8. LA «GUERRA TOTALE» DEI SUDDITI GIAPPONESI.

 

I sudditi giapponesi, sia militari sia civili, parteciparono attivamente alla guerra, ritenendosi tutti difensori del tennosei e del kokutai. La propaganda che puntò sullo sciovinismo, sul comunitarismo e sulla unicità della razza giapponese ebbe facile presa, tanto che non si levarono voci di dissenso se si escludono i comunisti fuggiti in Cina nel 1928. Mancò qualsiasi forma di resistenza e le voci di sommesso dissenso di pochi pubblicisti e cineasti furono tacitate con l'invio al fronte dei «criminali del pensiero». I soldati giapponesi, oltre agli orrori della guerra, affrontarono spesso sacrifici inumani per carenza di rifornimenti, giungendo in alcuni casi al cannibalismo dei commilitoni o, più spesso, dei prigionieri di guerra. Queste atrocità e quelle commesse contro le popolazioni civili sono quasi totalmente dimenticate, anche per l'azione di occultamento che ne fece il tribunale di Tokyo per i crimini di guerra (v. cap. 9 par. 1).

La popolazione giapponese fu sottoposta al razionamento dei prodotti tessili e alimentari e, con il peggioramento della situazione bellica, subì incursioni aeree e bombardamenti distruttivi, il cui epilogo è costituito dal lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Le prime restrizioni dei consumi furono attuate poco dopo l'inizio della guerra con la Cina e riguardarono i prodotti tessili, ma nel 1941 il razionamento interessava ormai tutti i beni di prima necessità, dalla salsa di soia al riso (elementi essenziali nella dieta giapponese), dallo zucchero ai fiammiferi, eccetera. Le difficoltà di approvvigionamento indussero il ministero del Commercio e dell'Industria e quello dell'Agricoltura, con l'assistenza del ministero degli Interni, a mettere in atto il «Nuovo ordine dei consumi». Furono distribuite carte annonarie ai nuclei familiari e fu attuato, in ogni provincia e città, un sistema che mirava alla razionalizzazione della distribuzione. In sostanza, si tese a ridurre il numero dei punti di vendita e in alcuni casi, come ad esempio per il riso, i negozianti furono forzati a confluire in associazioni di distribuzione.

Tuttavia, l'aggravarsi della situazione impose ulteriori interventi dell'amministrazione pubblica. Le associazioni di rione ("chonaikai") e le associazioni di vicinato (tonarigumi), incorporate dal 1942 nella Taisei yokusankai, divennero il nerbo del sistema. I responsabili di tali associazioni raccoglievano i "bonus" attestanti il diritto ai prodotti alimentari per le singole famiglie e si rivolgevano a quei negozianti che erano in grado di soddisfare le richieste. Nonostante ciò, la penuria di cibo e, in particolare, di riso si fece sentire fin dal 1940, tanto che vennero immessi sul mercato prodotti considerati di seconda scelta dai giapponesi. Inoltre, molto spesso le famiglie non avevano di che sfamarsi. Con il prolungarsi del conflitto, fiorì il «mercato nero», con prezzi insostenibili per la maggior parte della popolazione: nel 1944 un chilo di zucchero, il cui prezzo ufficiale imposto dall'amministrazione era di 3,75 yen, al «mercato nero» costava mille yen. Divennero sempre più frequenti i «crimini economici», cioè le violazioni della Legge sul controllo dei prezzi, con preponderanza per il settore dei prodotti alimentari, assai spesso di lieve entità e, quindi, non perseguiti dai giudici. Il fenomeno si estese a tutte le province del Paese, sia perché la popolazione urbana andava in cerca di cibo nelle vicine zone agricole, sia perché dal 1944, con l'inizio dei bombardamenti alleati sulle città, molti trovarono rifugio nei villaggi rurali o nelle piccole cittadine. Anche lì mancava quasi tutto e la dieta degli ultimi mesi di guerra consistette per la maggior parte della popolazione in patate dolci o zucca.

A sostenere lo sforzo produttivo per la «guerra totale» furono chiamate ampie fasce di popolazione. Molte donne furono assunte dai servizi pubblici o dalle imprese per sostituire la manodopera maschile inviata al fronte. Inoltre, tra il 1943 e il 1945, gli studenti delle scuole superiori e delle università furono obbligati a prestare la loro opera nelle campagne e nelle fabbriche di armamenti.

Le difficili condizioni di vita peggiorarono ulteriormente per la popolazione urbana a partire dall'estate del 1944. Con l'avanzata del fronte alleato, iniziarono infatti i bombardamenti delle città, il primo dei quali fu subito da Nagasaki (11 agosto). Non c'è città giapponese che non abbia conosciuto distruzioni da bombardamenti. Dopo la conquista di Iwojima immortalata da una famosa istantanea di "marines" che erigono la bandiera statunitense (23 febbraio 1945), Tokyo il 9-10 marzo subì un'incursione aerea che causò 84000 morti, pari a circa un terzo dei 250 mila cittadini che perirono sotto le bombe fino alla resa dell'agosto. Manca il numero dei civili morti tra l'agosto del 1944 e la fine della guerra; tuttavia, l'estensione e il numero degli attacchi aerei alle città sono palesati dagli 8 milioni di senzatetto a seguito dei bombardamenti.

Nell'ultimo anno del conflitto, quando la sconfitta del Giappone era ormai certa, il blocco di potere non si diede per vinto e mise in atto ogni mezzo nel vano tentativo di ribaltare la situazione. Centinaia di giovani continuarono a dare la vita nei corpi speciali dei "kamikaze", i piloti suicidi che si lanciarono con il loro aereo contro obiettivi nemici. Dopo la liberazione dell'Italia settentrionale da parte delle forze partigiane e degli Alleati (25 aprile) e la resa della Germania (8 maggio) ebbe termine il conflitto in Europa, mentre il Giappone continuò a combattere. Dopo l'occupazione di Okinawa, teatro di una lunga e sanguinosa battaglia nel corso della quale i militari costrinsero la popolazione civile a lanciarsi contro le forze alleate, i bombardamenti atomici di Hiroshima (6 agosto), di Nagasaki (9 agosto) e l'entrata in guerra dell'Unione Sovietica contro il Giappone (8 agosto), finalmente, il 15 agosto, Tokyo accettò la resa incondizionata. Per la prima volta nella sua storia, un esercito nemico avrebbe calpestato il «sacro suolo dell'Impero». Nel messaggio dell'Imperatore Hirohito ai suoi sudditi, i giapponesi avrebbero dovuto «sopportare l'insopportabile, tollerare l'intollerabile».

 

 

Storia del Giappone
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