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Ognuno ha un suo modo di suonare il campanello. Anche se si tratta di un congegno elettrico e non di uno strumento, lascia comunque intuire il temperamento e lo stato d’animo di chi aspetta che gli venga aperta la porta. In quel momento, dietro quella di Siiri, chi stava suonando il campanello era pieno d’energia, andava evidentemente di fretta, forse era perfino allarmato. Non poteva essere uno dei residenti e nemmemo un inserviente, né Sinikka Sundström, che non era né energica né entusiasta, e neppure Virpi: lei il campanello non lo suonava, entrava e basta. Con le proprie chiavi. Quindi, doveva trattarsi di Mika Korhonen.

«Buona primavera!» disse, ed era così di fretta che anche questa volta entrò senza togliersi le scarpe. Siiri non si era resa conto che, stando al calendario, era già l’inizio di marzo, e ormai già quasi primavera. Le strade erano ancora ricoperte da una grigia coltre di neve e ghiaccio.

«Secondo te, in quale zona della Finlandia Wecksell ha scritto la sua poesia Diamante sulla neve di marzo?» chiese Siiri a Mika, che la guardò senza capire. «Poco probabile che l’abbia fatto a Helsinki, non credi? Qui a marzo ci sono solo cumuli di neve grigia» continuò, e Mika alzò gli occhi al cielo. «A Helsinki, il titolo sarebbe stato Diamante sulla fanghiglia di marzo. Comunque, è anche una melodia di Sibelius, una tra le più belle, ma ancora di più mi piace Il primo bacio. Sembra ispirata a un testo di Runeberg e ogni volta mi fa tornare in mente il mio primo bacio. Ti immagini? È successo con mio marito, qui a Munkkiniemi, in quella che all’epoca si chiamava via Linna – via Castello – e che ora è via Hollantilaisen, la strada degli Olandesi. Non ho avuto altri uomini. Solo lui, mio marito, morto dodici anni fa.»

«Certo, certo. Ma veniamo all’incendio» disse Mika, e iniziò a parlare farfugliando. Era molto arrabbiato, si mangiava le parole ed era difficile seguirlo. Gesticolava nel vuoto con le sue grandi mani e correggeva di continuo la propria postura. La voce era più roca del solito e gli occhi azzurri apparivano singolarmente bellicosi. Siiri fu costretta a interromperlo, parlava di reati contabili e del magazzino di pannoloni nella sauna, dicendo che in realtà era un nascondiglio per la droga.

«Scusami, se non hai niente in contrario, vorrei chiedere ad Anna-Liisa di raggiungerci. Siamo entrambe rimbambite, e forse insieme riusciremo a ricordare più dettagli e magari ci capiremo anche qualcosa.»

Per fortuna Anna-Liisa quel giorno si era presa ventiquattr’ore di ozio. Aveva saltato la lezione di ginnastica e, quando Siiri le telefonò, stava leggendo I Buddenbrook in tedesco.

«Sarò lì tra tre minuti e quarantacinque secondi» avvisò, arrivando quasi esattamente all’orario che aveva annunciato. Strinse la mano a Mika e guardò irritata le sue scarpe sporche di fango.

«Ma non sei capace di toglierti le scarpe e spogliarti?»

«Ah, cosa?»

Siiri temeva che Anna-Liisa potesse essere scortese con Mika, visto che nei suoi confronti nutriva ogni sorta di sospetto. Invece fu particolarmente gentile e flirtò come una ragazzina, scherzando sul fatto che gli aveva chiesto di spogliarsi. Ubbidiente, Mika si tolse le scarpe e le depose nell’ingresso. Sul pavimento del soggiorno si era formata una grossa pozza che Siiri si affrettò ad asciugare, perché lui non fosse in imbarazzo. Anna-Liisa si era già seduta e guardava soddisfatta il piccolo trambusto che aveva causato. Siiri portò lo straccio in bagno, si sistemò sul divano accanto alla sua amica e chiese all’ospite di sedersi sulla poltrona. Era lì che sedeva sempre suo marito.

«Ah, al posto d’onore» disse lui. Lo ascoltarono attentamente. L’incendio non solo non era stato un incidente, ma non si era nemmeno innescato da solo. Ora Mika era più calmo, ma le mani che si agitavano, gli occhi che vagavano intorno e il piede che batteva per terra esprimevano la sua inquietudine.

«Siiri ha visto qualcuno correre fuori!» gridò Anna-Liisa.

