1. IL PERIODO KAMAKURA (1185-1333): GLI SVILUPPI INTERNI E LA MINACCIA DAL CONTINENTE.

 

L'istituzione di un governo militare a Kamakura a opera di Minamoto Yoritomo mostra come nel Paese fosse ormai in atto un processo di trasferimento del potere dalla Corte e dall'aristocrazia civile alla classe militare forgiatasi attorno a importanti famiglie, le quali avevano consolidato il potere nelle province e che, in molti casi, discendevano da rami collaterali dell'aristocrazia di Heian o della stessa dinastia imperiale. Erano queste grandi casate guerriere, dette "buke" e nettamente distinte dai kuge (le famiglie dell'aristocrazia civile di Heian), a rappresentare la nuova aristocrazia militare al potere. Come si è visto, già il clan Taira aveva stabilito un controllo sulla Corte e sul governo di Heian e, dopo avere eliminato la resistenza di famiglie rivali, aveva dominato la sfera politica per un ventennio, noto come il periodo Rokuhara (1160-1180)44. Ma la vittoria riportata dai Minamoto nel 1185 aprì una nuova fase nella storia giapponese, in quanto fu creato un centro di potere, alternativo ed esterno rispetto alla Corte imperiale, guidato dall'élite militare. Parallelamente, sul piano economico-sociale si andò registrando un marcato incremento delle tenute shoen controllate dalle famiglie guerriere, le quali poterono così fondare la propria posizione e il proprio potere sulla ricchezza di cui vennero a disporre. Per i kuge della capitale, invece, diventò sempre più difficile riuscire a ottenere il reddito proporzionale allo shiki che essi detenevano in qualità di «proprietari» o di «protettori», dato che, per ridurre la quantità di prodotti agricoli da inviare alle famiglie aristocratiche, gli amministratori degli shoen ricorrevano a vari espedienti, come simulare un cattivo raccolto od occultare l'aumento della produttività. La stessa esperienza della lunga e sanguinosa guerra civile, cui presero parte le casate militari delle province e che fu combattuta in varie regioni del Paese, sembrò rappresentare il primo vero debutto della classe bushi, che da allora in poi avrebbe conquistato l'attenzione degli intellettuali assumendo il ruolo di protagonista in molte pagine della letteratura, come nel caso dello "Heike monogatari" (Storia dei Taira) e, più in generale, nei racconti guerreschi ("gunki monogatari") che fiorirono a partire dal periodo Kamakura.

Questi eventi segnarono la fine del periodo Heian che, pur restando la sede della capitale imperiale, perse il suo ruolo centrale nella vita politica, economica e sociale del Paese. A ciò concorse senza dubbio la scelta compiuta da Yoritomo di porre le basi del suo governo in una località situata nelle province del Kanto che, all'epoca, rappresentavano una zona remota dalla capitale imperiale e prossima alle frontiere nord-orientali. Egli, infatti, decise di restare nella sua residenza a Kamakura (poco distante dall'attuale Tokyo), che era un piccolo villaggio dove aveva vissuto anche un suo antenato e dove in passato egli aveva stabilito la base per condurre le operazioni belliche contro i Taira. A differenza del suo antico rivale Kiyomori, che si era limitato a occupare spazi di potere beneficiando del sistema aristocratico esistente a Heian, Yoritomo preferì creare un centro di potere militare ex novo. Si tratta del "bakufu" (o «governo della tenda»), termine che indica il governo militare a carattere nazionale presieduto da capi guerrieri, detti shogun45. Si è già accennato (v. cap. 2 par. 4) a come, in passato, la carica di seti tai shogun fosse stata conferita dal governo imperiale ai capi degli eserciti inviati alle frontiere nord-orientali per combattere le popolazioni ribelli; un fatto, questo, che peraltro contribuisce a chiarire la ragione per cui proprio nelle province orientali si ebbe un rapido e marcato sviluppo della classe samuraica, la quale poté stabilire il controllo sulle terre di una estesa e fertile regione pianeggiante, il Kanto, lontana dal raggio d'azione della capitale. Tuttavia, a partire dal 1192, anno in cui l'Imperatore Go Toba la assegnò a Yoritomo, tale carica assunse un significato inedito nella misura in cui essa implicò non più solo il conferimento di poteri militari, ma anche la delega di potere politico, che sino ad allora era stato esercitato in modo esclusivo dalla dinastia regnante e dalle famiglie kuge (come nel caso dei Fujiwara), e comunque nell'ambito del sistema aristocratico (com'era accaduto agli stessi Taira). In tal senso, il bakufu divenne il luogo verso cui il controllo amministrativo e militare del Paese sarebbe andato progressivamente accentrandosi, divenendo il garante dell'ordine e della pace interna e l'arbitro nelle dispute per il controllo dei terreni agricoli. Il ruolo del bakufu crebbe proporzionalmente alla riduzione della capacità del governo imperiale di svolgere i propri compiti e alla conseguente delega dei poteri fatta al governo militare. Nel corso del periodo Kamakura tale processo si verificò solo in parte, generando una sorta di «governo duale» in cui, per circa due secoli, il bakufu operò in equilibrio con la Corte di Heian, e solo in seguito il governo imperiale, spogliato del controllo sulle terre, sarebbe stato costretto a cedere ogni effettivo potere alla classe bushi, che divenne la reale detentrice del dominio sul Paese.

