CAPITOLO CINQUANTAQUATTRO
Niccolò Machiavelli fece un incerto passo avanti e guardò giù, ammirando la città di Parigi. Si trovava sul tetto della cattedrale di Notre-Dame; ai suoi piedi c'erano la Senna e il Pont au Doublé, e di fronte a lui c'era l'ampio sagrato della chiesa. Reggendosi forte all'elaborata muratura, inspirò profondamente e ordinò al suo cuore martellante di rallentare. Aveva appena finito di salire i mille gradini che uscivano dalle catacombe e portavano sul tetto della cattedrale; gli tremavano le gambe per lo sforzo, e aveva le ginocchia indolenzite. Gli piaceva pensare di essere un uomo che si teneva in forma - seguiva una rigida dieta vegetariana e faceva movimento tutti i giorni - ma la salita lo aveva sfinito. Era anche vagamente irritato per il fatto che quella strenua arrampicata non aveva avuto il minimo effetto su Dee. — Quando hai detto di essere salito qui l'ultima volta? — chiese.
— Non l'ho detto — rispose il Mago. Era alla sinistra di Machiavelli, all'ombra della torre meridionale. — Ma se ci tieni tanto, era il 1575. — Indicò un punto. — Ho incontrato la Morrigan laggiù. È stato su questo tetto che ho saputo della vera natura di Nicholas Flamel e dell'esistenza del Libro di Abramo. Perciò forse è quanto mai appropriato che tutto si concluda qui.
Machiavelli si sporse e guardò giù; si trovava quasi direttamente sopra il rosone occidentale. La piazza ai suoi piedi, solitamente affollata di turisti, era deserta e inquietante. — E come sai che Flamel e gli altri usciranno di qui? — chiese.
I piccoli denti dell'inglese comparvero in un rapido ghigno. — Sappiamo che il ragazzo è claustrofobico. I suoi sensi sono stati appena risvegliati. Quando uscirà dalla trance in cui lo ha lasciato Marte, sarà terrorizzato, e i suoi sensi amplificati non faranno che aumentarne il terrore. Per il bene della sua sanità mentale, Flamel dovrà riportarlo in superficie il prima possibile. — Indicò cinque figure che uscivano di corsa dalla porta centrale. — Vedi? Io non sbaglio mai! — esclamò in tono di trionfo. — Sai cosa dobbiamo fare?
L'italiano annuì. — Lo so.
— Non ne sembri molto felice.
— Sfigurare uno splendido edificio è un crimine.
— E uccidere le persone non lo è?
— Be', le persone si possono sempre rimpiazzare.
— Fatemi sedere un attimo — ansimò Josh. Senza aspettare la risposta, si liberò dalle mani di Sophie e di Saint-Germain e crollò su una lucida pietra circolare incastonata nel selciato della piazza. Si portò le ginocchia al petto, avvolse le braccia intorno alle gambe e vi appoggiò il mento sopra. Tremava così forte che i calcagni battevano sulla pietra.
— Dobbiamo continuare — disse Flamel, guardandosi intorno.
— Ci dia un minuto — lo fulminò Sophie. Inginocchiandosi accanto al fratello, tese la mano per toccarlo, ma una scintilla crepitò tra le sue dita e il braccio di Josh, e trasalirono entrambi. — So come ti senti — disse con gentilezza. — Tutto è così... luminoso, chiassoso, acuto. I vestiti ti sembrano troppo pesanti e ruvidi, le scarpe troppo strette. Ma poi ti abitui. Queste sensazioni passano. — Sapeva che suo fratello stava attraversando la stessa esperienza che lei aveva vissuto soltanto due giorni prima.
— Mi si spacca la testa — si lamentò Josh. — È come se stesse per esplodere, come se scoppiasse di troppe informazioni. Continuano a venirmi dei pensieri assurdi...
La ragazza si accigliò. Con il Risveglio era stata sopraffatta dalle sensazioni, ma si era sentita scoppiare la testa soltanto quando la Strega di Endor le aveva trasmesso il suo sapere. Un pensiero improvviso la colpì; ricordò che, quando si era precipitata nella sala, aveva visto l'Antico Signore premere la sua grossa mano sulla testa di suo fratello. — Josh, quando Marte ti ha risvegliato, che cosa ha detto?
Lui scosse la testa. — Non lo so.
