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PENELOPE
Anche se non mi piace dovermi nascondere in una stanza d’albergo per evitate una città piena di vampiri, adoro il servizio in camera. In vacanza, mia madre non ce lo concede mai. Troppo costoso. Ma ormai siamo in ballo, colpevoli di frode con carta di credito magicamente alterata. E per la colazione ho speso una fortuna. «Lasci pure davanti alla porta» grido quando arriva l’inserviente.
«C’è da firmare, signora Pitch!»
Rispondo con un’espressione schifata, ma lui non può vedermi.
«Vado io» si offre Shepard. «Tu fa’ quel che devi.»
Mi sposto da un lato, con l’ametista stretta in pugno e una formula a fior di labbra.
Appena Shepard apre la porta, entra un uomo che spinge un carrello. Indossa un grembiule nero su abito nero, e ha la pelle grigiastra. «C’è da firmare» ripete, in tono inespressivo.
«Ci penso io» dice Shepard, e prende la cartellina.
Resto in posizione finché l’uomo non se ne va e la porta non si è richiusa. «Perché un vampiro dovrebbe lavorare come cameriere?» mormoro, e intanto ripongo la gemma nel reggiseno. (Muoio dalla paura di perderla. I cimeli magici scarseggiano già abbastanza, nella mia famiglia. I miei hanno dovuto comprare la bacchetta di mia sorella in un negozio – cigola, da quant’è nuova –, e a mio fratello è toccato un monocolo.)
Shepard chiude a chiave la porta. «Magari è arrivato da poco.»
Rabbrividisco al pensiero di ciò che questo possa implicare.
Disponiamo il cibo sul letto. «Pensavi di dover nutrire un esercito?» domanda Shepard.
«Veramente pensavo di dover nutrire Simon.»
Ma Simon è partito alla volta di Vampiropoli appena si è svegliato e ha scoperto che Baz era già uscito. Io ho provato a vietargli di andare. Mi sono messa sulla porta, per impedirglielo.
«Me la caverò, Penelope. Spostati.»
«Il rischio vampiri è insostenibile, Simon.»
«È tanto diverso da quello che corro giornalmente?»
«Lo sai benissimo, dannazione.»
«Ho bisogno di una boccata d’aria.»
«Di certo non la troverai nel casinò al piano di sotto.»
«Vorrà dire che la cercherò altrove. Spostati.»
«Simon, ti prego. La persona che più si dispererà al tuo funerale ti sta implorando di non farlo.»
«Penny, se non esco subito da questa stanza, esplodo.»
Qui avrei dovuto rispondere: “Non puoi esplodere, Simon. In te non c’è più niente di esplosivo. E se diventi pazzo non m’importa… sempre meglio pazzo che morto”.
Invece gli ho fatto sparire le ali con un incantesimo e mi sono messa da parte.
Sono ancora preoccupata per lui. Per Baz. Per Agatha. Così mi metto a piangere. È più forte di me.
Shepard è seduto all’altra parte del letto. «Che cosa preferisci?» chiede con dolcezza. «Denver omelette? Uova alla Benedict? Polpettone?»
Indico il piatto di uova alla Benedict e lui me lo passa.
«Posso andarmene, se preferisci stare un po’ da sola» mi dice.
«Non permetterò a nessun altro di uscire in quel bagno di sangue!»
«Penelope, non pensavo ti importasse anche di me!»
Alzo gli occhi al cielo, sforzandomi di non piangere. «Come può esistere un posto del genere? Dove sono gli arcimaghi? Se ci fosse mia madre darebbe fuoco a tutta la città.»
«Forse ci converrebbe chiamarla» dice Shepard.
«Ah!» Infilo la forchetta nell’uovo in camicia e guardo uscire il tuorlo. «Prima ucciderebbe me e poi distruggerebbe Las Vegas.»
«No, sono sicuro che non lo farebbe.»
«Tu non la conosci. È una forza da non sottovalutare, è un – com’è che li chiamate – un tornado.»
Shepard ride. Sta mangiando il polpettone che avevo ordinato per Simon. «Allora mi piacerebbe. Sono stato un cacciatore, sai?»
«In che senso?»
«Andavo a caccia di tempeste. Di tornado, per l’esattezza.»
«E come lo cacci, un tornado?» Ho la bocca piena, ma non m’importa. Non devo fare colpo su nessuno, qui. Quando questa storia sarà finita, ho comunque intenzione di cancellare la memoria di Shepard. «Con la magia?»
«No. Ti affidi alla meteorologia. E ai tuoi sensi. Quando si avvicina una tempesta, sali in macchina con i tuoi amici e vai a cercare l’origine.»
«E lo scopo qual è?»
«Be’, è una figata! Essere così vicini a tanta potenza, vedere la tempesta in azione. L’aria cambia. Ti si rizzano i peli delle braccia. Non c’è niente di paragonabile.»
«A me fa venire in mente qualcos’altro…» Ripenso a Simon e scaccio il ricordo. «Qualcosa di pericoloso.»
«Di molto pericoloso» dice Shepard sorridendo.
«Quindi sei stato un cacciatore di tempeste. Ora è diventato troppo rischioso?»
«No, ho capito che era più eccitante cacciare la magia. C’è più gusto.»
Emetto un mugugno dubbioso al punto giusto.
«E quello cos’era?» domanda Shepard.
«Niente» replico.