Nel 1185, dopo avere eliminato il fratello Yoshitsune, al quale spettava il merito di aver contribuito in modo determinante alla sconfitta dei Taira, Yoritomo emerse come il più potente capo militare del Giappone alla guida di una estesa coalizione formata da guerrieri provinciali. Come già accennato, infatti, delle casate militari facevano parte anche uomini d'arme detti "gokenin", cioè «membri della casata», che spesso avevano origini umili e che comunque vi appartenevano per legami di sangue, per relazioni di parentela acquisita tramite matrimoni o adozioni, o per vincoli fondati su un personale rapporto di assoluta fedeltà. Su questa stessa base Yoritomo aveva organizzato attorno a sé i propri seguaci, assegnando loro il titolo di gokenin e confermando o estendendo il loro potere (grazie anche alla distribuzione delle terre confiscate ai nemici sconfitti e al conferimento di incarichi direttivi), in cambio di una fedeltà incondizionata e personale; in tal modo, egli stabilì una rete di rapporti tipicamente feudali fondati sul vincolo signore-vassallo, ovvero su un legame che era allo stesso tempo personale e politico. Ciò determinò anche una trasformazione della natura dello shiki dato che, come si dirà meglio tra breve, furono i vassalli inviati dal bakufu ad assumere l'amministrazione degli shoen, dapprima riducendo e quindi eliminando del tutto l'autorità che il governo imperiale aveva delegato ai governatori civili, i kokushi.

Yoritomo si apprestò a dichiarare il suo completo sostegno alla Corte e si impegnò a rispettare la tradizione imperiale, senza comunque rinunciare a intavolare negoziati con Kyoto in merito alla spartizione del potere. Infatti, fu dalla Corte che, sempre nel 1185, egli ottenne il titolo di "sotsuibushi" (capo della polizia militare), il quale gli conferiva il diritto di inviare in tutte le province un suo dipendente deputato a svolgere compiti di sorveglianza e a sedare i focolai di resistenza militare, ma di fatto attivo anche in altri ambiti dell'amministrazione provinciale. Questi personaggi, in seguito detti shugo (letteralmente «protettori», ma in genere noti come «governatori militari»), reclutavano i propri dipendenti in loco per assistere i governatori civili inviati dal governo imperiale (i kokushi) al fine di garantire il pagamento delle tasse, oltre che l'amministrazione della giustizia e il mantenimento dell'ordine pubblico. La pratica di delegare simili funzioni ai capi militari provinciali era stata adottata anche in passato, ma fu solo a partire dal 1185 che essa venne affermata in modo sistematico e uniforme, acquisendo una base permanente grazie anche al fatto che la carica di shugo sarebbe in seguito divenuta ereditaria. Nel corso dei secoli successivi, queste figure avrebbero consolidato il proprio potere a livello locale e sarebbero giunti a sostituire del tutto l'autorità dei kokushi, contribuendo così a eliminare i residui dell'autorità imperiale nelle province e a gettare le basi per l'ascesa di veri e propri feudatari.

