1)

Il primo dei due caratteri di Zhongguo (in giapponese Chugoku) ha anche il significato di «dentro» o «interno», oltre che quello di «centro», e per un certo periodo il termine fu usato per designare lo spazio geografico e le popolazioni interne al territorio cinese. Il valore autoreferenziale assegnato alla propria realtà politica o culturale come centro dell'universo non è limitato al caso cinese; ciò che lo rende unico è piuttosto il fatto che questo concetto di centralità sia stato assunto per denominare il proprio Paese. E. Wilkinson, "Chinese History. A Manual", Harvard University Asia Center, Cambridge (Mass.)-London 2000, p. 132.  

2)

Il Giappone percorse una via diversa rispetto a quella seguita dagli altri Paesi asiatici, specie per quanto concerne la terza fase.  

3)

Occorre comunque ricordare come l'acquisizione della conoscenza del sanscrito (la lingua dotta in uso nel subcontinente indiano dal periodo vedico e poi rimasta come lingua di élite) da parte di studiosi europei verso la fine del Settecento rese possibile la traduzione di opere che diedero un forte impulso alle ricerche filosofiche del tempo e che avrebbero inaugurato un proficuo, seppur lento, processo di influenza del pensiero orientale sugli intellettuali europei.  

4)

Il passaggio all'età dell'imperialismo (termine che deriva dall'assetto «imperiale» che la Gran Bretagna conferì ai rapporti con i possedimenti coloniali allorché, nel 1877, la Regina Vittoria assunse il titolo di «Imperatrice delle Indie») fu sancito dal Congresso di Berlino del 1884-85, che pianificò la ripartizione del mondo tra le Potenze e garantì nuove norme giuridiche all'assetto coloniale.  

5)

Si ritiene che in Giappone i primi contatti con la scrittura cinese siano avvenuti nei primi secoli dell'era cristiana e che solo a partire da circa il quinto secolo d.C. i caratteri cinesi (detti in giapponese "kanji" e usati sino ad allora a scopo ornamentale) siano stati impiegati per scrivere. Conf. A. Tollini, "Introduzione allo studio della scrittura nel Giappone antico", in «Dialogues d'Histoire Ancienne», 27/2, 2001, in particolare p.p. 106-107. I caratteri cinesi continuano a essere usati in Cina, in Giappone e, limitatamente ai termini di origine cinese, nella Corea del Sud; nella Corea del Nord sono stati completamente sostituiti dall'alfabeto coreano, mentre in Vietnam sono stati soppiantati dall'adozione dell'alfabeto latino, introdotto dai missionari.  

6)

Wilkinson, "Chinese History" cit., p.p. 721-729 e p.p. 94-105. 

7)

In giapponese, i caratteri che compongono i termini cinesi "bofu" e "shufu", oltre a "oji" (nel significato generico di «zio»), possono comunque anche essere letti rispettivamente "shukufu" e "hakufu" laddove specificano la maggiore o minore anzianità del fratello non solo del proprio padre (come accade nella lingua cinese) ma di uno dei propri genitori. Per una rassegna dell'articolata e complessa terminologia tuttora in uso nella lingua cinese per designare il sistema di relazioni parentali M. Abbiati, "I termini di parentela in cinese moderno", in «Annali di Ca' Foscari», Anno 30°, 3 (Serie orientale), 1991, p.p. 169-84.  

8)

Sin dai tempi antichi i giapponesi usarono la carne di balena come alimento e di questo cetaceo (detto "kujira") si fa menzione già nel" Kojiki" (712 d.C. ). Infatti, se dopo l'introduzione del Buddhismo si diffuse il costume di astenersi dal mangiare carne animale, la balena fu associata ai pesci e, come questi ultimi, assunse un importante ruolo nella dieta della popolazione. Il tabù alimentare nei confronti della carne fu superato in epoca Meiji allorché al suo consumo fu associata l'idea di progresso e di civiltà del mondo occidentale.  

9)

A partire dagli inizi del diciassettesimo secolo, l'area totale delle terre coltivate crebbe in modo progressivo sino a raggiungere, verso la metà del diciannovesimo secolo, circa 4 milioni di ettari; anche l'incremento demografico fu marcato, registrando quasi il raddoppio della popolazione.  

10)

Il "Kojiki" afferma che Amaterasu fosse stata generata dall'occhio sinistro di Izanagi, mentre nel "Nihongi" si dice che la sua nascita fosse dovuta all'accoppiamento di Izanagi e Izanami.  

11)

. I dieci tronchi ("jikkan") sono formati dai cinque elementi (legno, fuoco, terra, metallo e acqua), ciascuno dei quali conteggiato due volte (una come «fratello minore» l'altra come «fratello maggiore» dell'elemento stesso). I sessanta anni del ciclo risultano dalla combinazione tra i dieci tronchi (ripetuti sei volte) e i dodici rami (ripetuti cinque volte), e i nomi degli anni sono composti dai primi due caratteri di ciascuna delle due serie. Ai dodici rami ("junishi"), inoltre, corrispondono altrettanti animali (topo, bue, tigre, coniglio, drago, serpente, cavallo, pecora, scimmia, uccello, cane, maiale) che compongono i segni zodiacali cinesi.  

12)

. Si tratta dello "Hanshu" o «Storia degli Han anteriori», un'opera compilata pochi decenni dopo la fine della dinastia Han, che regnò tra il 202 a.C. e il 9 d.C. In questa stessa fonte compare per la prima volta il termine "wo" (in giapponese "wa"), che significa «nano» e che doveva riferirsi agli abitanti della Corea e del Kyushu. Nelle cronache cinesi successive, per designare l'arcipelago giapponese si affermò l'uso dell'espressione "Woguo" (in giapponese Wakoku"), cioè terra ("koku") dei nani ("wa"), e solo durante la dinastia Tang (618-907) si diffuse il termine "Riben", che nella lingua giapponese suona come "Nihon" o "Nippon" e indica il Paese della «origine del sole» o del «sol levante». 

13)

Oltre allo "Hanshu", riferimenti all'arcipelago giapponese sono contenuti in altre due opere: una redatta nel terzo secolo d.C. e intitolata "Wei Zhi" (Cronaca della dinastia Wei, che regnò nella Cina del nord tra il 220 e il 265 d.C.), e un'altra, lo "Hou Hanshu" (Storia degli Han posteriori), compilata tra la fine del quarto e la prima metà del quinto secolo relativamente alla storia della dinastia che regnò dal 25 al 220 d.C.  

14)

A quest'ultimo tipo, il più caratteristico e originale, è stata assegnata tale definizione in quanto, se osservato dall'alto, il monumento funebre presentava contorni simili a quelli di un buco di serratura.  

15)

Il carattere di "uji" può essere letto anche "shi" e compone alcuni termini che indicano il cognome di famiglia, come nel caso di "seishi" o "shimei".  

16)

Cit. in R. Tsunoda, "Japan in the Chinese Dynastic Histories. Later Han Through Ming Dynasties", P.D. and Ione Perkins, South Pasadena 1951, p. 11; la citazione è tratta dallo "Wei Zhi", nella parte dedicata ai «Barbari orientali: gli Wa».  

17)

Il monumento, in pietra, fu eretto sulla sponda cinese del fiume Yalu per commemorare la morte dell'omonimo sovrano di Koguryo e celebrare le campagne di conquista avvenute sotto il suo regno (391-413 d.C.).  

18)

Occorre precisare che i giapponesi si limitarono dapprima a usare la scrittura su imitazione della lingua cinese e che le prime testimonianze del tentativo di adattare la scrittura cinese alla propria lingua risalgono al periodo a cavallo tra la fine del sesto e l'inizio del settimo secolo. Le opere redatte a partire dall'ottavo secolo mostrano ormai l'acquisita capacità di produrre testi scritti in lingua autoctona; inoltre, in questo stesso periodo dai caratteri cinesi si svilupparono in Giappone i segni sillabici fonografici detti "kana". Comunque per molti secoli, sino a tempi relativamente recenti, il cinese classico continuò a essere usato in molti testi, seppure in ambienti culturali specifici e circoscritti, in modo non dissimile da quanto accadde in Europa con il latino. Conf. A. Tollini, "Introduzione allo studio della scrittura nel Giappone antico", in «Dialogues d'Histoire Ancienne», 27/2,2001, in particolare p.p. 106-109.  

