52

BAZ

So di aver promesso a Snow che non sarei andato via con Lamb. Ma credo di avere finalmente sfondato. (Con Lamb, intendo.) Che cosa dovevo fare, insistere che continuassimo il discorso lì, accanto al bidone?

Presumo che Simon e Penelope mi stiano seguendo. Li richiamerò alla prima occasione.

Lamb si è rimesso gli occhiali. Mi guarda in tralice, senza staccare gli occhi dalla strada. «Sei sempre stato…»

Inarco un sopracciglio. «Schizzinoso nel mangiare?»

Ride. «Sì.»

«Sì» rispondo.

«E perché?» domanda lui con una smorfia.

Perché non volevo uccidere nessuno, penso. Ma è un argomento che con lui non funzionerebbe. Così dico: «Perché non mi è piaciuto essere morso».

Lamb mi guarda girando anche la testa, stavolta. «Significa che lo hanno fatto nel modo sbagliato.»

Sono sulle spine. «Il punto è che mi sembra una barbarie. Perché dovrei rivoltarmi contro l’umanità? Io sono nato umano.»

«Perché è il corso naturale delle cose, Baz. È il ciclo della vita.»

«Ma quale ciclo? Noi non moriamo. Non nasciamo. Non ci riproduciamo.»

«Sì, invece» mi contraddice lui. «Siamo nati eccome. E possiamo riprodurci.»

Adesso sono io a scandalizzarmi. «I vampiri fanno figli?»

«Qualcuno ti ha messo al mondo, no?»

«Sì, i miei genitori. Poi però è stato un vampiro a uccidermi.»

Sospira. «Allora lascia che ti dica quanto io gradisca la compagnia del tuo fantasma.»

Guardo fuori dal finestrino, ma non vedo il furgone di Shepard nello specchietto retrovisore.

«Se non è il ciclo della vita, è la catena alimentare. Non ti ho visto dispiaciuto per quel maiale che ci siamo mangiati a pranzo. Né per il coniglio che ti sei preso come dessert. Ogni essere ne mangia un altro.»

Lo guardo. «E cos’è che mangia te?»

Inarca un sopracciglio, ripagandomi con la mia stessa moneta. «La disperazione esistenziale.»

Scoppio a ridere.

Lamb posa un attimo lo sguardo su di me e subito torna a fissare la strada.

Quando riattacca a parlare, lo fa a voce più bassa. «Appena avrai oltrepassato i confini della mortalità, non ti sentirai più tanto legato a loro, ai Normali… Un giorno i tuoi genitori non ci saranno più. Le persone che ami non ci saranno più. Ogni traccia della vita che conducevi quando ancora sanguinavi svanirà… decadrà… scomparirà. E allora capirai di essere diverso. Non c’è modo di tornare indietro, Baz. Non c’è modo di aggirare la tua vera identità. Tutti i conigli del mondo non basteranno a farti tornare ciò che eri. Ti lasceranno la sete e basta.»

Per qualche istante, nessuno dei due parla più. È un vantaggio che Lamb stia guidando. Almeno non può guardarmi.

«Devi essere molto fortunato» mi decido a dire.

Lui mi fissa sconcertato, in attesa di chiarimenti.

«Hai trovato l’unico vampiro in tutta Las Vegas che sia disposto ad ascoltarti» continuo io.

E scoppia a ridere.

Lamb ci vive, al Katherine. Ha un appartamento quasi all’ultimo piano, arredato con mobili di sua proprietà, è evidente. (Niente pelle nera. E niente pappagalli neri.) Da una parte c’è un piccolo salotto e dall’altra, nascosta da una parete di vetro satinato, quella che presumo essere la camera da letto.

Mi siedo su un divano antico con tappezzeria jacquard turchese.

Lamb si accomoda accanto a me su una sedia di legno intagliato dall’aria molto antica, come tutto il resto. Si è tolto la giacca. «Allora,» mi dice «immagino che tu non abbia avuto scelta…»

So che cosa intende. «Non ha più importanza.»

«Ne ha per me, ormai siamo amici.»

«No, non ho avuto scelta» rispondo, e con la mano scaccio un pelo bianco di coniglio dai pantaloni. «E tu?»

«Per me la scelta è a priori» mi dice, scostandosi i capelli dal viso.

«In che senso?»

Lascia ricadere i capelli. «Per me tutto è a priori. La mia gente conosceva solo la fame e la guerra, e i demoni che arrivavano con il buio.»

