2. I PRODROMI DELL'ECONOMIA E DELLA SOCIETA' AGRICOLA.

L'introduzione della risicoltura dal continente segna, dunque, l'inizio del periodo Yayoi (circa 300 a.C. - 250-300 d.C.), il quale prende nome dalla zona di Tokyo, poco distante dalla sede dell'attuale Università di Tokyo, che restituì i primi esemplari di un nuovo tipo di ceramica. Pur se decorata in modo meno elaborato, la ceramica Yayoi, lavorata al tornio e prodotta in un'ampia varietà di fogge e misure, risulta essere di qualità superiore rispetto a quella Jomon, con la quale presenta comunque diversi aspetti di continuità. In effetti, sebbene si sia a lungo ritenuto che la cultura Yayoi rispecchiasse un influsso continentale pressoché esclusivo, gli studi condotti negli ultimi decenni hanno consentito di considerarla piuttosto come l'esito di una sintesi tra l'apporto esterno e gli elementi preesistenti. Oltre alla tecnica della risicoltura e dell'irrigazione a essa necessaria, attraverso la penisola coreana sarebbero giunti dal continente, in modo particolare dalla Cina, anche oggetti e prodotti nuovi come armi e specchi di bronzo o attrezzi agricoli in legno, pietra e ferro. Da allora in poi, i contatti con il continente sarebbero andati via via aumentando, consentendo agli abitanti dell'arcipelago giapponese di venire a contatto con idee e concezioni nuove che avrebbero interagito con il patrimonio culturale tradizionale.

La diffusione della risicoltura interessò dapprima la zona più prossima alle vie di comunicazione con la penisola coreana, cioè il nord del Kyushu, e si diresse quindi verso le regioni del Mare Interno per raggiungere, attorno al 100 a.C., le zone a nord-ovest della baia di Ise (nei pressi dell'odierna Nagoya). E' tuttavia probabile che, pure tra le popolazioni dedite all'agricoltura, l'economia abbia continuato a fondarsi per un certo periodo anche su altre attività, quali la caccia e la raccolta, praticate per lo più nelle zone collinari che circondavano le pianure coltivate, e la pesca effettuata lungo le coste marine. Gruppi di famiglie si stanziarono quindi nelle zone più facilmente irrigabili, dai fondivalle ricchi di corsi d'acqua alle zone pianeggianti, in modo da agevolare la costruzione di argini attorno alle risaie alimentati da fossati di irrigazione. Essi vivevano in capanne dal pavimento di terra, pilastri e travi di legno e tetti di paglia, costruite l'una accanto all'altra e raggruppate in villaggi. L'accresciuta capacità di controllare le fonti d'acqua e di costruire attrezzi agricoli con l'impiego del ferro contribuì a rendere più proficua la coltivazione dei campi, a consentire lo sfruttamento di terreni situati in strette valli o in zone collinari, e a estendere la risicoltura verso il nord-est dello Honshu. La vitalità delle singole comunità sviluppatesi attorno all'attività agricola nella prima parte del periodo Yayoi è comprovata dalla produzione di una ceramica assai varia e diversificata, in cui pare rispecchiarsi la stessa autonomia politica ed economica che caratterizzava la vita locale. Altrettanto vari e diversificati risultano essere anche i culti e i riti che presero forma attorno all'esperienza comunitaria. Il benessere di queste comunità dipendeva infatti dalla terra, dall'acqua e dal sole, ciascuno indispensabile per assicurare un buon raccolto, e i riti erano finalizzati a propiziarsi il favore della natura, così come a scandire il tempo delle fasi della coltivazione. Il compito di garantirsi un ambiente naturale benevolo attraverso l'ottenimento della protezione delle divinità locali, i "kami", assunse pertanto un ruolo centrale nella vita comune e, come vedremo, sarà il capo della comunità ad assumere il potere spirituale accanto a quello politico, divenendo una sorta di sommo protettore della vita e delle attività collettive. E' questo il culto dello "shinto" (via degli dèi) primitivo, caratterizzato da credenze animistiche, pratiche magiche e influssi sciamanici e del tutto privo di speculazioni metafisiche, di una dottrina o di un sistema morale. Poco incline alla speculazione dei misteri più alti, esso era piuttosto orientato a regolare la vita terrena e quotidiana attraverso la ritualità, che rappresentava lo strumento per stabilire un contatto con le forze della natura e che coinvolgeva l'intera collettività. Lo Shintoismo primitivo è, dunque, un culto della natura, che si esprimeva nell'identificare come kami monti, fiumi, cascate, alberi, rocce o vulcani, e nel ritmare le fasi vitali dell'attività produttiva, come la semina e il raccolto. Esso non concepiva l'idea del peccato come effetto di una trasgressione interna all'individuo; il male ("tsumi" o «cosa sgradita agli dèi») era piuttosto il risultato di un'azione esterna, una condizione che poteva essere trasformata con il ricorso al rito, tanto è che persino i kami più violenti, come i tifoni, i fulmini e il fuoco, potevano essere propiziati con appositi riti e resi in tal modo benevoli. E' probabile che, in origine, gli scarsi contatti tra le singole comunità abbiano portato all'affermazione di culti e di divinità locali differenziati, e che solo in seguito l'intensificazione dell'interazione tra le varie realtà locali abbia determinato una loro fusione. Comunque, la protezione di una specifica divinità locale e l'impegno collettivo del culto dei kami contribuì non solo a rafforzare il legame spirituale tra i gruppi di famiglie che si erano stanziati attorno alle risaie, ma pure a rendere sacro e per certi versi esclusivo il vincolo tra comunità e territorio.