19)

Asuka dà il nome al periodo che va dall'introduzione del Buddhismo e che secondo alcuni arriva sino al 645 (anno della riforma Taika), mentre secondo altri fino al 710 (inizio del periodo Nara); occorre comunque ricordare che questa periodizzazione risponde in primo luogo alle esigenze della storia dell'arte, che adopera il periodo Asuka per classificare le opere prodotte in questo arco di tempo. Tra le opere più famose del periodo Asuka ricordiamo lo Horyuji, fondato da Shotoku Taishi nel 607 in una zona poco distante da Nara, e la splendida statua di Miroku (nome giapponese di Maitreya, il Buddha del futuro) conservata presso il Koryuji a Kyoto, realizzata da un unico blocco di abete rosso con una tecnica avanzata al punto da far ritenere che si tratti di un'opera di importazione.  

20)

Il suffisso "dera" (dal termine "tera", che può essere letto anche "ji" e che significa tempio o monastero buddhista) è adoperato in riferimento agli edifici sacri di questa religione, per i quali si usa anche il suffisso "in". Il nome di santuari shintoisti, invece, è in genere seguito dal suffisso "jinja" o "jingu".  

21)

Secondo la tradizione, la carica di sessho risale al periodo del mitologico sovrano Ojin, la cui madre detenne la reggenza per quasi settant'anni. Come si vedrà più avanti, quella di reggente sarebbe diventata un'importante carica, che consentiva di esercitare un esteso potere.  

22)

Corrente di pensiero cinese che individua nel "dao" la «via» intesa come principio sovramorale che regola l'universo, il Taoismo è legato in primo luogo all'opera di Laozi, che, secondo la tradizione, sarebbe vissuto nel sesto secolo a.C.; a lui è attribuito il "Classico della via e della virtù", più noto in Occidente come "Il libro del Tao". Sull'evoluzione che questo pensiero ebbe in Giappone si veda A. Tamburello, "Il 'Taoismo' in Giappone", in «Il Giappone», vol. 7, 1967, p.p. 138-148. 

23)

A questo proposito, occorre comunque ricordare come, all'epoca, il Giappone coprisse un'area assai più limitata di quella attuale, non comprendendo in primo luogo lo Hokkaido e Okinawa; inoltre, anche se con la riforma Taika del 646 il governo imperiale reclamò la sovranità su tutto il Paese, l'estensione dell'esercizio del controllo effettivo sul territorio fu lenta e frammentata, trovando un ostacolo nel dominio che alcuni potenti clan continuarono ad asserire a livello locale, così come nella varietà delle etnie che popolavano le isole giapponesi.  

24)

In realtà, secondo il nostro sistema di computo dell'età, essa era fissata a cinque anni.  

25)

In Cina come in Giappone, il carattere di «bocca» è spesso usato in riferimento agli abitanti o alla popolazione, suggerendo come, in una società agraria, l'individuo fosse calcolato in primo luogo sulla base della quantità di cibo necessaria a sfamarlo.  

26)

Il suffisso "kyo" significa capitale ed è lo stesso carattere usato per Kyoto e per Tokyo.  

27)

Secondo la cronologia ufficiale, che non fa menzione di Imperatrici nel periodo mitologico, la prima donna a salire al trono fu Suiko nel 592.  

28)

L'articolo 2 della Costituzione Meiji del 1889, infatti, riservò la successione al trono ai maschi; un principio, questo, reso più esplicito nell'articolo 1 della Legge della Casa Imperiale adottata in quello stesso anno. A tal proposito si veda P.F. Kornicki, "The Exclusion of Women from the Imperial Succession in Modern Japan", in «Asiatica Venetiana», vol. 4, 1999, p.p. 133-152.  

29)

Esistevano circa trenta gradi nella gerarchia dei titoli di Corte, a ciascuno dei quali corrispondeva una serie di norme atte a regolare in modo dettagliato la vita quotidiana di un nobile: dal tipo di abbigliamento consentito nelle varie occasioni alle dimensioni della sua residenza, dalle scelte amorose e galanti sino al numero delle pieghe del ventaglio che egli poteva adoperare. I titoli più elevati, conferiti personalmente dall'Imperatore, spettavano ai rami collaterali della sua famiglia, agli antichi capi locali beneficiari dei titoli onorifici (kabane) nel periodo pre-Taika, a leader minori della regione di Yamato e a importanti famiglie immigrate dal continente; i restanti erano assegnati dal governo ai capi di clan minori delle province.  

30)

Sekkan" è infatti composto dai due caratteri usati rispettivamente nei termini "sessho" e "kanpaku". 

31)

Sebbene sia in genere tradotto come governo degli Imperatori in ritiro, il termine "insei" è formato da due caratteri, il primo dei quali (in) si riferisce all'edificio, spesso un monastero o un convento, dove andava a risiedere l'Imperatore dopo avere abdicato; il secondo carattere (sei) è lo stesso che compone il termine "seiji" (politica o governo). 

32)

Shirakawa detenne tale carica fino al 1129 e a lui succedettero Toba (1129-1156) e Go Shirakawa (1158-1179). L'autorità dell'Imperatore in ritiro fu ridotta con l'avvento del potere della classe militare, ma tale pratica fu abolita nel 1321. Nel caso in cui vi fossero contemporaneamente più ex Imperatori, era solo uno tra questi a esercitare il potere nella qualità di Imperatore in ritiro più anziano (detto "hon'in").  

33)

Il progetto di inviare un'ambasceria nell'894 fu sospeso in considerazione della caotica situazione in cui versava la Cina, preludio alla caduta dei Tang ne l 907.  

34)

I "kana", derivati dalla semplificazione di caratteri cinesi (kanji) e adoperati per il loro valore fonetico, furono usati assieme ai kanji in una struttura grammaticale autoctona, distinta da quella cinese. Si tratta di due alfabeti o sillabari fonetici, ciascuno composto di circa cinquanta segni, uno corsivo ("hiragana") e l'altro non corsivo ("katakana"). Furono in primo luogo le donne a servirsi della scrittura in kana per produrre opere in prosa e in poesia di grande valore letterario, mentre gli uomini continuarono per lo più a comporre lavori scritti in cinese, in genere di qualità piuttosto mediocre.  

35)

La scuola Tendai prende nome dal Monte Tiantai dove era stato edificato il monastero presso il quale il bonzo aveva appreso la dottrina in Cina. Saicho (767-822) è pure noto col nome postumo di Dengyo Daishi.  

36)

Una rilevante eccezione rispetto alla produzione letteraria del periodo incentrata sulla società aristocratica è rappresentata dal "Konjaku monogatari" (Racconti del tempo che fu), apparso agli inizi del dodicesimo secolo, il quale offre una visione ben più ampia, in termini sia sociali sia geografici, del Giappone del tempo.  

37)

Kanmu, ad esempio, ordinò il rilevamento e la redistribuzione delle terre agricole, e incaricò gli ispettori provinciali di compiere indagini sulla condizione dei contadini; queste misure, però, si rivelarono vane, sia a causa dell'inefficienza del personale incaricato, sia in quanto la loro realizzazione fu ostacolata da quanti avevano consolidato i propri interessi sui terreni agricoli. Per far fronte ai problemi finanziari del governo centrale, dalle cui casse erano state attinte ingenti risorse per la difesa delle frontiere e per la costruzione di Nagaoka e di Heian, egli tentò di contenere la spesa pubblica anche attraverso un'incauta misura, quella cioè di ridurre i compensi destinati ai governatori provinciali.  

38)

Occorre precisare a questo proposito che in Giappone per latifondo si intende un terreno agricolo che non supera mai l'estensione di alcuni ettari; esso, quindi, risulta essere di dimensioni ridotte rispetto all'esperienza europea.  

