22

BAZ

Penelope Bunce ha decapitato un vampiro e ne ha incendiato un altro. Sarebbe degna di mia madre.

Dov’è Simon?

Sto ancora cercando un modo per trattenere i vampiri. (In attesa di cosa? In attesa di chi? Delle autorità? L’America ce le avrà, le autorità magiche?)

Dove sei, Snow?

Non è con la Bunce. Lei sta ancora combattendo con uno dei vampiri.

Io ne tengo a bada altri due: un uomo con un mantello di poliestere e una donna vestita come il Lestat di Tom Cruise. (Certo che ho letto Anne Rice. Ero il classico quindicenne represso i cui genitori fingevano di non accorgersi che il cane di famiglia era scomparso.)

E sto ancora cercando Simon. Di solito in battaglia è impossibile ignorarlo.

Nessuno dei miei incantesimi è particolarmente efficace. Provo con un: «Ti riduco in polpette!», ma pare solo irritarli. Allora azzardo un: «Levati di torno!». Dovrebbe allontanarli un po’ e concedermi almeno il tempo di pensare. Invece non serve. Non serve a niente. Evidentemente parlo ancora troppo forbito. Avrei dovuto guardare più televisione, ma ormai è tardi.

«Levati dalle palle!» urlo, senza risultati, e mi nascondo dietro un albero. «Sparisci! Vattene via!» Niente da fare. (Proverei con un “Vai a farti fottere!”, ma gli effetti magici delle parolacce sono imprevedibili, dipendono interamente dal pubblico.)

«Smamma!» mi grida qualcuno dalla folla: un giovane di colore con gli occhialetti tondi. Intanto sono salito sull’albero e il vampiro con il mantello sta strappando i rami sotto di me. «Smamma!» grida ancora l’uomo in mezzo alla folla.

Punto la bacchetta contro il vampiro. «Smamma!»

Funziona. Viene sbalzato all’indietro come se avesse ricevuto una scarica elettrica.

Lancio lo stesso incantesimo a Lestat de Lioncourt. «Smamma, per favore!» La locuzione avverbiale non trasmette alla formula quel surplus di energia in cui speravo. Però serve almeno a far cadere all’indietro la vampira.

Scendo dall’albero. Ora qual è la mia prossima mossa?… (E dov’è Simon?)

E poi che cosa aspetto? Getto incantesimi da pivello contro mostri che uccidono a sangue freddo e che non hanno sangue in corpo.

Appena ho realizzato che cosa erano, mi sono imposto di agire. Dovevo fare qualcosa. L’assassino di mia madre sarà anche scomparso, ma la sua morte non è ancora stata vendicata. È questo che sta facendo mia zia. Dà la caccia ai vampiri. Per ripagarli a uno a uno della morte di mia madre.

Questi hanno attaccato quelle ragazze, li abbiamo visti. Se adesso li lasciamo andare, uccideranno altra gente. I vampiri sono così.

Non ha senso nascondersi. Ci hanno già inseguito in mezzo alla folla. Dopo oggi, su internet spopoleremo. Nemmeno l’Arcimago sarebbe riuscito a rimediare a questo pasticcio.

E non ha senso neanche essere umani.

Penny ha scelto la soluzione giusta: non possiamo né imprigionarli né lasciarli andare. Non ci sono grandi possibilità che io riesca a convertirli a bere ratti. “Dicono che i piccoli mammiferi non siano affatto male, avete sentito?”

Non posso continuare a respingere questi due qua. Ho cercato di mantenerli a distanza, lanciando incantesimi anziché pugni. (Non potrei mai affrontarli insieme in un corpo a corpo.) Ma Lestat ha messo gli occhi sulla mia bacchetta d’avorio, appena sarà abbastanza vicina me la strapperà di mano.

Sento un verso familiare e mi volto di scatto.

Lo vedo di fronte a una bottega di armi sull’altro lato della piazza, impegnato a battersi a colpi di spada come il nipote illegittimo di Indiana Jones e Robin Hood.

Eccoti, Simon Snow.

Brandisce una lama per braccio e ha un vampiro biondo attaccato alla coda.

Simon è uno spettacolo, in battaglia. Non si ferma mai. Non è tipo da programmare la sua prossima mossa. Lui non pianifica, si muove e basta.

Ora sta esaurendo le opzioni, però. La spada gli si è già spezzata in due. Nell’altra mano ha un’ascia, ma… si spacca cozzando contro il collo marmoreo del vampiro. Per Crowley, no. Simon non ce la può fare a resistergli, non senza la magia.

«Snow!» grido, dimenticando i miei avversari…

E questo nell’esatto momento in cui Simon impugna il manico rotto dell’ascia e trafigge al cuore il vampiro.

SIMON

Sento Baz gridare il mio nome. Alzo lo sguardo e vedo che due vampiri lo hanno afferrato per le braccia.

Quello che ho impalato con il manico dell’ascia si sta già sgretolando. Come se a tenerlo insieme fosse stata solo la magia che aveva dentro. Appena tiro via il paletto di legno, si ammonticchia al suolo in un cumulo dalle vaghe sembianze umane, fatto di sangue, cenere e stivali.

Sono già in aria e volo più veloce che posso verso Baz. È stato scaraventato a terra… cavoli! La vampira impugna la sua bacchetta!

La colpisco sulla schiena con il manico dell’ascia perché non trovo l’angolazione giusta per trafiggerla. Lei mi si rivolta contro e agita la bacchetta d’avorio di Baz come se questo bastasse a farne uscire un incantesimo.

