19
PENELOPE
Mi sveglio in una stanza d’albergo vuota. È già mezzogiorno, e qualcuno sta bussando alla porta.
«La cameriera!» Una donnina è appena entrata servendosi della chiave.
«Un attimo!» esclamo. «Può tornare tra qualche minuto?»
«Dieci minuti!» risponde lei, e chiude la porta.
I miei occhi sono talmente gonfi che non vogliono saperne di aprirsi del tutto. Ho dormito vestita, anche se ricoperta da uno strato di Nord America. Ho la polvere fin su per la gonna e dentro le orecchie. Quando mi abbasso il calzettone, scopro una striscia di sudiciume lungo il bordo. In più, ho le mani che odorano di Buffalo Blasts.
Decido di fare una doccia veloce. La stanza è davvero vuota: Baz e Simon devono aver già portato alla macchina la propria roba. Do un’occhiata fuori dalla finestra. La Mustang è ancora nel parcheggio. Accanto c’è Baz che, senza neanche troppa discrezione, lancia incantesimi al tettuccio rotto. Simon è seduto al volante e, forse, finge di guidare.
Bene. Prima viene la doccia. Poi stabiliamo dove andare. E poi deciderò che cosa fare del resto della mia vita.
Direi che non è cambiata molto. Tutte le cose che avevo in programma di fare mentre Micah mi aspettava a casa? Be’, d’ora in poi le farò senza più avere nessuno che mi aspetti.
Ragionando, non è cambiato niente. Non vedevo Micah da un anno. E chissà quando lo avrei rivisto. Avrei davvero insistito per questo folle viaggio se non avessi sentito che tra noi qualcosa non andava?
(Anche se siamo in un hotel scadente, questa doccia è fenomenale.)
Ragionando, e parlando in tutta sincerità, non avrei mai voluto trasferirmi in America. Non ci tenevo a frequentare l’università qui. Non mi ci vedevo, a vivere qui… o forse dovrei dire che non mi vedevo in nessun altro luogo che non fosse l’Inghilterra.
Allora che cosa prevedevo esattamente?
Che Micah finalmente cambiasse idea e vedesse le cose a modo mio…
È così sbagliato? È un difetto così grave? Simon non l’ha mai detto, ma Baz sì: «Tu sei sempre convinta di avere ragione, Bunce».
E se fosse davvero così? Siccome di solito ho ragione, mi pare sensato vivere nella convinzione di aver sempre ragione. È la legge delle probabilità. Meglio presumere di avere sempre ragione e di aver torto solo occasionalmente che dubitare di se stessi in continuazione e ripetere a tutti: «Sì, ma tu che ne pensi?».
Pensare è sempre stato il mio forte!
Se Micah mi avesse dato retta, gli sarebbe andata così male?
Mio padre fa tutto quello che gli dice mia madre ed è felice così. Sono entrambi molto felici! È lei a prendere le decisioni, che sono quasi sempre giuste, e tutto funziona a meraviglia.
Micah sarebbe vissuto bene con me. Sono una persona brillante, interessante. Attraente almeno quanto lui. Gli avrei dato dei figli intelligentissimi! Sotto molti aspetti, funziono da upgrade genetico; ho due genitori geni, una dentatura perfetta…
Con me non si sarebbe mai annoiato.
Semmai sarei stata io ad annoiarmi con lui. È un’eventualità che avevo preso in considerazione. Però avrei avuto il mio lavoro! E avrei avuto Simon, con lui non mi annoio mai.
Micah doveva essere l’elemento stabile dell’equazione. La constante.
Ha ragione. Avevo già spuntato la casella “ragazzo”, mi ero convinta di aver sistemato tutto. Mentre gli altri perdevano anni a cercare l’amore, io non avevo perso niente! Avevo già spuntato quella voce dalla lista.
Ora posso dire di aver perso tutto, invece. E la cosa peggiore…
La cosa peggiore è…
La cosa peggiore.
È che lui non mi vuole.
Appoggio la mano alla parete della doccia. Di nuovo mi sento percorrere da un brivido.
Non sto ragionando per niente.
«La cameriera!»
I ragazzi sono appoggiati alla macchina quando li raggiungo. Simon sta mangiando una banana. Baz porta degli occhiali da sole giganteschi e una splendida camicia a fiori. (Bianca, con fiori azzurri e viola e grossi bombi a strisce gialle e nere. Deve costare più della mia retta universitaria.) Si sta annodando un foulard celeste attorno ai capelli.
«Non vorrai mica metterlo sul serio» commenta Simon ridendo.
«Chiudi il becco, Snow.»
«Da dove viene? Te ne vai in giro con un foulard da donna?»
«Era di mia madre.»
«Ah. Scusami. E te ne vai in giro con il foulard di tua madre?»
«Ci avvolgo gli occhiali da sole quando viaggio.»
«Anche gli occhiali sono di tua madre?»
Baz alza gli occhi al cielo, ma poi mi vede e si addolcisce. È intollerabile. «Buongiorno, Bunce.»
«Ciao, Penny,» mi saluta Simon con altrettanta tenerezza «come stai?»
«Bene» rispondo. «In gran forma.»
Baz sembra dubbioso, però si dà un gran da fare a spalmarsi la crema protettiva sul naso.
«Hai saltato la colazione ma pazienza, tanto era oscena» dice Simon.
«Snow non vedeva l’ora di assaggiare la colazione continentale» commenta Baz.
«Non è come te la immagini» replica lui immusonito. «Niente roba francese. Solo delle misere pasterelle e del pessimo tè. Ah, e ti sei persa Baz che si è mangiato uno scoiattolo.»
«Non l’ho mangiato.»
«Oh, scusa, te lo sei bevuto, e poi hai gettato il suo corpicino nel fosso. Secondo te qui ce ne sono, di maghi o creature magiche, Penny? È tutto così ordinario.»
Baz si volta a guardarmi. «Snow ha bisogno del tuo incantesimo angelico. A colazione gli ho nascosto le ali, ma sono ancora lì.»
«Mmm. Adesso che facciamo?» domando.
«In che senso?» chiede Simon. «Sui biglietti la partenza è da San Diego, giusto? Quindi tiriamo dritto.»
«Sì, però…» A me non va di tirare dritto. Preferirei tirarmi fuori, piuttosto. «Agatha non sa del nostro arrivo. Magari non le farà piacere vederci. Ho sbagliato a presentarmi a sorpresa a casa di Micah…»
«Vedrai che con Agatha non andrà così male» replica Simon. «Lei non sta mica meditando di mollarci.»
Baz gli rifila una gomitata. Per rimarcare che non è il caso di ricordarmi che sono appena stata mollata. Come se me lo fossi dimenticato.
«Cioè,» si corregge lui, dispiaciuto «tanto vale che visitiamo un po’ il Paese. Le montagne. L’oceano. Magari anche il Grand Canyon. O la roccia con sopra tutte quelle facce di uomini.»
Non lo so. Non ero lucida quando ho organizzato questa cosa. E non lo sono neanche adesso. «Tu che ne pensi, Baz?»
Si sta spalmando la crema solare sulle mani. Sembra mia nonna, con quel foulard. Si volta verso Simon. «Sì, tanto vale che finiamo il viaggio» risponde.