39)

E' bene ricordare che inizialmente al titolare dello shoen, in origine detto shoji, era stato assegnato il diritto sui prodotti della terra, mentre sul piano formale la proprietà restava nelle mani dell'Imperatore; un principio, quest'ultimo, che sarebbe rimasto inalterato sino alla riforma fondiaria realizzata nel primo Meiji.  

40)

Cit. in E. Ikegami, The Taming of the Samurai. Honorific Individualism and the Making of Modern Japan", Harvard UP, Cambridge (Mass.) 1995, p. 64. Si tratta dell'insurrezione nota come "Tenkei no ran", dal nome dell'era omonima (938-947), nel corso della quale Masakado (che, dopo aver prestato servizio a un reggente Fujiwara, si era visto rifiutare la richiesta di assumere la guida di un importante ufficio con compiti di polizia e di punizione dei crimini) assunse il titolo di «nuovo Imperatore Taira»; la rivolta si concluse nel 940 con l'uccisione del ribelle, la cui testa fu mozzata e inviata a Heian.  

41)

Tale volontà aveva peraltro dettato i contenuti di un provvedimento che vietava il possesso privato di armi, che furono riservate solo ai militari; tuttavia, nella seconda metà del periodo Heian tali disposizioni divennero sempre meno efficaci e il possesso delle armi si diffuse anche in altri settori della società.  

42)

Il carattere di Taira può essere letto anche "hei" ed è lo stesso usato per Heishi (cioè «clan Taira», essendo "shi" la pronuncia alla cinese del carattere "uji") e per Heike, cioè «famiglia ("ke") Taira». Allo stesso modo, il carattere di Minamoto può essere letto anche "gen" ed è adoperato assieme al carattere di "uji" (stavolta con la lettura "ji") per designare i Genji, cioè il «clan Minamoto».  

43)

Genpei sta per Minamoto o Genji ("gen") e Heishi o Heike ("hei" modificato in "pei"), riferendosi pertanto alla guerra in cui si confrontarono gli schieramenti guidati da queste due importanti famiglie guerriere.  

44)

Il successo ottenuto nella guerra Hogen (1156) fu consolidato dopo che Taira no Kiyomori riuscì a sventare la rivolta, nota come "Heiji no ran" (dal nome assegnato all'era iniziata nel 1159), la quale fu capeggiata dai superstiti del clan Minamoto e dalla famiglia Fujiwara. Ciò segnò l'inizio del predominio dei Taira nel corso del cosiddetto periodo Rokuhara. La residenza di Rokuhara fu distrutta nel corso della guerra Genpei (1180-1185), in seguito ricostruita per ospitare i rappresentanti del governo di Kamakura e nuovamente distrutta nel 1333.  

45)

In precedenza, il termine "bakufu" designava la tenda da campo usata dai generali incaricati di condurre le spedizioni militari contro i «barbari».  

46)

Grazie alla sua abilità politica, Masako si guadagnò l'appellativo di "amashogun", cioè di «monaca shogun». Gli Hojo discendevano dai Taira ed erano stati antichi rivali dei Minamoto.  

47)

I discendenti diretti di Yoritomo non riuscirono a mantenere neppure il titolo di shogun che, dopo l'uccisione di Sanetomo a opera di un suo nipote nel 1219, passò dapprima nelle mani dei Fujiwara (1226-1252) e poi in quelle di alcuni principi imperiali (1252-1333).  

48)

l Codice Joei (Joei shikimoku) prende nome dall'era in cui fu emanato; più propriamente è detto Goseibai shikimoku, cioè Codice di giudizio. A differenza dei codici redatti sino ad allora, esso fu scritto in kana in modo da rendere comprensibili a un numero più ampio di persone le norme contenute.  

49)

Fu presso la Corte di Qubilay Qan che Marco Polo fu accolto quando giunse in Cina nel 1275, restando al servizio del capo mongolo per circa diciassette anni. 

50)

Di fronte all'accesa competizione sorta tra i due rami della dinastia imperiale nel 1272, infatti, il bakufu aveva reputato opportuno sedare i contrasti interni alla Corte adottando la pratica di successione alternata tra un membro della linea principale e uno della linea cadetta. Occorre ricordare come l'ambizione di ottenere il titolo di Imperatore fosse giustificata non tanto dall'assunzione del potere che da ciò derivava, quanto dal fatto che esso costituiva la condizione necessaria per accedere alla carica di Imperatore in ritiro, al quale spettavano maggiori prerogative, compresa quella di decidere la successione al trono.  

51)

Un breve revival del sistema insei vi fu tra il 1331 e il 1333, con l'Imperatore in ritiro Go Fushimi.  

52)

Egli fu trasferito in una delle isole Oki, nel Mare del Giappone, dove anche Go Toba era stato esiliato nel 1221.  

53)

In realtà, Takauji si insediò nella zona di Nijo Takakura, situata a sud di Muromachi, dove solamente in seguito, nel 1378, il terzo shogun Yoshimitsu avrebbe fatto costruire la propria residenza.  

54)

E' interessante sottolineare che, nel corso del Nanbokucho, la cronologia della successione imperiale seguì l'avvicendamento dei sovrani della linea cadetta. Infatti, i tre sovrani che salirono sul trono di Yoshino dopo Go Daigo (96esimo successore del mitico Jinmu) furono reputati i legittimi discendenti imperiali, mentre Go Komatsu (sesto sovrano della Corte di Kyoto salito al trono nel 1382) divenne il 100esimo Imperatore del Giappone solo nel 1392, cioè quando il sovrano di Yoshino abdicò in suo favore e gli restituì gli emblemi dell'autorità imperiale. La stessa visione emerge nel "Jinno shotoki" (Cronaca dell'effettiva successione dei sovrani imperiali), redatta nel 1339 da Kitabatake Chikafusa, consigliere di Go Daigo; da questa opera traspare con evidenza il collasso finale del potere dei kuge, oltre che il disprezzo del mondo aristocratico verso la classe guerriera.  

55)

La dinastia Ming era salita al potere nel 1368 e governò la Cina sino al 1644.  

56)

Si tratta di Akamatsu Mitsusuke, signore di Harima.  

57)

Affermatosi verso la metà del periodo Heian per designare un facoltoso possidente fondiario civile o militare e in seguito associato in modo sempre più esclusivo ai militari che controllavano un ampio dominio, il termine "daimyo" si compone di due caratteri, il primo dei quali significa «grande» ("dai") mentre il secondo, "myo" (nome), sta per "myoden" (risaia con nome), dall'usanza di assegnare un nome ai terreni controllati da privati al fine di distinguerli da quelli statali. A partire dalla fine del sedicesimo secolo e durante tutto il periodo Edo un daimyo era un individuo (e, per estensione, la sua famiglia) che disponeva di una rendita superiore ai 10000 koku di riso. Un koku era pari a circa 180 litri di cereale e a 150 chilogrammi; dal sedicesimo secolo esso divenne l'unità di misura per stimare la rendita di un feudatario e calcolare gli stipendi della classe militare.  

58)

Sul piano formale, il bakufu continuò a esistere sino al 1588, quando Yoshiaki dichiarò ufficialmente di rinunciare al titolo. Da ciò deriva la diversa interpretazione che gli storici forniscono in merito alla data finale del periodo Muromachi; qui si è preferito assumere l'anno dell'espulsione dell'ultimo shogun da Kyoto (1573) come quello conclusivo di questo periodo.  

59)

Tale sistema, applicato anche agli altri Stati tributari della Cina, prevedeva che allo shogun fossero inviati i contrassegni delle matrici in possesso delle autorità cinesi; al loro arrivo in Cina, le navi giapponesi esibivano questi contrassegni in modo da dimostrare che si trattava di una missione ufficiale. Ciò assicurava il monopolio degli scambi con la Cina al legittimo capo del Paese tributario ed evitava che in queste relazioni interferissero pirati e mercanti non autorizzati.  

