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«Quale pacchetto?» chiese Irma mentre cenavano da Siiri. Aveva riscaldato delle frittelle di sanguinaccio, spesso in offerta all’Altalepa. Con una sola confezione due persone potevano mangiare in abbondanza, e con la marmellata di mirtilli rossi avevano un sapore delizioso.

Anche Irma aveva schiacciato un riposino, e meno male, perché se avesse continuato a bere whisky e vino rosso sin dalla mattina, chissà come sarebbe andata a finire. Non ricordava che cosa fosse successo quel mattino e Siiri le rispiegò tutto daccapo. Quando le raccontò del suo ingresso nell’ufficio di Virpi e dell’aritmia, Irma si arrabbiò sul serio. Riteneva scandaloso che in una residenza per anziani lavorassero persone a cui non interessava per nulla il benessere degli inquilini.

«È illegale lasciare un’anziana svenuta sul pavimento!» esclamò nel suo falsetto acuto, quasi cantasse. «E poi ti dicono che non c’è niente di cui preoccuparsi.»

«Non credo che esista una legge» provò a calmarla Siiri, ma l’impeto di Irma non si placò.

«Ma certo, senz’altro ne hanno fatta una a tutela della sicurezza degli anziani. Dopotutto esistono regole severe persino per le passeggiate all’aperto dei maiali. Ho letto sul giornale che devono uscire quotidianamente. Se si muovono poco all’aria aperta, le zampe ne risentono. Non è divertente?»

Rise allegra, si soffiò il naso nel fazzoletto di pizzo e rimase a riflettere.

«Se gli anziani si potessero addestrare come cercatori di tartufi, si prenderebbero due mosche in un colpo solo. Ma che dico? Due moccocacca! Gli anziani e i maiali potrebbero passeggiare insieme, nel bosco, e troverebbero anche i tartufi, ed ecco che diventano tre moccocacca in un colpo solo! Ma magari troverebbero anche altri funghi, a quanto pare nessuno distingue più una russula da uno steccherino. Anche i tartufi sono funghi?»

Siiri non ne era sicura e Irma continuò a chiacchierare a vanvera. Una volta, con suo marito a Praga aveva mangiato dei tartufi, la cameriera aveva misurato la loro porzione su una bilancina e avevano pagato in base al peso. Sospirò profondamente, per un attimo aveva sentito nostalgia di Veikko, ma tornò subito in sé ricordandosi all’improvviso di che cosa stavano parlando.

«Dobbiamo presentare un reclamo contro Virpi Hiukkanen. Hai carta e penna?»

Prima ancora che Siiri riuscisse a rispondere, Irma stava già scavando nei cassetti dove trovò delle vecchie fotografie.

«Chi è questa bella donna?» chiese mentre osservava una foto dell’amica in divisa da ausiliaria.

Siiri le diede carta e penna e le domandò a quale ufficio secondo lei dovessero indirizzare il reclamo.

«Dovrà pur essercene uno» disse Irma risoluta, informandola che al momento avrebbero scritto alla direzione. «Sono sicura che esiste. E non intendo prendere sul serio quel responsabile della qualità con l’ufficio al Mercato del pesce.»

Per scrivere si sedette al tavolo da pranzo. Di tanto in tanto chiedeva qualcosa a Siiri, che però non sapeva risponderle.

«Per quanto tempo sei rimasta priva di sensi sul pavimento? Virpi ha dato la colpa a te per quel pacchetto? Hai chiesto aiuto prima di perdere conoscenza? Ti hanno mai diagnosticato delle aritmie?»

Alla fine il reclamo risultò molto pertinente. Siiri era fiera di Irma: aveva ragione, nessuno doveva rimanere vittima di un trattamento del genere in una residenza per anziani. E neppure altrove, se è per questo.

«Se per strada ci fosse una donna svenuta, tu le passeresti sopra?» chiese Irma guardandola con occhi fiammeggianti per la rabbia di quell’ingiustizia.

