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BAZ

A volte la spavalderia della Bunce è solo arroganza. Fa la ramanzina a Shepard per tutto il tragitto fino al furgone. Senza minimamente considerare la possibilità che le guardie ci vedano malgrado gli incantesimi, e il fiume cambi idea e ci spazzi via tutti dalla sommità della diga.

«Perché hai lanciato quella spazzatura nell’acqua?» chiede a volume altissimo.

«Perché lei si annoia» risponde Shepard. «Prima ci buttavano di tutto, là dentro. Giornali, scatole di fiammiferi, cause di divorzio. Adesso le arrivano solo liquami tossici e cellulari che si rompono appena toccano la superficie.»

«Ma come si fa amicizia con un fiume?»

«Presentandosi.»

«Giusto, Shep.»

Simon è ancora in volo sopra di noi, approfitta della propria invisibilità.

«Dovresti volare di più» commento quando atterra accanto al furgone.

«Come no» risponde. «Lungo Regent Street e sopra Piccadilly Circus.»

«Potremmo andare in campagna. Ci resta sempre la mia tenuta di famiglia.»

«Come minimo finirei su Google Maps…»

«Ti farei un incantesimo prima di partire.»

Simon scrolla le spalle.

Penny sta aspettando che io salga a bordo. «Dai, Baz, andiamo.»

Simon mi tira per il gomito. «Viaggia con me» dice, gli occhi fissi sul punto in cui la sua mano mi tocca il braccio. «Ci sono le stelle.»

I boccoli bagnati gli ricadono sugli occhi. Mi chino e appoggio la fronte alla sua. «Okay. Va bene.»

Non vedo il suo sorriso, ma immagino ci sia.

Snow salta sul cassone e io lo seguo a ruota. Penny sospira e prende posto. Dovrà litigare con Shepard senza il mio sostegno. (Non temo per la sua sicurezza; ho lanciato al Normale tre incantesimi d’intento: per noi non rappresenta alcun pericolo.)

C’è un sacco a pelo, qua dietro, e Simon ci si sdraia e mi fa posto. Sono ancora accovacciato, intento a guardarmi intorno, quando il furgone parte e mi fa perdere l’equilibrio.

«Vieni qui» dice Simon.

Odio viaggiare sul pianale. Mi sento come una tazza di tè sul tetto di una macchina in movimento. «È pericoloso» dico, inginocchiandomi. «E se prendiamo una buca?»

«Non succederà nulla, sei una roccia.»

«E tu?»

«Ho le ali.»

Lo guardo. Il furgone ha già acquistato velocità.

«Baz» dice, allungando la mano verso di me. «Vieni qui.»

SIMON

Vieni qui.

Dai.

Ti prego.

Concediamocelo.

BAZ

Mi stendo accanto a Simon e lo sento cingermi la vita con il braccio sinistro. Il pianale è duro, si sente ogni singolo sasso sotto le ruote; ma distesi va meglio, con il vento che ti soffia sopra e non attraverso.

Anche se la giornata è stata rovente, ora fa fresco, quasi freddo. Simon mi stringe ancora di più. Non mi fa salire la temperatura come un tempo. (Letteralmente, intendo. È un motore a combustione meno infiammabile.) Ma, per Crowley, è ancora così caldo!

Provo a non pensare all’ultima volta in cui l’ho sentito così. Aderente al mio corpo dalla spalla al ginocchio. Se lo facessi, finirei per stringerlo con troppa forza. Farei quello che ho fatto la prima volta e lo spaventerei.

Indica il cielo sopra di noi, che qui nel deserto è nero come la pece e punteggiato di stelle lucenti. Le vedo, Snow, non sono cieco.

Quando riabbassa il braccio destro, mi stringe anche con quello. E io chiudo gli occhi.

Che succede? Perché mi permette di stargli così vicino?

È cambiato davvero qualcosa o è uno strappo alla regola dettato dal fatto che siamo nel cuore della notte, nel cuore del deserto?

Posso stringerlo solo quando siamo in fuga?

SIMON

Finalmente sento le sue mani su di me. Sulla schiena, sopra la maglietta. Familiari e fredde.

Sembra impossibile che si possa bramare un corpo tanto freddo, essere spinti ad accostarglisi proprio per questo. Ma Baz è di quel freddo che mi ispira protezione.