60)

Il primo caso di daimyo convertito fu quello di Omura Sumitada (1533-1587), che ricevette il battesimo nel 1563 e poté in tal modo consolidare i suoi legami con i mercanti portoghesi; nel 1580, egli cedette alla Compagnia di Gesù il controllo di Nagasaki, da poco divenuta un'importante città e località di approdo delle navi portoghesi.  

61)

Dalla Spagna e dalle Filippine, ormai divenute colonia spagnola, dopo i monaci francescani giunsero in Giappone i domenicani e gli agostiniani.  

62)

Si calcola che, nel periodo compreso tra l'arrivo di Francesco Saverio e il primo editto anticristiano del 1587, i convertiti fossero circa 150 mila. 

63)

Tra le eccezioni più note ricordiamo Takayama Ukon (1553-1615), un daimyo del Kyushu battezzato all'età di undici anni ed esiliato nel 1614, e Konishi Yukinaga il quale, dopo aver servito fedelmente Toyotomi Hideyoshi, fu sopraffatto da Tokugawa Ieyasu, ma rifiutò il suicidio (praticato dai guerrieri sconfitti e bandito dal Cristianesimo) e venne pertanto giustiziato nel 1600.  

64)

L'impegno profuso dalla Cina (di cui la Corea era tributaria) per sventare le invasioni giapponesi assorbì una parte cospicua delle già declinanti risorse dei Ming, contribuendo in tal modo alla crisi finale della dinastia.  

65)

Le navi ("sen") autorizzate a commerciare con i Paesi stranieri ricevevano un certificato su cui era stato apposto un timbro rosso, detto "shuin"; da qui l'espressione "shuinsen boeki", che indica il commercio regolato da questo sistema. Il privilegio del «timbro rosso» era concesso dallo shogun a determinate famiglie di mercanti e ad alcuni daimyo. 

66)

Un efficace esempio è rappresentato dalle Filippine, in precedenza note con nomi diversi e così ribattezzate nel 1543 in onore dell'Infante di Spagna (il futuro Filippo Secondo), dopo che Magellano aveva rivendicato l'autorità spagnola sull'arcipelago nel 1521. Qui, specie dopo la presa di Manila (1571), i vari ordini cattolici sotto la guida della Corona spagnola furono assai attivi nell'opera di proselitismo, finalizzata ad aprire la strada all'imposizione del potere secolare.  

67)

Si tratta di Imagawa Yoshimoto (1519-1560), un daimyo di nobili origini stanziato a Suruga, nell'attuale provincia di Shizuoka.  

68)

Nel 1593 il suo successore Hideyoshi stabilì la propria residenza a Momoyama, una collina nei pressi di Fushimi, poco a sud di Kyoto. Dal nome delle residenze di Nobunaga e di Hideyoshi deriva quello attribuito al periodo di questi due grandi «riunificatori», detto appunto Azuchi-Momoyama; il periodo è altresì noto come shokuho seiken, cioè «regime di Oda e di Toyotomi», essendo il termine shokuho formato dai primi due caratteri che compongono i rispettivi cognomi di questi personaggi.  

69)

Il castello di Azuchi fu raso al suolo nel 1582, subito dopo la tragica fine di Nobunaga, mentre quello di Momoyama, in parte danneggiato da un terremoto nel 1596, fu più volte ricostruito sino a quando i Tokugawa ne ordinarono la demolizione e il riutilizzo dei suoi massi per la fortificazione di Osaka. Sempre a Osaka, nel 1583, Hideyoshi fece costruire un altro castello, che fu distrutto dai Tokugawa nel 1615 e riedificato solo in seguito. Del castello di Edo, sede dei Tokugawa, resta l'imponente recinzione costituita da colossali massi di pietra che oggi cinge il palazzo imperiale. Poche sono le strutture originali dei castelli edificati in questo periodo giunte sino a noi, tra i quali occorre ricordare quello di Matsumoto, nella provincia di Nagano, e quello di Himeji, nella provincia di Hyogo. 

70)

La zona che Nobunaga riuscì a controllare andava da Kozuke (l'attuale provincia di Gunma) sino a Bizen (oggi parte della provincia di Okayama), e dall'Oceano Pacifico al Mare del Giappone. All'esterno di queste regioni continuava a prevalere uno stato di belligeranza ancora tipico del periodo Sengoku.  

71)

Non sempre, infatti, Nobunaga inviò i propri ispettori catastali (kenchi bugyo) per procedere al rilevamento dei terreni agricoli nelle zone conquistate, specie laddove ciò rischiava di sollevare una reazione da parte di personaggi locali a lui ostili; pertanto, egli spesso si limitò a farsi consegnare i registri fondiari.  

72)

In realtà, all'epoca il dominio di un daimyo era detto "ryo", mentre solo a partire dal diciannovesimo secolo esso venne a essere designato con il termine han, oggi comunemente usato dagli storici del Giappone.  

73)

La riforma catastale (kenchi) prese nome dal titolo di taiko, cioè kanpaku emerito, assunto da Hideyoshi nel 1592. Analogamente a quanto era accaduto sotto Nobunaga (v. supra, nota 6), in alcune zone Hideyoshi si astenne dall'inviare i propri ispettori e delegò i daimyo a condurre i rilevamenti. Ad esempio, nel caso degli Shimazu, gli ostili signori di Satsuma assoggettati nel 1587, egli dapprima lasciò al daimyo il compito di effettuare la stima delle terre e solo nel 1592, avendo consolidato il suo potere, osò mandare i suoi più fidati collaboratori a eseguire i rilevamenti.  

74)

Ricordiamo che un koku, assunto ormai come misura standard in tutto il Paese per calcolare sia la rendita di un daimyo sia lo stipendio che egli assegnava ai guerrieri suoi dipendenti, equivaleva a circa 150 chilogrammi del cereale (v. cap. Ili nota 14). Il termine "daka" (da "taka", letteralmente «altezza») indica appunto la quantità di riso che era prodotta in uno han o che costituiva la rendita garantita al daimyo. Per stabilire la capacità produttiva dei campi, essi vennero classificati in quattro categorie (superiore, media, povera e scarsa) a seconda della loro posizione, fertilità, facilità di accesso alle fonti idriche, eccetera.  

75)

I territori di Hideyoshi erano peraltro situati in zone strategiche del Giappone (come l'area della capitale e le province di Omi e di Owari), in regioni assai fertili (come quella attorno al lago Biwa) e attorno a importanti centri commerciali, tra cui Sakai, Hakata e Nagasaki.  

76)

Le norme emanate da Hideyoshi nel 1591 facevano parte del "Mibun tosei rei", cioè l'Editto di regolamentazione dello status.  

77)

Baku sta per bakufu, mentre han indica il dominio del daimyo. Il termine bakuhan taisei (o sistema bakuhan) è piuttosto recente, essendosi affermato solo a partire dagli anni Cinquanta del ventesimo secolo, sebbene alcuni studiosi mostrino riserve sul suo uso, dato che tale sistema si affermò a partire dal 1580 circa, mentre il bakufu dei Tokugawa fu fondato solo nel 1603.  

78)

Si tratta in primo luogo delle miniere d'oro e d'argento di Ikuno (nell'attuale provincia di Hyogo), Omori (nell'odierna provincia di Shimane) e nell'isola di Sado, al largo di Niigata.  

79)

In questo periodo fu attivo Sen no Rikyu (1522-1591), illustre maestro della cerimonia del tè (cha no yu), che fu impiegato da Nobunaga e poi da Hideyoshi, e nel 1588 persino ammesso alla presenza dell'Imperatore. In campo pittorico, si ebbero numerosi e abili artisti tra cui ricordiamo Kano Eitoku (1543-1590), appartenente alla celebre famiglia di pittori attiva sin dalla fine del quindicesimo secolo, che eseguì le decorazioni nella residenza di Nobunaga ad Azuchi andate distrutte con l'incendio del castello, avvenuto nel 1582.  

