aiutavano i Lännenleimu nei momenti di difficoltà.
Siiri parlò ad Anna-Liisa della telefonata di Tuukka e delle spese per la riparazione, ma le sembrò che l’amica non fosse interessata. Per quasi tutto il viaggio era rimasta in silenzio. Quando però il tram raggiunse la piazza del Mercato, Anna-Liisa la prese sottobraccio e l’attirò a sé. Siiri si stupì della forza con cui le strinse la mano, proprio come suo marito sul letto di morte, quando lei ormai credeva che non avesse più alcuna energia in corpo. Fissandola negli occhi, come se stesse rivelando un segreto di Stato, Anna-Liisa le disse: «Dobbiamo andarci. Insieme. Di notte.»