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SIMON
Baz mi vede e subito mi volta le spalle.
Fa per passarmi accanto come se non ci conoscessimo. «Torna indietro» mormora. «Qui non sei al sicuro, sei circondato dai vampiri.»
Lo afferro per il braccio. «Anche tu.»
Si ostina a non guardarmi. «Torna indietro. Ci vediamo dopo. Devo cacciare.»
«Vengo con te.»
«Per lo spirito di Crowley, Snow.»
Gli stringo il braccio. Devo avere la stessa aria disperata che aveva lui quando tratteneva quel vampiro. «Sei ubriaco, Baz.»
Si libera dalla mia stretta. «Ho solo sete.»
È allora, che li noto: un uomo e una donna, entrambi pallidissimi, che ci osservano appoggiati a una limousine nera. «Qualcuno ci sta guardando» dico. «Vampiri.»
Baz si massaggia la fronte. «Ovvio che ci guardano.» Poi mi passa il braccio attorno alla vita e mi affonda la testa nel collo. «Fingi che ti abbia appena abbordato. Fingi di essere letteralmente ammaliato da me.» (Ah… fingi. Un giorno ci riderò sopra. Un giorno forse riderò della mia vita intera.) Lui si allontana e, guidandomi per mano, mi trascina avanti.
«Il nostro albergo è dalla parte opposta» gli dico.
Allora fa dietrofront. Mi guarda come se fossi il suo quinto drink. (Ma sta fingendo.) Io invece ho l’aria di essere disposto a seguirlo ovunque. (E non fingo affatto.)
È Penny ad aprirci. «Sia lodata Morgana!»
«Abbiamo un problema» annuncio.
Baz ha il naso stretto nel pugno. «Non è un problema, eviterò di respirare.»
«È sbronzo e assetato.»
Shepard si allontana. «Non pensavo che i vampiri potessero ubriacarsi.»
«Da quando in qua sei esperto di vampiri?» chiede Baz, ancora con il naso tappato.
Penny sembra meditare qualcosa. «Questo non è un problema.» Si volta verso la porta – che è chiusa – e protende la mano. Nel palmo regge la gemma viola. «Leggeri come piume!»
Un attimo dopo, spalanca la porta. Il corridoio riecheggia di battiti d’ali e starnazzi, e decine di uccelli neri fanno irruzione nella stanza.
Una volta entrato l’ultimo, Penny si piazza sulla soglia e lancia uno dei suoi incantesimi preferiti verso il corridoio: «Circolare, qui non c’è niente da vedere!». Poi chiude la porta a chiave.
Gli uccelli hanno invaso il letto, la lampada, la testata. Baz stacca un pappagallo dal lampadario e gli torce il collo come se stesse aprendo una bottiglia di birra. Se lo beve seduta stante.
«Per tutte le serpi, Basil.» Penny scaccia gli uccelli dal letto. «Almeno fallo sopra la vasca.»
Lui si avvia barcollante verso il bagno. Non l’avevo ancora visto nutrirsi così malamente. (Ho assistito di rado ai suoi pasti, in realtà, però mai così da vicino.) Si sporge sulla vasca e io lo aiuto a togliere la sua bella giacca. So che non vorrebbe mai sciuparla. «Vieni» gli dico, ruotandogli un po’ il busto. «Così te la sporchi di sangue.» Tolta la giacca, mi occupo della camicia.
Baz beve un lungo sorso, poi getta il pappagallo nella vasca e si lascia sbottonare. «Vattene, non voglio che tu assista.»
«Troppo tardi, amico.»
Ha il labbro inferiore imbrattato di sangue. Un altro pappagallo svolazza fra le pareti del bagno (che, tra il nero e gli specchi, era già un incubo prima del sangue e degli uccelli). Baz lo afferra al volo e lo sbatte contro il lavandino. «Basta» mi dice. «Smetti di guardarmi.»
«Va bene» replico, girandomi. «Vado a radunare gli altri uccelli.»
Li acchiappiamo io e Shepard – aiutandoci con federe e asciugamani – mentre Penny resta sotto il piumone. (Scommetto che ci riderò a crepapelle, in futuro.)
Baz prosciuga ogni singolo volatile. Il bagno è una fossa comune.
Al termine del pasto, lo osservo dalla porta. Fissa la carneficina con la schiena appoggiata alla parete, la pelle nuda che si alza a ogni respiro.
«Meglio?» domando.
«Meglio» replica lui. «Scusa.»
«Posso aiutarti a ripulire…»
«No, mi servirò della magia. Ti ringrazio. Dammi un minuto, okay?»
Obbedisco e chiudo la porta.
«Fate sparire queste piume» dice Penny. «Chiamo il servizio in camera.»