80)

L'opera di Esopo godette di un'ampia diffusione e fu l'unica a sopravvivere alla censura che colpì le opere occidentali nel periodo Edo, durante il quale ebbe almeno undici edizioni.  

81)

Oltre alla carica di reggente imperiale, nel 1587 egli ottenne quella di Gran ministro di Stato (dajo daijin) e, cinque anni dopo, assunse il titolo di "taiko". Infatti, alla morte del suo primogenito Tsurumatsu, avvenuta nel 1591, egli adottò suo nipote Hidetsugu (1568-1595) e a lui trasferì la carica di kanpaku, con la chiara intenzione di stabilire un monopolio su di essa, in modo analogo a quanto in passato avevano fatto i Fujiwara. Ma due anni dopo, Hideyoshi ebbe un altro figlio, Hideyori (1593-1615), e ordinò a Hidetsugu di suicidarsi per consentire a Hideyori di divenire il suo unico e legittimo erede.  

82)

Oltre a Tokugawa Ieyasu, gli altri «Grandi anziani» (tairo) erano Maeda Toshiie, Uesugi Kagekatsu, Mori Terumoto e Ukita Hideie: tutti e cinque erano daimyo esterni.  

83)

La famiglia Tokugawa discendeva da Nitta Yoshishige, nipote di Minamoto Yoshiie, del ramo Seiwa-Genji. All'epoca della morte di Nobunaga, i possedimenti di Ieyasu si estendevano nelle province di Mikawa, Suruga, Totomi, Kai e Shinano, cioè nelle attuali province di Aichi (esclusa la zona più occidentale), Shizuoka, Yamanashi e Nagano.  

84)

Tali trasferimenti servirono spesso ad allontanare i signori feudali dalle zone presso cui avevano consolidato una base di potere, specie qualora si trattasse di territori strategicamente importanti, quali appunto quelli del Giappone centrale in cui Hideyoshi preferì stabilire i suoi più fidati vassalli.  

85)

Da ciò dipendono le diverse date (1600 e 1603) assegnate all'inizio del periodo Tokugawa o Edo; qui si è preferito assumere quella in cui il potere di Ieyasu fu legittimato con la sua nomina a shogun.  

86)

Sunpu (l'odierna città di Shizuoka) era nella provincia d'origine di Ieyasu, cioè Suruga, e qui stava il castello della sua famiglia.  

87)

L'ostilità dei tozama occidentali, molti dei quali si erano arricchiti con il commercio estero e che pertanto furono colpiti dalla politica di limitazione dei contatti con il mondo esterno, rappresentò una costante minaccia per i Tokugawa, che ebbero spesso un atteggiamento cauto nei loro confronti. Tra i daimyo esterni occidentali figuravano gli Shimazu dello han di Satsuma e i Mori dello han di Choshu, che avrebbero efficacemente contribuito all'abbattimento del regime dei Tokugawa e alla Restaurazione del potere imperiale nel 1868.  

88)

Tale redistribuzione, che tra il 1600 e il 1651 interessò terreni per un valore di oltre 10 milioni di koku, fece seguito alla confisca dei beni dei Toyotomi e dei loro alleati dopo la presa di Osaka, alla requisizione di terre per motivi disciplinari o all'assenza di eredi di daimyo defunti. In effetti, Ieyasu e i due successivi shogun fecero ampio ricorso al diritto di trasferimento e di destituzione che essi avevano sui daimyo, spossessando circa duecento casate e trasferendone duecentocinquanta. Seppur in misura minore, tale rimaneggiamento proseguì anche in seguito, determinando una oscillazione nel numero dei daimyo, che passarono a circa duecentocinquanta alla metà del periodo per salire a quasi duecentottanta alla fine dell'epoca Edo.  

89)

Questo codice, composto di diciassette articoli e redatto all'indomani della vittoria riportata da Ieyasu nel 1615, è noto come "Kinchil narabi ni kuge shohatto", cioè Regolamento per la Corte imperiale e la nobiltà civile.  

90)

La durata e la scadenza dei soggiorni a Edo dipendevano dalla distanza da cui provenivano i daimyo; per esempio, per coloro che risiedevano nella zona del Kanto era previsto che vi si recassero ogni sei mesi, mentre quelli più lontani ogni due anni.  

91)

Tra questi, vi erano i magistrati dei centri urbani (machi bugyo), gli intendenti delle finanze (kanjo bugyo) dello shogun, i magistrati dei templi e dei santuari (jisha bugyo), i sovrintendenti (jodai) dei castelli di Sunpu e di Osaka e quelli del castello di Edo (detti "rusui"), il governatore generale (shoshidai) di Kyoto, gli ispettori generali (ometsuke) che controllavano i daimyo e altri funzionari con incarichi minori.  

92)

In Cina all'apice delle quattro classi non stavano i guerrieri bensì i funzionari-letterati reclutati attraverso i sistemi delle raccomandazioni e degli esami imperiali, che si svolgevano a livello distrettuale, provinciale e nazionale e richiedevano un'alta preparazione fondata in primo luogo sulla conoscenza dei testi e dei commentari confuciani.  

93)

Sin dal periodo antico i senmin furono differenziati dalla società di maggioranza a causa delle attività «impure» da essi svolte, come la custodia delle tombe o la sistemazione dei cadaveri; in seguito, anche altre categorie (come mendicanti, carcerieri, spazzini, lebbrosi, criminali e prostitute non autorizzate) furono etichettate come senmin. Nel periodo Edo, la loro esistenza fu sottoposta a un rigido controllo finalizzato tanto a garantire lo svolgimento di mansioni e servizi aborriti dalla mentalità comune ma comunque indispensabili in termini economici e sociali, quanto a limitare i contatti tra queste categorie e il resto della società.  

94)

Sui progressi della tecnologia impiegata nell'attività agricola e la loro incidenza sull'aumento della produttività dei terreni si rimanda a F. Mazzei, "Profitto embrionale e differenziazione contadina nel Giappone Tokugawa", in «Il Giappone», vol. 16, 1976, p.p. 5-39 e, dello stesso autore, "Il capitalismo giapponese. Gli stadi di sviluppo", Liguori Editore, Napoli 1979, p.p. 17-36.  

95)

La «protomanifattura» si differenzia dalla manifattura (cioè, la fabbrica) in quanto in essa la produzione è disarticolata, vale a dire è frutto di operazioni che si svolgono in più famiglie o in più villaggi.  

96)

Tra le altre iniziative predisposte da Yoshimune occorre ricordare la codificazione delle leggi del bakufu, che fu ultimata nel 1742 con il titolo di "Kujikata osadamegaki" (Regolamento dei procedimenti legali e amministrativi), mentre l'allentamento della censura imposta sull'introduzione e la circolazione dei libri occidentali portò a una maggiore conoscenza dei progressi compiuti in Occidente in vari campi, come l'astronomia, l'agronomia, la zootecnia e la scienza militare.  

97)

L'era Kansei ( 1789-1801) coincide solo in parte con il periodo in cui furono varate le riforme volute da Matsudaira, che fu capo dei Consiglieri anziani dal 1787 al 1793. Le Riforme Kansei si riferiscono anche alle misure adottate in questo stesso periodo negli han, sull'esempio di quanto disposto a livello centrale. 

98)

In realtà, a dare avvio alle riforme non fu tanto la successione di Ieyoshi alla carica di shogun, quanto la scomparsa del suo predecessore (avvenuta appunto nel 1841), il quale era avverso a qualsiasi trasformazione politica.  

99)

A tal proposito occorre ricordare in primo luogo lo "Honcho tsugan" (Specchio completo della dinastia giapponese), iniziato da Hayashi Razan e completato dal figlio Gaho nel 1670, e il monumentale "Dai Nihonshi" (Storia del grande Giappone) redatto a partire dal 1657 dagli studiosi della scuola di Mito, lo han amministrato da un ramo collaterale dei Tokugawa; l'opera, in 397 volumi, fu completata nel 1906.  

