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Il campanello suonava insistentemente e Siiri saltò sul letto, facendo cadere a terra il giornale. S’infilò la vestaglia ma, affrettandosi ad aprire, dimenticò di infilare le pantofole. Era in agitazione, non arrivavano mai ospiti a sorpresa.
Dovette fermarsi un attimo e appoggiarsi al tavolo da pranzo. Alzarsi così bruscamente l’aveva scombussolata, le orecchie le fischiavano e la musica ora le dava fastidio.
«Chicchirichì» urlò, perché il visitatore capisse che stava arrivando e non se ne andasse via, pentendosene però all’istante. Sarebbe stato più ragionevole gridare qualcos’altro.
Fu felice di trovare dietro la porta Mika con il suo giubbotto di pelle. Gli saltò subito al collo e, altrettanto velocemente, lo sciolse dal suo abbraccio. Mika sembrava preoccupato e teso.
«Devo parlarti, potresti spegnere la musica?»
Non voleva nemmeno il caffè. Camminava avanti e indietro al centro del soggiorno.
«È una sinfonia, un’opera per pianoforte e orchestra, il terzo concerto per pianoforte di Beethoven» spiegò Siiri, e spense il lettore cd. Ebbe l’impressione che Mika avesse qualcosa di importante da dirle, era meglio chiamare anche Anna-Liisa. Mentre Siiri digitava il suo interno, Mika rimase in silenzio, seduto sul divano a rovistare nel suo zaino. Siiri gli chiese di togliersi gli stivali infangati e Mika educatamente obbedì. Aveva i calzini bucati, non erano neppure di lana, e Siiri seppe che cosa avrebbe potuto regalargli un giorno, se solo se ne fosse ricordata. Lavorare a maglia non le piaceva ma a Margit sì, e un paio di calze l’avrebbe fatto in un lampo.
Anna-Liisa arrivò con il suo girello alla velocità della luce. Ora che stavano più spesso l’una in compagnia dell’altra, Siiri aveva notato che in realtà Anna-Liisa non aveva bisogno di quell’aggeggio per spostarsi. Era molto agile, riusciva a muoversi con rapidità, ma sosteneva che le era utile per i suoi problemi di equilibrio. Spiegava puntigliosa che funzionava da strumento di prevenzione, evitava inutili cadute. La società dissipava grandi quantità di denaro quando i vecchi, andandosene a zonzo magari solo con le calze ai piedi e senza strumenti di supporto, si rompevano le ossa. A quanto pareva, la gran parte degli incidenti si verificava tra le mura domestiche.
Mika tirò fuori dallo zaino una grossa pila di fogli e la mise sul tavolo.
«Qui c’è la cartella clinica di Irma Lännenleimu e anche un po’ di altre cose, tutta la documentazione che si può trovare a suo nome al Lieto Tramonto.»
Siiri e Anna-Liisa studiarono quelle carte atterrite. Così tante informazioni su Irma! Anche su di loro c’era in archivio una cartella del genere? Anna-Liisa fu la prima a riaversi e si mise a interrogarlo come se fosse un monello di quindici anni che aveva dimenticato i pronomi interrogativi.
«Da dove hai preso i documenti? Con il permesso di chi? Sono gli originali o delle copie?»
«Li ho rubati» rispose lui. Lasciò cadere quelle parole nel silenzio con una calma calcolata e diede alle due donne il tempo di tirare un sospiro prima di proseguire. «Ho preso da Pasi le chiavi del Lieto Tramonto, l’intero mazzo. Quello lì è in combutta con la vostra caporeparto, che ha un’agenzia interinale per infermieri.»
«Chi, Virpi Hiukkanen? Ne dubito, è stata lei a licenziarlo!» disse Siiri. Ma si sbagliava, anche se allo stesso tempo aveva ragione.
«Esatto. E il business continua, grazie a Tero. Sapete come si chiama l’agenzia?»
«No, non l’abbiamo mai chiesto.»
«Assistenza domiciliare Bianca Neve. E l’intermediazione è davvero il loro forte!»
Qualche volta Mika era un po’ strano. Rideva fragorosamente per il nome dell’impresa di Virpi, ripetendolo e aggiungendo qualcosa che non riuscirono ad afferrare del tutto. Secondo lui sia la polizia sia Pasi erano in combutta con la caporeparto. Siiri non osò controbattere, anche se quel ragazzo la preoccupava. Per causa loro si era messo addirittura a rubare.
«Ora siamo tue complici?» chiese Anna-Liisa in tono formale, raddrizzando la schiena come un’ex ginnasta. Era moderatamente eccitata per quella recente svolta. Mika le porse le carte di Irma, erano le copie degli originali, e disse che potevano esaminarle con calma. «Una lettura poco piacevole» le avvertì.
Si alzò per andarsene, in fretta come era arrivato. Mentre stava calzando gli stivali, Siiri gli chiese quando si sarebbero rivisti e quale sarebbe stato il passo successivo. Mika non poteva promettere nulla.
«Occupatevi delle vostre cose, e io penserò a Pasi» disse chiudendosi la porta alle spalle.