— Rifletti — insistette Sophie, e lo vide irrigidirsi al suono della sua voce. — Ti prego. È importante.
— Non prendo ordini da te — mugugnò lui con una traccia di sorriso.
— Lo so. — Sophie sorrise. — Ma sono sempre la maggiore... ora dimmelo!
Josh aggrottò la fronte, e la testa gli fece male per lo sforzo. — Ha detto... che il Risveglio non era un dono gratuito, che in futuro avrei dovuto pagare un prezzo.
— Che altro?
— Ha detto che la mia aura era una delle più potenti che avesse mai incontrato. — Josh aveva guardato il dio quando Marte aveva pronunciato quelle parole, e lo aveva visto per la prima volta con i suoi occhi risvegliati, notando le intricate decorazioni dell'elmo e il disegno elaborato della corazza di cuoio, udendo chiaramente l'accento addolorato nella sua voce. — Ha detto che mi avrebbe fatto un dono, qualcosa che poteva tornarmi utile nei giorni a venire.
— Vale a dire?
— Non ho idea di che cosa fosse. Quando mi ha appoggiato la mano sulla testa, è stato quasi come se cercasse di schiacciarmi. La pressione era incredibile.
— Ti ha trasmesso qualcosa — disse Sophie, preoccupata. — Nicholas — chiamò. — Ma non ci fu risposta. Quando si voltò a guardare l'Alchimista, trovò lui, Saint-Germain e Jeanne che fissavano la grande cattedrale.
— Sophie, aiuta tuo fratello ad alzarsi — disse Flamel con calma, senza voltarsi. — Dobbiamo andarcene subito di qui. Prima che sia troppo tardi.
Quel tono di voce spaventò Sophie più che se Flamel avesse gridato. Afferrando il fratello per le braccia, ignorando lo schiocco tremolante delle aure che si toccavano, lo sollevò di peso e lo costrinse a voltarsi. Ma subito mormorò: — Penso che sia già troppo tardi.
Di fronte a loro c'erano tre mostri, accovacciati.
Nel corso dei secoli, John Dee aveva imparato ad animare i Golem ed era anche riuscito a creare e a controllare simulacri e omuncoli. Quanto a Machiavelli, una delle prime abilità che aveva appreso era quella di controllare un tulpa. Il processo era sorprendentemente simile; l'unica vera differenza era il materiale. Entrambi dunque erano in grado di animare la materia inanimata.
In quel momento Dee e Machiavelli si ergevano fianco a fianco sul tetto di Notre-Dame e concentravano le proprie volontà. E uno dopo l'altro, i gargoyle e le grottesche di Notre-Dame scrocchiarono in vita.
I gargoyle, i doccioni, si erano mossi per primi. Singolarmente o in coppia, poi a decine, si staccavano dai muri della cattedrale. Sbucando dagli angoli più nascosti, i cornicioni invisibili, le grondaie dimenticate, draghi e serpenti di pietra, capre e scimmie, gatti, cani e mostri scivolavano giù dalla facciata dell'edificio.
Poi le grottesche, le mostruose statue scolpite nella pietra, si destarono rumorosamente. Leoni, tigri, gorilla e orsi si liberarono con uno strappo dalla muratura medievale e cominciarono a calarsi giù dall'edificio.
— Le cose si mettono molto male — mugugnò Saint-Germain.
Un leone sbozzato nella pietra piombò a terra di fronte alla porta della cattedrale e cominciò ad avanzare, con gli artigli di pietra che ticchettavano e scivolavano sui ciottoli levigati.
Saint-Germain tese la mano in avanti, e il leone fu inghiottito in una sfera di fuoco... che però si limitò soltanto a bruciare secoli di sporco e di escrementi di uccelli. Il leone continuò ad avanzare. Il Conte provò diversi tipi di fuoco, dardi e cortine di fiamme, sfere e fruste, ma fu tutto inutile.
Un numero sempre maggiore di gargoyle piombò a terra. Alcuni si frantumarono nell'impatto, ma la maggior parte sopravvisse. Si sparpagliarono, riempiendo la piazza, e cominciarono a farsi avanti, stringendo il cerchio. Alcune delle creature erano meravigliosamente scolpite; altre erano monconi informi logorati dalle intemperie. I gargoyle più grossi si muovevano con passo pesante, le grottesche più piccole sfrecciavano veloci; ma tutti si muovevano in assoluto silenzio, tranne che per lo sgretolio della pietra sulla pietra.
