4. TRASCESA DELLA CLASSE GUERRIERA.
All'epoca delle grandi riforme, la creazione di un esercito nazionale era stata legata alla necessità di indebolire il potere militare dei clan locali41, oltre al timore che il consolidamento della Cina sotto le dinastie Sui e Tang potesse minacciare l'incolumità del Giappone; tuttavia, come si è visto, l'introduzione di un sistema di reclutamento obbligatorio non aveva avuto un grande successo. Infatti, i maschi di età compresa tra i venti e i sessanta anni iscritti nelle liste di coscritti, a rotazione, dovevano prestare servizio militare nelle unità militari delle province, nelle truppe a guardia della capitale, in quelle stanziate a difesa delle frontiere nord-orientali o delle zone costiere. Si trattava di un obbligo che per molti era risultato assai oneroso, sia perché erano gli stessi soldati a dover provvedere all'armamentario e ai viveri, sia perché esso privava la famiglia di forza lavoro da impiegare nei campi. Ne era risultato un esercito con uno scarso senso di disciplina, spesso assai meno efficace e potente delle milizie private che alcune importanti famiglie locali erano riuscite comunque a mantenere alle proprie dipendenze. Il sistema di arruolamento obbligatorio era stato superato con l'istituzione, nel 792, di un sistema di milizie locali (chiamate "kondei" e create in alcune province già qualche decennio prima), il quale prevedeva l'arruolamento di valenti maschi, selezionati tra le famiglie di funzionari distrettuali o di influenti personalità locali. L'introduzione del sistema kondei contribuì a creare (o, meglio, a far riemergere) una base di potere militare locale sempre più autonomo dal centro e, col tempo, molti capi delle milizie locali cominciarono a disporne come fossero dei veri e propri eserciti personali. Anche in seguito, il governo centrale continuò a delegare alcuni poteri militari e di polizia ai governatori provinciali o ad altri funzionari locali, assegnando loro incarichi che dapprima furono temporanei, ma che divennero poi permanenti ed ereditari. All'interno degli stessi shoen si rese necessaria l'organizzazione di corpi combattenti per scopi difensivi o punitivi. Tutto ciò concorse alla nascita e allo sviluppo di eminenti figure di guerrieri professionisti appartenenti all'élite locale, dediti all'addestramento alle arti militari (come il tiro con l'arco o la scherma) e dotati di armature e cavalli, i quali avrebbero via via forgiato un'identità comune come classe distinta dal resto della società e sarebbero intervenuti nelle funzioni civili del governo.
Fu tra il nono e il decimo secolo che la forza e il talento militare presero a essere esercitati in modo sempre più esclusivo da gruppi di professionisti, appellati con varie designazioni, tra cui "bushi" (uomini d'armi) o "saburai" (militari al servizio della nobiltà o dei governatori), da cui sarebbe derivato il termine "samurai". Si trattava dunque di abili guerrieri incaricati dalle élites dominanti a svolgere compiti militari e civili, come assicurare protezione o raccogliere gli introiti negli shoen. Con il passare del tempo, essi andarono assumendo il controllo sulle terre agricole grazie al fatto che la forza militare che detenevano li rendeva competitivi rispetto persino alle grandi famiglie dell'aristocrazia civile, le quali avevano tradizionalmente mostrato un profondo disprezzo per le armi e per l'attività militare. Così, l'ascesa di questi gruppi di guerrieri fu accompagnata dal declino dell'aristocrazia civile e dal progressivo superamento della struttura di potere imperiale. Dal momento in cui in Giappone fu istituito il primo governo militare a Kamakura, nel 1185, sino al sedicesimo secolo, il potere dell'élite militare si sarebbe esteso a discapito dell'aristocrazia civile.
Lo sviluppo della classe guerriera, dunque, va analizzata tenendo conto innanzi tutto del processo di stabilimento di un controllo sulle terre e sulla produzione agricola avvenuto nell'ultima parte del periodo Heian. In realtà, come si è detto, già dal nono secolo gli shoen si erano sviluppati al punto che, in alcune province periferiche, era progressivamente venuto meno il controllo del governo imperiale. Le sempre più frequenti incursioni di bande armate nelle zone rurali avevano spinto molti contadini a difendersi armandosi o cercando protezione presso le grandi tenute legate a figure importanti. Così, l'élite guerriera si consolidò parallelamente al processo che vide un aumento della produzione agricola e una trasformazione delle modalità di controllo delle terre, dal quale scaturì pure una più marcata stratificazione all'interno delle comunità agricole. Nonostante il basso credito di cui i guerrieri godevano presso la nobiltà, quest'ultima necessitava di una forza militare per mantenere il controllo sulle proprie terre, specie in un clima che vedeva l'autorità fondarsi sempre più sull'uso delle armi; le famiglie dell'aristocrazia di Corte, quindi, presero a disporre di milizie proprie, in modo analogo a quanto fecero le istituzioni religiose.