«Good point» disse Mika, continuando il suo caotico racconto. Era convinto che nell’incendio fossero state distrutte prove importanti relative a prescrizioni, questioni contabili e traffico di stupefacenti. Probabilmente era quello il motivo per cui era così arrabbiato, erano andati distrutti i documenti che stava cercando.

«Perché ti sei messo in tasca i barattoli delle medicine di Irma, nel suo appartamento?» gli chiese improvvisamente Anna-Liisa, proprio nel momento in cui lui era passato a parlare della squadra russa di hockey, che in qualche modo doveva essere collegata ai pannoloni nella sauna. Mika non si scompose, non dette l’impressione di essere stato colto in fallo. Raccontò di aver semplicemente cercato di scoprire quali farmaci si smerciavano illegalmente e come si spostava la merce. A quanto pareva, le medicine prescritte a Irma erano roba che scottava.

«Pensa un po’!» esclamò Siiri, non venendole in mente nient’altro da dire. Era confusa e, in un certo senso, la visita di Mika non faceva che aumentare la sua ansia e le sue paure. Quei discorsi provenivano da un mondo a lei completamente estraneo. Eppure, tutto ciò di cui lui stava parlando accadeva proprio lì, al Lieto Tramonto. Mika sembrava affamato e stanco, e Siiri si rese conto di non avergli offerto nulla.

«Gradisci del pasticcio di fegato e riso? Posso riscaldarlo, in padella si fa in un attimo.»

Mika fece una smorfia. No, il pasticcio non gli andava. Ancora troppo giovane, pensò Siiri. A occhio e croce doveva avere una quarantina d’anni, ma non gliel’aveva mai chiesto. Indovinare era difficile, la testa rasata poteva farlo sembrare più vecchio di quanto non fosse in realtà. Anna-Liisa aveva cenato con l’ambasciatore alla mensa, neppure lei aveva voglia di pasticcio di fegato.

All’improvviso Mika tirò fuori dalla tasca un mazzo di banconote e lo porse a Siiri. Erano parecchie, tutte stropicciate, da cinquanta euro.

«Per te, da parte di Virpi Hiukkanen» disse con tono arrogante.

«Per l’amor del cielo! Che cosa significa?» gridò Siiri atterrita. Ma certo! La caporeparto le mandava dei soldi per corromperla, perché non spifferasse la verità alla polizia. Ma perché Mika ora si era alleato con Virpi contro di lei?

«Tuukka, quel ragazzo tuo parente, ha esaminato i movimenti sul tuo conto e ha trovato un gran numero di fatturazioni sbagliate. Sono andato a parlarne con la caporeparto, che si è talmente spaventata da mettere i contanti sul tavolo.»

Siiri non sapeva che Mika conoscesse il fidanzato della figlia di sua nipote, nessuno le aveva detto nulla. Non le piaceva che quel bravo ragazzo fosse stato trascinato in quel pasticcio.

«Tuukka aveva in programma di andare a parlarne con il direttore finanziario, ma non è riuscito a mettersi in contatto con lui. Virpi Hiukkanen aveva una tale fretta di restituire i soldi, non le faceva certo piacere che il direttore venisse a scoprire quelle piccole irregolarità nelle fatturazioni.»

«Perché, esiste un direttore finanziario? Non se ne occupa il marito della direttrice, quello che ha l’ufficio al Mercato del pesce?»

Mika rise, per la prima volta durante quella visita. La direttrice si riferiva al Porto peschereccio, la nuova area della città ancora in costruzione. Suo marito era il responsabile della qualità, mentre Mika aveva cercato di mettersi in contatto con chi sovraintendeva alle faccende economiche e finanziarie.

«È questo tizio che insabbia tutto e, credimi, è tagliato per il suo lavoro» disse.

«Direttori ce ne sono in abbondanza» osservò Anna-Liisa, «gente che lavora, un po’ meno.»

Secondo Mika, il caso del conto corrente di Siiri non era facile da coprire. Non avendo richiesto quei servizi di pulizia, non glieli potevano addebitare, e nemmeno la riparazione dello scarico.

«Ma com’è che la caporeparto i soldi li ha dati a te?» si meravigliò Anna-Liisa.

«Le ho detto che sono il tuo tutore. Non ha fatto domande. Si è spaventata a morte.»

Siiri per poco non si mise a strillare. Aveva rubato le chiavi del reparto d’isolamento, poi la documentazione medica di Irma, e ora aveva coinvolto il giovane Tuukka in un crimine e pure mentito, fingendo di essere il suo tutore. In che razza di pasticcio si erano cacciate?