100)

L'opera era intitolata "Kaikoku heidan" (Sui problemi militari di un Paese marittimo, 1791); nel 1785, Hayashi aveva pubblicato un altro famoso lavoro, "Sangoku tsuran zusetsu" (Studio illustrato di tre Paesi), che analizzava il panorama geografico della Corea, di Ezo e delle Ryukyu in rapporto alla necessità di una difesa costiera per il Giappone.  

101)

L'opera era intitolata "Kaikoku heidan" (Sui problemi militari di un Paese marittimo, 1791); nel 1785, Hayashi aveva pubblicato un altro famoso lavoro, "Sangoku tsuran zusetsu" (Studio illustrato di tre Paesi), che analizzava il panorama geografico della Corea, di Ezo e delle Ryukyu in rapporto alla necessità di una difesa costiera per il Giappone.  

102)

Cit. in D.M. Earl, "Emperor and Nation in Japan. Politicai Thinkers of the Tokugawa Period", University of Washington Press, Seattle 1964, p. 173; il brano è tratto dall'opera "Yushuroku" (Cronache di prigionia).  

103)

l Trattato di Nanchino, stipulato nel 1842, obbligò la Cina ad aprire cinque porti al commercio, a limitare le tariffe doganali sulle merci d'importazione, a cedere Hong Kong agli inglesi e a pagare una cospicua somma in argento come indennità di guerra; esso, inoltre, prevedeva che i sudditi della Corona britannica fossero sottoposti alla giurisdizione dei consoli che si sarebbero stabiliti nei porti aperti, prefigurando in tal modo la norma della extraterritorialità che sarebbe stata richiesta e ottenuta in termini più espliciti dagli Stati Uniti nel 1844. La clausola della nazione più favorita fu ottenuta dalla Gran Bretagna in occasione della revisione del Trattato di Nanchino, nel 1843. La sconfitta nella Seconda guerra dell'oppio combattuta contro le truppe anglo-francesi (1856-1858) costò alla Cina il pagamento di un'indennità pari a 300 tonnellate d'argento, che accelerò il processo di drenaggio dell'argento che l'Impero aveva accumulato in secoli di commercio.  

104)

La lettera, inviata da Guglielmo Secondo nel 1844, faceva riferimento alla sfavorevole sorte toccata alla Cina, costretta «a soccombere alla superiore potenza della tattica militare europea», ed esprimeva timore in merito alle «calamità [che] ora minacciano l'Impero giapponese», suggerendo di evitare ogni atteggiamento ostile di fronte alle eventuali richieste presentate dagli occidentali al governo di Edo (v. F. Gatti, "Il Giappone contemporaneo. 1850-1970", Loescher, Torino 1976, p.p. 40-41). Il re d'Olanda indirizzò la missiva al «sovrano del grande Impero del Giappone, il quale siede sul trono nel palazzo imperiale di Edo, la dimora della pace», dimostrando in tal modo di ignorare la reale situazione politica del Paese. L'anno successivo lo shogun replicò alla lettera ribadendo con determinazione la volontà di mantenere lo status quo (ivi, p.p. 42-43).  

105)

La California fu acquisita al termine della guerra combattuta dagli Stati Uniti contro il Messico (1846-1848) ed entrò nell'Unione due anni dopo.  

106)

Sebbene nella lettera inviata all'Imperatore del Giappone Fillmore asserisse di avere raccomandato a Perry di agire con il consenso delle autorità nipponiche, il tono della lettera scritta dal Commodoro e trasmessa ai rappresentanti giapponesi assieme a quella del Presidente appariva ben più minaccioso, profilando l'eventualità di adottare misure estreme qualora le richieste statunitensi fossero state rifiutate (v. W.G. Beasley, "Select Documents on Japanese Foreign Policy, 1853-1868", Oxford UP, London-New York-Toronto 1967 [1a ed. 1955], p.p. 99-102).  

107)

Dopo aver lasciato la baia di Edo, Perry si recò nelle Ryukyu e al governo del Regno presentò una proposta analoga a quella rivolta al Giappone, in modo che, qualora quest'ultimo avesse rifiutato le richieste di apertura dei propri porti, egli avrebbe potuto comunque assicurare alle navi americane una base di transito e di rifornimento nella regione. Subito dopo la stipula del trattato con il Giappone, Perry concluse comunque un trattato di amicizia anche con le Ryukyu, nel luglio del 1854.  

108)

La maggior parte dei daimyo che replicarono alle autorità di Edo si dichiarò contraria all'eventualità di accettare le richieste di Fillmore, pur profilando ipotesi diverse. Infatti, di fronte al pericolo di un intervento armato, alcuni raccomandarono al bakufu di adottare un atteggiamento conciliante, magari accogliendo le istanze statunitensi in modo parziale e temporaneo, come nel caso di li Naosuke (1815-1860), daimyo di Hikone e il più potente tra i fudai; altri invece suggerirono di ricorrere a un'azione militare contro gli Stati Uniti. Tra questi ultimi ricordiamo Tokugawa Nariaki, daimyo di Mito e importante personaggio del tempo, il quale dichiarò di preferire una guerra dagli esiti incerti, ma capace di stimolare un risveglio dello spirito giapponese, a una umiliante pace che avrebbe minato il morale del Paese e lo avrebbe condotto al completo collasso (v. Beasley, "Select Documents" cit., p.p. 102-107, 117-119). La diversità degli orientamenti manifestati da questi due potenti daimyo (ciascuno dei quali era sostenuto da un gruppo di feudatari) non solo complicò ulteriormente la già ardua scelta che il bakufu era chiamato a compiere, ma riflette anche una contrapposizione che, come vedremo, sarebbe riemersa tra questi due schieramenti in occasione della disputa per la successione alla carica di shogun nel 1858.  

109)

Alla crescita del prestigio della figura imperiale contribuì anche il gesto inusitato compiuto da Abe allorché, invece di limitarsi a informare il sovrano della stipula dei trattati con i Paesi stranieri, com'era consuetudine, ne chiese l'approvazione.  

110)

Alla crescita del prestigio della figura imperiale contribuì anche il gesto inusitato compiuto da Abe allorché, invece di limitarsi a informare il sovrano della stipula dei trattati con i Paesi stranieri, com'era consuetudine, ne chiese l'approvazione.  

111)

Yoshinobu (o Keiki, 1837-1913) era stato adottato dalla famiglia Hitotsubashi all'età di dieci anni e, pertanto, è talvolta citato anche con il cognome acquisito. Iemochi (1846-1866), invece, è noto pure come Yoshitomi, suo nome originario.  

112)

Ad accelerare la conclusione delle trattative contribuì la notizia secondo cui, dopo aver conseguito la vittoria sulla Cina, le truppe anglo-francesi stessero per dirigersi verso il Giappone allo scopo di imporre un trattato commerciale i cui termini, a detta di Harris, sarebbero stati assai meno favorevoli di quelli che egli stesso offriva.  

113)

Quest'ultima garanzia era già stata accordata nel 1854, mentre una formulazione del diritto di extra-territorialità era stata abbozzata in un accordo concluso l'anno precedente (v. Gatti, "Il Giappone contemporaneo" cit., p.p. 46-52).  

114)

La clausola dell'extra-territorialità fu abolita nel 1899, quella relativa alla limitazione dell'autonomia tariffaria nel 1911. Gli accordi del 1858 sono in genere noti come Trattati Ansei, dal nome dell'omonima era (1854-60).  

115)

La richiesta dei semi bachi giapponesi crebbe specie dopo che l'industria serica italiana e francese fu colpita dalla diffusione della pebrina; ciò spinse il governo italiano a stabilire, nel 1866, rapporti ufficiali con il Giappone.  

116)

La data riportata segue il calendario gregoriano, mentre secondo il calendario tradizionale giapponese la Restaurazione fu proclamata il nono giorno del dodicesimo mese del 1867.  

117)

Fu verso la fine del 1868 che la capitale venne trasferita da Kyoto a Tokyo, mentre l'Imperatore vi si stabilì all'inizio dell'anno seguente.  

