4. I SISTEMI BUROCRATICO E POLITICO.
Una peculiarità del Giappone è costituita dai rapporti esistenti tra il sistema burocratico e quello politico. La particolarità risiede nel potere di gestione e di iniziativa legislativa dei burocrati. Infatti, a differenza di quanto avviene nelle democrazie occidentali, in Giappone le proposte di legge raramente sono di iniziativa parlamentare. In genere, sono i funzionari di medio livello dei singoli ministeri che provvedono "motu proprio" o su sollecitazione di enti locali e associazioni a stilare i disegni di legge, dando così avvio a un iter che va dal basso verso l'alto e che, dopo mediazioni interministeriali e interne alla coalizione di governo, si conclude con la presentazione di un disegno di legge governativo.
Segno evidente del potere burocratico è la stessa organizzazione dei vertici dei singoli ministeri e agenzie governative. Infatti, al ministro e a uno o più sottosegretari di appartenenza politica si affianca un sottosegretario di provenienza burocratica che è anche il vertice dell'apparato. In conseguenza dello spirito di gruppo, e quindi all'interno del loro ministero, i funzionari di grado inferiore si sentono responsabili verso il sottosegretario burocratico. Ciò implica che i politici responsabili dei dicasteri debbono tenere in considerazione le sue opinioni politiche al fine di non vedere vanificate le loro iniziative.
Questa interdipendenza burocratico-politica ha conseguenze anche a livello parlamentare e politico generale. Considerato che, soprattutto nel Partito liberaldemocratico (P.L.D.), molti parlamentari sono di provenienza burocratica, appare evidente che l'azione di quel partito è avvantaggiata dall'intreccio di rapporti personali, oltre che dalle consonanze politiche, con singoli funzionari superiori. In sostanza, il sistema politico appare relativamente debole, mentre i funzionari ministeriali fruiscono di ampi margini di azione e intervento politico.
Nel secondo dopoguerra, a eccezione di due brevi parentesi (maggio 1947-marzo 1948 e giugno 1994-gennaio 1996) i governi che si sono succeduti in Giappone sono sempre stati formati da politici di area liberaldemocratica. Come si è già visto, liberali e democratici erano divisi fino al 1955, poi si unirono nel tuttora esistente Partito liberaldemocratico; nelle legislature in cui il partito non raggiunse la maggioranza assoluta, furono formati governi di coalizione, con l'apporto di «indipendenti» o di appartenenti ad altri partiti, fuorusciti dal P.L.D. Nelle cinque elezioni tenutesi nel periodo compreso tra il 1976 e il 1986, il P.L.D. ottenne da 42 al 49 per cento dei suffragi. Per il meccanismo elettorale misto (in parte maggioritario, in parte proporzionale) nel 1980 e nel 1986 questo partito ottenne la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera bassa. Dopo le elezioni del 1976, 1979 e 1983, formò coalizioni di governo sostenute anche dal Nuovo club liberale.
Nel periodo 1972-89, si succedettero otto Primi ministri, tutti del P.L.D., dei quali sette guidarono il governo per due anni e uno, Nakasone Yasuhiro, tenne il premierato per cinque anni, tra il 1982 e il 1987. Nakasone fu un'eccezione, in quanto, per regole interne al P.L.D., ogni due anni viene eletto un nuovo presidente del Partito che diviene anche Primo ministro. Figura di spicco nel periodo 1972-89, oltre a Nakasone, fu Tanaka Kakuei, capo indiscusso della più potente e influente corrente del partito. Si dimise dal governo e dal partito a seguito di uno scandalo per corruzione, ma per molti anni ancora fu il leader incontrastato della sua corrente e, quindi, influenzò la scelta dei suoi successori e gli indirizzi politici del partito. Tanaka fu riconfermato in Parlamento per gli stretti legami con il suo collegio elettorale, sempre fondamentali per i politici.
Con le elezioni della Camera bassa nel 1989, si apre una fase di incertezza e turbolenza politica. Alla tornata elettorale parteciparono uno stuolo di partiti minori e otto partiti maggiori: P.L.D., Partito per la nuova vita (Shinseito), Sakigake, Komeito, Nihon shinseito (Partito del nuovo Giappone) e i Partiti comunista, socialista e socialdemocratico. Nelle elezioni del 1989, alla Camera bassa il P.L.D. ottenne 223 seggi su 511, mentre le altre forze politiche conservatoci, emanazioni dello stesso P.L.D. (Shinseito, Sekigake e Nihon shinseito), ne ottennero complessivamente 93. Nacquero così coalizioni fragili, caratterizzate da rapidi cambiamenti di governo: nel 1989-93, si succedettero quattro Primi ministri. La crisi politica, insita nello scetticismo degli elettori colpiti dalla recessione, fu palese anche nel corso delle elezioni della Camera bassa del 1993 e le coalizioni di governo furono ancora più fragili: tra il 1993 e il 1996 il governo giapponese fu presieduto da tre diversi Primi ministri: Hosokawa Morihiro del Nihon shinto, Hata Tsutomu dello Shinseito e Murayama Tomiichi del Partito socialista. Nel 1996 il P.L.D. sfiorò la maggioranza relativa con la guida di Hashimoto Ryutaro, ma nelle elezioni del 1998 subì una nuova contrazione. E' stato giocoforza, per il P.L.D., coalizzarsi con il Partito democratico e ottenere l'appoggio del Komeito, mentre, anche in Giappone, Kan Naoto, un ex liberaldemocratico, tentava di dare vita all'Ulivo, senza tuttavia caratterizzare in modo chiaro le sue scelte politiche. Nel luglio del 1998, quindi, divenne Primo ministro Obuchi Keizo. Alla sua morte improvvisa gli succedette Mori Yukio. Nelle elezioni dell'aprile del 2001 il P.L.D., sotto la guida di Koizumi Jun'ichiro, sostenitore di un programma di riforme, ottenne la maggioranza relativa alla Camera bassa.
Nelle elezioni del 9 novembre 2003, su 480 seggi, il P.L.D. ne ha ottenuti 237 e la coalizione di cui fa parte 275, grazie all'apporto del Nuovo Komeito (34 seggi) e del Nuovo Partito conservatore (Hoshu Shinto, 4 seggi). Il Partito liberale giapponese (Minshuto) di Kan Naoto, principale formazione di opposizione, ha conquistato 177 seggi, 40 in più rispetto alle precedenti elezioni. Nonostante la dichiarazione di procedere sulla strada delle riforme, rilasciata dal riconfermato Koizumi alla guida del governo, permangono molti dubbi al riguardo.