3. ORIGINI E DIFFUSIONE DELLO «SHOEN».
Come si è visto, nel periodo Nara erano stati adottati alcuni provvedimenti che contraddicevano in modo palese i princìpi fondamentali stabiliti dalla riforma Taika. Infatti, allo scopo di aumentare il volume delle entrate provenienti dalla tassazione delle terre kubunden e soprattutto di allentare la pressione demografica sulle terre agricole, era stata consentita la possibilità di mantenere il controllo delle aree a coloro che avevano provveduto a bonificarle. In effetti, già nell'ottavo secolo si registra un forte aumento demografico cui non corrisponde una sufficiente estensione delle aree agricole, come d'altra parte testimoniano alcuni dati; infatti, si calcola che, nel territorio su cui si estendeva l'autorità del governo di Nara, vivesse una popolazione pari a 5-6 milioni di individui, e che la superficie complessiva delle risaie superasse di poco i 720 mila ettari. Ciò, unito agli onerosi obblighi fiscali, aveva generato una povertà diffusa in molte aree, spingendo un numero crescente di contadini ad allontanarsi dalle terre kubunden. Questa situazione aveva spinto il governo centrale a intervenire annunciando, nel 722, un ambizioso progetto finalizzato a rendere coltivabili ampie zone delle regioni nord-orientali, senza però riuscire a reclutare la mano d'opera necessaria alla sua realizzazione. Di conseguenza, l'anno successivo era stato deciso di affidare il compito di bonificare i terreni a singole famiglie o a istituzioni, in cambio della concessione del loro possesso da una a tre generazioni; una misura, questa, che due decenni dopo era stata trasformata nella garanzia del possesso perpetuo. Di questa possibilità avevano approfittato innanzi tutto nobili di Corte e istituzioni religiose, entrambi dotati di maggiori risorse da impiegare per la messa a coltura di terre vergini; pertanto, l'estensione delle zone agricole aveva procurato benefici più alle grandi famiglie di Corte e ai monasteri buddhisti che non al governo imperiale.
Questa tendenza si accentuò nel corso del periodo Heian e i progressivi mutamenti intervenuti nel sistema fondiario e fiscale portarono a una riduzione delle terre sottoposte al sistema kubunden e alla formazione di estese tenute agricole sottoposte al controllo privato. Verso questi possedimenti privati (noti come shoen), che gradualmente si affrancarono dal controllo centrale e dall'obbligo di pagare le tasse al governo, si diressero gruppi di contadini i quali, oberati dall'onere fiscale, abbandonavano le terre statali. Così, sebbene idealmente non si giungesse a un superamento del sistema fissato dalle grandi riforme, prevalse sempre più la pratica secondo cui le terre e il popolo erano di fatto controllati da privati, con evidenti conseguenze sulla stessa autonomia del sovrano. Se, in una prima fase, questo processo favorì soprattutto l'aristocrazia legata alla dinastia regnante, in seguito avrebbe superato i limiti della Corte imperiale per avvantaggiare l'élite guerriera che si stava affermando nelle province.
Durante il periodo di regno di alcuni energici ed efficienti Imperatori, come ad esempio Kanmu e, comunque, nei primi decenni del periodo Heian, furono attuati alcuni tentativi finalizzati a riaffermare il primato politico dell'Imperatore e il controllo statale sulle terre agricole37. Ma con l'indebolimento del governo centralizzato, la nobiltà di origine uji e le grandi istituzioni religiose poterono estendere il controllo su ampie tenute agricole e sul lavoro dei contadini necessari alla coltivazione, ricorrendo a varie misure: si servirono della loro posizione politica e del loro potere economico per acquistare e mantenere i diritti di possesso sulle terre, occupare i terreni abbandonati dai contadini o estendere le loro tenute inglobando i campi degli agricoltori che gliele affidavano in cambio di condizioni più vantaggiose rispetto a quelle cui sottostavano. E' vero, infatti, che alla diminuzione delle entrate provenienti dalle terre kubunden corrispose un aumento della tassazione agricola e che i contadini cercarono di sottrarsi all'onere fiscale chiedendo protezione a quanti, oltre al possesso, erano riusciti a ottenere l'esenzione dal pagamento delle imposte agricole. D'altra parte, un elemento essenziale che concorse alla formazione e allo sviluppo del sistema shoen è rappresentato proprio dalla concessione di esenzioni fiscali da parte del governo imperiale, che all'inizio fu limitata alla produzione dei cereali e poi estesa a tutte le altre colture, privando ulteriormente lo Stato degli introiti derivanti dalle tasse fondiarie. La mano d'opera essenziale al lavoro dei campi fu quindi fornita da quei contadini che si allontanavano dalle terre pubbliche e trovavano negli shoen condizioni meno onerose e, anche, da agricoltori titolari di piccoli fondi che, assieme alla propria forza lavoro, cedevano a un potente «latifondista» anche il proprio appezzamento, acquisendo diritti su una parte del raccolto dello shoen38.
