13

SIMON

Sto guidando. Sto guidando sul serio. Insomma, siamo in una zona residenziale chiamata Havenbrook, non in autostrada, però stringo il volante e aziono più di un pedale, e se ci penso troppo premo il freno invece della frizione e la macchina vibra e si spegne… ma è successo solo due volte, e Baz si comporta come se avessi una specie di predisposizione naturale. «Perfetto, Snow» continua a ripetere. Io preferirei che dicesse: «Perfetto, Simon», ma mi accontento del “perfetto”. Ha la mano posata sulla mia spalla, e ho la sensazione che niente di quello che sto facendo possa deluderlo.

«Secondo me ora sei pronto per una strada vera» mi dice.

«Non sono pronto a incontrare le altre macchine.»

«L’unico modo per essere pronti è farlo. Non esiste il traffico di prova.»

Abbiamo varcato il cancello d’ingresso della Havenbrook Estates. Vedo la strada principale. «Dici che devo provarci?»

«Sì. Fallo, Snow. Vivi pericolosamente.» E, detto dal vampiro che mi sta insegnando a guidare, è tutto un programma.

«Come facciamo con Penny?» chiedo. Sto tergiversando.

«Non credo senta la nostra mancanza, ma forse è meglio se controlliamo.»

«Ti ricordi l’indirizzo?»

Ci guardiamo intorno. Qui le case sembrano fatte con lo stampino, ognuna lievemente diversa dall’altra e di un colore tenue scelto tra cinque gradazioni.

«Mi pare fosse marroncina» dice Baz.

«Marroncina come questa,» chiedo indicandone una «o come quella?» E ne indico un’altra.

«Quello non è marroncino è grigetto.»

«Sono tutte un po’ grigette» replico «persino quella verde lì davanti.»

«Io non vedo case verdi.»

«Intendo quella lì.»

«Quella è nocciola.»

Non avremmo mai ritrovato la casa se non avessimo notato Penny seduta fuori sul marciapiede. Vedendoci arrivare, salta a bordo senza neanche darci il tempo di fermarci del tutto e aprire la portiera, e si butta lunga distesa sul sedile posteriore.

«Scusa, Bunce, Snow stava girando a vuoto!»

«Qui le strade girano tutte in tondo!»

Penny nasconde il viso. «Andiamo!»

Mi giro di scatto sul sedile. «Ma voglio vedere Micah!»

«L’hai già visto.»

«E poi ho bisogno del bagno.»

«Parti, Simon!»

«Forse è meglio che guidi io» dice Baz.

Appena scende, mi sposto sul sedile a fianco e mi sporgo all’indietro per guardare in faccia Penny. «Tutto bene?»

Si sdraia a pancia in giù.

«Scusa se ti abbiamo lasciato lì seduta» le dico. «Micah non era in casa?»

La sua voce è attutita dal sedile. «Non ne voglio parlare, Simon.»

Baz ci porta fuori da quel vicolo cieco. «Parliamo di dove andare, piuttosto.»

«Al bagno» replico io.

«A San Diego» dice Penny.

Baz mi porta in uno Starbucks perché possa usare la toilette, e quando esco – con un enorme Frappuccino decorato con strisce arcobaleno – lo sento gridare in direzione di Penny: «Trentuno ore da qui a San Diego?!».

«Impossibile» replica lei. «È come andare da Londra a Mosca. Fammi vedere.» E si riappropria del cellulare dopo averlo fatto consultare a Baz. «Ma è lo stesso Paese» commenta.

«Pensavo intendessimo fare un viaggio in macchina» dico salendo in auto.

«Un viaggio in macchina dura tre ore» risponde Baz. «Magari con un bel picnic a metà strada. Qui invece si parla di tre giorni al volante… e ce ne restano solo sette prima di riprendere l’aereo.» Rivolge a Penny un sorriso maligno. «“Facciamo una breve sosta a Chicago prima di partire per San Diego” ha detto questa.»

Penny ha ancora gli occhi fissi sul telefono. «Come facevo a sapere che tutti questi stati centrali sono grandi ognuno quanto la Francia? Il Nebraska non l’avevo neanche mai sentito nominare.»

«Be’, ci passeremo un giorno intero, nel Nebraska,» replica Baz «almeno ti ricorderai che esiste.»

A me non dispiace l’idea di passare tre giorni per strada. Nei film questi viaggi durano sempre un sacco di tempo, perché chi li compie possa vivere delle avventure lungo il percorso. In tre ore non si può vivere un’avventura. (Cioè, io posso. Ma sono un caso un po’ particolare.)

Baz ha smesso di guardare male Penelope e adesso guarda male me. «Che diamine stai bevendo, Snow?»

«Unicorn Frappuccino.»

Mi fissa incuriosito. «Perché quel nome? …Sa di lavanda?»

«Sa di lecca-lecca alla fragola» rispondo.

Penny guarda Baz con disgusto. «Per le serpi del cielo, Basil, non riesco a credere che tu sappia che sapore hanno gli unicorni.»

«Chiudi il becco, Bunce, veniva da un allevamento sostenibile.»

«Gli unicorni sono in grado di parlare

«Si limitano alle conversazioni spicciole; non è come mangiare un delfino.»

Baz prende il Frappuccino e ne butta giù una bella sorsata. «Disgustoso.» Me lo restituisce. «Non sa per niente di unicorno.»

Solleva gli occhiali da sole per strofinarsi gli occhi. Sono pesti e infossati.

«Hai sete?» gli chiedo.

«Sì. Faccio un salto dentro e mi prendo una tazza di tè.»

«Non intendevo in quel senso.»

«So cosa intendevi. Ma non ho certo intenzione di mettermi a cacciare in pieno giorno in una zona residenziale.»

«Potremmo prenderci un panino» propongo.

«Sono a posto, Snow.»

«Va bene, Baz, ma a me andrebbe comunque un panino.»

Secondo Baz non ho problemi a guidare in autostrada. «È più facile che in città» mi dice. E ha ragione… anche se immettersi nel traffico a ottanta chilometri all’ora è abbastanza terrificante e non so come riesco a far guaire il motore come fosse un cane.

Una volta che ci siamo immessi, però, è un vero sballo. Con la capotte abbassata, l’aria calda tra i capelli e sulla pelle, sembra quasi di volare. Sento la maglietta svolazzare e vedo la chioma nera di Baz avviluppargli il viso come una fiamma.

Penelope è ancora distesa sul sedile posteriore. È chiaro che qualcosa non va e che non vuole parlarne. Non ha neanche toccato il panino. Posso solo presumere che lei e Micah abbiano litigato.

Un eroe ribelle
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