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«Sei tu! Angelo mio!» strillò Siiri al telefono, tanto era contenta della telefonata di Mika. Iniziò subito a raccontargli dei progressi di Irma ed elencò i diversi ospedali dov’era stata, probabilmente in ordine sbagliato, ma non aveva importanza, c’era così tanto da raccontare.

«Stanno tentando di riempirmi di farmaci e hanno messo il responsabile d’istituto a pedinarmi. Mi corre dietro per la città. Lo so che sembra una follia, ma lo scopo è proprio quello, farmi diventare pazza.»

«E se ci vedessimo? Anch’io ho delle cose da raccontarti» disse Mika veloce, dopo essere finalmente riuscito a prendere la parola.

S’incontrarono a Munkkiniemi. Mika aveva lasciato il taxi al parcheggio in piazza Laajalahti e, non avendo una tessera come Siiri, sul tram numero 4 dovette comperare un biglietto orario di corsa semplice. Due euro e ottanta erano, a suo avviso un prezzo esagerato per due sole fermate, ma Siiri gli ricordò che, per quella stessa cifra, avrebbe potuto viaggiare per un’ora intera. Andarono a sedersi sui seggiolini tra una carrozza e l’altra, nascosti nell’angolo, vicino alla porta. Lì si poteva stare in pace e parlare liberamente, ma Mika era così grande e grosso che ci stava stretto. Sbuffava alla ricerca di una posizione comoda, non riusciva in alcun modo a sistemare le ginocchia e dovette sollevarle in alto. Faceva ridere.

«Vedi come andiamo veloci e senza scossoni?» chiese Siiri.

«Certo, certo...» ansimò lui, e si mise a raccontare delle scoperte che aveva fatto. Il Lieto Tramonto era invischiato in un giro di prescrizioni mediche contraffatte, società a scatole cinesi, fatture false e legami con la Russia. A Siiri piaceva come Mika spiegava le cose in modo criptico, accarezzando l’aria con le sue grandi mani. Un certo mistero e la goffaggine facevano parte del suo fascino, oltre agli occhi azzurri e alla voce profonda.

All’altezza del vecchio deposito dei tram, Siiri provò compassione per quell’omone incastrato nel seggiolino, così scesero. Mika propose di prendere un caffè e Siiri promise di offrirgli anche un dolcetto, dato che del suo biglietto gli era rimasto così tanto tempo inutilizzato. Nella rimessa c’erano un museo e la caffetteria Korjaamo, una piacevole sorpresa per Siiri, mai entrata prima in quell’edificio progettato da Waldemar Aspelin.

Era un luogo pieno di fascino. Una parte del vecchio deposito era ancora intatta e si potevano ammirare i tram dei tempi andati; un’altra era stata trasformata in spazio espositivo con annesso un ristorante. Siiri diede un’occhiata alla galleria, sulle pareti c’erano quadri grandi e colorati e chiese al suo accompagnatore di visitare la mostra insieme a lei. I dipinti erano bellissimi, audaci ma, secondo Mika, troppo costosi.

«Solo un pazzo pagherebbe dodicimila euro per un quadro.»

«Io potrei essere pazza, ma non penso di acquistarne uno, me li godo soltanto» disse Siiri. Erano passati trentun anni da quando era andata in pensione. All’epoca, per festeggiare, si era regalata un quadro. «Dopodiché non ne ho più comprati. Ma fu un buon acquisto, l’ho guardato ogni giorno ed è rimasto sempre lo stesso, allegro e colorato, mentre tutto il resto cambiava.»

«Già» fece Mika, specificando che era nato quattro anni prima che Siiri smettesse di lavorare.

Fecero un giro per osservare i tram delle diverse epoche, tutte quelle panche in legno, le manovelle dei conducenti, i vecchi tragitti e i cartelli! La linea 15 che andava dall’edificio della Fondazione Diakonis fino alla dogana di Töölö e il suo beneamato 4, da Munkkiniemi fino a Hietalahti. Le ricordavano qualcosa di remoto e ora erano lì, davanti a lei.

«Tram a carrozze scoperte» lesse ridendo Mika. «Posto assegnato solo al pagamento.»

Su alcuni tram si poteva entrare e sedersi, e Siiri si perse nei suoi ricordi, nell’odore dei vestiti di lana bagnati, dei lavoratori sudati e dei barboni che mangiavano cipolle come fossero mele.

«Costavano poco ed erano molto nutrienti per chi viveva in strada. Ma alcol, cipolle e vita grama producevano un odore del tutto particolare, che ormai non si sente più. Ed è anche un bene...»

