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Tuukka, il ragazzo della figlia della nipote di Siiri, si era accorto, sul suo computer, che una società privata di ambulanze aveva addebitato a Siiri la somma di ottantasette euro e trenta centesimi per un trasporto urgente. Al telefono sembrava molto preoccupato, cosa per lui inusuale. Di solito era così pragmatico.

«Sono semplicemente svenuta mentre mi trovavo in città» lo tranquillizzò Siiri, senza osare raccontargli dell’interrogatorio di polizia né dei suoi guai con la legge. «Quegli stupidi paramedici hanno azionato le sirene, del tutto inutilmente, e per quello hanno aggiunto un supplemento. Accidentaccio!»

Tuukka aveva verificato il costo per l’ambulanza e le spiegò che quella corsa era stata tanto costosa quanto inutile.

«È il paziente che paga. Se il pronto soccorso non è necessario, come era evidentemente nel tuo caso, costa più del taxi. Al giorno d’oggi, il trasporto dei malati è diventato un vero e proprio business.»

Siiri era allibita ma gli credeva, perché Tuukka era un ragazzo molto preciso, che faceva sempre chiarezza sulle cose. Le autoambulanze comunali si occupavano dei casi più urgenti, per gli altri c’erano le società private, che potevano liberamente stabilire il prezzo del servizio.

«Ma non l’ho di sicuro chiamata io l’ambulanza! Ero distesa a terra priva di sensi e qualcuno ha telefonato al 112. Perché devo pagare anche per questo? Esiste davvero chi si arricchisce con il trasporto dei malati?»

«Certo che sì» replicò pacificamente Tuukka. Lui però aveva anche un’altra cosa da dirle. Era venuto a sapere che Mika era diventato il suo tutore.

«Hai capito quello che hai fatto?» le chiese, come se fosse una bambina o una ritardata mentale. Secondo lui, designare un tutore equivaleva a registrarsi volontariamente in un ospizio, a proclamarsi soggetto bisognoso di tutela.

«Be’, l’hai detto. Una residenza per anziani è un ospizio.»

«No, non è quello che intendevo. Essere sotto tutela significa che non sei più in grado di occuparti da sola delle tue cose.»

«E infatti non lo sono. Ecco perché amministri tu il mio conto corrente e controlli quello che sgraffigna Virpi.»

«Sì, e ora vuoi che sia Mika a gestire tutto. Conosco quel tipo e, se fossi in te, non mi fiderei. Ma naturalmente la decisione spetta a te. Ti sto chiamando solo per chiederti se vuoi che passi a lui i codici per accedere su Internet al tuo conto corrente. Sembra che te la cavi bene anche senza il mio aiuto, hai trovato il tuo angelo protettore.»

A quello Siiri non aveva pensato. L’intera faccenda della tutela le era capitata tra capo e collo, di sorpresa, e nemmeno a lei all’inizio quell’idea era molto piaciuta. Avrebbe dovuto parlarne con Tuukka, chiedergli un parere. In fin dei conti, era quasi un parente, ed era un accademico. Giustamente era rimasto male per quella sconsiderata estromissione. Era vero, non conosceva affatto Mika. Cosa sapeva di lui? Che era un cuoco e un tassista e che era nato un paio di anni prima che lei andasse in pensione. Ma aveva una famiglia? Una ragazza o perlomeno un gatto? Non sembrava un tipo da cani. Di dov’era? Dove abitava? Quell’uomo non aveva mai parlato delle sue cose né tantomeno di se stesso.

Tuukka disse che Mika aveva presentato una comunicazione all’ufficio anagrafe per la nomina a tutore. A quel punto Siiri si spaventò talmente che per poco non svenne. Non avrebbe saputo affrontare nient’altro che prevedesse il coinvolgimento della polizia. Dove la stavano trascinando?

«Non ti preoccupare. All’ufficio anagrafe Mika è stato semplicemente registrato, così ora è ufficiale. C’è un registro dei tutori in cui si annotano cose di questo tipo.»

Quella faccenda della tutela cominciava ad apparirle esattamente come aveva detto Tuukka, aveva dichiarato da sé che era da rinchiudere in un ospizio. Che vergogna, equivaleva all’essere proclamata pazza. Anche Irma una volta le aveva parlato dei villaggi per i matti. Eppure la nomina di un tutore veniva molto raccomandata agli anziani. Sull’argomento, al Lieto Tramonto avevano anche tenuto una conferenza. In Finlandia c’erano tanti anziani dimenticati dai parenti che avevano bisogno di una persona di fiducia che prendesse le decisioni nel caso in cui il soggetto cadesse, battesse la testa, gli venisse un ictus o non ricordasse più il proprio gruppo sanguigno. Se non se ne sceglieva uno, allora si finiva per avere come tutore uno sconosciuto impiegato del Comune. In occasione della conferenza, Virpi si era spontaneamente offerta come tutrice dei residenti e Sinikka Sundström aveva fatto girare un cappello per raccogliere soldi a favore degli orfanelli indiani. Siiri non aveva partecipato, mentre Anna-Liisa vi aveva assistito dall’inizio alla fine prendendo appunti, così dopo, anche su quello, sapeva tutto. In fin dei conti, Mika era anche il suo tutore.

«Allora, trasferisco i tuoi codici bancari a Mika?» domandò nuovamente Tuukka. In sottofondo si sentiva il ticchettio della tastiera del computer. Era chiaro che si stava innervosendo a causa di Siiri, quella donna anziana che non capiva e a cui bisognava spiegare tutto due volte.

«Perdonami, Tuukka. Non avevo intenzione di ferirti» iniziò col dire Siiri, e gli chiese di continuare a occuparsi del suo conto fino alla sua morte. Tuukka accettò, che ragazzo meraviglioso! Non sembrava più irritato, e chiuse la telefonata salutandola affettuosamente.