«Scrivi il tuo nome su questo foglio» le disse Mika, e tirò fuori una penna dal suo gilet di pelle.

A Siiri tremavano le mani per lo spavento. Per fortuna Anna-Liisa era lì con lei, avrebbe potuto farle da testimone nel caso quell’uomo l’avesse trascinata in guai ancora più grossi. Siiri doveva recuperare gli occhiali da vista per leggere attentamente quel documento. Vagò per la stanza senza ricordare cosa stesse cercando, finché i suoi occhi caddero sulla borsa appoggiata accanto al lavello. Ritrovati gli occhiali in fondo alla borsa, si sedette di nuovo sul divano accanto ad Anna-Liisa per esaminare quel foglio. C’era scritto che Siiri Hildegard Kettunen, due settimane prima, aveva nominato Mika Antero Korhonen suo tutore. Bisognava ammetterlo, i margini e la disposizione delle righe erano perfetti.

«Antero è un indovino. Hildegard da dove ti viene?» domandò Anna-Liisa.

«È il nome di mia nonna. Che dici, firmo?»

Con grande sorpresa di Siiri, per Anna-Liisa quel documento era un’ottima idea, e in più non aveva trovato nemmeno un errore. Mika scriveva correttamente, e la sua diffidenza nei suoi confronti sembrò essersi volatilizzata, non pensava più che fosse un alleato di Virpi. Siiri la guardò incredula mentre annuiva convinta.

«Firma. Anche Irma te lo diceva sempre che hai bisogno di un tutore. Mika, avendo tanto indagato saprai che se Siiri morisse domani non riceveresti una grande eredità. Non vorresti diventare anche il mio tutore? Io non ho figli, e da me potresti ricevere, per il tuo disturbo, un paio di tappeti e qualche tazza.»

Ora Mika e Anna-Liisa andavano d’accordo come vecchi amici, o meglio come due complici. Alla sua proposta, Mika rise e accettò, ma solo a condizione, disse, di non doversi caricare sul groppone le sue anticaglie. Apriti cielo! Se Siiri per errore avesse chiamato anticaglie i tesori di Anna-Liisa, ne sarebbe venuta fuori chissà che litigata.

«Dichiarazioni del genere si possono scrivere anche a mano?» gli chiese Anna-Liisa e poi, sul tavolo da cucina, passarono a stilare il documento con cui Mika diventava anche suo tutore. Siiri firmò a cuor più leggero e Mika le disse che, a quel punto, era diventato il secondo uomo della sua vita.

«Non farti troppe illusioni» gli rispose ridendo e, per la prima volta, dopo tanto tempo, si sentì spensierata. Aveva novantaquattro anni, perché mai preoccuparsi? Se le cose si fossero messe male, poteva pur sempre morire di vecchiaia o di fame. E il carcere era difficile che fosse più noioso del Lieto Tramonto senza Irma. Anzi, si sarebbe potuto rivelare decisamente interessante.

«Ci proverò» promise Mika. «Ma tu porta i soldi in banca, così nessuno te li ruba.»

«Giusto, qui mi hanno portato via anche il mio bello specchietto d’argento» raccontò concitata Anna-Liisa. Afferrò il suo tutore per un braccio e iniziò a confidarsi. «Non era particolarmente prezioso, aveva per lo più un valore sentimentale, faceva parte della dote di mia madre. Qui cose del genere purtroppo accadono: succede che portino via degli oggetti dalle abitazioni dei residenti. Probabilmente è stato rivenduto. Non hai detto che hanno contatti con i russi? In Russia ci sono un sacco di collezionisti di antiquariato. Quei nuovi ricchi del postcomunismo non sanno più dove mettere i soldi, così si procurano un passato glorioso acquistando i gioielli di famiglia degli altri.»

«Gioielli di famiglia?» chiese Mika sorridendo. Ma non ne poteva più di sentire Anna-Liisa parlare ancora del suo specchietto, quindi si dileguò con la stessa rapidità con cui era arrivato. Prese lo zaino, si rimise al volo le scarpe e se ne andò per la sua strada, lasciandosi dietro un’altra pozza sul tappetino dell’ingresso. Siiri non gli chiese quando sarebbe tornato, non le avrebbe risposto.

«Adesso però abbiamo con lui una relazione ufficiale!» esclamò allegramente Anna-Liisa, e suggerì di tirare fuori la bottiglia di vino rosso per brindare a Mika Korhonen. A volte Siiri aveva la sensazione che Anna-Liisa fosse sorprendentemente simile a Irma.