Se, nella competizione che interessò il piano economico e politico, la classe guerriera riuscì a ottenere un forte vantaggio sull'aristocrazia civile, per quanto riguarda l'ambito sociale e culturale i successi furono ben più ridotti. Essa sarebbe restata orgogliosamente separata dalla colta e raffinata élite aristocratica, riservandosi il potere di risolvere i conflitti e mantenere l'ordine, mentre il prestigio della Corte imperiale e della nobiltà a essa legata fu offuscato ben più lentamente, senza comunque mai eclissarsi del tutto, e ciò avrebbe contribuito alla restaurazione del potere imperiale a conclusione della lunga età feudale. Di fatto, la Corte restò la fonte di legittimazione del potere militare e, anche quando fu privato di ogni effettivo potere politico, il sovrano continuò a conferire il supremo titolo militare al «grande generale conquistatore dei barbari» (questo è il significato di "seti tai shogun", spesso usato nella forma abbreviata di "shogun"), cioè a colui che dimostrava di possedere la capacità di mantenere la pace nel Paese.
D'altra parte, occorreva una forza militare per fronteggiare le popolazioni ribelli stanziate nelle regioni del nord-est che premevano sulla frontiera del Giappone antico, le quali erano considerate «barbare» ("i") non solo perché fonte di disordine politico, ma pure in quanto espressione di una cultura seminomade e dedita alla caccia, opposta al mondo sedentario e agricolo. Si trattava dei già citati emishi, considerati gli antenati della popolazione "ainu", ma probabilmente comprendenti anche altre tribù non troppo dissimili dai giapponesi. Il problema della frontiera settentrionale si fece più acuto tra la fine dell'ottavo e il nono secolo, divenendo la questione militare di maggior rilievo per il governo imperiale, che inviò le proprie truppe o delegò i compiti di difesa a membri della media e bassa aristocrazia locale. Ciò mostra come lo sviluppo della classe guerriera in Giappone si presenti come un fenomeno collegato a una complessa serie di mutamenti economici, sociali e politici, sul quale molti studi continuano a essere condotti al fine di chiarire meglio la natura delle loro origini e le modalità della loro ascesa al potere. Così, ad esempio, il fatto che la nascita della classe samuraica possa essere messa in relazione anche a un contesto extra-rurale, rappresentato dall'attività di difesa delle frontiere settentrionali (dove al comando dei capi delegati dal governo centrale sarebbero stati impiegati anche cacciatori, pescatori, criminali e altri individui squalificati dalla società tradizionale), non solo contribuirebbe a spiegare come l'impiego professionale della violenza entrò a far parte della pratica e della cultura proprie della classe guerriera, ma suggerirebbe l'ipotesi che ciò abbia introdotto nella cultura agraria e sedentaria del Giappone antico elementi che, rispetto a essa, risultavano marginali o persino estranei.
Comunque, questi guerrieri professionisti consolidarono un'identità di gruppo definita, dotandosi di norme comportamentali, coniando una cultura propria, acquisendo uno status ereditario e stabilendo al loro interno una rete di rapporti gerarchici fondati su legami di natura personale. Anche in questo caso i vincoli di parentela, reali o meno che fossero, svolsero un ruolo importante per stabilire un legame tra i membri di una casata, guidata da un capo (che era anche la guida religiosa nei riti del clan) e dalla sua famiglia, cui erano legati i membri dei rami collaterali, così come gli «uomini della casa» ("gokenin"), che aderivano alla casata pur senza essere consanguinei. Il vincolo dell'obbedienza verso il signore, che poteva essere rappresentato dal capo della casata o dal leader di un'alleanza militare, divenne l'imperativo nella condotta del guerriero, mentre il senso dell'onore fu assunto come un tratto essenziale ed esclusivo nel codice di comportamento del bushi, distinguendo questa classe dal resto della società, dall'aristocrazia civile così come dalle masse contadine. La gerarchia nella classe guerriera vedeva al suo apice i capi delle grandi famiglie, che spesso avevano nobili origini. Infatti, sotto il regno dell'Imperatore Shomu aveva preso avvio la pratica di escludere dalla famiglia imperiale (la quale era tutt'altro che immune da trame e intrighi politici) i membri eccedenti o comunque scomodi o pericolosi. A loro veniva conferito un cognome, chiaro simbolo di sudditanza alla dinastia solare (che ne era priva), ma comunque segno distintivo rispetto alla massa di sudditi in quanto membri dell'aristocrazia di Corte. Da tale pratica avevano avuto origine alcune famiglie, come i Tachibana, i Taira o i Minamoto, legate da vincoli di parentela con la casa imperiale ma escluse dalla successione al trono. Molte tra queste famiglie avevano scelto di migliorare la propria posizione trasferendosi nelle province, dove potevano ottenere alte cariche pubbliche o assumere la gestione degli shoen. Oltre al prestigio sociale e al potere politico ed economico, essi vennero ad assumere anche una forza militare, che consentì loro di aspirare a posizioni sempre più elevate.