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Seduta al suo solito posto sul tram, Siiri rivolse uno sguardo all’ospedale di Eira. Lì dietro c’era Villa Johanna, una divertente stravaganza di Selim A. Lindqvist, il suo architetto preferito. Si riusciva a scorgerla stando sul tram numero 3, appena svoltava in via Tehtaan, la via della Fabbrica. Quando riconosceva un edificio, Siiri aveva l’abitudine di richiamare alla memoria il maggior numero possibile di costruzioni progettate dallo stesso architetto in altre zone della città. Per Selim A. Lindqvist era facile: in via Alessandro I c’erano uno accanto all’altro due suoi palazzi, al numero 13 e all’11.

La linea del tram 3B si trasformava in 3T all’altezza del Terminal Olympia, e Siiri decise di proseguire fino alla fermata del nuovo Teatro dell’Opera. Da lì avrebbe potuto prendere il 4 per tornare al Lieto Tramonto. Aveva girovagato per più di due ore passando da un tram all’altro e ammirando i palazzi che più amava, tutto pur di ritardare il rientro al Lieto Tramonto. Al solo pensiero di tornare alla residenza provava una sensazione di disagio. Non voleva vedere Virpi, non voleva pensare alla confusione mentale di Irma, e non sapeva bene se avrebbe potuto condividere le sue preoccupazioni con Anna-Liisa, sempre così razionale da farla sentire stupida. E Mika non si era più fatto vivo.

Una bambina chiacchierona con in testa un simpatico berretto con le orecchie da orso sedeva insieme alla mamma accanto al distributore dei biglietti.

«Ecco perché secondo me i maschi sono tutti stupidi, tranne Oiva. Sai, non vorrei aspettare fino a Natale per avere una bambola Monster High, preferirei averla adesso. Vorrei Draculaura, te la ricordi?»

La mamma teneva sulle gambe delle buste, aveva un’aria spossata e non prestava alcuna attenzione alla bambina. Ma la piccola non si arrendeva.

«Mamma, perché non tutti hanno dei figli? Perché le nonne non hanno figli? Perché, mamma?»

«La tua sì che ha figli, altrimenti come potrebbe essere tua nonna?» disse un barbone seduto all’altro lato del tram. La bambina, incuriosita da quella nuova conoscenza, si alzò in piedi ma la madre continuò a fissare la pioggia che batteva contro il finestrino.

«Mia nonna è la fidanzata del nonno ed è molto più giovane della mamma. Se volesse potrebbe fare un bambino quando le pare, ma la mamma non vuole. Come si chiamano i tuoi figli? Lavori? E perché non lavori? E quindi che cosa fai tutto il giorno?»

«Me ne sto seduto al parco e me ne vado in giro in tram.»

«Fico! Da grande voglio farlo anch’io!»

Nel quartiere di Kamppi il tram stava per imboccare la curva che tanto piaceva a Siiri, e intanto gli altri passeggeri tendevano l’orecchio per sentire come il barbone avrebbe risposto ai progetti per il futuro della bambina.

«In quale parco vai? Io di solito in quello di via Lapinlahden, anche se è piuttosto piccolo.»

«Anch’io vado lì. È un posto carino.»

«E Väiski, ma solo d’inverno.»

«Qualche volta vado anche a sedermi sul masso a Temppeliaukio, da lì c’è una vista fantastica.»

«Non ci sono mai stata. Le altalene ci sono? Ti piace andare sull’altalena?»

In quel momento la mamma della bambina si risvegliò, raccolse le buste, si alzò e trascinò dietro di sé la figlia, scendendo alla fermata di via Arcadia. Il barbone la salutò con la mano e lei, sotto il nevischio, gli regalò un largo sorriso sdentato. Fuori era buio pesto e le strisce catarifrangenti sulla tuta della piccola rilucevano brillanti. Anche a Siiri venne voglia di farle ciao ciao, ma si limitò a guardare quella bambina con le orecchie da orso. Le era grata. Senza saperlo, quella creaturina le aveva salvato la giornata.

