4. LE DEBOLEZZE DEL SISTEMA ECONOMICO.

 

Nei decenni compresi tra la guerra nippo-russa e l'inizio della prima guerra mondiale, le esportazioni di manufatti crebbero, ma con minore rapidità rispetto ai primi anni della trasformazione capitalistica. E a cavallo del secolo furono ancora i prodotti tessili a costituire la base dell'economia giapponese. Il settore diede impulso all'allevamento dei bachi da seta, che divenne una voce fondamentale nel bilancio delle famiglie contadine.

La congiuntura negativa fu determinata sia da cause interne sia da fattori esterni. Sull'andamento dello sviluppo influirono tanto le due guerre contro gli Imperi cinese e russo che assorbirono grandi risorse finanziarie quanto la crisi economica mondiale di fine Ottocento. Con l'avvio della trasformazione Meiji, al fine di bilanciare il peso finanziario delle importazioni di macchine utensili, la produzione interna era stata orientata all'esportazione e, con la contrazione dei prezzi, i prodotti giapponesi divennero concorrenziali sul mercato internazionale.

La politica economica era fondata, da un lato, sul sostegno alle imprese esportatrici e, dall'altro, sulla compressione dei salari reali. Basse retribuzioni, orari di lavoro non inferiori a dodici ore, due riposi festivi al mese, pessime condizioni igieniche e di sicurezza sui luoghi di lavoro furono caratteristiche proprie della prima fase dell'industrializzazione. Nelle campagne, soltanto i grandi proprietari terrieri poterono incrementare le loro rendite, iniziando a investire nel settore industriale e divenendo, di fatto, proprietari assenteisti. I piccoli proprietari autosufficienti e gli affittuari videro compresse le loro rendite a causa della dinamica di aumento dei prezzi industriali in presenza della stagnazione dei prezzi dei prodotti agricoli. Inoltre, le piccole imprese a conduzione familiare furono afflitte dalla carenza di fondi e dall'utilizzazione di tecnologie obsolete, che impedirono loro di superare la soglia della sopravvivenza e di inserirsi nel circuito commerciale internazionale.

A causa dei bassi salari industriali, del sovrappopolamento nelle campagne, della fragilità economica e della impossibilità di assumere forza lavoro per le piccole imprese, il mercato interno giapponese rimase estremamente ristretto. In queste condizioni, l'esportazione di merci divenne irrinunciabile per il capitale giapponese. Tuttavia, la concorrenzialità dei prezzi poté essere mantenuta soltanto con il contenimento dei prezzi e la compressione delle condizioni di vita di operai e contadini. In sostanza, la politica economica si fondò sul nesso profondo tra sviluppo delle esportazioni e contrazione del mercato interno. In conseguenza di questo indirizzo politico, il blocco di potere dominante percorse la strada dell'espansione. Questa scelta risultò necessaria sia per incrementare e proteggere le esportazioni sul mercato internazionale e anche, in particolare, quello asiatico, egemonizzati entrambi dalle Potenze occidentali, sia per ovviare alla grave carenza di materie prime esistenti in Giappone e alla relativa debolezza del capitalismo giapponese.

Negli anni successivi alla vittoria contro la Russia, l'economia giapponese entrò in una fase di assestamento. Da un lato, sullo sviluppo pesarono gli impegni finanziari per lo sforzo bellico che ridussero i margini del sostegno governativo agli investimenti delle grandi imprese; dall'altro lato, l'acquisizione in Manciuria dei diritti che erano stati privilegio russo consentì al blocco di potere dominante di consolidare l'espansione sul continente. Furono questi gli anni in cui si attenuò il dibattito tra i sostenitori della penetrazione in Cina, i cui principali fautori erano gli alti comandi dell'Esercito, cui si opponeva la Marina, che propendeva per l'espansione verso i mari del Sud sino all'Australia (v. supra, par. 2)154.

Strumento dello sfruttamento giapponese in Manciuria fu la Minami Manshu tetsudo kabishiki kaisha (Società ferroviaria per azioni della Manciuria Meridionale, nota anche con l'acronimo Mantetsu) fondata nel 1906 con l'apporto di capitale privato e pubblico. La società avrebbe svolto un ruolo fondamentale per gli investimenti giapponesi e per l'ampliamento del commercio con questa regione cinese. Infatti, la concessione della ferrovia al Giappone, analogamente a quanto era avvenuto per le altre nazioni imperialiste, non riguardò soltanto l'utilizzazione del sistema dei trasporti, ma consentì di esercitare il diritto di sfruttamento su ampie aree adiacenti alla massicciata ferroviaria, ricche di materie prime. La Mantetsu, amministrata da abili funzionari, con l'accordo e il sostegno del governo divenne lo strumento del capitale giapponese, nella sua forma zaibatsu, per i propri investimenti in Manciuria. In questa prima fase, ne beneficiò soprattutto lo zaibatsu Mitsui, che controllò gran parte del mercato agricolo manciuriano.