Una creatura metà uomo e metà capra si staccò dal gruppo e trottò alla carica, a quattro zampe, puntando le micidiali corna ricurve contro Saint-Germain. Jeanne balzò in avanti e sferrò un colpo di spada: dal collo dell'uomo-capra scaturirono scintille, ma la bestia di pietra non rallentò. Il Conte riuscì a scansarsi all'ultimo minuto, però fece l'errore di colpire il suo avversario sulla groppa, e si fece male alla mano. L'uomo-capra cercò di frenare sui ciottoli e scivolò, schiantandosi a terra e spezzandosi un corno.
Flamel estrasse Clarent e cominciò a girare in tondo, impugnando la spada con tutte e due le mani, chiedendosi quale creatura avrebbe attaccato per prima. Un orso con la testa di donna avanzò con gli artigli tesi. L'Alchimista lo trafisse di punta, ma la spada stridette inutilmente sulla groppa di pietra,- Flamel provò a colpirlo di taglio, ma la vibrazione gli intorpidì il braccio, facendogli quasi perdere la spada. Una zampa massiccia fischiò sopra la testa dell'Alchimista, e l'orso perse l'equilibrio: Flamel ne approfittò per caricarlo di peso. La creatura si schiantò a terra. Gli artigli picchiarono contro i ciottoli del selciato e si sgretolarono quando l'orso cercò di rialzarsi.
In piedi di fronte al fratello, cercando disperatamente di proteggerlo, Sophie sprigionò una serie di piccoli vortici d'aria. Rimbalzarono inutilmente sulla maggior parte delle pietre, con l'unico risultato di far roteare in cielo un vecchio giornale.
— Nicholas, una piccola magia o un po' di alchimia farebbero comodo, adesso! — esclamò Saint-Germain, mentre il cerchio delle creature di pietra si stringeva sempre di più.
Flamel tese la mano destra. Una minuscola sfera di vetro smeraldo prese forma, ma poi si incrinò, e il liquido che conteneva si riassorbì nella pelle dell'Alchimista. — Non sono abbastanza forte. L'incantesimo di trasmutazione nelle catacombe mi ha sfinito.
I gargoyle continuavano ad avanzare, tra il rumore della pietra che si sgretolava e si spaccava a ogni passo. Piccole grottesche finivano polverizzate sotto i piedi delle creature più grosse.
— Ci schiacceranno — mormorò Saint-Germain.
— Dev'essere Dee a controllarli — borbottò Josh. Si accasciò come un peso morto sulla sorella, le mani premute sulle orecchie. Ogni sgretolio, ogni cigolio delle pietre erano un'agonia per il suo udito risvegliato.
— Sono troppi per un uomo solo — osservò Jeanne.
— Sicuramente Dee e Machiavelli stanno agendo insieme.
— E devono essere vicini — aggiunse Flamel.
— Un comandante occupa sempre il posto più alto! — esclamò Josh all'improvviso, sorprendendosi lui stesso per quell'informazione.
— Il che significa che sono sul tetto della cattedrale — concluse Flamel.
Jeanne indicò con il dito. — Li vedo. Lassù, tra le torri, sopra il rosone occidentale. — Lanciò la spada al marito, e la sua aura divampò d'argento, riempiendo l'aria del profumo di lavanda. Poi l'aura si indurì, prendendo forma e sostanza, e dalla sua mano sinistra spuntò un arco lungo, mentre una freccia scintillante comparve nella sua destra. Tendendo il braccio, Giovanna d'Arco mirò e scagliò la freccia, che si librò disegnando una curva nell'aria.
— Ci hanno visto — disse Machiavelli. Grosse gocce di sudore gli solcavano il viso, e aveva le labbra livide per lo sforzo di controllare le creature di pietra.
— Non importa — ribatté Dee, sbirciando oltre il bordo. — Non possono fare nulla. — Nella piazza sottostante, i cinque esseri umani erano disposti in cerchio, mentre le statue di pietra li chiudevano a poco a poco da più parti.
— Allora facciamola finita — sbottò Machiavelli.
— Però ricorda: i ragazzi ci servono vivi. — All'improvviso vide uno oggetto argenteo fendere l'aria. — È una freccia... — cominciò meravigliato, ma si fermò con un gemito quando la freccia gli si conficcò in una coscia. Vacillò e cadde all'indietro sul tetto della cattedrale, le mani premute sulla gamba. Stranamente non usciva sangue, ma il dolore era straziante.
