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Fu una sorpresa trovare la dottoressa Tuula, la figlia di Irma messa al mondo di proposito, con l’aria spaesata nel corridoio dell’ultimo piano della scala A. Siiri ci mise un po’ a riconoscerla, erano passati anni dall’ultima volta che si erano viste. Aveva i capelli grigi con ciocche rosso fuoco ed era anche ingrassata. Portava pesanti occhiali con le stanghette di plastica, sulla cui montatura erano disegnate le stesse fiamme rosse che aveva in testa.
«Zia Siiri, che piacere vederti! Sono nel posto giusto?»
La strinse così forte che per un attimo Siiri pensò che davvero sentisse la mancanza di sua madre. Ma era probabilmente un’illusione.
«Non ricordo più, dov’è che si trova l’appartamento della mamma? Ah! Hai sentito che cosa le è successo dopo quel terribile incendio?»
Siiri era all’oscuro di tutto. Aveva pensato a Irma ogni giorno, si era preoccupata per lei più che per chiunque altro in vita sua. Ne aveva viste di cotte e di crude, ma nulla di così ingarbugliato.
«Stai a sentire!»
La figlia di Irma si mise a parlare a distanza fastidiosamente ravvicinata. Lei provava a spostarsi di lato, ma Tuula continuava a tallonarla, fino a quando Siiri si trovò con la parete alle spalle.
«I pazienti del reparto d’isolamento sono stati portati al pronto soccorso dell’ospedale Haartman. Da lì gran parte avrebbe dovuto essere dimessa il giorno dopo ma, poiché il reparto era andato in fumo e al Lieto Tramonto non c’era posto, in un primo momento dissero che bisognava trovare una sistemazione provvisoria» iniziò a raccontare Tuula come se stesse leggendo una relazione stilata da lei stessa. Con “sistemazione provvisoria” si intendeva una soluzione temporanea, un dormitorio o qualcosa di simile, posti in cui potevano essere alloggiati studenti o pazienti fino a quando gli edifici da ristrutturare non fossero stati rimessi a posto.
«La faccenda si è complicata, poiché quei dementi gravi non sono a carico della residenza Villa del Lieto Tramonto, ma di competenza dell’assistenza sanitaria comunale. La direttrice Sundström, messa a fuoco la questione, si è sentita decisamente sollevata!»
«Negli ultimi tempi mi è parsa tutt’altro che sollevata.»
«Be’, a me ha raccontato di non essere riuscita a dormire per due notti, prima di capire che per i suoi quattordici clienti affetti da demenza toccava al Comune trovare una sistemazione. Nella sua sfera di competenza rientrano invece le questioni assicurative, oltre che, ovviamente, rimettere in sesto il prima possibile il reparto distrutto. Hanno già iniziato la ristrutturazione?»
Siiri non lo sapeva, da giorni non scendeva in salottino. Non riusciva a distogliere lo sguardo dal grosso neo sotto l’occhio destro di Tuula, da cui spuntava un pelo nero.
«Allora, senti un po’ cosa succede al gruppo di dementi del Lieto Tramonto... Dal pronto soccorso di Haartman sono stati trasferiti all’ospedale Suursuo, a eccezione di una donna che è morta nel reparto terapia intensiva del Meilahti per le ferite riportate nell’incendio. Era una piuttosto giovane, della mia età. Ne restano dunque solo tredici da sistemare.»
«Morta?»
Siiri si trascinò fino alla sedia accanto all’ascensore. Aveva la sensazione di trovarsi nel pieno di uno show. Il tono di voce di Tuula era simile a quello della madre, intervallato da acuti, e anche lei gesticolava. Ma era un’altra persona, un’estranea.
«È incredibile, no? Non puoi immaginare.» Fece una pausa piena di pathos e sedette su una sedia accanto a Siiri. «Ascolta. Al Suursuo solitamente ricoverano i pazienti affetti da demenza autoinflitta, come gli alcolizzati senzatetto, che non possono essere lasciati in mezzo a una strada perché hanno gravi disordini funzionali e di memoria. Si dà il caso che conosca la situazione molto bene, anche se non ci sono mai stata, o quantomeno non ci ho lavorato. Le orecchie sono un settore sicuro, pazienti pediatrici e qualche caso interessante.»