La delega a Yoritomo rappresentò un riconoscimento formale della Corte imperiale al nuovo governo che egli aveva istituito a Kamakura, e il 1185 è spesso considerato come la data di transizione al feudalesimo in Giappone. Occorre comunque considerare come una serie di trasformazioni che interessarono il piano economico e sociale, quali lo sviluppo del sistema shoen o l'ascesa della classe guerriera, fossero all'opera già da tempo. E' piuttosto da un punto di vista politico che l'ascesa di Yoritomo assume un certo rilievo, dato che la sistematizzazione della pratica di suggellare le alleanze militari attraverso la garanzia di proteggere i diritti sugli shoen gettò le basi per un assetto politico propriamente feudale. I poteri di Yoritomo furono ulteriormente estesi in tal senso quando, nel 1190, egli ricevette le nomine di "soshugo" (capo dei governatori militari) e sojito (capo degli intendenti terrieri militari), grazie alle quali egli assumeva il diritto di inviare gli shugo e i "jito" anche nelle province esterne al Kanto. Il titolo di jito esisteva anche in passato, designando l'amministratore delle tenute di alti funzionari della Corte incaricato di raccogliere le imposte. Ma nel 1185, parallelamente all'invio di governatori militari (shugo) alla guida delle varie province, Yoritomo aveva provveduto a nominare tra i suoi seguaci un intendente (jito) in ogni tenuta che collaborasse con i funzionari dello shoen per garantire un'equa ripartizione del prodotto agricolo tra quanti ne avevano diritto, in base al proprio shiki. L'intendente deteneva a sua volta uno shiki, grazie al quale beneficiava di una quota del reddito dello shoen, ed era incaricato di garantire la pace e l'ordine nella tenuta, di dirimere le contese interne e, anche, di riscuotere una tassa d'emergenza nota come "hyoromai" (o «riso per le vettovaglie militari») che, pur essendo piuttosto esigua, veniva esatta anche nelle terre pubbliche esterne al sistema shoen e, pertanto, costituiva una sorta di riconoscimento ufficiale dell'autorità acquisita da Yoritomo. In tal modo, la figura del jito, la cui posizione divenne ereditaria, assunse un ruolo rilevante all'interno degli shoen, offuscando il ruolo degli amministratori preposti dai «proprietari» e, quindi, la stessa autorità di questi ultimi. Pur traendo un sostentamento economico autonomo, i jito erano al servizio di Yoritomo che, attraverso loro, guidava l'amministrazione militare e civile locale con un'organizzazione rigorosa, almeno per quanto riguarda il territorio compreso tra la regione del Kanto e quella della capitale.

Yoritomo poté così stabilire una rete di controllo sugli affari interni degli shoen di tutto il Giappone, che diede al governo di Kamakura la fisionomia di un ente amministrativo di carattere nazionale, oltre che una forte base economica e un potere politico assai ampio. La sanzione ufficiale della Corte imperiale al sistema di shugo e di jito, infatti, gli consentì di estendere il proprio dominio sulle province lontane da Kamakura, nonché di rafforzare i propri diritti sulla raccolta delle imposte e sul conferimento di una protezione militare nelle tenute agricole. Tuttavia, l'effettiva legittimazione giunse nel 1192, quando Yoritomo ottenne la più alta carica militare, quella di shogun inviato contro i «barbari», che in effetti egli riuscì a sottomettere estendendo la frontiera del Giappone sino all'estremità settentrionale dello Honshu. L'autorità di Yoritomo si fondava anche sulla ricchezza prodotta nelle estese tenute di cui era, nominalmente o di fatto, «proprietario»: otto province del Kanto, la provincia di Bungo, nel Kyushu, e altre sette province del Paese. L'ottenimento degli ampi poteri di cui egli venne a disporre era avvenuto sulla base del suo impegno a sostenere e rispettare l'istituzione imperiale, che restò la fonte di legittimazione dell'autorità politica anche se, in realtà, molte delle funzioni di governo erano state trasferite altrove.

L'apparato amministrativo del bakufu di Kamakura si fondava su tre organismi principali. In primo luogo l'Ufficio degli affari militari, o Samurai dokoro, che era stato istituito da Yoritomo nel 1180, cioè fin dagli inizi della guerra Genpei, cui spettava il compito di controllare i suoi vassalli e sovrintendere agli affari militari e di polizia. Il secondo, istituito nel 1884, era il Kumonjo (Ufficio dei documenti pubblici) che nel 1191 confluì nel Mandokoro, ovvero l'Ufficio amministrativo, nel quale erano conservati i documenti pubblici e che si occupava delle questioni amministrative e politiche. Infine, il Monchujo, o Ufficio investigativo, creato sempre nel 1184 con il compito di fungere da Corte d'appello presso cui accogliere i reclami e dirimere le contese di natura legale, di far rispettare le norme penali e di conservare la documentazione giudiziaria e catastale. Si trattava, cioè, di organismi privati del clan Minamoto, creati da Yoritomo nel corso della guerra i quali, nelle regioni controllate a quel tempo dai Minamoto, avevano funzionato in sostituzione del governo prima ancora che il conflitto avesse fine, e che, dopo il 1185, estesero la loro giurisdizione anche nelle regioni occidentali (dalla zona della capitale sino al Kyushu) ed entrarono a far parte dell'organizzazione del bakufu. Ciascuno di questi tre uffici era guidato da un capo, selezionato personalmente da Yoritomo.