Giù nella piazza, almeno la metà delle creature si immobilizzò o si rovesciò a terra. Le statue schiantate sul pavimento fecero inciampare quelle alle loro spalle. La roccia si spaccò, la pietra logora esplose in polvere. Ma il resto delle creature continuò ad avanzare.
Altre frecce d'argento salirono da terra, picchiando sulla muratura e infrangendosi senza risultati.
— Machiavelli! — ringhiò Dee.
— Non posso... — Il dolore sulla gamba era indescrivibile. Le lacrime solcavano il viso dell'italiano. — Non riesco a concentrarmi...
— Allora finirò da solo.
— Il ragazzo e la ragazza — disse Machiavelli con un filo di voce. — Ci servono vivi...
— Non necessariamente. Sono un negromante. Posso rianimare i loro cadaveri.
— No! — urlò Machiavelli.
Dee lo ignorò. Concentrando la sua volontà straordinaria, il Mago trasmise ai gargoyle un singolo ordine: — Uccideteli! Uccideteli tutti!
— Ancora, Jeanne! — gridò Flamel. — Colpisci ancora!
— Non posso. — La francese era stremata. — Le frecce sono plasmate con la mia aura. Non ne ho più. I gargoyle continuavano a farsi avanti, sempre più vicini, tra gli sgretolìi e gli scricchiolii della pietra. Avevano un raggio d'azione limitato: alcuni erano armati di zanne e artigli, altri di corna o code uncinate, ma avrebbero semplicemente schiacciato gli esseri umani.
Josh raccolse una piccola grottesca rotonda, poco più di un tozzo moncone di pietra logora dalle intemperie, e la scagliò nella mischia. La grottesca colpì un gargoyle, e si frantumarono tutt'e due. Il ragazzo trasalì per il rumore, ma capì anche che quegli avversari si potevano distruggere. Sempre tenendo le mani premute sulle orecchie, scrutò la sua vittima, cogliendo ogni particolare con la sua vista risvegliata. Le creature di pietra erano invulnerabili dall'acciaio e dalla magia... ma la pietra era logora e fragile. Cosa distruggeva la pietra?
Avvertì un lampo improvviso: un ricordo... ma non era un suo ricordo... un'antica città, le mura che crollavano, si polverizzavano...
— Ho un'idea! — gridò.
— Speriamo che sia buona — replicò Saint-Germain.
— Serve la magia?
— Si basa sulla chimica. — Josh guardò il Conte.
— Riesce a creare un fuoco molto caldo?
— Certo.
— Sophie, riesci a creare un vento molto freddo?
— Sì. — La ragazza aveva capito cosa suggeriva suo fratello: aveva fatto anche lei lo stesso esperimento durante le lezioni di chimica.
— Fatelo subito! — gridò Josh.
Un drago di pietra con le ali da pipistrello scheggiate si stava facendo avanti. Saint-Germain scagliò la sua Magia del Fuoco a tutta forza sulla testa della creatura, inondandolo di fiamme, e la pietra si fece incandescente. Poi Sophie sprigionò una raffica di aria polare.
La testa del drago si spaccò ed esplose, polverizzandosi.
— Caldo e freddo — gridò Josh. — Caldo e freddo.
— Espansione e contrazione! — esclamò Flamel, con una risata tremante. Lanciò un'occhiata nel punto in cui la testa di Dee sbucava appena dal bordo del tetto.
— Uno dei principi fondamentali dell'alchimia.
Saint-Germain investì di calore bollente un cinghiale che li caricava al galoppo, e Sophie lo inondò di aria gelida. Le zampe della bestia si spezzarono.
— Più caldo! — gridò Josh. — Il fuoco deve essere più caldo. E i tuoi getti d'aria devono essere più freddi
— aggiunse rivolto alla sorella.
— Ci proverò — sussurrò Sophie. Le si leggeva già la stanchezza negli occhi. — Aiutami. Fammi attingere alla tua forza.
Josh si portò dietro la sorella e poggiò le mani sulle sue spalle. Le aure d'oro e d'argento divamparono, mescolandosi. Afferrando al volo quello che i ragazzi stavano facendo, Jeanne si aggrappò subito alle spalle del marito; anche le loro aure - rossa e d'argento - si accesero crepitando.