Mika ascoltava educatamente, ma non era molto interessato ai tram, si vedeva. Si era seduto sul sedile del conducente, nonostante fosse vietato. Alla fine andarono nella caffetteria, dove c’erano due splendidi tram anni Cinquanta, e Siiri, come promesso, gli offrì il caffè e il dolcetto. Il caffè venne versato in una specie di scodellina, e la cosa le parve davvero bizzarra, ma la ragazza al bancone non reagì al suo stupore né capì cosa intendesse quando lei le parlò del piattino. Si accomodarono accanto alla finestra. Siiri guardava le vecchie vetture, stava facendo un magnifico viaggio nel tempo. Raccontò a Mika della chiesa di Sipoo, disegnata da Aspelin, e delle bigliettaie.

«Erano sempre donne, e sempre molto formose. Se ne stavano sedute con la loro uniforme grigia al proprio posto, distinte, serie e piene di sé; parlavano facendo sibilare le esse.»

Mika sorrise quando Siiri gli mostrò in che modo controllavano e timbravano i biglietti dei viaggiatori.

«Venivano tutte da Sipoo perché, all’epoca, a Helsinki era ancora necessario saper parlare lo svedese, e il loro dormitorio lo chiamavano “la chiesa di Sipoo”. C’era un campanile, come nelle chiese. Era un palazzo molto bello, si trovava qui su via Mannerheim accanto alla rimessa, ma è stato demolito prima che tu nascessi. Ora al suo posto c’è un obbrobrio di cemento.»

«Oh dannazione, lo svedese obbligatorio!»

Secondo Siiri era importante sapere diverse lingue, e si era sempre rammaricata che sua nonna non le avesse parlato in russo. Lo svedese era una tra le lingue più divertenti che conoscesse, e Selma Lagerlöf andava assolutamente letta in originale. Mika sembrava annoiato, non ascoltava. Voleva raccontarle di Pasi. Chissà se Siiri ricordava ancora quell’ex assistente sociale, licenziato poco dopo la morte di Tero.

«Mi ricordo. Tu eri molto arrabbiato con lui, lo accusavi della morte di Tero. Lo hai chiamato “talpa”. Era un’offesa, vero?»

«Sì. Era un informatore della polizia e raccontava un sacco di bugie. E proprio di un patetico mascalzone del genere si era andato a innamorare Tero.»

Pasi aveva preso parte anche allo stupro di Olavi. Lui e il suo amichetto Jere, l’altro infermiere che aveva abusato di Olavi, erano ben conosciuti nell’ambiente degli operatori sanitari. Episodi analoghi erano accaduti in numerose case per anziani una volta che il duo si era messo in azione.

«Molti veterani hanno subito abusi durante la doccia del mattino.»

Siiri non poteva credere alle proprie orecchie, era ripugnante. Non capiva esattamente che cosa fosse successo, anche se Anna-Liisa le aveva spiegato per bene tutto quel che c’era da sapere sull’uso del potere e sull’umiliazione. Ogni volta che si parlava del tragico episodio di Olavi, lei si sentiva mancare.

Mika disse che, per fortuna, quello non era stato l’unico crimine di Pasi. Per gli abusi non sarebbe mai stato punito, ma ora Mika lo aveva messo nelle mani della polizia per droga e imbrogli finanziari. Quell’uomo era solo un anello di una lunga catena, ma da qualche parte la polizia doveva pur iniziare. Ci sarebbe voluto un po’ di tempo prima che le attività di tutte le società di Virpi ed Erkki Hiukkanen fossero passate al setaccio. Ma a Mika quello non interessava più.

«Mi basta che Pasi sia stato incastrato. Per quanto mi riguarda, il campionato di hockey russo può far girare le sue cosucce come gli pare e piace.»

Siiri avrebbe voluto godersi il suo viaggio nel tempo, e soprattutto avrebbe voluto che Irma guarisse dai sintomi della demenza in un lussuoso ospedale della capitale. Ma non poteva. Non riusciva a togliersi dalla testa i fatti del Lieto Tramonto. Gli stupri, il traffico di farmaci, l’incendio, e chissà come ogni cosa si collegava all’altra.

«Dobbiamo parlare anche dell’incendio.»

Mika si trasformò, assunse un’espressione pensosa e le sue mani presero a muoversi in archi ancora più grandi di prima.

«Be’, le chiavi... quelle del reparto d’isolamento... con quelle non si doveva entrare... non dovevano proprio essere usate... può darsi che ci saranno dei problemi. Insomma, potranno esserci problemi per te, perché sei entrata lì con la chiave... e giusto nel momento in cui... be’, mentre Erkki Hiukkanen appiccava il fuoco alla sauna.»

Siiri provò imbarazzo. Se ne stava lì seduta ad annusare i tram degli anni Cinquanta mentre avrebbero potuto giudicarla per effrazione o chissà cos’altro. La testa cominciò a ronzarle, il dolcetto e il caffè le galleggiavano nello stomaco. Tirò fuori dalla borsa un fazzolettino, si soffiò il naso e si asciugò la fronte. Per una persona anziana, era inconsueto sudare in quel modo.

