2. LA NUOVA COSTITUZIONE.

 

Contrariamente a quanto poteva far presagire la risoluzione di Potsdam che impose al Giappone la «resa incondizionata» (per la quale l'establishment giapponese paventava la chiamata in giudizio dell'Imperatore), il governo statunitense, con l'appoggio britannico e tra le proteste, in particolare, dell'Unione Sovietica, optò per la non perseguibilità dell'Imperatore Hirohito. La scelta fu dettata da vari ordini di ragioni. In primo luogo, Washington ebbe timore che a imporre l'abdicazione dell'Imperatore (peraltro non prevista dalla Costituzione del 1889) si corresse il rischio - tuttavia infondato - del passaggio a un regime repubblicano; oltre a ciò, secondo le convinzioni di MacArthur, l'abdicazione avrebbe comportato la sollevazione di gran parte della popolazione, ancora fortemente subalterna all'idea che il sovrano fosse il «discendente dell'ininterrotta linea divina», prerogativa alla quale Hirohito rinunciò con un radiomessaggio il primo gennaio 1946. Infine, l'abdicazione avrebbe indebolito i vertici burocratici, in quanto i direttori generali dei ministeri, nominati dall'Imperatore, sarebbero stati delegittimati, oppure si sarebbero essi stessi dimessi per onorare il vincolo di fedeltà con il sovrano. La sagacia con cui lo Scap difese Hirohito venne, per così dire, compensata dall'azione dell'Imperatore il quale, con alcuni viaggi all'interno del Giappone, diede dimostrazione di «sopportare l'insopportabile» alla popolazione che veniva quindi chiamata a collaborare con gli occupanti. Il primo viaggio imperiale, svoltosi il 19 febbraio 1946 nella provincia di Kanagawa, avvenne in un momento di tensione tra lo Scap e la Commissione giapponese per la revisione della Costituzione, nominata dal governo e presieduta da Matsumoto Joji (1877-1954). Infatti, il gruppo di esperti giapponesi stava predisponendo una proposta che introduceva soltanto alcuni emendamenti correttivi alla Costituzione «donata» dall'Imperatore Meiji ai suoi sudditi nel 1889, mentre lo Scap intendeva che fossero compiutamente accolti, nella nuova Legge fondamentale, i princìpi della democrazia parlamentare. Uno dei punti in discussione nei circoli intellettuali e tra i costituzionalisti giapponesi era il ruolo dell'Imperatore, non più «discendente della ininterrotta linea divina». Da parte di personalità liberali furono avviati contatti con lo Scap e, tra le varie proposte, alla fine prevalse la definizione, sostenuta tra gli altri da Minobe Tatsukichi e Tsuda Sokichi, del tenno quale «simbolo ("shocko") dello Stato». Il 22 aprile 1946 la bozza di Matsumoto fu inviata allo Scap, che cassò la proposta e la riscrisse radicalmente. La nuova Costituzione del Giappone, ispirata ai princìpi della democrazia parlamentare, fu promulgata il 3 novembre 1946 ed entrò in vigore il 3 maggio 1947. Con la nuova legge fondamentale, l'Imperatore divenne il «simbolo dello Stato e dell'unità del popolo giapponese» e perse le prerogative previste dalla Costituzione Meiji: il potere di emanare o respingere decreti e ordinanze, il comando delle forze armate, il potere di nomina e di revoca dei Primi ministri, dei ministri e dei funzionari di massimo grado. Nel nuovo regime costituzionale, egli, "con l'approvazione del governo", ha il potere di promulgare le leggi, i decreti legge, gli emendamenti alla Costituzione, i trattati internazionali, convocare il Parlamento, sciogliere la Camera alta, proclamare le elezioni generali, nominare e revocare i ministri e accettarne le dimissioni, ricevere le credenziali degli Ambasciatori, incontrare loro e ministri stranieri. Inoltre, l'Imperatore nomina il Primo ministro e il presidente della Corte Suprema, designati rispettivamente dal Parlamento e dal governo.

La nuova Costituzione prevede la netta separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario; il Parlamento è formato da due Camere, entrambe elettive (mentre, come si ricorderà, nella Costituzione del Meiji la Camera alta era formata dai membri della nuova nobiltà di nomina imperiale). In caso di discordanza tra le due Camere per la nomina del Primo ministro, prevale il voto della Camera bassa. Primo ministro e ministri sono politicamente responsabili verso il Parlamento. La nuova Costituzione, infine, è fortemente pacifista in quanto l'articolo 9 prevede sia la rinuncia del Giappone alla guerra per la risoluzione delle dispute internazionali, sia il divieto alla ricostituzione delle forze armate.

L'attuale sistema elettorale è parzialmente maggioritario. La Camera bassa è oggi composta da 500 parlamentari (il cui numero era in origine 467): 300 sono eletti in collegi uninominali con il sistema maggioritario e 200 con il sistema proporzionale in undici collegi interprovinciali. Salvo scioglimento anticipato, la legislatura ordinaria dura quattro anni. La Camera alta è formata da 252 membri; di questi, 100 sono eletti con il sistema proporzionale e 152 rappresentano i 47 collegi provinciali che eleggono dai 2 ai 6 membri, sulla base della popolazione dei singoli collegi159. Occorre, tuttavia, sottolineare che i collegi a forte concentrazione urbana sono gravemente penalizzati rispetto a quelli a prevalente popolazione rurale. Infatti, attualmente per questi ultimi occorre un terzo dei voti dei collegi urbani per eleggere lo stesso numero di parlamentari, mentre in passato lo squilibrio era ancora più grave, cioè circa di 5,8 a uno.

Come si è detto, la Costituzione del 1947 impone che il Giappone rinunci sia all'uso della forza nelle dispute internazionali sia alla ricostituzione delle forze armate. Tuttavia, poco dopo l'inizio della guerra di Corea, fu istituita la Riserva di polizia nazionale i cui 75000 uomini, tra il luglio del 1950 e la fine dell'anno sostituirono i militari statunitensi nel mantenimento dell'ordine pubblico. Nel 1952, su pressione degli Stati Uniti nel corso della Conferenza di pace di San Francisco, alle forze di terra si aggiunsero unità navali e aeree. Nel 1954, per coordinare l'apparato militare giapponese, anche oggi modernamente armato, fu istituita l'Agenzia della difesa (Boeicho).

 

 

Storia del Giappone
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