6. LE RELAZIONI INTERNAZIONALI.
L'8 settembre 1951 il Giappone siglò il Trattato di pace di San Francisco, non firmato dall'Unione Sovietica, dall'India, dalla Repubblica di Cina (Taiwan) e contemporaneamente il Trattato di sicurezza nippo-americano. Il 28 aprile 1952 ebbe termine l'occupazione alleata. Tuttavia gli Stati Uniti continuarono a occupare Okinawa e conservarono basi militari in altre zone del Giappone, in particolare, nell'area di Tokyo. Iniziava così, sotto l'ombrello statunitense, la lunga marcia verso il pieno riconoscimento internazionale del Giappone, che avvenne nel 1956 con la sua ammissione all'Onu, dopo l'adesione nel 1953 al Fondo monetario internazionale e nel 1955 al Gatt, come già ricordato. La politica internazionale del Giappone, nei primi anni della riacquistata indipendenza e almeno fino al 1956, fu completamente soggetta alla volontà degli Stati Uniti, per rendersi poi autonoma con estrema cautela. Nel 1956, con una dichiarazione congiunta, Giappone e Unione Sovietica ristabilirono le relazioni diplomatiche, rinviando la soluzione del problema delle isole a nord dello Hokkaido a un futuro trattato, a tutt'oggi non ancora siglato. Nel biennio 1958-60 il Giappone ricoprì per la prima volta uno dei seggi dei membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu.
Le ottime relazioni diplomatiche di Tokyo nei confronti di Washington furono ribadite dal governo di Kishi Nobusuke (1896-1987), che nel 1960 rinnovò il Trattato di sicurezza con gli Stati Uniti, nonostante la forte opposizione dell'agguerrita minoranza parlamentare e del movimento degli studenti. Negli anni successivi il maggior successo lo ottenne il Primo ministro Sato Eisaku (1901-1975): nel novembre del 1969, egli si accordò con il Presidente Richard Nixon per il ritorno di Okinawa al Giappone, che il 15 maggio 1972 riottenne la sovranità sull'isola, dove peraltro gli Stati Uniti mantengono tuttora importanti ed estese basi militari.
Due anni dopo l'accordo Nixon-Sato, il governo e la diplomazia giapponesi subirono un clamoroso smacco, noto in Giappone come «Nixon shock». Infatti, senza averne informato prioritariamente il governo giapponese, il Presidente Nixon nel luglio del 1971 annunciò che, a seguito di contatti segreti tra il segretario di Stato statunitense, Henry Kissinger, e il ministro degli Esteri cinese, Zhou Enlai, egli si sarebbe recato a Pechino per incontrare Mao Zedong e gli altri dirigenti cinesi. L'incontro avvenne dal 21 al 25 febbraio 1972, dopo che la Repubblica popolare cinese era stata riammessa all'Onu, entrando a far parte del Consiglio di Sicurezza. La Repubblica popolare sostituiva così nell'organismo internazionale la Repubblica di Cina (Taiwan). Dopo la visita di Nixon, il Primo ministro giapponese Tanaka Kakuei si recò a Pechino dove fu firmato un comunicato congiunto che annunciò lo stabilimento di relazioni diplomatiche tra i due Stati, premessa alla firma del Trattato di pace che avvenne nel 1978. In questa fase, si intensificarono i rapporti economici e commerciali nippo-cinesi.
Nei primi anni Settanta, nacquero in Asia Orientale le premesse per nuovi scenari politici internazionali che avrebbero avuto una prima svolta nell'aprile del 1975, con la liberazione di Saigon e l'abbandono del Vietnam da parte delle truppe statunitensi.