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PENELOPE

Una volta ero bravissima a decidere.

Quando succedeva qualcosa di terribile – o semplicemente di strano e misterioso – e Simon mi chiedeva cosa fare, subito gli esponevo il piano. Sapevo sempre quale sarebbe stata la nostra prossima mossa, anche se non era necessariamente quella giusta. Non indugiavo mai su ciò che era giusto e ciò che era sbagliato. Mi impegnavo a studiare a fondo le circostanze per poi tracciare la rotta migliore da seguire. A volte l’unica alternativa era combattere, altre arrivavamo al punto in cui la soluzione era una sola: Simon faceva saltare tutto.

E quando le acque si calmavano, lui tornava da me e io gli illustravo il nuovo piano.

Non ho un piano da quando siamo scesi dall’aereo.

Agatha è nei guai, lo so. Ma non abbiamo idea di dove sia. E continuiamo a sprecare il nostro potere in un posto solo. Lasciando una scia di errori.

Non ricordo l’ultima volta in cui ho preso la decisione giusta. Forse sull’aereo, quando ho scelto il cheesecake invece dello strudel.

Simon mi prende il cellulare. «Dove sarà?»

«Getteremo un incantesimo di ritrovamento» dice Baz.

«La portata sarebbe pressoché nulla» replico. «Ho infuso tutta la magia che mi era rimasta in Amazing Grace

Come lui, del resto. Con un calcio lancia la valigia vuota nel torrente.

«Possiamo cercare il nome su internet» propone Simon. «NowNext.»

«E se i tizi che le hanno preso il telefono provassero a chiamarci?» chiede Baz impaurito. «Hanno il nostro numero.»

«Mi converrà buttare il telefono? Domando. «È probabile che lo rintraccino.»

«No» risponde Simon. «Agatha potrebbe chiamarci.»

«Giusto» dico. «Giusto.»

Baz è in piedi sulla riva del torrente. Ha i capelli lisci come spaghi. La pelle grigiastra.

Simon si morde il labbro. Oggi non mi è rimasta abbastanza magia per nascondergli le ali. Ci ho provato, ma sono sparite per un attimo e subito riapparse. Non credo di essermi mai sentita così a secco. Serve troppa magia per sopravvivere in America.

«Dunque» attacca Simon. «Dobbiamo proseguire. Shepard ci starà cercando… e forse anche le creature magiche ci staranno cercando. L’ultima cosa che sappiamo è che Agatha era a San Diego. Perciò procediamo verso ovest. Teniamo Baz al riparo dal sole. Le mie ali al coperto. Rubiamo cibo e indumenti quando possiamo… o ricorriamo alla magia per procurarceli. E ora abbiamo internet. E da qualche parte staneremo questi NowNext.» Si volta a guardarmi. «Allora, che te ne pare?»

Annuisco. «Sì. È un buon piano.»

Baz si mostra d’accordo. «Ottimo piano, Snow.» Guarda tra gli alberi. «Mi converrà cacciare adesso. Almeno non dobbiamo più fermarci.»

«Non da solo» dice Simon.

«Non vi lascerò assistere…»

Simon spalanca le ali. «Non da solo.»

Non posso restare sola in questo momento. Li seguo a debita distanza.

So del vampirismo di Baz da almeno un anno – e Simon lo sospettava già da anni –, ma Baz se ne vergogna ancora. Non mangia mai davanti a noi. Nemmeno un panino se crede di essere osservato. Simon dice che è perché gli spuntano le zanne e si imbarazza, perciò guardo sempre altrove. (Anche se, a scopi scientifici, mi piacerebbe molto osservarle meglio.)

So che a volte Baz lancia incantesimi per attirare le prede. Ma oggi non ne ha bisogno. C’è un grosso gatto selvatico, accucciato a terra davanti a noi. Aspetto che si avventi su di lui.

Invece batte i piedi e grida: «Va’ via!».

Il gatto si spaventa e fugge.

«Ma che fai? Preferisci quando sono difficili da acchiappare?»

«Non uccido i predatori» mi spiega.

«Perché no? Cameratismo?»

«Sono troppo importanti per l’ecosistema. E poi ci sono delle pecore, nei dintorni. Ho visto le orme.»

Guidati da lui, ci addentriamo nella boscaglia. «Me la caverei benissimo anche da solo, lo sapete» brontola.

«Sì, sì» sussurra Simon. «Sei ferocissimo.»

Baz si guarda indietro e aggrotta la fronte. «Lo sono, infatti.»

Qui è più buio. Avanziamo a fatica tra i rami sempreverdi… con la nebbia fino alle ginocchia. Non so perché non mi sia venuto in mente che persino gli alberi sarebbero stati diversi, qui in America. Io e Simon ne abbiamo bazzicati di boschi, in Inghilterra. Ma mai come questi.

Baz si blocca. Ha sentito un odore.

Corre avanti, tanto veloce da impedire a me e Simon di tenere il passo, e con un’eleganza che non ci sogneremmo mai. Quando finalmente lo raggiungiamo, lo troviamo in ginocchio sulla riva del ruscello. Ha in grembo una pecora con le corna, e la bruma li avvolge entrambi. Deve averle spezzato il collo.

«Va bene» ci dice. «Datemi un minuto.»

Abbasso lo sguardo. La nebbia mi arriva al petto, ed è buio pesto. Sollevo l’anello.

«Bracconieri» sento dire. È una voce di donna. E sembra provenire da dentro di me. L’oscurità è salita oltre il mio mento. «Mangiasangue che caccia di frodo sulla mia schiena.» La voce – credo sia nella mia testa – sembra inglese. Accento del nord.

«Possiamo spiegare!» grida Baz. Deve sentirla anche lui.

«Non lo sapevamo!» strillo.

Simon mi prende la mano. «Non siamo di qui!»

«No» replica la voce. «Lo vedo. Lo sento… Voi siete altro. Non semplici mangiasangue. Ma qualcosa di ancora più infame…»

Chiudo gli occhi e lancio un incantesimo nell’oscurità: «Fuori, fuori, ovunque tu sia!».

«Arcimaghi» dice sprezzante la voce.

E il buio mi inghiotte.

Un eroe ribelle
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