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La ciliegina sulla torta fu che a Sinikka Sundström e Virpi Hiukkanen venne conferita una decorazione per il coraggio dimostrato durante l’incidente alla residenza per anziani. Quando Siiri apprese la notizia da Anna-Liisa, il caffè solubile le andò di traverso.

«Per il coraggio! Ma se la direttrice non c’era neppure. E Virpi non faceva altro che sbraitarmi contro!»

Andarono alla cerimonia di premiazione per pura curiosità. Si tenne al piano terra, nel salottino e nella mensa, uniti in un unico grande spazio. La solenne occasione meritava lo sforzo di aprire le porte scorrevoli. I residenti più malconci vennero trasportati con le carrozzelle e alcuni letti furono piazzati tutt’intorno alla sala, come complemento d’arredo. Tutto sembrava annunciare che stava per avere inizio una grande festa. Il coro Cantiamo? della casa per anziani Dopolavoro del quartiere Pikku Huopalahti intonò il motivo Sprofonda, affonda, nel grembo del tuo paese natio, e un funzionario dei servizi sociali del Comune tenne un breve discorso che, con ogni probabilità, era stato scritto da Virpi. Stupidaggini dall’inizio alla fine.

«Alle tre di notte, la caporeparto è stata la prima ad accorgersi dell’incendio, divampato nella sauna del reparto d’isolamento a causa di un guasto elettrico. Con prontezza ha dato l’allarme e ha valorosamente coordinato le operazioni di soccorso. Grazie all’efficienza dell’intervento, nessuno degli inquilini del Lieto Tramonto è rimasto ferito, e anche i danni materiali sono stati contenuti.»

Risultò poco chiaro quale fosse stato il ruolo della direttrice in quelle efficienti operazioni. Il funzionario aggiunse che, prima di Sinikka Sundström e Virpi Hiukkanen, solo altri cinquantadue coraggiosi eroi avevano ricevuto quella decorazione. Con le mani tremanti per l’emozione, passò ad appuntare le medaglie sui baveri delle due donne. I residenti seguivano la cerimonia in silenzio. Virpi Hiukkanen non indossava il suo solito maglioncino di lana, si era agghindata con un vestitino azzurro di tessuto leggero che la faceva sembrare pallida. L’impiegato non sapeva dove mettere le mani per sistemarle l’onorificenza al petto. Più esitava, più le labbra di Virpi si stringevano. Di fronte all’incertezza del funzionario, si comportò come avrebbe fatto con un anziano che si sentiva male. Non mosse nemmeno un dito per aiutarlo. Al contrario, la direttrice sorrise raggiante, prese la decorazione e se l’appuntò da sola sul colletto del suo vestito colorato. Una volta che l’impresa fu portata a compimento, il funzionario iniziò ad applaudire e gli anziani, ubbidienti, batterono le mani insieme a lui.

«Virpi aveva dichiarato al giornale che l’incedio era divampato alle due di notte» sussurrò Anna-Liisa a Siiri. «Hanno aggiustato la loro storia. Ma tu non dovresti dire qualcosa? Magari chiedere dove fosse la direttrice, dato che non si è proprio vista. Oppure, perché Virpi è arrivata solo alle tre e mezzo? E che fine ha fatto quell’infermiera che ha telefonato al 112? È stata lei a chiamare, non Virpi, vero?»

Siiri non poteva proprio aprire bocca. Nel reparto d’isolamento, lei quella notte non avrebbe proprio dovuto esserci. Nessuno si era ancora chiesto come avesse fatto a entrare. L’ipotesi che una residente avesse le chiavi di tutte le porte del Lieto Tramonto non li sfiorava nemmeno. Siiri guardò Virpi negli occhi, ma la caporeparto non se ne accorse, si limitava a sorridere con la decorazione sul colletto e l’attestato in mano, e intanto abbracciava suo marito Erkki. Anche Sinikka sembrava immensamente felice, come se le fosse capitato un raro colpo di fortuna. Quell’incendio aveva finalmente trasformato una funzionaria amministrativa ligia al proprio lavoro in un’eroina.