Il pennacchio di fuoco che Saint-Germain scagliò contro i gargoyle in avvicinamento era incandescente, talmente intenso che la pietra cominciò a fondersi prima ancora che dalle mani di Sophie si sprigionassero venti polari e una nebbia gelida. La pietra prese a spaccarsi, si fuse sotto il calore intenso, ma quando giunse il vento, l'effetto fu drammatico. Le statue di pietra ormai bollente esplosero, frantumandosi in polvere ghiaiosa e spigolosa. La prima fila cadde, seguita subito dalla seconda e dalla terza, e i cinque esseri umani finirono col ritrovarsi circondati da un muro di pietre spezzate.
Quando Saint-Germain e Jeanne crollarono esausti, Sophie e Josh continuarono, scagliando aria gelida sopra le poche creature rimaste. Da secoli i gargoyle fungevano da doccioni di scarico dell'acqua, perciò la pietra era tenera e porosa. Usando l'energia di suo fratello per aumentare i suoi poteri, Sophie gelò l'umidità racchiusa nella pietra. Le creature andarono in frantumi.
— I due che sono uno — bisbigliò Nicholas Flamel, accovacciandosi esausto sul selciato. Guardò Sophie e Josh, le aure fiammeggianti e infuocate, l'oro e l'argento mescolati, un cenno di antica armatura sulla pelle. Avevano un potere incredibile, e apparentemente inesauribile. Lui sapeva che un potere come quello poteva controllare, riplasmare o perfino distruggere il mondo.
E mentre l'ultimo gargoyle si polverizzava e le aure dei gemelli si spegnevano, l'Alchimista si ritrovò per la prima volta a chiedersi se risvegliarli fosse stata la decisione giusta.
In cima alla cattedrale Dee e Machiavelli rimasero a guardare Flamel e gli altri che si facevano largo tra i mucchi di calcinacci fumanti, avviandosi verso il ponte.
— Siamo in guai seri — mugugnò Machiavelli. La freccia nella coscia era scomparsa, ma la gamba era ancora addormentata.
— Siamo? — ribatté Dee. — Tutto questo è interamente colpa tua! O almeno, questo è ciò che dirà il mio rapporto. E sai quello che succederà, vero?
Machiavelli raddrizzò la schiena e si rimise in piedi, appoggiandosi alla muratura per risparmiare la gamba ferita. — Il mio rapporto sarà diverso.
— Non ti crederà nessuno — replicò, voltandosi. — Sei il maestro della menzogna, lo sanno tutti.
Machiavelli si infilò una mano in tasca e tirò fuori un piccolo registratore. — Be', allora è una fortuna che tutto quello che mi hai detto sia in questo nastro. — Tamburellò sull'apparecchio con le dita. — Era acceso. Ha registrato ogni parola che hai pronunciato.
Dee si fermò. Si voltò lentamente verso l'italiano e scrutò il piccolo registratore. — Ogni parola?
— Ogni parola! Penso che gli Antichi Signori crederanno al mio rapporto.
Dee fissò l'italiano per qualche istante, prima di annuire. — Che cosa vuoi?
Machiavelli indicò con un cenno del mento la devastazione ai loro piedi. Il suo sorriso era terrificante. — Guarda quello che i gemelli sono in grado di fare... e sono stati appena risvegliati. Non hanno neanche completato l'addestramento.
— Dove vuoi arrivare? — chiese Dee.
— Tu e io abbiamo accesso a risorse straordinarie. Lavorando insieme, anziché l'uno contro l'altro, dovremmo essere capaci di trovare i gemelli, catturarli e addestrarli.
— Addestrarli?!
Gli occhi di Machiavelli cominciarono a scintillare. — Sono i gemelli leggendari. Ricorda la profezia: «I due che sono uno e l'uno che è tutto». Quando padroneggeranno tutte le magie degli elementi saranno inarrestabili. — Il suo sorriso divenne feroce. — Chiunque li controllerà, controllerà il mondo.
Il Mago si voltò a scrutare il punto in cui Flamel si intravedeva nella nube di polvere e detriti. — Pensi che l'Alchimista lo sappia?
Machiavelli scoppiò in una risata amara. — Ma certo che lo sa. Per quale altro motivo pensi che li stia addestrando?