118)

Tra i dirigenti Meiji, infatti, primeggiarono i capi del movimento che portò alla Restaurazione, specie quelli originari dei feudi esterni più attivi. Tra i più importanti esponenti dell'oligarchia Meiji originari di Satsuma ricordiamo Okubo Toshimichi (1830-1878), Saigo Takamori (1827-1877), Matsukata Masayoshi (1835-1924) e Terashima Munenori (1832-1893); da Choshu provennero Ito Hirobumi (1841-1909), Yamagata Aritomo (1838-1922), Inoue Kaoru (1835-1915) e Kido Koin (o Takayoshi, 1833-1877); Itagaki Taisuke (1837-1919) e Goto Shojiro (1838-1897) erano di Tosa, mentre Okuma Shigenobu (1838-1922), Soejima Taneomi (1828-1905) ed Eto Shinpei (1834-1874) venivano da Llizen. Tra le più illustri figure provenienti dalla Corte vanno citati in primo luogo Iwakura Tomomi (1825-1883) e Sanjo Sanetomi (1837-1891). Si trattava in genere di persone piuttosto giovani che, nel 1868, di rado superavano i quaranta anni. Come vedremo, la defezione di gran parte degli uomini di Tosa e Hizen avrebbe in seguito lasciato il governo nelle mani dell'oligarchia proveniente da Satsuma e Choshu.  

119)

Questo gesto di rinuncia ai propri domìni fu sollecitato da Okubo Toshimichi e da Kido Koin, originari rispettivamente di Satsuma e Choshu.  

120)

L'ampio potere di intervento assegnato in principio al ministero degli Interni, che aveva autorità anche in materia economica, fu in seguito ridotto, ma esso mantenne una serie di prerogative che gli consentirono di esercitare un efficace controllo sulla popolazione sino a tutto il periodo bellico. Individuato come una delle componenti essenziali del regime pre-1945, fu smantellato nel 1947 nell'ambito della smilitarizzazione e della democratizzazione promosse dal Comando di occupazione delle forze alleate.  

121)

Per una traduzione del testo del Giuramento si veda Gatti, "Il Giappone contemporaneo" cit., p.p. 52-53.  

122)

Ricordiamo che l'istituzione del Dajokan fu prevista dall'editto Taika del 645. La traduzione del "Seitaisho" è in Gatti, "Il Giappone contemporaneo" cit., p.p. 53-58.  

123)

Le sette sezioni erano: Assemblea deliberativa, Esecutivo, Shintoismo, Finanze, Guerra, Esteri e Giustizia.  

124)

Come appare in questi provvedimenti, nei primissimi anni dell'era Meiji lo shinto stabilì un rapporto privilegiato con lo Stato, data la funzione che poteva svolgere come sostegno dell'istituto imperiale in nome del quale erano introdotte le riforme e, dunque, come impalcatura ideologica dello Stato nazionale. La posizione di predominio del Jingikan fu ridimensionata nel 1871 quando, da ufficio, esso fu trasformato nel ministero degli Affari shintoisti (Jingisho); tuttavia, lo shinto poté contare sulla protezione governativa che gli garantì un ruolo essenziale come culto di Stato.  

125)

I ministeri erano: Affari civili, Finanze, Guerra, Esteri, Casa imperiale e Giustizia; a essi in seguito vennero aggiunti il ministero dei Lavori pubblici, dell'Educazione e degli Affari shintoisti, mentre le competenze del ministero degli Affari civili confluirono in quelle degli Interni che, come già accennato, fu istituito nel 1873.  

126)

Si calcola che l'assunzione di questi oneri costò alle casse dello Stato circa 390 milioni di yen tra contante e obbligazioni, rappresentando circa un terzo della spesa annua del governo.  

127)

Nel 1872, la popolazione totale del Giappone era di quasi 35 milioni di persone.  

128)

Questa verifica, tuttavia, incontrò varie difficoltà dato che le pretese su un terreno dovevano avere un riscontro nei registri fondiari custoditi dai capi villaggio, i quali non sempre avevano preso nota dei trasferimenti del possesso di terre che, nonostante i divieti ufficiali, erano avvenuti nel corso di tutto il periodo. Inoltre, gli ex capi dei mura furono spesso più sensibili alle rivendicazioni delle persone agiate e potenti del villaggio che non alle richieste di sprovveduti contadini. Tutto ciò contribuì a un'iniqua distribuzione dei titoli di proprietà, generando un'insoddisfazione che spesso sfociò in dimostrazioni e rivolte.  

129)

La reazione che si registrò in vari settori del mondo contadino colpito dai negativi effetti della riforma indusse il governo, agli inizi del 1877, ad abbassare l'importo al 2,5 per cento del valore della terra.  

130)

E' stato calcolato che, tra il 1883 e il 1890, ai produttori agricoli furono imposte quasi 370 mila vendite forzate perché in arretrato nel pagamento dell'imposta fondiaria, e che in questo periodo si verificò il più alto numero di trasferimenti di proprietà. 

131)

Per avere un'idea dell'entità del problema basterà ricordare che, se nel 1872 la superficie delle terre in affitto era pari al 29 per cento del totale, essa passò a circa il 40 per cento nel 1887; il fenomeno non si arrestò neppure nei decenni successivi e la punta massima si ebbe nel 1930, quando la terra ceduta in affitto raggiunse quasi il 47 per cento del totale.  

132)

Comunque, anche dopo il decollo dell'industrializzazione, la popolazione rurale rimase costante, se non addirittura in crescita. A questo fenomeno contribuì non solo il tradizionale attaccamento del contadino giapponese alla terra, ma anche il nuovo tipo di rapporto che si era instaurato tra fittavoli e proprietari.  

133)

Solo dopo l'avvio dell'industrializzazione e lo sviluppo del mercato interno, lo Stato poté attingere in modo significativo anche da altri settori e, già nel 1902, il gettito proveniente dall'imposta fondiaria era sceso a circa il 20 per cento delle entrate. Alla diminuzione del peso specifico della tassa fondiaria nel bilancio complessivo dello Stato non corrispose comunque un calo del suo valore assoluto, che continuò ad aumentare nel corso di tutto il periodo Meiji. D'altra parte, al volgere del secolo la percentuale della popolazione impiegata nell'agricoltura continuava a essere elevata, pari a circa il 70 per cento.  

134)

In realtà, il governo già controllava le fabbriche di munizioni, gli arsenali e le miniere che aveva acquisito ereditando i territori dei Tokugawa e che costituirono la base per lo sviluppo dell'industria militare.  

135)

Ad esempio, la Mitsubishi, che crebbe sino a diventare uno tra i più grandi gruppi industriali del Paese, acquisì a condizioni estremamente vantaggiose i cantieri di Nagasaki e alcune navi che lo Stato aveva acquistato all'estero, in cambio di un appoggio pressoché incondizionato al governo. Questa politica di favoritismo beneficiò alcuni uomini d'affari specie nella prima metà degli anni Ottanta del diciannovesimo secolo, con la cessione di numerose industrie statali ai privati, favorendo così quel fenomeno di collaborazionismo tra il mondo politico-burocratico e il mondo finanziario che divenne un tratto caratteristico della vita economica e politica del Giappone e del quale si dirà più diffusamente nel capitolo successivo.  

136)

Oltre a Itagaki, gli altri dimissionari furono Soejima Taneomi, Eto Shinpei e Goto Shojiro. Lo scontro tra le due fazioni riflette la tradizionale lotta che opponeva gli han; infatti, a eccezione di Saigo che proveniva da Satsuma, gli altri fuoriusciti erano tutti originari di Tosa e Hizen.  