«Chiedo scusa...» si sentì dire dal fondo della sala. Era la voce tonante dell’ambasciatore. Si alzò in piedi, si sistemò la cravatta e proseguì. «Vorrei chiedere, per quale ragione i pannoloni usa e getta, altamente infiammabili, erano conservati nella sauna elettrica? Nel reparto d’isolamento, la sauna fungeva dunque da magazzino per i pannoloni? Questo fatto costituiva un rischio per la sicurezza, come si è poi dimostrato. Inoltre, a quanto mi risulta, e diversamente da ciò che qui si è dato a intendere, uno dei pazienti è deceduto in ospedale a causa delle lesioni subite durante l’incendio.»

Nella sala calò un silenzio di tomba. La direttrice arrossì, pur continuando a sorridere, e guardò la caporeparto che stropicciava nervosamente l’orlo del proprio vestito e guardava il marito, come chi volesse impartire un comando senza riuscirci. Il funzionario dei servizi sociali del Comune fece un passo avanti e sollevò lo sguardo verso il soffitto, come gli era stato insegnato al laboratorio teatrale dei dipendenti comunali.

«In base alle informazioni in mio possesso...» cominciò a dire, ma poi si fermò. Per un attimo doveva aver immaginato di essere sul palco grande del Teatro Nazionale, all’inizio del monologo di Amleto, ma rinsavì rapidamente e proseguì oltre quella sconcertante pausa che sembrava uno studiato stratagemma. «So che sulla faccenda sono in corso indagini d’accertamento.»

Dagli anziani si sollevò un brusio generale. Ognuno aveva qualcosa da dire ai propri vicini, ai premiati e al funzionario. Sinikka Sundström batté le mani e chiese di fare silenzio.

«Cari clie... residenti! In onore di questa giornata, nella mensa saranno gratuitamente offerti a tutti voi caffè e dolci! Ricordo anche che è in corso la raccolta fondi a favore degli orfanelli indiani, a cui potete ancora contribuire. Le cassette per le offerte sono sui tavoli e, se siete interessati, dopo la pausa caffè, nell’auditorium si terrà una proiezione di diapositive sull’argomento.»

Le infermiere iniziarono a spingere gli anziani sulle sedie a rotelle verso il bar e Siiri andò a ringraziare l’ambasciatore per il suo audace intervento. Era emozionato per aver ricevuto così tanta attenzione, c’erano più persone a congratularsi attorno a lui che con la direttrice o la caporeparto. Anna-Liisa lo abbracciò stretto, appassionatamente.

«Meriteresti una decorazione anche tu» gli disse la dama col cappellino, e qualcuno propose un attestato per il valore civile.

Una volta che il trambusto si fu placato, rimasero solo in sei, l’intero circolo dei giocatori, o meglio, quel che ne era rimasto, e decisero di comune accordo di saltare il banchetto della premiazione. C’era elettricità nell’aria, e Anna-Liisa propose di andare alla caffetteria Fazer di Munkkivuori per una vera tazza di caffè.

«Pagata di tasca nostra!»

«Arrivare fin lì è lungo e faticoso» disse Margit, era tirchia e Anna-Liisa non le stava molto simpatica. Ma l’ambasciatore promise a tutti un passaggio in taxi con i suoi coupon, e così si misero in marcia. I due taxi-pulmino arrivarono con una rapidità sbalorditiva, dopo che l’ambasciatore aveva allungato alla ragazza della reception una mancia di cinque euro. Margit sosteneva che, per taxi di quel tipo, le era capitato di aspettare oltre mezz’ora, e che aveva dovuto pagare una tariffa maggiorata.

I conducenti furono gentili, li aiutarono a salire sull’auto caricando carrozzelle e girelli. Sul tettuccio c’erano delle luci blu e, accanto ai sedili, supporti per bottiglie e bicchieri.

«Manca solo lo champagne!» esclamò l’ambasciatore quando il veicolo svoltò su via Piana. Anna-Liisa accanto a lui scoppiò a ridere.

«Non so come funziona con i taxi, a Munkkivuori non ci vado mai. Lì i tram non passano. Superare l’imbocco dell’autostrada per Turku mi sembra più arduo che attraversare il Ponte Lungo!» disse Siiri ridendo. Margit, invece, rimase seria.

«Un taxi normale si trova facilmente, il taxi-pulmino è un’altra cosa. È un servizio che funziona male. Gli anziani e i disabili finiscono per aspettare anche un’ora sotto la pioggia. Arrivare puntuali da qualche parte, che so, una festa in famiglia o un concerto, è un’impresa, si finisce sempre per fare tardi. E poi magari arriva una ragazza così esile che non riesce a caricare la sedia a rotelle. Oppure un nero che non capisce il finlandese e non sa dire neanche “buongiorno”» si lamentò Margit ignorando il tassista, un africano che parlava benissimo il finlandese.