(Le sue mani sono leggere come piume, sulla mia schiena. Leggere e algide.)

Vorrei scaldarlo per contatto. Con il calore delle mie mani, della mia guancia, del mio ventre.

Raccolgo le ali attorno ai nostri due corpi e lo schiaccio contro il pianale, aderendo a ogni centimetro della sua pelle livida.

Quand’è stata l’ultima volta…

No. Non pensarci.

Non pensare che potrebbe essere questa.

Non pensare.

Sono ancora zuppo dopo l’incontro con lo spirito del fiume. Ho il naso della stessa temperatura del mento di Baz. Premo il viso sul suo e rimango lì.

È a questo punto, quando ho raggiunto questo grado di vicinanza, che di solito mi ritraggo.

«Posso?» chiedo, senza staccarmi. Non sono certo che la mia voce riesca a sovrastare tutto il resto.

BAZ

Ha i capelli impastati di polvere. Il viso freddo e umido. È goffo nei movimenti. Mi urta prima con il torace, poi con la spalla. Appoggia la fronte sulla mia mandandomi contro il metallo del furgone.

Tocco Simon Snow come se fosse fatto di vetro. Come se intrecciando i fili sbagliati lui potesse esplodere.

Mi spinge poi mi tira a sé, indeciso.

Assecondo ogni sua mossa. Accetto ogni sua decisione.

«Posso?» chiede.

Puoi cosa, Simon? Baciarmi? Uccidermi? Spezzarmi il cuore?

Lo sfioro come se fosse fatto di ali di farfalla.

«Non devi neanche chiederlo» replico cercando di sovrastare tutto il resto.

SIMON

Labbra fredde, bocca fredda.

Non ho mai sentito il battito del cuore di Baz.

Ed è tutta la notte che ho la testa posata sul suo petto.

BAZ

Mi piace baciare Simon quando è infreddolito, perché riesco a dargli calore. Come se fossi io il falò ambulante. Io il vivente. Lo scaldo tra le braccia, e lui lo fa con me. Mi restituisce tutto quanto.

SIMON

Gli darei tutto ciò che sono.

Gli darei tutto ciò che ero.

Mi taglierei le vene per lui.

Legherei insieme i nostri cuori.

BAZ

È bellissimo.

E io evito di chiedere spiegazioni.

Perché adesso, qual è il segreto? Domani cosa accadrà? Prometti di farmi avvicinare di nuovo a te?

A volte Simon mi bacia come se fosse la fine del mondo, e io temo che lui ci creda.

Il furgone si ferma troppo presto. Shepard non vuole entrare a Las Vegas di notte. «Domattina daremo meno nell’occhio» ci spiega.

Troviamo posto in un campeggio e ci sistemiamo tutti e quattro sul cassone, Penny tra me e Simon, per sicurezza. Abbiamo un solo sacco a pelo, ma con un incantesimo ammorbidisco il pianale. «Attutisci il colpo!»

Shepard non riesce a crederci. Continua a saltare su e giù, come un bambino sui gonfiabili.

«Allora?» chiede la Bunce. «Cosa sai di questo hotel dove siamo diretti?»

«Il Katherine? È uno degli hotel dei vampiri. Il più vecchio, credo. Tristemente famoso per i festini che si tengono ogni notte nella suite dell’attico.»

«Esistono hotel per vampiri?» domanda Simon.

«A Las Vegas esiste di tutto per i vampiri» risponde Shepard. «Anche le lavanderie per vampiri, probabilmente. I taxi per vampiri. I commercialisti per vampiri…»

«Ci avevi detto di non avere mai incontrato un vampiro» lo interrompo io.

«Ed è così. Era così.»

«E allora come sai dove fanno le feste?»

«Conosco persone che lo sanno» dice Shepard. «Anche se non sono proprio persone…»

La Bunce sbuffa. «Quindi ci imbucheremo a una festa di vampiri sperando che il tuo fascino li stenda? “Ciao, io sono Shepard e voglio solo fare amicizia. Raccontatemi tutti i vostri segreti vampireschi.”»

«Oddio, no» replica Shepard. «Mi prosciugherebbero. È risaputo che i vampiri sono abbottonatissimi. Si tengono tutto per sé.»

«E allora?» continua la Bunce.

«E allora io non farò niente del genere. Lo farà Baz.»

Un eroe ribelle
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