137)

L'incidente aveva attirato l'attenzione del gruppo di «interventisti» che avevano poi spostato le proprie mire verso la Corea. Dopo che l'ipotesi coreana fu accantonata, si tornò a guardare a sud e nel 1874 fu deciso di inviare una spedizione militare a Taiwan, ritenuta una facile impresa che non avrebbe provocato la reazione occidentale. Ma alla vigilia della partenza dai rappresentanti occidentali giunsero note di protesta che costrinsero il governo a revocare l'inizio delle operazioni; l'ordine fu però ignorato da Saigo Tsugumichi (fratello di Takamori), che guidava la spedizione e che si rifiutò di obbedire salpando ugualmente verso Taiwan. Il governo cercò di rimediare intavolando trattative con la Cina, verso cui le Ryukyu avevano un vincolo tributario. L'accordo raggiunto con Pechino, che riconobbe la legittimità dell'azione giapponese a difesa dei suoi sudditi, assicurò al governo un precedente per rivendicare la sovranità sulle Ryukyu.  

138)

Okuma restò nel governo sino al 1881, quando ne fu espulso a seguito di uno scandalo politico; come si vedrà, ciò consentì agli oligarchi di superare le riserve che Okuma mostrava in merito al progetto costituzionale elaborato da Ito.  

139)

Il successo diplomatico giapponese nel concludere il Trattato di Kanghwa con la Corea nel 1876, infatti, fu garantito dall'invio di una delegazione scortata da circa 4000 soldati. Questo accordo aprì tre porti coreani al commercio, concesse al Giappone i diritti di extra-territorialità e riconobbe la Corea come Stato indipendente; quest'ultimo punto fu oggetto di un contenzioso con Pechino, che reclamava diritti di sovranità sul Regno (da secoli tributario della Corte cinese) e costituì la premessa per la progressiva ingerenza negli affari coreani da parte del Giappone. Per quanto riguarda le Ryukyu, la loro incorporazione nello Stato Meiji inferse il colpo iniziale al sistema interstatale sinocentrico nella misura in cui esse furono il primo Stato tributario a uscire dall'orbita d'influenza cinese.  

140)

Lo sviluppo dello Hokkaido, subito entrato a far parte del nuovo Stato Meiji, fu condotto dall'Ufficio per la colonizzazione (Kaitakushi) istituito nel 1869, che incentivò lo stanziamento dei giapponesi nella regione (in primo luogo i samurai) e promosse lo sfruttamento delle risorse naturali, la diffusione dell'agricoltura con tecniche occidentali e le vie di comunicazione. Essendo scarsamente popolata, ricca di materie prime e con terre non ancora bonificate, l'isola forniva prospettive favorevoli al problema demografico e al reimpiego della manodopera disponibile dopo la liberalizzazione occupazionale; ciò motiva l'enorme quantità di fondi investiti in loco dal governo.  

141)

Subito dopo, tuttavia, Eto fece ritorno nella sua provincia di origine, dove diede vita alla rivolta di Saga che si concluse in un fallimento e con la sua esecuzione, nel 1874.  

142)

La Società, nata su una proposta fatta da Mori Arinori nel 1873, pubblicò la rivista «Meiroku zasshi» (Rivista del sesto anno Meiji), che fu attiva sino alla fine del 1875, quando ne fu decisa la chiusura; ciò fece seguito all'adozione di una legge sulla stampa mirante a censurare le critiche mosse all'attività governativa, che i membri, pur avendo nel complesso un orientamento politico piuttosto conservatore, ritenevano in qualche modo inevitabile. In seguito la Società fu criticata da più parti per aver sostenuto in modo eccessivo l'occidentalizzazione.  

143)

Un esempio in tal senso è rappresentato dal Rescritto imperiale ai soldati e ai marinai, redatto da Yamagata e promulgato nel 1882, dove i precetti shintoisti e confuciani furono sapientemente miscelati con l'etica del bushido al fine di instillare le «virtù» di coraggio, obbedienza verso i superiori, patriottismo e venerazione verso il sovrano. Allo stesso tempo, si assiste al progressivo affrancamento delle forze armate da ogni interferenza esterna che, come vedremo, sarebbe stato sancito nella Costituzione emanata nel 1889.  

144)

Gli estensori della Costituzione che collaborarono con Ito furono Inoue Kowashi (1843-1895), Ito Miyoji (1857-1934) e Kaneko Kentaro (1853-1942), mentre i due tedeschi erano Hermann Roesler (1834-1894) e Albert Mosse (1846-1925).  

145)

Questo diritto di intervento era comunque limitato dalla norma secondo cui, in caso di mancata approvazione del bilancio, restava automaticamente in vigore quello varato l'anno precedente. La Camera dei Rappresentanti veniva eletta dai maschi che versavano una quota di tasse superiore ai 15 yen; un limite, questo, che nelle prime elezioni del 1891 portò a votare soltanto l'1 per cento circa della popolazione totale.  

146)

Cit. in Gatti, "Il Giappone contemporaneo" cit., p. 66 

147)

Ivi, p. 65.  

148)

Sarà utile rilevare come il secondo carattere di "wakon", che può essere letto anche "tamashii", sia lo stesso che compone l'espressione "Yamato damashii" assunta dal linguaggio nazionalista per indicare il vero «spirito Yamato», con un palese richiamo alla tradizione più antica e all'idea di esclusività del popolo giapponese.  

149)

Si tratta di un celebre editoriale intitolato "Datsu A ron" (Sul distacco dall'Asia), dove fra l'altro Fukuzawa affermava: «Restando in cattiva compagnia non possiamo evitare di avere una cattiva reputazione» (v. D.J. Lu, "Japan. A Documentary History", M.E. Sharpe, New York-London 1997, vol. 2, p.353).  

150)

I principali autori del Rescritto sull'educazione furono Inoue Kowashi, che già aveva collaborato alla stesura della Costituzione, e soprattutto Motoda Nagazane (1818-1891, in Occidente più noto come Motoda Eifu), mentore dell'Imperatore Meiji, il quale era un ardente confuciano con un orientamento fortemente conservatore; un contributo attivo venne pure da Yamagata, che aveva elaborato il già menzionato Rescritto imperiale ai soldati e ai marinai, del 1882.  

151)

E.H. Norman, "La nascita del Giappone moderno", Einaudi, Torino 1975 (ed. or. 1940), dal quale deriva (p. 145) anche la citazione sulla trasformazione della politica industriale governativa.  

152)

Così viene definito da J. Halliday in "Storia del Giappone contemporaneo", Einaudi, Torino 1979.  

153)

Il tael cinese non è una moneta, ma una misura di peso dell'argento pari a g 28,5.  

154)

A. Iriye, "Power and Culture: The Japanese-American War 1941-1945", Harvard UP, Cambridge 1981.  

155)

Conf. F. Mazzei, "Il capitalismo giapponese. Gli stadi di sviluppo", Liguori Napoli 1979.  

156)

F. Gatti, "Il Giappone contemporaneo. 1850-1970", Loescher, Torino 1976 p.p. 104-108.  

157)

7 Nella storiografia giapponese è invalso l'uso di termini generici quali «incidente» e «caso» per attenuare il valore interpretativo di eventi di grande rilievo che implicano un giudizio di valore negativo. 

158)

P. Beonio Brocchieri, "I movimenti politici del Giappone", Ubaldini Editore, Roma 1971.  

159)

Questo è l'assetto che ha fatto seguito alla riforma del sistema elettorale varata nel gennaio del 1994. Conf. R. Caroli, "La politica giapponese in transizione", in E. Collotti Pischel (a cura di), "Capire il Giappone", Franco Angeli Milano 1999, p.p. 347-386.  

160)

Yoshida Shigeru era un alto funzionario del ministero degli Esteri non compromesso con il passato regime. Egli fu incaricato di formare il suo primo governo nel maggio del 1946, ma dopo le elezioni dell'aprile del 1947 dovette lasciare l'incarico a Katayama. Yoshida svolse in Giappone il ruolo che ebbero Konrad Adenauer nella Germania occidentale e Alcide De Gasperi in Italia. Conf. Yoshida Shigeru, "The Yoshida Memoirs: Story of Japan in Crisis, Houghton Mifflin, Boston 1962 e J.W. Dower, "Empire and Aftermath: Yoshida Shigeru and the Japanese Experience, 1878-1954", Harvard UP, Cambridge (Mass.)-London 1988.  

Storia del Giappone
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