Rise forte, come sua madre e, quando le diede un colpetto sulla coscia, Siiri notò che Tuula indossava i braccialetti d’oro di Irma. Era certa di aver visto quei gioielli al polso dell’amica quando era ancora nel reparto d’isolamento.
«Forse non crederai a tutto quel che dico... Sembra così assurdo! Allora, ascolta, i pazienti sono stati ricoverati al Suursuo, e anche la mamma è rimasta lì, in compagnia degli ubriaconi, ad aspettare che il Comune trovasse per loro una sistemazione definitiva, non più provvisioria. Ero abbastanza sconvolta, dicevano che l’attesa poteva durare anni.»
«Adesso quindi Irma è...»
«No, no! Questa incredibile storia non finisce qui, siamo appena all’inizio. Quando si sono accorti che nemmeno al Suursuo c’era spazio per tutti quei dementi – tanto che una parte era stata sistemata nelle corsie e nel magazzino della biancheria, e uno addirittura nella sala per il lavaggio dei defunti, un vero e proprio capolinea, accidenti, anche se per fortuna io ero riuscita a trovare per la mamma una stanza decente... insomma, quando si sono accorti che non c’era spazio, hanno portato i vecchi a fare una valutazione della loro condizione fisica, nella speranza che non tutti rientrassero nella competenza del settore pubblico. Forse non lo sai, ma esiste un punteggio e solo quelli che superano una certa soglia rientrano nella sfera dell’assistenza sanitaria comunale, insomma è una questione di soldi. Be’, facendo quei test, otto dei tredici dementi si sono dimostrati in buone condizioni fisiche e sono stati trasferiti in quattro case di riposo in diverse zone di Helsinki. Riesci a immaginarlo? Di nuovo altri soldi risparmiati! Uno addirittura è finito a Turku, si era trasferito qui da Perniö e la conclusione è stata che era il suo Comune a doversene fare carico.»
Tuula scoppiò a ridere e si asciugò le lacrime dagli occhi. Siiri la guardava preoccupata, non sapeva cosa pensare. Le sembrava che dietro quella concitazione si nascondesse una qualche fragilità. Aveva visto altri celare a quel modo le proprie insicurezze.
«Ho sentito dire che una delle nonnine aveva ancora l’appartamento di sua proprietà, ed è stata riportata lì! L’ho detto ai miei fratelli: abbiamo fatto bene a vendere la casa della mamma, anche se lei era contraria. Altrimenti adesso avrebbero potuto rimettercela dentro, tutta sola e barcollante. Abbiamo perfino risparmiato sulla tassa di successione, ci siamo suddivisi tra di noi l’appartamento. Santo cielo, zia Siiri, questa storia sì che ha dell’incredibile, perfino per una dottoressa come me che conosce i labirinti dell’assistenza sanitaria, figuriamoci per voi comuni mortali.»
«Su questo hai ragione. Ma quindi, Irma...»
«Aspetta aspetta, non correre! A quel punto erano rimasti ancora cinque pazienti senza posto, e tra loro c’era la mamma, a cui è stata diagnosticata una frattura all’anca che necessitava di cure. È stata una buona cosa. L’hanno messa in lista d’attesa per il reparto ortopedia dell’ospedale di Töölö. Immagino che anche agli altri sia stata scovata una qualche rogna, grazie alla quale se li sono tolti di torno mandandoli in diversi ospedali. Pratico ed efficace, non trovi?»
«Un’anca fratturata? E quando è successo?» Siiri non riusciva a credere che Irma si fosse fatta male durante l’incendio. L’aveva vista salire con le proprie gambe sull’ambulanza.