La parte finale del tragitto lungo via Mannerheim trascorse in un religioso silenzio. Il 4 non era ancora arrivato. Il tabellone elettronico alla fermata segnalava che c’erano solo due minuti di attesa, ma Siiri era stanca di aspettare in piedi nel vento gelido. Salì sul 10 e si appisolò, c’era talmente tanta quiete lì dentro. All’altezza di piazza Töölö, là dove una volta c’era la dogana, trasalì e credette di essersi sbagliata. Invece di proseguire diritto come avrebbe dovuto, il tram voltò in via Stoccolma. Anche gli altri passeggeri si stupirono e Siiri si sentì sollevata.

«Ma questo non è il 10?» le chiese una donna dall’aria sveglia, proprio a lei che era una vecchina.

«Pensavo di sì» rispose Siiri sorridendo. «Per me va comunque bene, abito a Munkkiniemi.»

«Io invece devo andare all’ospedale Tilkka» disse l’altra preoccupata. «Il mio turno comincia tra poco.»

«Lei è un’infermiera? Adesso il Tilkka è diventata una residenza per anziani, vero?» chiese Siiri incuriosita, ma il tram si fermò davanti al palazzo Aura e la donna si affrettò a scendere senza rispondere.

Il conducente del tram le sorrise imbarazzato. Siiri lo riconobbe, era quel giovanotto che amava ascoltare musica classica mentre guidava, proprio come stava facendo in quel momento. Si era intrattenuta spesso a chiacchierare con lui. Gli si avvicinò e gli chiese se ci fosse qualcosa che non andava.

«Be’, sì, ho sbagliato. Stavo ascoltando la Settima di Bruckner e mi sono dimenticato che questa è la linea 10...»

«Non dovrebbe ascoltare la Settima mentre sta guidando il numero 10.»

«È vero, ma non esiste la Decima sinfonia di Bruckner, anche se ce ne sono dieci. La prima è la numero zero, non mi chieda il perché.»

«Ma a lei piace anche Mahler. Lui non ha forse una decima sinfonia?»

«È incompiuta. Esattamente come il mio tragitto!»

Il conducente chiamò la sede centrale. Per Siiri era sempre eccitante quando i tranvieri ricevevano istruzioni dall’alto. A volte c’era a bordo un anziano scappato dall’ospedale e bisognava consegnarlo alla polizia; altre volte, a causa di un incidente, veniva indicato un percorso alternativo. Dopo aver ricevuto istruzioni, il conducente si chinò sul microfono.

«Gentili passeggeri, ho sbagliato e mi scuso. Mi dispiace, ma ora devo per forza proseguire fino a Munkkiniemi. I passeggeri che devono continuare sul percorso del 10 possono scendere qui e procedere a piedi verso via Mannerheim, dove arriverà presto un’altra vettura.»

Siiri era davvero orgogliosa del suo tranviere. Aveva apertamente ammesso il proprio errore, non tutti l’avrebbero fatto. Tuttavia, aveva pronunciato “Munkkiniemi” con un tono tale da farlo sembrare un posto terribile, uno di quei posti dove si va solo se non ci sono alternative, non era così?

«Be’, è proprio così, non ho alternative» disse l’uomo sorridendo. Siiri rimase in piedi accanto a lui, il viaggio riprese e anche la musica di Bruckner continuava a suonare. Per fortuna la Settima era molto lunga, non sarebbe finita nel bel mezzo della corsa.

«Sì, Bruckner era un tipo tosto» disse il conducente, e sospirò.

In un primo momento Siiri aveva pensato di fargli compagnia per l’intero percorso lungo la costa di Munkkiniemi, una sorta di supporto spirituale, ma poi si sentì stanca. Era stata in piedi per troppo tempo e decise di scendere alla sua fermata, in cima al viale alberato.

«Buon proseguimento, grazie per l’inaspettata avventura. Ora raggiungerò il mio capolinea» disse al tranviere. Di tanto in tanto trovava divertente chiamare così il Lieto Tramonto. L’uomo rise.

«Giusto! Io ho appena mancato il mio!»