CAPITOLO DUE

Josh Newman schiacciò il palmo della mano destra contro la pietra fredda del muro per ritrovare l'equilibrio. Cos'era successo?

Un attimo prima si trovava nel negozio della Strega di Endor a Ojai, in California. Sua sorella Sophie, Scathach e l'uomo che ormai conosceva come Nicholas Flamel erano nello specchio e lo guardavano da lì. E un attimo dopo, Sophie era sbucata dalla superficie di vetro, lo aveva preso per mano e lo aveva tirato dentro lo specchio.

Josh aveva tenuto gli occhi chiusi e si era sentito sfiorare da qualcosa di gelido, che gli aveva fatto drizzare tutti i capelli sulla nuca. Quando aveva riaperto gli occhi, si era ritrovato in quello che sembrava un piccolo magazzino. Barattoli di vernice, scalette impilate, frammenti di ceramica e stracci sporchi di vernice erano ammucchiati di fronte a un grosso specchio sudicio, piuttosto ordinario, fissato a una parete di pietra. Una lampadina solitaria a basso voltaggio gettava una luce gialla e fioca sulla stanza.

— Cos'è successo? — chiese il ragazzo, con voce incrinata. Deglutì e ci riprovò. — Cos'è successo? Dove siamo?

— A Parigi — rispose in tono allegro Nicholas Flamel, strofinandosi le mani impolverate sui jeans neri.

— La mia città natale.

— Parigi? — sussurrò Josh. Gli sembrava impossibile, ma stava cominciando a capire che quella parola non aveva più significato. — Come? — chiese ad alta voce. — Sophie? — Guardò sua sorella gemella, ma lei teneva la testa premuta contro l'unica porta della stanza, in ascolto,- lo zittì con un gesto della mano. Così Josh si voltò a guardare Scathach, ma la guerriera dai capelli rossi si limitò a scuotere la testa, le mani premute sulla bocca. Sembrava che stesse per vomitare. Alla fine il ragazzo si rivolse al leggendario alchimista.

— Come siamo arrivati qui?

— Il nostro pianeta è solcato da invisibili linee di energia, talvolta chiamate "cursus" — spiegò Flamel. — Dove due o più di queste linee si intersecano, c'è una porta. Le porte ormai sono rarissime, ma in passato l'Antica Razza viaggiava da un capo all'altro del mondo in un istante, proprio come abbiamo fatto noi. La strega ha aperto la porta d'energia a Ojai e noi siamo finiti qui, a Parigi.

— Lo disse come se fosse una cosa normalissima.

— Porte d'energia: le odio — brontolò Scatty. Nella penombra, la sua pelle chiara e lentigginosa aveva una sfumatura verdognola. — Hai mai sofferto il mal di mare? — chiese a Josh. Il ragazzo scosse la testa. — Mai.

Sophie alzò lo sguardo dalla sua postazione. — Bugiardo! Josh ha il mal di mare perfino in piscina. — Sorrise, quindi tornò a premere la faccia contro il legno freddo.

— Mal di mare — borbottò Scatty. — Ecco che effetto fa. Solo che è peggio.

Sophie si rivolse all'Alchimista. — Ha idea di dove ci troviamo esattamente a Parigi?

— In un posto antico, credo — rispose Flamel, raggiungendola sulla porta e mettendosi come lei in ascolto.

Sophie si scansò. — Non ne sono così sicura — disse, esitante.

— Perché no? — chiese Josh, scrutando la stanza disordinata. Sembrava proprio parte di un vecchio edificio.

La sorella scosse la testa. — Non lo so... È solo che non lo percepisco molto antico. — Appoggiò il palmo della mano sulla parete, per poi ritrarlo all'istante.

— Che succede? — bisbigliò Josh.

Sophie poggiò di nuovo la mano sulla parete. — Riesco a sentire delle voci, dei canti e una musica che sembra provenire da un organo.

