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SIMON

Quando attraverso il metal detector, mi aspetto che mi blocchino da un momento all’altro. «Signore, un attimo che dobbiamo tastarle la coda.» Invece va tutto bene, proprio come hanno detto Baz e Penny. Non mi sorprenderebbe venire a sapere che Penny ha manomesso lo scanner. Superati i controlli di sicurezza, mi compra un sacchetto di gelée alla frutta e una Coca. (Io sono al verde, saranno lei e Baz ad accollarsi le spese del viaggio.)

Non ero mai stato in un aeroporto. Passo un’ora a camminare avanti e indietro roteando le spalle, le sento troppo leggere. Non ho proprio niente sulla schiena. Continuo ad appoggiarmi al muro per verificare. Vado nel bagno degli uomini, mi tiro su la camicia e mi guardo allo specchio da sopra la spalla. Null’altro che lentiggini.

Quando esco, vedo Baz e Penelope già in coda per salire sull’aereo, lei che mi fa cenno di sbrigarmi. Mi inserisco nella fila alle sue spalle senza urtare nessuno con le ali. Penso a tutte le altre cose come questa che potrei fare. Salire in metropolitana. Vedere un film. Servirmi dell’orinatoio senza far cadere la persona accanto.

Con le ali non sarei mai entrato nell’aereo. Non sarei mai riuscito a percorrere il corridoio senza falciare i passeggeri già seduti.

Baz mugugna appena raggiungiamo i nostri posti, tutti centrali e in coda al velivolo. «Per tutte le serpi, Bunce, quando hai rubato i biglietti non potevi prenderli in prima classe, già che c’eri?»

«Stiamo cercando di non dare nell’occhio» mi risponde.

«Io ci sarei riuscito anche in prima classe» commenta lui.

Lo strattono finché non si siede. Lo spazio è poco, tra me e la signora dall’altro lato. (Fa comodo che porti una croce al collo, almeno Baz non sarà tentato di morderla.)

Che bello appoggiarsi allo schienale e riuscire a toccare il sedile con le spalle, far scrocchiare la colonna vertebrale. Che bello starsene qui seduti accanto a Baz. Senza che la signora con la croce possa additarci: siamo obbligati a sedere così vicini. È colpa dell’economy se siamo gay.

Anche se poi non è detto che se la prenda per forza con noi… Le persone ti fanno sentire in colpa per come sei quando meno te lo aspetti. L’ultima volta che io e Baz ci siamo tenuti per mano in pubblico, una ragazza con l’anello al naso si è scandalizzata. Se non puoi aspettarti un minimo di apertura mentale nemmeno da chi ha il piercing, chi ti rimane?

Secondo Baz, la ragazza non ci guardava strano, quella era la sua espressione naturale. «Ha un aspetto orribile. Si è infilata il cerchietto nel setto nasale solo per sviare l’attenzione dalla sua faccia.» E poi, secondo lui, non posso dare per scontato che tutti quelli che mi guardano male lo facciano perché sono in compagnia di un ragazzo. «A certi non vai a genio, Simon. A me non sei andato a genio per anni.»

È stato… mesi fa. La ragazza con l’anello al naso. Noi due che ci tenevamo per mano. Nevicava, quel giorno.

Sono tentato di prendergli la mano anche adesso, così allungo il braccio… ma lui prende una rivista e comincia a sfogliarla.

Otto ore per aria. Penny dice che possiamo guardare dei film. E che ci porteranno da mangiare in continuazione. Dice che ci scorderemo quasi subito di essere sopra l’oceano, e che ci annoieremo e basta.

Atterreremo a Chicago perché possa vedere Micah. La sua speranza è che alla fine si decida a partire in macchina con noi. «Dice che deve lavorare, però ci sta che cambi idea.»

Baz ha le ginocchia premute contro il sedile davanti. (Baz è tutto gambe. Di torso siamo alti uguali, anzi, forse lo supero pure.) La persona che lo occupa abbassa lo schienale e lui caccia un urlo.

«Usa la magia per ricavarti un po’ più di spazio» gli suggerisco.

«Non posso. Meglio se la conservo.» Inclina le ginocchia dalla mia parte. «Non si sa mai mi tocchi far Volare come una farfalla tutto l’aereo.»

Un eroe ribelle
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