«Il tuo modo per confermare la tua disapprovazione nei confronti del mio interesse per la magia.»
«Non puoi dare la caccia a noi. Non siamo tempeste. Non siamo storie. Siamo persone.»
«Io non do la caccia alle persone.»
Mi schiarisco la voce e inarco le sopracciglia.
«In genere non lo faccio» precisa lui. «Mi limito a perseguire… la loro conoscenza.»
«E i loro segreti.»
Shepard inonda di ketchup le patate. (Ci mandano sempre una bottiglietta di ketchup, indipendentemente da quello che ordiniamo, e lui se la trangugia come niente.) «La gente te li spiattella, i suoi segreti» commenta. «Non hai bisogno di dar loro la caccia. Non c’è nulla che le persone – e mutaforma, troll, giganti – amino di più che raccontare i propri segreti.»
«Be’, a me non va di raccontarti niente.»
«Tu sei eccezionale. Proprio come questo polpettone» commenta, prendendone una forchettata.
«Perché una creatura magica dovrebbe rivelare i propri segreti a un Normale? Il rischio è assurdo.»
«Non li raccontano a un Normale. Li raccontano a me… Shep! Il loro amico!»
«Ma tu li perseguiti! Sei loro amico solo perché vuoi fissarli nel tuo strano album di ritagli!»
Shepard si mostra offeso. «Io non raccolgo mai campioni.»
«Puah. Sentiti!»
Si sporge verso di me, allungandosi sopra le pietanze. «Sì, okay, ricorro a strategie per scovare esseri magici e stringere amicizia con loro. Ma è un’amicizia sincera, la mia!»
«Sinceramente manipolatrice.»
«Mi oppongo…»
«Non so se somigli più a uno di quei fan ossessionati dalle star o a un appassionato di caccia grossa.»
«Né l’uno né l’altro! Io sono uno scienziato, una specie di… esploratore.»
«Ah, ottimo, questo è sempre un bene per chi viene esplorato.»
«Che cosa devo fare per convincerti che non sono male intenzionato?»
«Che cosa devo fare per dimostrarti che fai del male anche se non ne hai l’intenzione? Nessuna creatura, nessun essere magico può fidarsi dei Normali. C’è una ragione se teniamo segreta la nostra magia. Lo facciamo perché i Normali ci ridurrebbero in polpette, se pensassero di poter estrarre la nostra magia in qualche modo. Voi Normali avete annientato elefanti e rinoceronti perché li credete magici. Be’… sappiate che non è così. Presto saranno semplicemente estinti.» Più parlo e più mi agito. Lascio cadere la forchetta sul piatto con un gran rumore e affondo il viso tra le mani.
«Penelope, nessuno ha intenzione di ridurre in polpette i tuoi amici.»
«Come lo sai?»
«Perché non è quello il sistema.»
«Non riesco a credere che ce ne stiamo qui seduti, a mangiare uova incredibilmente costose, mentre chissà dove stanno per estrarre la magia ad Agatha.»
«C’è qualcos’altro che possiamo fare per trovarla?»
«Non lo so… esistono degli incantesimi. Ma prima dovremmo sapere dove si trova, almeno a grandi linee. E mi servirebbe una ciocca dei suoi capelli. O una sua foto. Non sono partita equipaggiata per una seduta spiritica.»
«Sono sicuro che una sua foto ce l’hai.»
«E io sono sicura di no.»
«Controlla sul cellulare.»
Lo guardo stupita. «Per Merlino, hai ragione!» Prendo il telefono e apro il profilo Instagram di Agatha. «Ho migliaia di foto sue…»
Shepard mi si avvicina e, intanto, continua a mangiare uova e polpettone fissando il mio cellulare. «È carina.»
«Lo so» replico in tono cupo. «E per questo sono ancora più preoccupata. Diciamo che si fa notare.»
«Allora, come procediamo?» mi domanda.
«Dunque… ci serve una candela.»
«Ce n’è una in bagno.»
«E avrò bisogno del tuo aiuto.»
«Del mio aiuto? Ma io non ho magia.»
«È sufficiente che tu abbia un’anima.»
Shepard si irrigidisce.
«Tranquillo, non c’è nessun pericolo.»
Sorride. «La mia anima è a tua disposizione.»
Leviamo di mezzo i piatti, mi risiedo sul letto e faccio segno a Shepard di sistemarsi davanti a me. Poso il telefono tra di noi e gli prendo le mani. Oggettivamente, ha delle belle mani.
Lo noto perché le mie sono oggettivamente bruttine. Ho il palmo sproporzionato e le dita cicciotte. Infatti non c’è stato verso, abbiamo dovuto allargare l’anello della nonna perché mi entrasse.
Le mani di Shepard, invece, sono perfette, con dita lunghe e regolari. Starebbe da dio con un anello magico.
Ci sediamo a gambe incrociate e io faccio levitare la candela sopra il telefono. Ho scelto una bella foto di Agatha, un selfie sulla spiaggia. Ha l’aria felice. (Più felice di quanto non lo sia mai stata a Watford.)
«Chi stiamo contattando?» domanda Shepard.
«Qualunque spirito possa aiutarci.»
Storce la bocca, come per riflettere. «Forse ci conviene specificare che dovrà essere uno spirito “amichevole”.»
«Chiudi gli occhi» gli ordino. Anch’io chiudo i miei e sussurro: «Spiriti affini!».