5. IL TRAMONTO DELL'ERA DEI «KUGE».
Il ricorso alla pratica degli Imperatori in ritiro, finalizzata ad affrancare il trono dal controllo esercitato dai Fujiwara, segnò una temporanea reviviscenza della dinastia imperiale e, pur creando di fatto una sede di potere distinta da quella del sovrano in carica, consentì alla stirpe Yamato di riassumere la gestione degli affari familiari e di tornare a prendere parte alla competizione politica ed economica. Eppure, nel corso del periodo Heian e, in particolare, nella fase di predominio dei Fujiwara, si erano verificati alcuni importanti mutamenti nel metodo di governo: esso si era allontanato dalla concezione che voleva lo Stato al di sopra e indipendente dalla burocrazia nobiliare, per assumere invece sempre più le sembianze di un «governo familiare». D'altra parte, i Fujiwara, la cui organizzazione interna pareva riproporre l'antico modello uji secondo il quale attorno a una figura centrale si articolavano i vari rami parentali, avevano esercitato la loro autorità servendosi di organismi privati interni al proprio clan, che svolgevano le funzioni di veri e propri enti governativi. L'unica rilevante differenza rispetto al tradizionale modello uji era rappresentata dal fatto che il capo del clan non svolgeva le funzioni sacerdotali, limitandosi a presiedere alle cerimonie e a provvedere al mantenimento dei templi del clan. Egli dirigeva i vari organismi interni, deputati a controllare gli affari familiari e a regolare l'acquisizione e l'organizzazione degli shoen, in sostituzione dell'apparato governativo. Tali organismi erano rappresentati dall'Ufficio degli affari militari (o Samurai dokoro), dalla Corte d'appello (o Monchujo) e dall'Ufficio amministrativo dei Fujiwara, noto come Mandokoro. Quest'ultimo era divenuto il fulcro del governo centrale e aveva assunto le funzioni di un'istituzione pubblica, offuscando in tal modo l'apparato di governo stabilito dalle grandi riforme, che assunse sempre più una funzione meramente decorativa. In tal modo, fu creata una base di esercizio del potere su base familiare, che fu imitata da altre grandi famiglie di Corte, così come dalla stessa dinastia imperiale, la quale si servì di un'analoga organizzazione interna quando, con l'istituzione della pratica insei, poté rientrare attivamente nella competizione politica ed economica. Ciò consentì alla famiglia imperiale di sostituirsi al clan Fujiwara come arbitro nell'aspra contesa dei diritti sulle risorse della terra e di acquisire a sua volta il controllo su estese tenute agricole, trasformandosi così nel più grande «proprietario» terriero del Paese.
Allo stesso tempo, però, il ricorso alla forza delle armi rappresentava sempre più il mezzo per dirimere i contrasti politici e per risolvere le dispute per il controllo delle terre, beneficiando in primo luogo i detentori del potere militare, cioè le grandi famiglie guerriere delle province e le istituzioni buddhiste. Non era affatto raro che nella capitale si assemblassero bande armate, la cui presenza serviva a garantire che le richieste presentate fossero di fatto accolte dalla Corte, generando un clima di tensione e di incertezza che sembrava confermare come il mondo si stesse avviando verso la degenerazione finale, e che contribuì alla diffusione della fede nel potere salvifico di Amida. Il mantenimento del governo civile venne così a dipendere in modo crescente dalla classe militare, come dimostrò la guerra civile che si scatenò nel 1156 a seguito di una disputa per la successione imperiale, nota come "Hogen no ran", cioè rivolta dell'era Hogen (1156-1158). Infatti, nel 1155, l'Imperatore in ritiro Sutoku non era riuscito nel suo intento di porre suo figlio sul trono, cui era invece asceso Go Shirakawa, e l'anno seguente alcune grandi famiglie militari presero le armi schierandosi a sostegno dell'una o dell'altra fazione. Protagonisti principali dello scontro furono i due clan Taira e Minamoto, i quali, come si è già accennato, avevano origini illustri discendendo da membri della famiglia imperiale. I primi (noti anche come Heishi o Heike) discendevano dal figlio dell'Imperatore Kanmu e avevano stabilito un potere personale nelle regioni del Mare Interno, mentre i secondi appartenevano al ramo Seiwa del clan Minamoto (o Genji), creato nell'814 dall'Imperatore Saga, e si erano affermati nella zona del Kanto42. I Taira, guidati dal loro leader Kiyomori (1118-1181), appoggiarono la causa di Go Shirakawa, e nel 1156 riuscirono a sconfiggere i Minamoto, sostenitori dell'Imperatore in ritiro.
La vittoria riportata dai Taira segnò l'inizio di una fase di supremazia esercitata da questo clan in vari ambiti della vita politica ed economica. Dal suo quartier generale fissato nella residenza di Rokuhara, a Heian, Kiyomori poté dirigere una politica resa efficace dal diretto controllo che egli stabilì sulla Corte, presso cui ottenne importanti cariche (come quella di Consigliere e di Gran ministro) e onorificenze, tra cui il terzo rango, sino ad allora riservato alla nobiltà di Corte. Così, per la prima volta nella storia del Paese, un membro dell'aristocrazia provinciale entrava nella gestione diretta degli affari e negli organismi politici della Corte, grazie anche agli alti incarichi conferiti ai membri del suo clan e ai legami matrimoniali con la dinastia imperiale, sull'esempio dei Fujiwara. Ma il potere di Kiyomori si fondò anche sul ricorso al dispotismo e alla violenza, che dispiegò in modo cruento contro chiunque potesse minare la sua posizione; esemplare, a questo proposito, è l'azione condotta contro alcune istituzioni religiose (come il Todaiji a Nara), che furono distrutte e saccheggiate. Tale condotta suscitò una forte reazione anche presso quanti erano stati a lui legati in passato, come lo stesso Go Shirakawa. Ma, ancora una volta, il confronto si risolse attraverso il ricorso alla forza di cui disponevano le potenti famiglie guerriere e le grandi istituzioni religiose, che si raccolsero sotto la guida del capo del clan Minamoto, destinato a svolgere un ruolo di grande rilievo nella storia successiva. Si trattava di Minamoto Yoritomo (1147-1199), il quale sconfisse la coalizione guidata dai Taira e uscì vittorioso dalla guerra Genpei, che sconvolse il Paese tra il 1180 e il 1185 e che si concluse con la battaglia navale di Dannoura, combattuta nell'estremità occidentale del Mare Interno43. In questa celebre battaglia, la nave che trasportava l'Imperatore bambino Antoku, nipote di Taira Kiyomori, e molti membri della Corte affondò causando la morte dei passeggeri e la perdita della spada, che rappresentava una delle tre insegne dell'autorità imperiale. Queste vicende confermarono come nel Paese fossero avvenute profonde trasformazioni nelle istituzioni politiche, economiche e sociali, e segnarono il definitivo tramonto di ogni possibilità di ripristinare l'assetto e gli equilibri che le riforme del passato avrebbero voluto creare e sostenere.