Il potere di Yoritomo era basato sulla fedeltà di circa duemila casate militari e sul sistema di shugo e di jito esteso nel Paese. Furono i guerrieri delle regioni orientali, dunque, a emergere come una classe con una precisa posizione nella società, oltre che con un'identità aristocratica, che derivava dalle nobili origini di alcune casate (come quella degli stessi Minamoto) e di cui beneficiarono anche i samurai di origini più umili acquisendo così uno status elevato. Ma, all'interno della classe militare, esisteva una rigida gerarchia, al cui apice stava un numero ristretto di vassalli gokenin, di comprovata fedeltà, comprendendo molte casate che da diverse generazioni avevano sostenuto i Minamoto; a essi Yoritomo garantì una posizione privilegiata, elargendo benefici di natura economica e funzioni pubbliche. Al di sotto dei kenin trovavano posto i samurai, che disponevano di cavalli e di un gruppo di seguaci, mentre al gradino più basso erano collocati i fanti ("zusa"), privi di cavalli e di elaborate armature. A tutti i livelli della classe militare era imposta l'osservanza del vincolo di obbedienza assoluta verso il superiore, e ciascuno doveva conformarsi alle virtù della lealtà, dell'onore, del coraggio, della disciplina e della frugalità che, nel loro insieme, avrebbero contribuito a creare il culto di una «via» esclusiva riservata al guerriero, noto come "bushido". Ne emerse un mondo di gusti e di valori che forgiò una cultura assai peculiare e che contribuì a rendere la classe bushi distinguibile dal resto della società.

Yoritomo morì nel 1199, lasciando due giovani figli, Yoriie e Sanetomo, avuti da sua moglie Hojo Masako (1157-1225), che non si mostrarono in grado di gestire l'eredità paterna. Dopo la morte del marito, Masako si fece monaca pur senza rinunciare a esercitare il potere a beneficio della sua famiglia di origine46. Alla disputa accesasi tra i vassalli di Yoritomo in merito alla successione alla guida del bakufu, infatti, fu posta fine con la nomina di Yoriie a shogun per un breve periodo (1202-1203) e con la successione del giovane Sanetomo nel 1203; in questo stesso anno il nonno materno, Hojo Tokimasa (1138-1215), assunse la carica di "shikken", grazie alla quale, assieme alla guida dell'amministrazione del bakufu, riuscì a ottenere la funzione di reggente dello shogun. Da allora, sino alla fine del periodo Kamakura, la famiglia Hojo gestì il potere a Kamakura attraverso il monopolio sulla carica di shikken e il controllo sulle alte cariche del governo militare47. Sotto la guida di questa famiglia, il governo di Kamakura assicurò un periodo di pace e di stabilità interna, in primo luogo grazie a una solida ed efficace amministrazione tesa a tutelare i diritti sulle terre agricole. Questo clima ebbe un positivo effetto sulla vita nelle campagne, dove si assistette all'incremento della produttività agricola, di cui beneficiarono in primo luogo i «proprietari» degli shoen, ma che generò pure un generale miglioramento delle condizioni economiche del Paese.