Erano convinte che la direzione sarebbe intervenuta. Sullo scaffale della libreria di Siiri ritrovarono il fascicolo informativo della residenza, un faldone blu distribuito a tutti. Lì si diceva che la residenza era di proprietà della Fondazione amorevoli cure per gli anziani, nel cui consiglio sedevano quattro persone, a loro sconosciute, oltre a Virpi Hiukkanen.

«Com’è possibile che sia il capo di se stessa?» si meravigliò Irma.

Decisero di scrivere quattro lettere di reclamo distinte e di spedirle di persona ai membri della direzione. Siiri conservava ancora buste e francobolli dal Natale precedente.

«Francobolli di Babbo Natale? Sei sicura che siano ancora validi?» domandò Irma. C’era stampato sopra “Prima classe”, dovevano andare bene per forza, anche se raffiguravano dei folletti. Riscrivere la stessa lettera per altre tre volte era un gran lavoro, ma Siiri preparò del caffè solubile e, appena tirò fuori il vino rosso, Irma si sentì subito meglio.

“Persona anziana abbandonata senza aiuto” era il titolo del reclamo. La lettera descriveva cos’era successo, dove e quando, e alla fine veniva richiesto un veloce chiarimento, oltre a delle scuse. Siiri temeva l’ultimo punto. Sarebbe stato sgradevole se Virpi fosse andata a scusarsi con lei, di certo non sarebbe stata sinceramente dispiaciuta, e c’era anche la possibilità che l’abbracciasse in segno di pentimento. Sarebbe stato ben più tremendo degli insistenti abbracci di Sinikka Sundström. La caporeparto era una donna dura e ossuta. Era strano doversi sempre abbracciare anziché stringersi la mano. Anche il figlio di Siiri, quello morto per obesità, stava sempre ad abbracciare tutti sebbene non riuscisse nemmeno a cingere la propria pancia con le braccia. Ma quanto era carino da bambino! Lo ricordava seduto nel suo passeggino bianco. Sorrideva, sorrideva sempre. Se piangeva non gridava. Grossi lacrimoni gli scendevano lungo le guance, ma restava in silenzio e pareva un angelo.

«Io credo nel perdono. Il Nuovo Testamento in questo è molto meglio del Vecchio» disse Irma senza però andare oltre, perché sapeva che a Siiri quelle cose non interessavano.

Uscirono subito dopo aver finito di scrivere le lettere per andare a spedirle alla posta centrale. Con grande sorpresa di Siiri, fu Irma a proporre di prendere il tramtram.

«Lettere come queste non si possono lasciare nella cassetta postale della residenza. Virpi potrebbe aprirle e leggerle. Non mi fido di quella donna, e nemmeno di suo marito.»

La posta centrale, accanto alla stazione, era piena zeppa di cose inutili: gnomi natalizi, tazze per il caffè, canovacci da cucina, portachiavi, era difficile trovare la cassetta per la corrispondenza in partenza.

«Scusi, è possibile spedire delle lettere come si faceva un tempo?» chiese Irma a una giovane impiegata seduta dietro le barrette di cioccolata e i ciondoli catarifrangenti.

«Può lasciarle qui» si sentirono rispondere.

Affidarono le quattro buste alla signorina, si guardarono intorno e considerarono se quella fosse ancora la sede principale delle poste, se fosse possibile che lo stesso architetto avesse disegnato sia quell’edificio sia lo stadio del nuoto, se la posta centrale fosse più efficiente delle altre, se ci fosse ancora bisogno di un ufficio del genere, per chiedersi infine come mai quella sede delle poste non fosse ancora stata trasferita da qualche altra parte, ad esempio nella periferia di Pasila, dove c’era anche la biblioteca centrale. Poi si accorsero che anche lì c’era una biblioteca e vi entrarono per leggere i quotidiani. Sui giornali non trovarono però nulla d’interessante, solo giovani ministri donne che si lagnavano, interviste a personaggi sconosciuti e qualche lettera dei lettori sulla pessima assistenza agli anziani. A quel punto, Siiri convinse Irma a fare un altro giro sul 6. Prima però dovettero ovviamente prendere il 10, fortunatamente per una sola fermata. Lì dentro c’era una puzza che a Irma dava il voltastomaco.

