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Quel sabato mattina il telefono squillò, ma Siiri non andò a rispondere. Era accoccolata in poltrona a guardare la serie televisiva Une famille formidable. La metteva sempre di buon umore. I francesi si volevano bene, gustavano a lungo i piaceri della tavola ed erano sempre tolleranti, anche se il coniuge era infedele o i bambini capricciosi. Era talmente assorta davanti alla tv che si spaventò a morte quando si accorse all’improvviso di Virpi Kiukkanen in piedi accanto a lei. Non l’aveva sentita entrare.

«Ah ecco, te ne stai qui seduta» le disse guardandosi furtivamente attorno, come al solito. Gli occhiali erano nuovi, neri, gli stessi che portava il marito di Siiri negli anni Sessanta.

«Dove dovrei essere? E perché entra in casa mia in questo modo?»

Non si scomodò ad alzarsi, si limitò ad aumentare il volume del televisore. Virpi le strappò di mano il telecomando e spense la tv con rabbia.

«Sono venuta perché non rispondi al telefono, sapevo che eri in casa.»

Poi si raddolcì, prese a parlare in tono mellifluo e sembrò che da un momento all’altro potesse abbracciare e carezzare Siiri, come faceva la direttrice. Disse che da un po’ la vedeva così sola, era molto preoccupata per lei, per i suoi problemi di cuore, e perché a volte le sembrava che avesse addirittura perso il desiderio di vivere.

«Hai anche rifiutato il pacemaker. Noi qui al Lieto Tramonto vogliamo essere sicuri che i residenti stiano bene e si sentano felici. Ogni tanto potresti partecipare alle attività del gruppo di salute mentale Stare allegri. Ti accorgeresti di non essere sola con i tuoi problemi.»

Siiri guardò Virpi e i suoi capelli sottili. Come mai li tingeva così, sui toni del mango e del melone? Colorarli era molto costoso e di sicuro doveva andare dalla parrucchiera almeno una volta al mese. Poi capì: aveva paura d’invecchiare. Doveva senz’altro pensare che fosse orribile avere i capelli grigi e assomigliare sempre più ai residenti della Villa. Siiri si alzò e avanzò verso l’ingresso.

«Può cortesemente andarsene? Io sto benissimo.»

«Volevo parlarti del tuo tutore» disse Virpi, e puntò Siiri con il telecomando che ancora teneva in mano, come se fosse una bacchetta. «Probabilmente non sai che razza di criminale è questo Mika Korhonen. Faresti bene a sciogliere in fretta l’accordo sulla tutela.»

La sua voce diventava sempre più acuta. La caporeparto cominciò a marciare a passi veloci, avanti e indietro, esattamente come quando Siiri era svenuta nel suo ufficio. Diceva che Mika era l’elemento chiave di una nota organizzazione criminale e che si era macchiato di vari delitti, sui quali lei era molto bene informata, essendo una paladina del benessere degli anziani. Parlò di ricette false e di traffico di farmaci, proprio come Mika.

«Ti sfruttano. Naturalmente non puoi sapere che l’amico di Korhonen, Pasi Peltola, è stato rinchiuso in galera per i crimini che questi due galantuomini hanno commesso insieme. È solo questione di tempo e anche il tuo tutore dovrà rispondere delle proprie azioni. Ho capito che bisognava agire con risolutezza quando il nostro cuoco si è suicidato durante il fermo preventivo di Pasi. Peltola se n’è dovuto andare all’istante, la Fondazione amorevoli cure per gli anziani non può tollerare alcun tipo di attività illecita.»

La caporeparto tentava di rovesciare tutto da capo a piedi. Siiri dovette tornare a sedersi per raccogliere le idee. Come poteva sapere chi, tra Virpi e Mika, dicesse la verità? La osservò mentre agitava le mani e, con voce roca, gridava parolacce. Confrontò quella visione con l’immagine di Mika, sempre sereno e con quei suoi occhi angelici. Non poteva farci nulla, quella donna che zampettava a destra e a manca le faceva venire in mente solo un rettile dai movimenti insidiosi.

«Un’iguana» disse, dopo aver preso la sua decisione. Virpi smise di gridare e s’immobilizzò all’istante.

«Cosa?»

«Potrebbe restituirmi il mio telecomando e uscire da casa mia?» ribadì Siiri sorridendole a viso aperto. «Lei non ha alcun diritto d’immischiarsi nelle faccende riguardanti il mio tutore né di ascoltare le mie conversazioni telefoniche. Ed è inutile che mandi suo marito a pedinarmi per la città. Non so come, ma in qualche modo io e il mio tutore faremo chiarezza anche sull’incendio nel reparto d’isolamento in modo che il vero colpevole venga incastrato. E di certo, non sono io. Bisogna solo sperare che, nel frattempo, io non muoia, com’è accaduto a Olavi Raudanheimo. È stato violentato sotto la doccia, qui, e alla fine si è suicidato. In ospedale ha smesso di mangiare.»

Virpi era senza parole. Anzi, decisamente intimorita e, per un momento, sembrò di pietra, come lo spezzatino di maiale ormai freddo nel piatto di Olavi al Meilahti. Si mise a tremare, singhiozzò, poi scoppiò in lacrime. Piangeva e grossi lacrimoni ricadevano sul suo maglioncino marrone, lasciando chiazze scure. Scaraventò il telecomando a terra, si strappò i capelli color mango-melone e cominciò a correre avanti e indietro come un’ossessa.

«Impazzirò insieme a voi! Siete tutti matti! Vi rinchiudo tutti, uno a uno, nel reparto d’isolamento! Sei sicura che prendi le medicine? Cosa bisogna fare con te? Cos’hai che non va? Sei un mostro! Tutti voi lo siete!»

Siiri si avvicinò con calma all’ingresso e sollevò la cornetta del telefono, anche se il crollo di nervi di Virpi Hiukkanen si era certamente sentito fin negli uffici al piano terra. Per la prima volta il sistema di sicurezza del Lieto Tramonto funzionò come si deve. Il soccorso arrivò rapidamente. La direttrice Sinikka Sundström se ne stava impalata davanti alla porta di Siiri, con in mano la cassettina per le offerte. Aveva i capelli arruffati e guardava piena di stupore la caporeparto che dava di matto.

«Virpi... per amor del cielo, Virpi cara... Cos’è successo?» Sinikka rivolse a Siiri uno sguardo sconvolto. «Cosa le hai fatto ancora?»

Prese Virpi tra le braccia come fosse una bambina. Rimasero lì per un po’ appoggiandosi l’una all’altra e lentamente la direttrice accompagnò fuori la caporeparto singhiozzante.

«E poi anche Erkki, Erkki, sai Erkki...» farfugliava Virpi nel corridoio.

«Non piangere, tesoro, è tutto a posto» la tranquillizzava Sinikka Sundström, e poco a poco le loro voci sparirono nell’ascensore.

Siiri chiuse la porta, rimise a posto la cornetta e sollevò da terra il telecomando. Poi si versò un bicchiere di vino rosso e cominciò a leggere Nemici: una storia d’amore di Isaac Bashevis Singer. Parlava di ebrei sopravvissuti all’olocausto.