Perplesse, le due donne rimasero sedute accanto al tavolo. Siiri non capiva perché mai Pasi fosse diventato tanto importante, addirittura una faccenda di cui occuparsi, e neppure a che cosa mirasse Mika. Anna-Liisa non aprì bocca, tirò a sé il pacco di fogli e cominciò a leggere, come se si trattasse di compiti da correggere. Restò a lungo in silenzio finché non interruppe la lettura, si poggiò all’indietro e sospirò: «Mika aveva ragione. È davvero una lettura poco piacevole.»
Inaspettatamente Anna-Liisa chiese un bicchierino di whisky, non era mai accaduto prima. Anche Siiri prese un po’ di vino rosso, in onore di Irma. Era stata molto più coraggiosa di quanto avessero potuto immaginare. I suoi reclami erano documentati in maniera impeccabile e li aveva inviati a tutte le autorità interessate, dalla Commissione anziani del Parlamento al ministero degli Affari sociali. E tutti erano anche finiti sulle scrivanie degli uffici del Lieto Tramonto.
«Il suo reclamo è stato ricevuto e sarà esaminato nei tempi previsti» si leggeva su un foglio inviato dalla Commissione anziani. La data risaliva a tre anni prima. Poi, più niente. Evidentemente gli ingranaggi dei “tempi previsti” stavano ancora macinando...
«I reclami non dovrebbero far parte della documentazione medica» osservò seria Anna-Liisa.
Qualcuno, però, li aveva allegati. C’erano anche due lettere provenienti dall’ammnistrazione regionale di Uusimaa, la più vecchia risaliva a cinque anni prima, e poi altre più recenti. Tra queste, in cima al plico, la lettera che Siiri e Irma avevano scritto insieme ai membri del direttivo della Fondazione amorevoli cure per gli anziani.
La cosa peggiore, però, erano le annotazioni sulla salute di Irma. Da più di un anno il personale aveva fornito ai vari medici informazioni false. Dicevano che aveva manie di persecuzione, che soffriva di paranoia in forma grave, occasionalmente era aggressiva e si intensificavano i disturbi della memoria. I medici erano stati contattati solo per e-mail o per telefono, e diverse ricette erano state scritte senza nemmeno visitare la paziente. E, infine, la sentenza: “considerato l’aggravamento della situazione generale, l’unica soluzione è l’immediato ricovero nel reparto d’isolamento. La figlia della paziente fornirà dichiarazione”.
«Se avessero pensato di farla visitare, il medico si sarebbe accorto che non era malata» disse Anna-Liisa con una voce ancora più cupa.
«Hanno spaccato, come dice sempre Irma. Anche se a dicembre, e forse anche da prima, era già molto confusa e stanca, com’è scritto qui. E poi la sua diffidenza non ha fatto che peggiorare. Secondo te... credi che abbiano potuto...»
«Chiaro come il sole. Con una combinazione di farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale, un anziano diventa un malato. Un progetto a lungo termine, premeditato da tempo, per portare Irma alla demenza.»
Le erano state prescritte medicine per l’ansia, l’irrequietezza, l’insonnia, l’indolenzimento muscolare, i dolori acuti, la depressione e chissà cos’altro, in dosi sempre maggiori con ricette aggiuntive nel corso dell’anno, soprattutto in autunno. Ogni farmaco causava la comparsa di un nuovo sintomo, per cui veniva prescritta un’altra medicina e così via, in una catena infinita.
Siiri si sentiva mancare. Nella sua testa c’erano solo vuoto e attesa della morte. Quello sarebbe stato davvero un buon momento per addormentarsi definitivamente. Non riusciva a capire perché mai qualcuno si prendesse la briga di agire in quel modo. Per una nonnina chiusa nel reparto d’isolamento non è che i finaziamenti fossero così alti da spingere la Fondazione amorevoli cure per gli anziani a infilarsi in una procedura complessa e pericolosa. Sarebbe stato molto più comodo ed economico mettere direttamente a tacere l’autrice dei reclami.
«A quanto pare, qui nessuno vigila, nessuno sa se le cose procedono in maniera ragionevole» disse Siiri demoralizzata.
«L’anziano migliore è un anziano morto» dichiarò tetra Anna-Liisa, che finì di bere il suo whisky e si affrettò ad aggiungere: «E adesso non dire tic tac, tic tac, tic tac. Hai avuto notizie di Raudanheimo?»
«Oh, mi sono dimenticata di Olavi... ma te ne stai andando?»
Nonostante quello che aveva letto su Irma, Anna-Liisa non aveva perduto la sua vitalità. Alle undici c’era la lezione di ginnastica, e dopo pranzo voleva andare all’auditorium a giocare a bingo con l’ambasciatore. Provò, inutilmente, a convincere Siiri ad accampagnarla.
«Mai stata tanto rimbambita da mettermi a giocare a bingo. Queste sono le tue chiavi? Per favore non dirmi che sono le mie perché non le riconosco.»
Sul tavolo c’era un mazzo di chiavi. Non erano né di Anna-Liisa né di Siiri.
«Ce le ha lasciate Mika... di proposito?»
Siiri le esaminò con attenzione. C’erano tre chiavi e su una c’era scritto “reparto d’isolamento”.