«È questo che ti è successo? Sei vittima di un demone arrivato con il buio?» Non sono abituato a considerare i vampiri dei compagni di sventura.

«È quello che è successo a mio fratello» risponde. «Poi è stato lui a dare la caccia a me.»

«Perché voleva un compagno?»

«Perché aveva sete. Perché aveva già ucciso i nostri genitori. L’ho trafitto con la gamba di un tavolo prima che facesse fuori anche me.»

Ci zittiamo entrambi.

«Mi dispiace» dico alla fine.

«Non è stata colpa sua, non aveva nessuno che lo guidasse. Nessuna comunità alle spalle.» Lamb si sporge in avanti, appoggia gli avambracci sulle cosce. «La cultura che stiamo costruendo da centinaia di anni è ancora in divenire. Ci siamo elevati. Ciò che è capitato a te – e a me – non rientra più tra le nostre pratiche.»

«Quindi non trasformate più le persone?»

«Raramente. Preferiamo evitare il caos e la competizione. In genere rifuggiamo ogni responsabilità.»

«Allora perché non fermate i Next Blood?»

«Ne abbiamo discusso…»

«Solo discusso?»

«È difficile persuadere la nostra gente a intraprendere una guerra» mi spiega. «Più a lungo vivi, più dai valore alla vita. Inizi a considerarti un raro pezzo d’antiquariato.»

«Non è che te ne stai lì con le mani in mano per vedere se i Next Blood trovano il sistema di impadronirsi della magia?»

Lamb sorride di un sorriso cupo. «Se li credessi disposti a condividerla, ci farei un pensierino. Ma loro non hanno alcun interesse per noi o per la nostra storia. Non si considerano nemmeno parte della nostra confraternita.»

«Non si considerano vampiri?»

«No, si reputano il nuovo stadio dell’umanità. Ma dimmi, perché hanno preso la persona di cui parli?»

«Di preciso non lo so.»

«E come si chiama questo tuo amico?»

«Agatha.»

Lamb mi guarda stupito. «Ah.»

Mi trattengo a stento dal dire: “Non è come pensi”.

«Che cosa vogliono da lei?»

Tanto vale che glielo dica, se ha intenzione di aiutarmi lo scoprirà comunque: «È una maga».

Lascia cadere le mani fra le ginocchia e spalanca gli occhi. «Quando si dice amore sfortunato…»

«Lasciamo perdere.»

Lamb si sfrega il mento. «Quindi… la tua ragazza è una delle loro cavie Parlanti…»

«Perché, ce ne sono altre?»

Si stringe nelle spalle. «Immagino di sì.»

Mi viene la nausea. Scorro avanti fino al bordo del divano. «Ti prego, Lamb, non ti chiedo di farti coinvolgere, ma solo di mettermi sulla strada giusta.»

«Non riusciresti mai ad avvicinarli. Hanno guardie, armi, arceri…»

«Tu dimmi quello che sai.»

«Ti farai ammazzare, Baz.»

«Io non sono un raro pezzo d’antiquariato, ricordi?»

«Di sicuro non sei un pezzo d’antiquariato.»

Il tempo di un respiro e me lo ritrovo seduto accanto sul divano. Prima che io possa reagire, lo sento accostare le labbra al mio orecchio. Mi aspetto che mi morda… si può essere trasformati due volte?

«C’è qualcosa, nella stanza» mi dice, a voce così bassa che solo un vampiro seduto accanto a lui riuscirebbe a udirla. «Lo senti il suo battito cardiaco?»

Chiudo gli occhi. Lo sento? Sento il mio, di cuore, debole e sempre in ritardo di qualche battito. E sento quello di Lamb, con un ritmo simile, da marcia funebre. Ah… ecco. Ora lo sento… e lo riconosco anche.

«Simon» esclamo, spalancando gli occhi.

Proprio allora, la sedia vuota di Lamb si solleva in aria e ricade a terra. Una delle gambe di legno si spezza e schizza verso il suo petto. Lamb mostra le zanne, afferra la gamba al volo e la impugna come fosse un bastone…

«No!» grido, bloccandogli il braccio.

Il quell’istante, la porta dell’appartamento salta via.

E compare la Bunce, in compagnia del Normale e con la gemma viola stretta in pugno.

«Mani in alto, succhiasangue, altrimenti brucio tutta la città.»

Un eroe ribelle
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