«Persona di colore» la corresse Anna-Liisa, ma Margit non le prestò attenzione, si rivolse verso Siiri e aggiunse: «Comunque a Munkkivuori ci si arriva anche in autobus.»

A Siiri, però, l’autobus dava noia. Quando suo figlio maggiore era stato ricoverato all’ospedale Jorvi prima di morire, per andare a trovarlo doveva arrivare fino alla sperduta Espoo e, una volta, in autobus, si era sentita talmente male da essere costretta a scendere a metà tragitto, senza avere la benché minima idea di dove fosse finita. Sul tram non le sarebbe mai potuto capitare niente di così assurdo. Anche a seguirli a piedi, i binari portavano sempre da qualche parte. Il viaggio in tram era tranquillo, senza tanti scossoni come sulle strade tra i boschi di Espoo. Perfino l’aria era più fresca, sugli autobus faceva sempre troppo caldo.

«Devi avere conoscenze altolocate, stanno progettando una linea di tram anche a Munkkivuori» disse ridacchiando l’ambasciatore, mentre in piedi sul marciapiede aspettavano che Eino scendesse dal taxi grazie a una specie di montacarichi. «Migliaia di chilometri di rotaie solo perché Siiri Kettunen possa andare da Fazer a mangiare un dolcetto! Ma la polizia ti ha già interrogato?»

L’ambasciatore buttò lì la domanda come se fosse una battuta, ma ovviamente era serio. Siiri non sapeva se dell’incendio dovesse occuparsi la polizia. Per un certo periodo, l’idea di un interrogatorio l’aveva turbata, ma poi non era successo più nulla, né Virpi era più andata da lei a dire fesserie, e così aveva cominciato a credere che avrebbero agito come avevano fatto con lo stupro di Olavi. Avrebbero aspettato finché i testimoni chiave non fossero morti. A quel punto, dal cilindro sarebbe saltata fuori una sentenza di archiviazione, come negli anni clou della carriera diplomatica dell’ambasciatore in Romania.

«Ma si sa che tu non morirai mai» disse l’ambasciatore, tenendo aperta la porta della caffetteria perché gli altri potessero entrare. «Anche il tipografo diceva sempre che sei la ragazza più carina del Lieto Tramonto. Non dimostri nemmeno un giorno in più di...»

«Di quanto?» chiese Siiri divertita, per mettere l’ambasciatore in una delicata situazione diplomatica. Se voleva lusingare una novantaquattrenne, quanti anni le avrebbe dato?

«Non più di ventisette» rispose ridendo, e quella fu davvero una risposta saggia.

«Dovrai vivere per altri settant’anni e più, allora» intervenne Anna-Liisa e, chissà perché, nel dirlo fu un po’ ruvida.

Senza badare al prezzo, scelsero ognuno un dolce diverso e chiesero che il caffè venisse servito al tavolo. Ma la ragazza alla cassa si rifiutò.

«Qui è self-service.»

Ci volle un bel po’ prima che ogni vassoio fosse portato al tavolo. Anna-Liisa mise il caffè e la fetta di torta Ellen Svinhufvud sul suo girello, l’ambasciatore si occupò del proprio espresso e Margit prima spinse suo marito accanto alla finestra e poi trasportò i vassoi uno alla volta. Siiri mise la brioche al burro e il succo di frutta della dama col cappellino sul proprio vassoio e dimenticò il bastone alla cassa, ma un giovanotto gentile glielo riportò. I dolci erano deliziosi e il caffè così forte che Siiri vi aggiunse dello zucchero da una bustina a forma di tubetto.

«Sembra droga» disse Margit, e Anna-Liisa le domandò che esperienza avesse in materia di stupefacenti.

L’ambasciatore tornò sull’incendio. Aveva presentato una denuncia alla polizia subito dopo le assurde dichiarazioni di Sinikka Sundström alla conferenza stampa del giorno successivo all’accaduto. Anna-Liisa gli diede un colpetto sul braccio, era orgogliosa del suo spirito d’iniziativa e del suo coraggio. Margit mandò giù un pasticcino ricoperto di pasta di zucchero e diede a suo marito la torta Tosca. Briciole e pezzettini di mandorle schizzarono ovunque, ed Eino sorrise contento.