Come sottolinea l'economista giapponese Shibagaki Kazuo, gli zaibatsu rappresentano una forma tipicamente giapponese di organizzazione del capitale. Innanzi tutto, essi avevano la forma del "Konzern" plurisettoriale, diretto da una holding155: questa aveva un'organizzazione manageriale diversificata e, con il possesso della maggioranza dei pacchetti azionari, ricopriva praticamente l'intero campo della produzione, della circolazione delle merci e della finanza. Tuttavia, nell'era Meiji, all'interno degli zaibatsu l'industria pesante e il settore chimico erano poco estesi in confronto agli altri settori, in particolare il tessile e il minerario. Inoltre, il settore finanziario e quello della circolazione delle merci, rappresentati da banche, assicurazioni e società commerciali, avevano un'importanza relativamente alta.

La peculiarità degli zaibatsu non era soltanto quella di regolare il mercato, ma di essere soprattutto «monopoli di capitale». Con tale espressione si indica che la maggior parte del capitale delle imprese controllate dallo zaibatsu veniva fornita dalla holding, sotto forma di approvvigionamento monopolistico di fondi da parte della famiglia che, sino agli anni Trenta, avrebbe diretto lo zaibatsu. Pertanto, un livello estremamente alto di accumulazione di capitale fu realizzato attraverso l'autofinanziamento; ne consegue che le varie società finanziarie controllate dallo zaibatsu agivano con l'obiettivo principale dell'ampliamento dell'area di controllo del gruppo e non come istituzioni finanziarie, quali le banche di credito o di investimento operanti in Occidente. Inoltre, a garanzia del capitale investito, esistevano norme precise che definivano i rapporti tra i diversi rami della famiglia. Ad esempio, la famiglia Mitsui, così come le altre famiglie zaibatsu, aveva un vero e proprio «Statuto». Quello dei Mitsui indicava quale capo della famiglia (e, quindi, presidente della holding) il capo del ramo principale; dettava i limiti per le eventuali cessioni di quote azionarie della società finanziaria; prescriveva l'assenso del capofamiglia per i matrimoni degli altri membri e altro ancora156.

Tuttavia, l'imperialismo giapponese ha una peculiarità rispetto alle forme di dominazione proprie delle potenze occidentali più avanzate, una peculiarità che lo accomuna agli espansionismi degli altri Paesi "late comers": Italia e Germania. Superata la fase del consolidamento, dall'ultimo decennio dell'Ottocento fino all'inizio della prima guerra mondiale, l'economia giapponese entrò in una lunga fase di assestamento, caratterizzata da una crisi endemica che ne rallentò la crescita. Oltre alle conseguenze della guerra nippo-russa, pesò il fatto che il capitalismo giapponese fu «un capitalismo senza capitale», vale a dire, relativamente debole rispetto ai capitalismi stranieri. Questa debolezza si palesò, in modo particolare, intorno alla svolta del secolo, cioè negli anni in cui iniziò, a livello mondiale, la fase dell'imperialismo. La categoria di imperialismo indica una mutazione nei rapporti economico-sociali tra gli Stati coloniali e i territori assoggettati. Con l'entrata in circolo del capitale finanziario, le colonie, oltre che essere mercati per le merci prodotte nella «madrepatria», iniziarono a divenire anche luoghi per l'investimento di capitali, atti a produrre a costi più vantaggiosi manufatti per il mercato interno o per l'esportazione.

E' in questo periodo che si manifesta con evidenza la debolezza del capitalismo giapponese. La conseguenza fu che il blocco di potere dovette scegliere un'espansione fondata, per così dire, su una «via intermedia»: investimenti, ma anche conquiste coloniali in senso stretto. Insomma, una forma di dominazione che può essere definita sub-imperialismo o imperialismo coloniale.

Sebbene, come si è visto, il processo di accumulazione di capitale fosse stato rapido e caratterizzato dall'immediato affermarsi della fase monopolistica, agli inizi del Novecento il capitalismo giapponese risentiva ancora dei bassi consumi interni (dovuti alla contrazione dei salari) e di una ristretta base di accumulazione. Tale situazione pose il capitale zaibatsu in una posizione di inferiorità rispetto alla concorrenza straniera. Infatti, verso la svolta del secolo, la conquista coloniale non era più l'unico né il principale strumento della dominazione su popoli e Paesi stranieri poveri, in quanto si stava affermando, da parte delle nazioni a capitalismo avanzato, la pratica degli investimenti di capitale in quei Paesi nei quali il basso costo della forza lavoro consentiva maggiori margini di profitto. In sostanza, il colonialismo stava cedendo il passo all'imperialismo. Tuttavia, la relativa debolezza politica ed economica del Giappone e i ristretti livelli di accumulazione del capitalismo giapponese, anche evidenziati dal ricorso al mercato finanziario internazionale, non consentirono investimenti in Asia in misura adeguata a sostenere la concorrenza britannica e statunitense. Questo limite alle possibilità di investimenti all'estero fu alla base della particolare natura dell'imperialismo giapponese, caratterizzato più dalla conquista militare che non dall'espansione finanziaria nei Paesi economicamente deboli (quali la Cina) o nelle proprie colonie, cioè Taiwan e la Corea. Né l'imperialismo giapponese diventerà, per così dire, «maturo» nella Manciuria degli anni Trenta.

 

 

Storia del Giappone
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