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La cenetta di Siiri a base di pasticcio di fegato e riso venne interrotta da un improvviso fracasso che proveniva dall’appartamento di Irma. Senza indugio, Siiri andò a controllare. Le apparve una scena che avrebbe molto divertito Irma, se solo avesse potuto vederla.

Un branco di tesorini si stava spartendo le sue cose, proprio come se lei fosse già felicemente morta e sepolta. C’erano degli scatoloni pieni di roba su ciascuno dei quali si poteva leggere: “mercatino”, “casa di campagna”, “spazzatura”.

«Siamo tutti d’accordo di portare via tutto» disse un ragazzo che teneva in mano il quadro preferito di Irma.

«A quanto pare, la nonna non tornerà più qui» continuò un altro. Siiri immaginò che quei due fossero i cari ragazzi gay di cui Irma parlava sempre. Erano proprio due bei giovanotti, con uno sguardo schietto.

Anche gli altri si misero sulla difensiva. Una donna con un bambino aggrappato a una gamba spiegò che quell’appartamento era troppo costoso per gli eredi, non potevano permettersi di pagarlo se rimaneva vuoto. Il marmocchio somigliava ai ricoverati del reparto d’isolamento: capelli radi, pannolino, due denti in bocca, sesso difficile da determinare. Teneva in mano il telecomando della tv che ciucciava riempiendolo di saliva.

«Nonna» disse indicando Siiri con il dito paffuto e bavoso.

«Non sono la nonna, la nonna è in ospedale. Ma sta già molto meglio e presto tornerà a casa, e vorrà guardare i cartoni dei Mumin e Hercule Poirot. Ma non ci riuscirà se succhi e rovini il telecomando. Senza questi aggeggi le tv al giorno d’oggi non funzionano.»

Siiri era così disorientata che si abbandonò a uno dei suoi discorsi fiume. Parlando sputacchiava sul moccioso, che copriva col pianto la sua voce. Rivolgendosi a un bimbo di un anno, riusciva a dire ciò che avrebbe voluto gridare a quegli adulti che le stavano intorno.

«La tv si accende anche senza telecomando» disse uno dei nipoti di Irma, uno con la barba lunga, mentre ficcava il frullino in una busta.

«Ah, sì? Avete già deciso chi si prende il televisore? È nuovo di zecca, digitale.»

I tesorini di Irma assunsero una strana espressione. Anche il piccoletto si zittì e smise di piangere.

«Non lo vogliamo. Nessuno guarda più la tv...» disse uno dei due gay.

«...tanto è tutto su Internet» proseguì l’altro, come se fossero Cip e Ciop.

«Nonna?» disse il bambino, e tirò Siiri per i pantaloni. Era chiaramente il più coraggioso e intelligente di tutta la banda. Siiri gli raccontò che alla nonna avrebbero messo un paio di viti nell’anca e che quindi sarebbe potuta tornare a casa, a mangiare la toorta e bere il vino.

«La nonna non dovrebbe esagerare con l’alcol» disse la donna, staccando il bambino dalle sue gambe, mentre cercava di far entrare in borsa il portagioie. Anche mangiare dolci, secondo lei, era pericoloso per la salute di Irma.

A questo punto Siiri andò su tutte le furie. A vederla così arrabbiata, Irma sarebbe stata fiera di lei. Immaginò di essere quella Irma giovane e carina che aveva visto in sogno, che danzava liberamente, incurante dell’opinione altrui. E scaraventò su quel gruppo di giovani adulti, autodefinitisi eredi, ciò che pensava di loro.

«Vostra nonna è sana come un pesce e presto tornerà qui. Se portate via anche solo un cucchiaino d’argento o il telecomando, chiamo la polizia! E se non vi potete permettere di pagare l’affitto di vostra nonna in una casa per anziani, perché preferite viaggiare due volte l’anno intorno al mondo, allora lo pagherò io con la mia pensione! Toglietevi dalla testa che Irma sia impazzita o che si sia trasformata in un vegetale! Tornerà, e insieme mangeremo tanta di quella toorta, tutta quella che ci pare, e berremo anche del vino, e forse Irma si fumerà pure un paio di sigarette, mentre sorseggerà il whisky della buonanotte, e quindi, a fine giornata, balleremo in camicia da notte e faremo qualsiasi cosa ci passi per la testa. Si dà il caso che io abbia novantaquattro anni e vostra nonna novantadue, e alla nostra età niente più ha molta importanza, quantomeno non ne hanno le cose nocive per la salute. Quelle spaventano solo voi perché, non si sa mai, potreste crepare di salute!»

Gridare le fece proprio bene. Si sentì forte e vitale, provò una sensazione inebriante e avvertì il sangue scorrerle fin nelle dita dei piedi. A un certo punto del suo monologo, aveva sollevato un braccio come se stesse ballando e aveva fatto anche un paio di passettini leggeri prima di concludere con una spettacolare piroetta. Il bambino, eccitato, batté le manine e provò anche lui a ballare.

«Noi vecchi possiamo fare tutto quello che ci pare, diversamente da voi disgraziati in età lavorativa che non avete neanche il coraggio di pensare con il vostro cervello. Ora vi mettete persino a rubare i vecchi frullini! Vi concedo di sloggiare da qui e di tornare quando vostra nonna acconsentirà ad accogliervi. Punto e basta!»

«Pastapasta!» strillò il moccioso e girò in tondo con aria buffa. Era rimasto affascinato da quella nuova nonna che ballava e gridava, e la sua eccitazione risvegliò anche la curiosità del fratello maggiore che si era nascosto dietro al divano.

«Li mangi tu i fagioli con la pasta» disse piano il ragazzino e guardò Siiri con sguardo omicida, facendola ridere. Anche gli adulti provarono a ridacchiare un po’, ma Siiri si ricompose e ordinò a tutti di sgombrare.

«La commedia è finita» disse in italiano, con voce grave, e nessuno capì che stava citando l’ultima battuta dai Pagliacci di Leoncavallo. I tesorini di Irma erano imbarazzati. Uno riappese il quadro al di sopra della libreria, ma il portagioie rimase nella borsa della donna.

«Credevamo che la nonna fosse ormai fuori gioco...»

«...e pensavamo di essere di aiuto.»

Sembravano così tristi che Siiri spiegò perché il recente trasferimento di Irma in ospedale fosse una buona notizia. Certo, prima o poi, anche il bel giorno della morte della nonna sarebbe arrivato, e allora i nipoti avrebbero potuto dividersi le sue cose e perfino preparare delle toorte con il suo vecchio frullino. A quel punto, i tesorini raccolsero figli e buste e se ne andarono.

Al centro del soggiorno rimasero quattro scatoloni pieni di roba classificata come spazzatura: album fotografici, libri, soprammobili, tovaglie e pantaloni di seta. Siiri si lasciò cadere sulla poltrona a fiori per riposare un secondo. C’era l’odore del profumo di Irma, pungente e dolce. Lo annusò fino a rimanerne stordita, e tornò a sentirsi nuovamente leggera e fluttuante, come nel sogno.