E' del tutto plausibile ritenere che a queste realtà sociali si riferisse la descrizione contenuta in una fonte cinese scritta nel primo secolo d.C., che accenna a una terra al di là della penisola coreana popolata da cento e più piccoli «paesi»12. In effetti, le opere redatte in Cina nel periodo precedente alla diffusione del sistema di scrittura cinese nelle isole giapponesi costituiscono le prime testimonianze scritte relative alla seconda metà della cultura Yayoi13. Tuttavia, le informazioni contenute in queste fonti risultano essere piuttosto limitate e frammentarie e, pertanto, necessitano di un costante riscontro con le indicazioni fornite dalle indagini archeologiche e di discipline affini. Da questo raffronto è comunque possibile affermare come, a partire da circa il 100 d.C., l'organizzazione socio-politica delle comunità locali avesse raggiunto un certo grado di evoluzione, e le singole collettività avessero stabilito tra loro forme di scambi commerciali. Andava, cioè, avviandosi una lenta trasformazione delle comunità locali, all'interno delle quali prendeva forma una stratificazione sociale sempre più marcata. Tra queste, alcune godevano di condizioni più favorevoli, sia in quanto disponevano di terre più fertili e produttive, sia perché occupavano una posizione strategica per entrare in possesso delle innovazioni introdotte dal continente, compresa la tecnologia impiegata nella produzione di armi. Ciò avrebbe determinato una differenziazione della forza economica e militare tra le singole comunità, che sarebbe stata alla base del processo di competizione per il potere culminato nell'istituzione di un governo centralizzato.

Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce numerose tombe nella regione settentrionale del Kyushu, risalenti alla seconda metà del periodo Yayoi e contenenti specchi e armi di bronzo e ornamenti di giada di origine continentale, che testimoniano una intensificazione dei contatti con il continente, confermata peraltro dalle stesse cronache cinesi. Infatti, la «Storia degli Han anteriori» fa menzione a missioni inviate dalle isole giapponesi alla Corte cinese, mentre la «Storia degli Han posteriori» contiene notizie più dettagliate a questo riguardo, specie sulle missioni inviate nel 57 e nel 107 d.C. che probabilmente riportarono in patria molti oggetti, anche di un certo pregio. La «Cronaca della dinastia Wei», che risale al terzo secolo d.C., accenna a viaggi effettuati nella zona meridionale della penisola coreana dove erano disponibili oggetti di ferro di vario uso e, in effetti, nella parte finale del periodo Yayoi il ferro era ormai ampiamente impiegato per scopi agricoli, oltre che militari. Anche la tecnica di fusione del bronzo si era ormai diffusa e veniva impiegata per costruire campane (attestate soprattutto nelle regioni a est del Mare Interno) e armi come lance, spade e alabarde (diffuse per lo più nella zona settentrionale del Kyushu e nelle zone circostanti il Mare Interno); specchi, armi e campane di bronzo erano usati anche nei riti svolti dalle comunità agricole.

Le testimonianze disponibili sono concordi nel ritenere come, verso il terzo secolo, le isole giapponesi fossero teatro di scontri tra «paesi» guidati da capi locali, che le cronache cinesi definiscono «re» e «regine». In questo stesso periodo inizia ad affermarsi l'uso di costruire grandi tombe a forma di tumulo ("kofun"), che prende avvio dalla pianura Yamato, nella zona dell'attuale provincia di Nara. Ciò riflette una più marcata stratificazione sociale all'interno delle comunità locali, dove l'élite egemone, evidentemente, doveva disporre di rilevanti risorse economiche e umane. Questi sviluppi segnarono l'inizio di una nuova era, caratterizzata da una competizione politica e militare, dalla quale sarebbe emersa un'autorità destinata ad affermarsi nell'arcipelago giapponese come il sommo capo politico e sacrale.

Storia del Giappone
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