Un'ulteriore misura che trasformò queste tenute in veri e propri possedimenti privati fu quella di escludere i dipendenti del governo centrale (ispettori catastali e funzionari di polizia dell'amministrazione locale) dalla possibilità di accedervi al fine di svolgere i compiti amministrativi e di tutela dell'ordine. Ciò avrebbe segnato la transizione verso un'istituzione nota come "ichien shoen", che designa i possedimenti terrieri all'interno dei quali il beneficiario dei privilegi (dal possesso perpetuo all'esenzione fiscale) deteneva tutti i compiti di governo e i diritti amministrativi. Questa figura, che poteva far parte di una famiglia aristocratica, di un tempio o di un santuario, era nota come "ryoshu", una sorta di «proprietario» dello shoen39. Comunque, occorre considerare come il processo di formazione e di diffusione del sistema shoen sia avvenuto in modo lento a partire dall'ottavo secolo, riguardando dapprima solo zone limitate e quindi affermandosi progressivamente. Attorno all'undicesimo secolo, tale processo interessò circa la metà delle terre agricole del Paese, mentre la completa maturazione si ebbe nel tredicesimo secolo: in questo periodo, si calcola che esistessero in Giappone circa cinquemila shoen di varia estensione, i quali erano nelle mani di alcune centinaia di «proprietari», tra cui figuravano importanti clan (primo fra tutti quello dei Fujiwara), templi buddhisti (come il Todaiji a Nara, già menzionato) e santuari shintoisti. E' evidente, dunque, come spesso un singolo «proprietario» controllasse molteplici possedimenti, il più delle volte situati in regioni diverse. Nel caso in cui risiedesse nella zona della capitale oppure in una delle proprie tenute agricole, egli non aveva la possibilità di gestire in prima persona i territori sparsi nelle varie zone del Paese e, pertanto, era costretto a delegare i compiti amministrativi a funzionari locali, detti "shokan".
Anche nelle province i capi delle famiglie locali più benestanti avevano cercato di trarre beneficio dalla possibilità di reclamare il possesso perpetuo delle zone bonificate e l'esenzione dal pagamento delle tasse, trasformandosi così in ryoshu e prendendo parte al processo di privatizzazione delle terre agricole. Tuttavia, affinché i privilegi che avevano ottenuto potessero continuare a essere garantiti, data peraltro la crescente competizione esistente per assicurarsi il controllo delle terre agricole, in genere essi ricorrevano all'appoggio di potenti e autorevoli figure appartenenti all'ambiente di Corte. Queste ultime prestavano la loro opera come una sorta di «garanti» o «protettori» (detti "honke"), in cambio di un compenso, rappresentato da una quota dei prodotti agricoli forniti dal possedimento stesso. In tal modo, i ryoshu residenti in loco riuscivano ad assicurarsi il mantenimento delle immunità e il controllo diretto delle terre. Così, a differenza dei ryoshu appartenenti alle famiglie aristocratiche di Corte e alle istituzioni religiose che risiedevano spesso lontani dalle proprie tenute agricole, i ryoshu residenti furono in grado di consolidare il proprio potere e di acquisire anche una forza militare nel momento in cui, con il venire meno della capacità del governo imperiale di mantenere il controllo e l'ordine nel Paese, venne loro chiesto di armarsi per difendere le proprie terre. Nel corso dell'undicesimo e del dodicesimo secolo, questi individui, che erano andati via via assumendo un più definito ruolo militare, divennero sempre più aggressivi nel rivendicare il controllo delle terre coltivabili.