Josh scrollò le spalle. — Io non sento niente. — Poi ripensò di colpo all'enorme differenza che c'era tra lui e la sua gemella. Il potenziale magico di Sophie era stato risvegliato da Ecate, e ormai sua sorella era ipersensibile a ogni singola percezione dei cinque sensi.

— Io sì. — Sophie staccò la mano dalla parete e i suoni che sentiva nella testa si affievolirono.

— Quelli che senti sono suoni fantasma — spiegò Flamel. — Sono soltanto rumori assorbiti dall'edificio, registrati all'interno della struttura stessa.

— È una chiesa — stabilì la ragazza in tono sicuro, quindi aggrottò la fronte. — Ma è una chiesa nuova... moderna, costruita tra il Diciannovesimo e il Ventesimo secolo. Però è sorta su un sito molto più antico.

Nicholas Flamel si fermò davanti alla porta di legno e si guardò alle spalle. Nella fioca luce che proveniva dall'alto, i lineamenti del suo viso si fecero spigolosi e affilati come i tratti inquietanti di un teschio, con gli occhi completamente in ombra. — Ci sono molte chiese a Parigi. Ma ce n'è soltanto una, credo, che corrisponde alla descrizione — Avvicinò la mano alla maniglia.

— Aspetti un secondo! — esclamò Josh. — Non pensa che potrebbe esserci un allarme?

— Oh, ne dubito — replicò Flamel, deciso. — Chi metterebbe mai un allarme nel magazzino di una chiesa? — chiese, aprendo la porta.

L'allarme scattò all'istante. Le luci d'emergenza rosse cominciarono a lampeggiare, mentre la sirena riecheggiava sul pavimento e sulle pareti di pietra.

Scatty imprecò in un'antica lingua celtica. Poi disse: — Ma una volta non mi avevi detto di aspettare prima di fare ogni mossa, e di osservare tutto?

Flamel scosse la testa e sospirò per lo stupido errore commesso. — È la vecchiaia, immagino. — Ma non c'era tempo da perdere in scuse. — Andiamo! — gridò per farsi sentire oltre la sirena assordante, e si slanciò nel corridoio.

Sophie e Josh lo seguirono subito, mentre Scatty si tenne in retroguardia, muovendosi lentamente e brontolando a ogni passo. La porta dava su uno stretto corridoio che conduceva a un'altra porta di legno.

Senza fermarsi, Flamel la aprì: subito scattò un secondo allarme. L'Alchimista girò a sinistra e si ritrovò in un vasto spazio aperto, che odorava di cera e d'incenso. File di candele accese gettavano una luce dorata sulle pareti e sul pavimento, rivelando, insieme alle luci d'emergenza, una gigantesca porta a due battenti su cui era scritta la parola USCITA. Flamel corse in quella direzione, facendo rimbombare i passi per tutto l'ambiente.

Josh fece per metterlo in guardia dall'aprire quella porta, ma Nicholas Flamel afferrò la maniglia e tirò forte. Un terzo allarme - molto più potente degli altri - si mise in azione e una luce rossa sopra la porta cominciò a lampeggiare.

— Non capisco. Perché non è aperta? — L'Alchimista gridò per sovrastare il frastuono. — Questa chiesa è sempre aperta. — Si guardò intorno. — Dove sono tutti quanti? Che ore sono? — chiese, colto da un pensiero improvviso.

— Quanto tempo ci vuole per passare da un punto a un altro con le porte d'energia? — domandò Sophie.

— Il passaggio è istantaneo.

— E lei è sicuro che ci troviamo in Francia, a Parigi?

— Assolutamente sicuro.

Sophie guardò l'orologio e fece un rapido calcolo. — Parigi non è nove ore avanti rispetto a Ojai?

Flamel annuì. A un tratto comprese la situazione.

— Sono le quattro del mattino, più o meno. Ecco perché la chiesa è chiusa — concluse la ragazza.

— La polizia starà già arrivando — disse Scatty, cupa. Allungò la mano per prendere il nunchaku. — Detesto combattere quando non mi sento tanto bene.