Inizialmente, Kamakura non riuscì a stabilire un completo controllo sugli shoen, molti dei quali restarono nelle mani della nobiltà di Kyoto, della famiglia imperiale o delle istituzioni religiose situate nella regione della capitale, mentre ben poche terre pubbliche continuavano a versare le imposte al governo centrale. Una svolta si ebbe nel 1221, quando l'Imperatore in ritiro Go Toba fallì nel suo tentativo di guidare una coalizione per attaccare il bakufu. Quest'ultimo reagì punendo gli autori della «ribellione»: Go Toba e altri due ex Imperatori furono esiliati, il sovrano in carica venne deposto e sostituito con uno più gradito a Kamakura. Il governo degli Hojo colse anche l'occasione per spingersi oltre: confiscò le terre dei kuge ribelli, le quali furono trasferite ai vassalli della famiglia; ottenne il diritto di interferire nelle questioni della Corte imperiale inviando nella residenza di Rokuhara, a Kyoto, due rappresentanti dello shogun, detti "tandai", incaricati di vegliare sul trono e di approvarne ogni iniziativa; infine, estese il sistema jito sulle tenute dell'intero Paese. Il consolidamento del governo di Kamakura proseguì attraverso la creazione di nuovi organismi, come il Consiglio di Stato, istituito nel 1226. Ma la più significativa innovazione introdotta dagli Hojo è rappresentata dal cosiddetto Codice Joei, emanato nel 1232, che sostituì le vecchie norme stabilite dalla Corte imperiale e dettò i princìpi per la legislazione della classe militare48. Redatto in cinquantuno articoli, esso enunciava i diritti e le norme di comportamento dei bushi e definiva i compiti dei funzionari dipendenti da Kamakura, suggerendo di attenersi al buon senso, più che alla rigida osservanza che aveva caratterizzato gli antichi codici e che appariva del tutto inadeguata di fronte a una società mutata. In breve, l'élite guerriera codificò una «legge feudale» ispirata a valori e princìpi che erano divenuti ormai dominanti e che sarebbero sopravvissuti per molti secoli.

Nel periodo Kamakura si ebbe un grande fervore religioso e il Buddhismo si affermò anche presso gli strati meno elevati della società. Il desiderio di salvezza personale, già avvertito nella seconda metà del periodo Heian, fu acuito dai drammatici e inediti eventi che accompagnarono l'avvento dell'età feudale e dalla perdita dei tradizionali valori di riferimento. Così, al definitivo arretramento delle dottrine esoteriche corrispose una marcata diffusione di concezioni fruibili anche dalle persone più umili, come quelle associate al culto di Amida, che davano conforto alle incertezze dell'individuo e sembravano rappresentare l'unica via di salvezza dall'imminente «fase finale della Legge» ("mappo"). La scuola della Terra Pura ("Jodo") ebbe una forte vitalità sotto la guida di monaci famosi, come Honen (1133-1212) e il suo discepolo Shinran (1173-1262), che semplificarono l'insegnamento buddhista sino ad affermare che la sola e sincera invocazione del nome di Amida fosse sufficiente a garantire la salvezza, in polemica con il potere dei monasteri. Shinran fondò la Vera Scuola della Terra Pura ("Jodoshinshu") che, assieme a quella della Terra Pura, accolse un gran numero di fedeli e resta ancora oggi una tra le più popolari in Giappone. Altra figura di rilievo nel panorama religioso del periodo è quella di Nichiren (1222-1282), che creò la Setta del Loto ("Hokke"), nota pure con il nome del suo fondatore. Personaggio assai controverso e con un carattere forte, egli criticò le dottrine amidiste e delle altre scuole buddhiste per aver trascurato l'insegnamento contenuto nel libro del Sutra del Loto ("Myoho renge kyo"), affermando che la vera salvezza potesse essere conseguita invocando la preghiera racchiusa nel titolo di questo testo. La sua accusa fu rivolta anche al governo di Kamakura, che proteggeva le altre sette e professava una falsa fede. A ciò, secondo Nichiren, erano dovute le calamità naturali che si abbattevano sul Paese e, anche, le invasioni mongole, che egli profetizzò quattordici anni prima del loro inizio. Sostenendo come il Giappone fosse la terra dei kami dove l'unica autentica fede buddhista poteva esistere, egli tinse la sua dottrina con toni nazionalistici che, assieme alla natura militante, continuarono a caratterizzarla anche in seguito.

