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Di nuovo un funerale. Quello di Olavi sarebbe stato celebrato nella cappella di Hietaniemi e fecero molta attenzione a trovarsi nel posto giusto all’ora giusta. Siiri, Anna-Liisa e la dama col cappellino ci andarono insieme con il 4 e l’8, sebbene Siiri avesse fatto di tutto perché la dama prendesse un taxi. Ma il taxi pagato con il coupon dell’ambasciatore era già pieno. Eino e Margit Partanen ne avevano approfittato, visto che dovevano portare anche la sedia a rotelle.
Fortunatamente Siiri si era ricordata di prendere con sé il cuscino verde. Era molto ossuta e sapeva per esperienza che, senza il cuscino, rimanere seduta a lungo andare sarebbe stato piuttosto doloroso.
Non sapevano che Olavi Raudanheimo avesse una grande famiglia e parecchi amici. Al Lieto Tramonto era sempre stato così solo. Ma la vecchia cappella di Hietaniemi era piena zeppa di gente, c’erano persino i suoi ex compagni di scuola e molti colleghi del periodo in cui aveva lavorato come custode all’istituto di patologia dell’università. L’ambasciatore riconobbe anche alcuni amici massoni. C’era gente di ogni tipo, perfino una ragazza con il viso pieno di anelli di metallo.
«Sono piercing, un tipo di gioielli. Si possono mettere dappertutto, all’ombelico e anche nelle parti intime» spiegò Anna-Liisa, e l’ambasciatore si fece una grassa risata.
Quando venne il loro turno di avvicinarsi alla bara, Siiri aiutò Anna-Liisa con il girello ma dimenticò il bastone accanto alla panca. Margit aveva imparato a manovrare con destrezza la sedia a rotelle del marito e doveva averlo stordito con farmaci talmente forti, che quello rimase zitto per tutto il tempo della funzione. Stavolta era lei che parlava ad alta voce per raccontargli tutto. Intanto, la dama col cappellino era già piombata in un sonno profondo.
«Riposa in pace, Olavi» disse Anna-Liisa in tono molto drammatico, dopo aver posato un mazzo di fiori sulla bara.
Era stata lei a esprimere il desiderio di dire qualcosa, e Siiri si era aspettata quantomeno dei versi di Uuno Kaila o di Runeberg. Rimase delusa, l’amica era stata più laconica di un becchino. Ormai vicina alla bara, Siiri si era accorta con imbarazzo di essersi portata dietro il cuscino verde. Non restava che rimanere stoicamente in piedi con il cuscino sottobraccio davanti agli occhi di tutti: come diceva Irma, alla loro età era permessa qualsiasi stramberia.
I parenti di Olavi Raudanheimo cantarono i salmi in modo splendido. Finalmente un bel funerale, pensò Siiri. Il pastore era una donna intelligente e sensibile, non parlò né di viaggio né di altre banalità e ricordò Olavi come se lo avesse sempre conosciuto. Trovò anche il modo giusto per accennare al fatto che era morto quando lui aveva voluto, nel momento in cui il mondo gli era diventato inospitale, o qualcosa del genere.
Preferirono non partecipare al ricevimento di commemorazione al ristorante Laulumiehet, nonostante il figlio di Olavi li avesse invitati con gran calore.
«Ci saranno così tanti ospiti che non avrete bisogno di noi per riempire la sala» declinò garbatamente l’ambasciatore.
Prima di salutarlo, Siiri riuscì a chiedergli notizie della denuncia, anche se inizialmente aveva pensato che a un funerale non stesse bene parlare di certe cose. Ma Antti Raudanheimo mostrava di essere una persona così a modo che quella mossa non le sembrò sbagliata. Dopo la morte di suo padre, Antti aveva ricevuto una lettera dal dipartimento di polizia di Helsinki. Gli comunicavano che il pubblico ministero aveva respinto la denuncia senza dare spiegazioni.
«Forse la polizia si è sentita sollevata dalla morte di mio padre, hanno potuto così seppellire l’intera faccenda. Non dico che non vedessero l’ora che il vecchio tirasse le cuoia, ma il caso era veramente spinoso. Mi ha telefonato persino la direttrice. Sembrava rincuorata, come se avesse ottenuto l’assoluzione da un ergastolo. È quasi scoppiata a piangere, la poveretta.»