«Credi che... pensi che io possa finire in prigione?»

«È poco probabile» disse Mika, e ingoiò il suo dolcetto in un solo boccone.

A Siiri quel gesto non parve abbastanza tranquillizzante. A dirla tutta, Mika avrebbe potuto organizzare meglio le cose, essendo riuscito a manovrare la polizia con tanta abilità nel caso di Pasi. In fin dei conti era pur sempre il suo tutore. Ed era stato lui a lasciarle le chiavi sul tavolo, come se fosse un segnale perché lei prendesse l’iniziativa.

«Qualunque cosa capiti, ho la tua documentazione medica. Stavano provando a rinchiudere anche te nel reparto, o a farti passare per demente, incolpandoti anche dell’incendio. Nella tua cartella clinica ci sono considerazioni di ogni genere, valutazioni a punteggio e richieste per cure intensive.»

Scavò nel suo zaino disordinato. Sul tavolino apparvero un binocolo, un coltellino a serramanico, un portafogli, un cellulare, un nebulizzatore per l’asma e una scatolina di liquirizie. Il ronzio nella testa di Siiri diminuì leggermente.

«Un po’ di whisky? Scherzo, tanto di whisky qui dentro non ce n’è» disse spiritoso, e finalmente si leccò via lo zucchero dagli angoli della bocca. Quindi, rovistando nel fondo dello zaino, schiaffò sul tavolo una grossa pila di fogli.

Siiri guardò seriamente quel mucchio di carte. Erano simili ai documenti di Irma, che già da due settimane teneva nella borsa. Il brusio nella testa ricominciò. Dunque aveva ragione, non era pazza. Con cautela diede un’occhiata a quei fogli, li scorse dall’alto al basso e provò a mantenere la calma.

Se non altro la sua cartella clinica non era brutta come quella di Irma, o almeno così le sembrò. Certo, anche lì c’erano strane annotazioni e menzogne scritte in una calligrafia rotondeggiante che le era ormai familiare. Prima dell’incendio, e soprattutto dopo, veniva definita confusa, esaurita e paranoica, esattamente com’era successo a Irma all’inizio dell’inverno. Era stata esaminata in base a un certo sistema di punteggio e, grazie a Dio, era rimasta a 0,2 punti dal valore oltre il quale scattava la cura intensiva, e quindi la sua retta sarebbe diventata ancora più salata. Le erano stati prescritti tranquillanti di ogni tipo, eccitanti e sonniferi, senza che un medico l’avesse mai visitata.

«Come da prassi» dichiarò Mika.

«Tu andresti bene nel ruolo di Sarastro» disse lei, mettendo da parte la pila di fogli. «Hai veramente una splendida voce da baritono.»

Finì per dovergli spiegare chi fosse Sarastro, e solo più tardi si sarebbe pentita di averlo interrotto nel bel mezzo del discorso che riguardava la sua documentazione medica, quella che Mika aveva rubato per lei.

«Nel Flauto magico, all’inizio, non si sa cosa siano il bene e il male, perché la malvagità della Regina della Notte si rivelerà solo quando si entrerà nel regno di Sarastro e le cose appariranno sotto una luce nuova» spiegò Siiri, parlando in fretta per non annoiarlo. «Si narra della crescita spirituale di un uomo. Dopotutto accade così anche nella vita reale: spesso ci risulta difficile distinguere il bene dal male.»

«Specialmente al Lieto Tramonto» aggiunse solennemente Mika.

Ripose nuovamente le sue cose nello zaino e le offrì una liquirizia, aveva proprietà lassative. Non era una cattiva idea. Siiri si era talmente infervorata a parlargli di Mozart, che continuò fino a quando Mika non prese a picchiettare per terra con un piede, dando chiaramente segno di volersene andare. Era soddisfatto ora che Pasi era stato catturato. La sua missione era compiuta. Non aveva intenzione d’indagare oltre sul Lieto Tramonto.

«Pasi si prenderà una bella strigliata.»

«E noi?» chiese Siiri senza sapere nemmeno lei che cosa volesse dire.

«Be’, noi due siamo quasi come marito e moglie» rispose lui con un sorriso accattivante. «Un tutore non può fuggire da nessuna parte.»

Mika corse via nel sole del pomeriggio, ma non andò a riprendere il suo taxi in piazza Laajalahti, disse che qualcun altro lo avrebbe recuperato. Non avevano minimamente chiarito la faccenda dell’incendio né la possibile condanna di Siiri e neppure la questione della sua documentazione medica manipolata. Si sarebbe dovuta cavare da quel pasticcio da sola?