«Oh, roba vecchia, ai dementi succede, noi medici queste cose le sappiamo. Il paziente cade dal letto oppure, sotto la doccia, sfugge alla presa dell’infermiera, ed ecco, è fragile, anziano, e si rompe un osso. Senza contare l’osteoporosi. E quando sono un po’ fuori si testa, non si rendono neanche conto di provare dolore. Ma la mamma è stata fortunata, dalla radiografia è venuto fuori che al lato destro, esattamente qui, ci sono due fratture.»
«Già, Irma è stata di nuovo fortunata, lo dice sempre anche lei quando le capita qualcosa.»
«E così la direttrice potrà dedicarsi in tutta pace alla raccolta fondi per i bambini dell’India!»
Siiri iniziò a sentirsi poco bene. Non immaginava che Tuula avesse tutta quella parlantina. La figlia di Irma la guardò preoccupata, la prese per mano e cominciò a tranquillizzarla, proprio nel momento in cui Siiri era sul punto di fare lo stesso con lei.
«Credo tu abbia capito che ho un po’ scherzato, vero? Mica penso sul serio che la direttrice non sia all’altezza del suo compito. A dire il vero, non la invidio affatto. Pensa un po’ che razza di lavoro è il suo. Tutto il giorno in mezzo a vecchi rimbambiti e poi qualcuno appicca il fuoco al Lieto Tramonto!»
Siiri ebbe un capogiro. Il cuore le batteva così forte che sentiva le pulsazioni fino in gola. Non riusciva più a fissare il pelo nero del neo di Tuula perché le faceva venire il vomito. Cercò di rimettere ordine nei suoi pensieri.
«E a Irma che cosa accadrà ora? Tornerà finalmente a casa?»
«A casa? Intendi dire nel reparto d’isolamento? E no, zia Siiri, non potrà andarci prima che venga ristrutturato. Ricordi che c’è stato un piccolo incidente? Bene, ti ricordi. E per sistemarlo potranno volerci mesi. Lo capisci, vero? Sì, lo capisci. La mamma è stata trasferita all’ospedale di Töölö e la opereranno non appena sarà il momento. Capisci? Non appena sarà il momento.»
Siiri sentiva la voce di Tuula rimbombarle nelle orecchie. Si concentrò con tutte le sue forze per mantenere il controllo. Non appena cominciò a domandarsi se a Irma servisse davvero essere operata, le tornò in mente la guarigione miracolosa di Olavi all’Hilton e si rese conto che, mentre lei se n’era rimasta a letto per riprendersi dall’incendio, il loro Piano aveva fatto progressi incredibilmente veloci. Era poco probabile che qualcuno la operasse senza prima verificare la terapia farmacologica a cui era sottoposta.
«Medicine inutili? Che cosa vuoi dire? Lì c’era un medico sostituto, un russo, che ha rovistato tra le carte della mamma e ha lasciato intendere che io non mi ero occupata a dovere di lei, come se qui fossi io la responsabile di tutto. Pare che i dosaggi delle sue medicine fossero sbagliati, che le fossero stati prescritti farmaci inadatti. Figuriamoci, le solite rivalità tra colleghi. Non me la sono presa, ma ovviamente sono contenta che quel russo non lavori lì in pianta stabile.»
Ora Siiri riusciva di nuovo a respirare e anche il cuore aveva rallentato. Era grata alla figlia di Irma per le informazioni che le aveva involontariamente dato. Disse che era stanca e che aveva bisogno di riposare. Sopportò che Tuula la stringesse di nuovo forte e se ne ritornò nel proprio appartamento. Non ricordava neanche più per quale motivo fosse uscita, ma non aveva importanza. Tirò fuori dalla dispensa il vino rosso, si fece un bicchierino e si buttò a letto senza togliersi le scarpe. Unì le mani e pregò. Non lo faceva da quando era bambina, ma ora andava battuta ogni strada. «Caro Dio, se ci sei, aiutaci e fai che il medico russo guarisca Irma il prima possibile. Lei crede in te, io ancora non lo so. Amen.»