«È sicuramente mirra, quella dei Re Magi» disse, e canticchiò in falsetto: «E abbiamo portato incenso, oro e mirra, in dono al re di-vin. Di-vin.»

Siiri era contenta perché vedeva Irma di buon umore e cantò con lei senza sentirsi in imbarazzo. Nei tram si incontrava così tanta gente strana che due nonnine canterine si adattavano perfettamente al contesto. Sapeva che in una bella giornata di sole come quella, Irma sarebbe rimasta incantata dal Bulevardi e da come il tram, superata piazza Hietalahti, avrebbe girato per un intero isolato percorrendo il lungomare.

Irma, infatti, elogiò ad alta voce i vecchi edifici sul Bulevardi, gli stessi che per il gusto di Siiri risultavano troppo imponenti. Le piacevano i palazzi più moderni e lineari, ma affacciati su quel viale ce n’erano pochi. Uno aveva dei bellissimi balconi, ampi e davvero particolari.

«Intendi quel palazzo funzionalista color verde marcio? Ma è terribilmente brutto!» strillò Irma, che iniziò a sospirare alla vista del vecchio Teatro dell’Opera e a canticchiare a labbra strette l’aria di Cherubino, finché non raggiunsero la piazza. Secondo lei, la sede dell’Istituto Tecnico era più bella del palazzo presidenziale, e per un attimo si chiesero per quale ragione quest’ultimo venisse chiamato “il castello”, malgrado le dimensioni non proprio notevoli.

«Oddio, ma hanno trasformato anche questa piazza in un parcheggio?» gridò Irma.

«Sì, e nel mercato coperto vendono antiquariato e non più cibo» aggiunse Siiri.

«Hai notato come l’antiquariato sia diventato un passatempo da imbecilli? Vasi e sgabelli di tutti i giorni venduti come fossero pezzi antichi. Però Wenzel Hagelstam rimane un antiquario fantastico. Speriamo che non chiudano mai il suo programma. Se lo fanno, telefono alla radio. Lo danno su Yleisradio, vero? Ah già, mi pare però che adesso ci sia un altro conduttore. Che peccato!»

Irma parlò ininterrottamente per tutto il viaggio, andata e ritorno. Dopo il 6 avevano di nuovo preso il 10 e all’altezza del vecchio deposito dei tram erano salite sul 4. Irma aveva decantato a lungo quell’antica rimessa e sembrava che non avrebbe mai smesso. Prima invece aveva inveito contro lo stato di abbandono del vecchio edificio della Fiera, per poi passare a criticare il trucco pesante di due ragazze definendolo, a voce troppo alta, “sudicio”. Per fortuna le cuffie avevano evitato che quelle sentissero. Stavano ascoltando la loro musica a volume altissimo, tanto alto che i bassi si avvertivano in tutta la carrozza.

Giunte nei pressi della scuola per infermieri, Irma si zittì per un istante, guardò Siiri e le chiese: «Scusa, tu chi sei?» Siiri non capì cosa volesse dire. Rispose di essere una badante di Kuopio, discendente di Napoleone, ma Irma non rise, assunse un’aria pensosa e domandò dove la stesse portando.

«A casa, Irma» disse Siiri, e percepì con dolente chiarezza che il ritmo del suo cuore si faceva irregolare. Cominciò a sudare. Allarmata, le prese la mano e provò a mostrarsi tranquilla. «Io sono la tua buona amica Siiri Kettunen e ti sto portando al nostro Lieto Tramonto.»

Negli occhi di Irma ritornò il sorriso. «Tic tac, tic tac, tic tac.»

Era tornata in sé e ricominciò a sparare tutto quello che le passava per la testa. Siiri però non riusciva ad ascoltarla. Si domandava inquieta se gli improvvisi momenti di confusione dell’amica fossero dovuti alla vecchiaia, o a qualcosa di cui preoccuparsi. E se mai fosse capitato anche a lei, sarebbe stata in grado di rendersene conto?