Da questo quadro generale risulta che l'organizzazione interna dello shoen differiva a seconda che il ryoshu risiedesse o meno in loco. Come si è accennato, infatti, la figura dello honke, il «garante» presso la Corte, era richiesta qualora il «proprietario» vivesse all'interno del possedimento, nel qual caso questi era tenuto a occuparsi direttamente del governo dello shoen; invece, nel caso in cui fosse residente lontano dalla propria tenuta, egli delegava agli shokan i compiti amministrativi, di difesa e di sorveglianza. Per quanto riguarda il resto della gerarchia interna allo shoen, invece, l'assetto era simile in entrambi i casi e comprendeva la massa di agricoltori che lavoravano i campi. Questi ultimi occupavano comunque una posizione diversa tra loro: sopra ai coltivatori dipendenti, infatti, stavano i contadini «proprietari» ("myoshu"), coloro cioè che erano entrati a far parte dello shoen portando con sé i piccoli possedimenti di cui erano riusciti a ottenere il controllo e che, pertanto, usufruivano di una certa quota della rendita agricola. In definitiva, l'organizzazione interna dello shoen vedeva al vertice la figura del ryoshu (il «proprietario»), quindi lo honke (il «garante» dei privilegi), gli shokan (deputati all'amministrazione), i contadini «proprietari» (myoshu) e, infine, quelli dipendenti.
La ripartizione dei prodotti delle terre shoen avveniva sulla base del ruolo svolto dalle figure sopra elencate. Ognuna di esse, infatti, aveva specifici doveri per assicurare l'assetto e la produzione delle tenute, le quali dipendevano tanto dalla garanzia dei privilegi e dall'efficienza amministrativa quanto dal lavoro agricolo. Da questi doveri derivavano diritti o benefici ("shiki") che ciascuno poteva vantare sui prodotti della terra, proporzionalmente al ruolo svolto. In altre parole, a ogni shiki corrispondevano specifici doveri e diritti relativamente allo shoen e a esso equivaleva una quota della produzione agricola. Lo shiki, pertanto, costituiva un beneficio individuale che poteva essere ereditato, suddiviso e venduto, e che si fondava su accordi di natura privata e personale. Gli stessi rapporti gerarchici stabiliti all'interno dello shoen erano privati e personali, nel senso che il contadino stabiliva con i propri superiori un legame che si allontanava completamente dall'idea di suddito dell'Imperatore. Anche ciò contribuì a segnare il superamento delle concezioni istituite all'epoca delle grandi riforme.
La diffusione dello shoen ebbe importanti riflessi non solo sul sistema di comunicazione, che fu migliorato per consentire il trasporto dei prodotti locali verso le zone in cui risiedevano i «proprietari», ma pure sul livello culturale ed economico delle campagne, dove i contatti con la cultura superiore prodotta dal centro si intensificarono e sorsero numerosi centri artigianali e commerciali. L'espansione del sistema e dell'organizzazione shoen implicò anche una crescente stratificazione nei villaggi, dove un gruppo ristretto di famiglie andava conquistando un potere economico che rischiava di minare i tradizionali vincoli di reciprocità tra i membri del villaggio. Spesso si trattò di famiglie discendenti dagli antichi uji, che avevano continuato a godere di una posizione privilegiata e avevano saputo imporre sul territorio un controllo militare, oltre che amministrativo, ben più efficace di quello esercitato dal governo imperiale. Fu anche da questi clan che il processo di formazione della classe guerriera attinse generando un grande mutamento nella società e negli equilibri di potere del Paese. E' vero pure che non tutte le famiglie collegate all'antica élite locale furono in grado di trasformarsi in capi militari terrieri, come nel caso di quanti, incapaci di far fronte alla competizione per il controllo delle terre, si limitarono a mantenere le cariche civili ottenute dal governo centrale, restando così ancorati a un sistema di potere che conservava una sua validità solo sul piano formale. In questo contesto, dunque, assume un preciso significato la ribellione compiuta nel 935 da Taira Masakado, dopo aver visto fallire il suo tentativo di ottenere un alto incarico nel governo imperiale e, ancor più, la sua affermazione secondo cui «quando un uomo è in grado di vincere una guerra allora diventa il padrone del mondo»40. Parole, queste, che preannunciavano l'inizio di una nuova era.