Baz approfitta della sua distrazione per rialzarsi e dare un pugno all’altro vampiro. È un pugno male assestato. Non ha mai imparato a servirsi del corpo per combattere, anche se è fatto d’acciaio. Ma il vampiro con cui si sta battendo è identico: massima potenza e zero abilità. Si scambiano colpi come due goffe locomotive a vapore.

Aggancio la mia coda attorno alla gamba della vampira, ma stavolta il trucco non funziona. Lei non si sposta di un millimetro, dà uno strattone all’indietro con la gamba e mi attira a sé. Poi mi punta la bacchetta in faccia – ha rinunciato a lanciare incantesimi e adesso ha in mente di infilzarmi e basta –, ma io la avvolgo con l’ala e la stringo in modo da immobilizzarla.

Dimentico le zanne, però, lei ha già la bocca spalancata.

Allento la presa dell’ala e la spingo via.

Questo mi dà il tempo di atterrare l’avversario di Baz con un cazzotto in pieno volto. (Non sortisce quasi effetto su di lui – i vampiri sono pressoché invulnerabili –, ma assestare un bel pugno fa sempre piacere.)

La ragazza mi si attacca alla schiena con una velocità imprevedibile. Ho sbagliato a voltarle le spalle. Sbatto le ali ma lei tiene duro.

«Simon!» grida Baz, ma io vorrei dirgli di non distrarsi.

Muovo di scatto la testa all’indietro, nel tentativo di allontanare i suoi canini. Sto ancora sbattendo le ali e sono quasi a un metro da terra, ma questo non basta a spiccare il volo.

Baz si stacca a fatica dal suo avversario, poi si erge in tutta la sua altezza e serra i pugni lungo i fianchi. Gli occhi gli si fanno scuri e infossati. È un modo molto attraente di morire, rifletto. A quel punto schiude i palmi a mostrare due sfere di fuoco.

Ne scaglia una in faccia al vampiro e l’altra contro la bestia aggrappata alla mia schiena, che va a fuoco.

Proprio come me.

Cado e rotolo a terra, mentre attorno a noi la folla esplode in un applauso.

Baz mi tende la mano per aiutarmi ad alzarmi. Io la afferro, raccolgo la bacchetta e gliela porgo. «Penny!» esclamo.

Ci giriamo entrambi verso il lato opposto della piazza, dove lei ha appena vaporizzato l’ultimo vampiro. Un attimo prima era lì e quello dopo si è volatilizzato. Sparito il mostro, Penny si accorge di noi. Mi guarda, punta timidamente i pollici in alto e aggira i miseri resti del mostro.

A quel punto, ci mettiamo tutti e tre in marcia, come se ci fossimo appena accordati. E lentamente puntiamo verso l’uscita.

I Normali stanno ancora applaudendo. Baz si volta, saluta il pubblico e con una gomitata mi invita a fare altrettanto.

Penny ci raggiunge e ci agguanta per le braccia. «Dobbiamo andarcene di qui.»

«Se corriamo,» replica Baz sorridendo «tutti ci seguiranno.» Si inchina e saluta con entrambe le mani.

Io e Penny ci sforziamo di imitarlo.

«Grazie!» grida Baz. «I prossimi spettacoli saranno alle sei e alle nove!»

Indietreggiando, raggiungiamo il margine della folla. La gente continua a scattarci foto e a tirarmi le ali.

«Non vi fermate» dice Baz.

La Regina Elisabetta e il suo seguito ci guardano passare e, con eleganza, applaudono.

Baz si profonde in un inchino.

Dopodiché acceleriamo al massimo, evitando di metterci a correre ma sforzandoci comunque di mantenerci in testa alla folla che si sparpaglia. Una volta fuori, però, corriamo eccome. Giù per gli scalini, oltre la fila di persone. Oltre le fate, i contadini e i condottieri che svapano a più non posso. Non riesco a smettere di ridere. Era da un anno che non mi sentivo così bene.

BAZ

Attraversiamo di corsa il piazzale di ghiaia e appena arriviamo alla Mustang, Penny salta letteralmente a bordo.

Simon mi raggiunge, mi schiaccia contro l’auto e, a sorpresa, mi bacia piegandomi all’indietro sopra il cofano. «Sei stato fantastico» mi dice, mentre riprende fiato. «Non hai neanche avuto bisogno della bacchetta.»

Resto aggrappato alle sue spalle. «Mi inquieta un po’ il fatto che tu trovi eccitante uccidere vampiri.»

Mi bacia così forte che ho un capogiro.

«Ragazzi!» strilla la Bunce. «Stiamo letteralmente fuggendo dalla scena di un crimine. E in più siamo ancora al centro dell’America.»

Ha ragione. Lo spingo via.

«Che fico» commenta Simon. «Per una volta sono riuscito a vederti combattere senza essere costretto ad affrontarti io stesso.»

La Bunce lancia una bottiglia di plastica oltre la mia spalla e prende in pieno l’ala di Simon. «Giuro su Stevie che me ne vado senza di voi!»

Guardo oltre Simon. C’è un gruppo di persone che punta dritto verso di noi.

«Prometto che sarò altrettanto fico anche in seguito» dico. «Appiccherò incendi per tutto il Midwest.»

Simon si allontana, ancora con quella strana luce negli occhi, e salta sul sedile del passeggero.

Mi rifiuto di essere l’unico che armeggia con una portiera… così la scavalco, mi piazzo al volante, metto in moto e, con una gran sgommata, esco dal parcheggio sollevando una nuvola di polvere e sassi.

Un eroe ribelle
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