La propagazione della fede buddhista fu accompagnata dal moltiplicarsi di centri religiosi in tutte le zone del Paese, attraendo anche la stessa classe guerriera che, oltre alla fede, era interessata pure all'istruzione dei monaci, spesso impiegata per sopperire alla scarsa cultura diffusa presso i nuovi capi militari. Ma l'aristocrazia guerriera trovò un sostegno culturale in un'altra scuola buddhista, quella "Zen", sviluppatasi in Cina attorno a una pratica meditativa finalizzata a controllare il corpo e la mente, e giunta in Giappone agli inizi del periodo Kamakura. Lo Zen è legato soprattutto alla figura del monaco Dogen (1200-1253); di origini aristocratiche, egli diede una dimensione intellettuale alla sua speculazione metafisica, rifugiandosi a meditare in remote zone montane e suggerendo un modello di vita del tutto svincolato da problemi e legami contingenti. Per la nuova classe dirigente risultò di particolare interesse il fatto che, attraverso la disciplina mentale, l'individuo potesse giungere a una conoscenza interiore e ottenere fiducia in se stesso, forgiando in tal modo una personalità solida e decisa. Il bakufu stabilì uno stretto legame con i monasteri Zen che, pur accogliendo i guerrieri e mettendoli in contatto con una cultura superiore, non esercitarono alcuna interferenza di natura politica. La diffusione del Buddhismo contribuì a creare una visione del mondo destinata a perpetuarsi per diversi secoli, e il grande fervore religioso diede una nuova vitalità alla letteratura, all'arte e all'architettura. Gli autori continuarono in genere a provenire dall'ambiente kuge e dai monasteri, ma il pubblico cui le loro opere si rivolgevano era più vasto e differenziato che in passato, composto in primo luogo dai guerrieri. Il mondo e le gesta, i gusti e i valori della classe militare presero posto nelle varie espressioni culturali e furono spesso accompagnati da messaggi o commenti d'ispirazione buddhista. La letteratura, oltre al già citato genere dei gunki, vide lo sviluppo dei "rekishi monogatari" (romanzi storici), tra i quali occorre citare il "Gukansho" (Note sulle opinioni di uno stolto) scritto verso il 1220 dal monaco Jien (1155-1225), di nobili origini. Questa opera non si limita a una narrazione cronologica degli avvenimenti, ma tenta di rintracciarne le cause fornendo una visione del passato come successione di eventi tra loro connessi; pertanto, essa rappresenta il primo tentativo di interpretazione storica avvenuto in Giappone e dimostra come l'avvento dell'età feudale avesse stimolato anche presso l'aristocrazia una nuova coscienza storica.

Verso la fine del tredicesimo secolo, Kamakura era divenuta un grande centro, che pare contasse oltre 1 milione di abitanti. In questo stesso periodo, nel continente i capi mongoli avevano fondato in Cina la dinastia Yuan (1271-1368) e stavano consolidando un'espansione che li avrebbe portati a creare il più esteso impero nella storia mondiale49. Nel 1266, Qubilay Qan inviò al Giappone la richiesta di sottomettersi alla sua autorità. Di fronte al rifiuto opposto dagli Hojo, i mongoli reagirono inviando una spedizione navale, cui presero parte circa 40000 uomini e che raggiunse le coste del Kyushu nel 1274. Tuttavia, dopo un solo giorno di battaglia, un «provvidenziale» tifone provocò ingenti danni alla flotta nemica costringendola a ritirarsi. Gran parte delle energie del Paese fu così impiegata per edificare una difesa di fronte a un successivo attacco, che giunse nel 1281 con un numero di uomini di quasi quattro volte maggiore rispetto a quelli impiegati sette anni prima. Dopo due mesi di aspri scontri, fu di nuovo l'arrivo di un tifone a indurre gli invasori a ritirarsi, lasciando comunque il Paese nel timore di una futura minaccia. Le attività di difesa costiera proseguirono almeno sino alla fine del secolo, impegnando gran parte delle finanze del bakufu e delle energie umane del Paese. Se, infatti, la minaccia sventata grazie a quello che venne reputato un «vento divino» ("kamikaze" o "shinpu") mandato dal Cielo per proteggere la terra creata dai kami suscitò un orgoglio nazionale e sembrò persino conferire prestigio agli Hojo, gli effetti delle invasioni mongole furono infine fatali al bakufu di Kamakura. L'impresa era costata molte energie e vite umane, mentre il successo riportato contro i mongoli non aveva fruttato alcun bottino di guerra da dividere tra i vincitori. Kamakura non era in grado di risarcire le famiglie delle vittime e quanti ritenevano di meritare una giusta ricompensa, compresi i santuari e i templi che reclamavano il merito di aver ottenuto l'intervento divino. L'incapacità dimostrata da Kamakura nel far fronte alle richieste dei suoi creditori finì con il minare l'ideale di governo giusto, su cui il bakufu si era sino ad allora fondato.

 

 

Storia del Giappone
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