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Irma e Siiri volevano raccontare ad Anna-Liisa di Mika Korhonen. Trovavano curioso che fosse stato così amichevole, che avesse addirittura promesso di andarle a trovare, ma che poi non si fosse più fatto sentire. La logica di Anna-Liisa le avrebbe certamente aiutate a capire. Tuttavia, quando arrivarono al tavolo da gioco nel salottino, l’amica stava facendo un doppio solitario con l’ambasciatore e ci volle davvero del tempo prima che l’ambasciatore intuisse di doversene andare. Il poveretto aveva un disperato bisogno di compagnia ora che Reino era rinchiuso nel reparto d’isolamento. Solo uno dei suoi figli era ancora vivo, ma abitava all’estero. Irma sosteneva che, dopo essere stato trascinato in giro per il mondo, non avrebbe mai potuto mettere radici in Finlandia ed era normale che fosse finito in un altro paese. Gli promisero che avrebbero giocato con lui a canasta un’altra volta se adesso fosse andato all’auditorium a sentire la conferenza “La solitudine nella quotidianità degli anziani”.

«Soffre di omofobia» esordì Anna-Liisa, dopo che le ebbero raccontato di Mika Korhonen.

«A dire il vero aveva un aspetto assolutamente sano» rispose Irma.

«Ha usato la parola mafia, non fobia» precisò Siiri, provando a rimanere concentrata sul nodo cruciale di quella discussione. Erano talmente galvanizzate che parlavano una sull’altra allontanandosi dalle questioni essenziali e ingarbugliando sempre di più quella faccenda.

Anna-Liisa rispolverò le sue abilità di docente con un breve excursus sulla trasformazione dei significati delle parole di origine straniera in finlandese, di cui a suo avviso la parola “mafia” era un esempio straordinario. Era improbabile che Mika avesse affermato che al Lieto Tramonto agiva un gruppo criminale organizzato.

«Credo che sia esattamente ciò che voleva dire» ribadì Siiri con fermezza. Era riuscita a riportare i suoi pensieri sul binario giusto. Irma, invece, aveva la testa nel pallone.

«Mio nipote è gay ed è davvero un tesorino adorabile, come anche il suo fidanzato. Mi portano sempre della toorta quando vengono a farmi visita. Lo fanno piuttosto spesso perché, ovviamente, non hanno figli. Anche se ho sentito alla radio che adesso gli uomini dovrebbero poter avere dei bambini. Ma come è possibile? Mio nipote e il suo fidanzato si sono fatti il certificato e hanno in adozione un cagnolino marrone.»

«I cani non si adottano» disse Anna-Liisa, interrompendo le fantasie di Irma.

«Ma era un trovatello, il cane intendo. L’hanno portato in aereo dalla Spagna, e mio nipote insieme al suo fidanzato ufficiale si è ritrovato a compilare un sacco di documenti per poter diventare genitori dell’orfanello. Dovunque vanno lo portano sempre con loro, sono venuti anche qui da me tante volte col cane, e io gli do sempre del pasticcio di fegato e riso, ma sembra che non vada bene, gli si deve comprare del fegato di maiale fresco al mercato. Pensa un po’, per un randagio!»

Irma rise e Siiri iniziò a innervosirsi perché Anna-Liisa sembrava più interessata al cane dei tesorini che a Mika. Ricordò allora quello che aveva detto sull’assistente sociale. Secondo il tassista, Pasi era una vecchia conoscenza della polizia.

«Ha detto proprio così?» chiese Anna-Liisa puntigliosa. «Vuol dire che è un criminale, come questo vostro Mika, o che collabora con la polizia?»

«Ah, questo non lo so. Pasi è in qualche modo collegato al fatto che Tero era stato interrogato dalla polizia. Cosa può significare?» Siiri si sentiva spiacevolmente a disagio, non aveva certezze e il piglio indagatore di Anna-Liisa non migliorava la situazione. «Se ben ricordo, Mika ha detto che Sinikka Sundström aveva provato a far star buona la polizia licenziando Pasi. Sì, mi pare che fosse così.»

«Scusa, chi è Sinikka Sundström?» chiese Irma.

Siiri sentì un boato nella testa, come se qualcuno l’avesse colpita. Allarmata guardò Anna-Liisa, che invece non era affatto sconvolta e spiegava con calma di chi stessero parlando. Anche lei aveva notato che i momenti di confusione di Irma erano sempre più frequenti. Dopo averla tranquillizzata, Anna-Liisa si voltò seria verso Siiri e le disse che doveva mettersi in contatto con Mika Korhonen al più presto. Quell’uomo poteva essere di grande aiuto.

«Ma non abbiamo il suo numero di telefono!» esclamò Siiri intimorita. Come potevano essere state così stupide? E come poteva non averci pensato nemmeno Mika? Forse era davvero un criminale che aveva solo bisogno delle loro informazioni? E se si fosse inventato tutto di sana pianta?

«Calmati» le disse Anna-Liisa, trattandola come una ragazzina che non sapeva ripetere la declinazione dei casi. «Non si è potuto inventare tutto, era a conoscenza di troppi fatti. E se è un criminale, abbiamo il dovere d’immischiarci nei suoi affari.»

Ovviamente aveva ragione, e Siiri ammirava il suo coraggio. Anna-Liisa sembrava decisamente entusiasta della possibilità di arrivare a far luce sull’attività di un’organizzazione criminale al Lieto Tramonto. Tuttavia, solo a Helsinki ci saranno stati dieci Mika Korhonen. E il loro Mika Korhonen non sapevano nemmeno dove abitasse. Dovevano mettersi a telefonare a tutti quelli sull’elenco?

«La gente non mette più i propri dati negli elenchi. I numeri e gli indirizzi si trovano su Internet. E poi lo si potrebbe cercare su Facebook» disse Anna-Liisa, pronunciando quella parola esotica con una cadenza ritmata, come se fosse italiana.

«E se invece ci mettessimo ad andare in giro in taxi?» propose Siiri. «Forse un giorno potremmo imbatterci nel taxi di Mika.»

Sperò che quell’idea riportasse Irma alla realtà, ma lei, sulla scomoda sedia del salottino, era piombata in un sonno profondo. La testa ciondolava mestamente abbandonata e la borsetta viola era caduta sul pavimento. Era così silenziosa che per un attimo credettero che fosse morta. Ma grazie a Dio respirava, anche se non si svegliò quando Anna-Liisa le picchiettò forte sul dorso della mano.