1. LE ORIGINI DELLA CULTURA GIAPPONESE NEL PERIODO PREAGRICOLO.
Il problema delle origini etniche e della cultura preistorica dell'arcipelago giapponese è oggetto di continue indagini, che portano a nuove e importanti conoscenze, pur lasciando aperti numerosi problemi. Molti dubbi, ad esempio, restano tuttora in merito a come e a quando i primi popoli primitivi si stanziarono nell'arcipelago, anche se la tesi più condivisa tra gli studiosi suggerisce che ciò sia avvenuto in epoche remotissime, quando le isole giapponesi erano unite al continente. Un'ipotesi, questa, avvalorata dal fatto che il giapponese, assieme al coreano, al mongolo e al turco, apparterrebbe alla famiglia di lingue altaiche. Tuttavia, oltre all'influsso continentale, è possibile riscontrare importanti analogie con la cultura polinesiana e dell'Asia Sud-orientale in alcuni aspetti della cultura giapponese, dalle forme architettoniche a elementi mitologici. Le informazioni sulla cultura e sulla vita dei primi abitanti del Giappone, fondate sugli esiti di numerose scoperte archeologiche di siti del Paleolitico e sui progressi compiuti nell'impiego di tecniche avanzate, sono dunque piuttosto limitate: sappiamo che usavano utensili litici rozzamente realizzati e, più di rado, utensili di osso, che praticavano forme di caccia, che andarono popolando alcune zone costiere nella fase finale del Pleistocene e che non erano in grado di produrre oggetti di ceramica. Se esistono numerose incertezze in merito all'inizio di questo periodo «preceramico», la fase di passaggio verso il Neolitico è con maggiore probabilità collocata almeno attorno al 10000 a.C., coincidendo con l'avvio di una manifattura ceramica.
Si tratta del periodo Jomon o del «disegno a corda» (10000-300 a.C. circa), il quale prende nome dai segni di corda o di stuoie di paglia che decoravano la superficie di buona parte della ceramica prodotta in questo arco di tempo. I più antichi manufatti di terracotta (in giapponese "dogu") riproducono, in modo piuttosto astratto e semplice, figure a cavallo tra il mondo umano e quello animale che sembrano ispirarsi ad atteggiamenti superstiziosi e magici. Per lo più queste figure presentano seni e addomi sporgenti, e ciò induce a supporre che si trattasse di donne, probabilmente in stato di gravidanza; nel qual caso, la loro funzione sembrerebbe collegata all'invocazione della fertilità e dell'abbondanza. Alcuni dogu sono stati rinvenuti nei mucchi di conchiglie dove si ammassavano i resti del cibo usato dalle popolazioni costiere, e ciò sembra escludere che essi fossero oggetti di culto religioso. La loro funzione era forse quella di una sorta di amuleti su cui trasferire le malattie e le calamità degli individui e, probabilmente, lo stesso rischio di morte legato al parto.
Parlare di cultura Jomon per un periodo così lungo significa riscontrare una certa continuità nel tipo di ceramica realizzata, ma le indagini svolte negli ultimi decenni hanno consentito di definire alcune fasi dell'evoluzione di questa cultura. Così, quella iniziale sarebbe stata una fase di transizione tra il Paleolitico e il Neolitico, in cui la popolazione continuava a vivere di caccia e della raccolta di radici, piante e frutti selvatici, mentre attorno al nono-ottavo millennio a.C. la fine dell'epoca glaciale e la maggiore stabilità climatica resero disponibili nuove risorse naturali e favorirono lo sfruttamento dei prodotti marini, come indicano i resti di mucchi di conchiglie rinvenuti nei luoghi d'insediamento della popolazione Jomon, che viveva a gruppi in piccole capanne seminterrate. Il ritrovamento di ami da pesca, di punte di arpioni e di archi testimonia la diffusione della pesca e della caccia, mentre i resti di mole e di asce di pietra e di depositi infossati suggeriscono che questa popolazione facesse uso di piante e di semi selvatici. Comunque, si registrano alcune differenze culturali tra le regioni occidentali e quelle orientali, che corrispondono grosso modo alle diverse condizioni climatiche e alla varietà della flora caratteristiche delle rispettive zone.
Un ulteriore mutamento si ebbe tra il 5000 e il 3500 a.C. con il miglioramento delle condizioni climatiche e l'innalzamento del livello del mare. Queste variazioni ambientali portarono alcune zone, come la regione del Kanto, a trasformarsi in ampie paludi di marea, e consentirono un maggiore impiego dei prodotti raccolti lungo le coste, mentre nelle regioni occidentali e nelle Ryukyu è probabile che fosse praticata anche la pesca in profondità. Verso la metà del quarto millennio a.C., forse a causa dell'abbassamento del livello del mare e della conseguente riduzione della disponibilità delle risorse che esso offriva, si registra uno spostamento del centro della cultura Jomon dalle fasce costiere alle regioni interne, con una maggiore concentrazione nella zona settentrionale del Kanto e del Giappone centrale. A ciò dovette contribuire pure il miglioramento dei metodi per sfruttare le risorse della terra, e alcuni studiosi ritengono che in questa fase la popolazione Jomon si dedicasse anche a forme rudimentali di coltivazione. A partire da circa il 2000 a.C., si assiste allo sviluppo di un'economia fondata sullo sfruttamento dei prodotti marini con tecniche più elaborate per effettuare la pesca in profondità, specie lungo le coste del Pacifico.
Lo studio della ceramica prodotta nel Kyushu e nello Honshu occidentale verso la fase conclusiva del periodo Jomon indicherebbe la presenza di contatti tra queste regioni e la penisola coreana, attraverso cui sarebbe stata introdotta, fra il quarto e il terzo secolo a.C., anche la tecnica di coltivazione del riso mediante l'irrigazione. L'arrivo della risicoltura diede avvio alla transizione verso una nuova era che gli studiosi chiamano Yayoi, anche se il passaggio non fu rapido e uniforme in tutto l'arcipelago giapponese. Infatti, lo stile di vita caratteristico della cultura Jomon sopravvisse ancora in alcune zone, specie in quelle nord-orientali, dove per diversi secoli alcuni gruppi etnici (designati come "etnishio ezo") avrebbero contrastato la diffusione della cultura agraria e sedentaria, così come l'estensione dell'autorità politica da essa sviluppatasi.
Come vedremo, la rilevanza storica del periodo Yayoi risiede nel fatto che esso vide il progressivo superamento di una cultura di cacciatori e raccoglitori, non necessariamente insediati stabilmente sul territorio, a favore di una cultura agricola che vedrà gruppi di persone stanziarsi in modo più sedentario attorno a campi fertili e pianeggianti, e che porterà allo sviluppo di un'organizzazione socio-politica basata su comunità locali legate al territorio. Attorno a questa nuova attività, destinata a divenire dominante nell'economia dell'arcipelago, prenderà forma un modello economico-sociale, una tradizione cultuale e rituale, un corredo spirituale, nonché una modalità di percezione del tempo scandita dalla ciclicità delle stagioni, destinati ad affermarsi nelle isole giapponesi parallelamente alla diffusione della coltivazione del riso.