— E adesso che facciamo? — domandò Josh, con un panico crescente nella voce.

— Potrei provare a sfondare le porte con il vento — suggerì Sophie. Non era sicura di avere l'energia per evocarlo di nuovo così presto. Aveva usato i suoi nuovi poteri magici per combattere i morti viventi a Ojai, ma lo sforzo l'aveva lasciata esausta.

— Te lo proibisco — gridò Flamel, la faccia dipinta di luci rosse e ombre. Si girò e indicò un elaborato altare scolpito nel marmo. La luce delle candele lambiva il complesso mosaico azzurro e oro della cupola che sovrastava l'altare. — È un monumento nazionale,- non ti permetterò di distruggerlo.

— Ma dove siamo? — chiesero i gemelli all'unisono, guardandosi intorno. Ora che si erano abituati alla penombra, si resero conto che l'edificio era enorme. Distinsero colonne che si libravano verso l'alto, nell'oscurità, e scorsero statue riposte in nicchie, piccoli altari laterali e innumerevoli grappoli di candele.

Flamel annunciò con orgoglio: — Questa è la basilica del Sacré-Coeur.

Seduto sul sedile posteriore della limousine, Niccolò Machiavelli digitò delle coordinate sul suo portatile; sullo schermo apparve una mappa ad alta risoluzione della capitale francese. Parigi era una città incredibilmente antica. Il primo insediamento risaliva a oltre duemila anni prima, anche se già allora gli esseri umani abitavano l'isola della Senna da generazioni. E, come molte delle città più antiche della Terra, era sorta all'incrocio di numerose linee d'energia.

Machiavelli schiacciò un tasto. Sulla mappa della città comparve un reticolo di linee, e lui si mise a cercarne una collegata agli Stati Uniti. Alla fine riuscì a ridurre il numero di possibilità a sei. Con un'unghia perfettamente curata, seguì due traiettorie che collegavano direttamente la costa occidentale dell'America a Parigi. Una finiva nella grande cattedrale di Notre-Da- me, l'altra nella più moderna ma ugualmente famosa basilica del Sacré-Coeur, a Montmartre.

Qual era quella giusta?

All'improvviso, la notte parigina fu squarciata dall'ululato di una serie di allarmi. Machiavelli pigiò il comando del finestrino elettrico, il vetro scuro si abbassò. La gelida aria notturna penetrò nella macchina. In lontananza, oltre il profilo dei tetti di fronte a Place du Ter- tre, c'era il Sacré-Coeur. L'imponente edificio a cupola, di notte, era sempre illuminato di bianco. Quella notte, però, pulsava al ritmo delle luci rosse dell'allarme.

"Sono lì!" Il sorriso di Machiavelli era terrificante. Cliccò sull'icona di un programma e attese che il computer lo caricasse.

DIGITARE PASSWORD

Le dita volarono sulla tastiera: Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio. Nessuno avrebbe mai indovinato quella parola chiave. Non era una delle sue opere più note.

Comparve un testo scritto in una combinazione di latino, greco e italiano.

Un tempo, i maghi dovevano conservare la loro raccolta di formule e di incantesimi in libri scritti a mano, chiamati grimoires, ma Machiavelli aveva sempre usato le tecnologie più aggiornate, e da tempo preferiva tenere tutto su computer.

Ora doveva soltanto trovare il modo per tenere Flamel e i suoi amici occupati mentre lui radunava le sue forze.

Josh alzò la testa di scatto. — Sento le sirene della polizia.

— Ci sono dodici autopattuglie che si dirigono da questa parte — disse Sophie, la testa piegata di lato e gli occhi chiusi, in ascolto.

— Dodici? Come fai a dirlo?

— Riesco a localizzarle tutte.

— Riesci a distinguerle? — Josh era stupefatto. Si chiese ancora una volta quale fosse la reale ampiezza dei sensi della sorella.

— Sì. Una per una — confermò Sophie.

— Non dobbiamo farci catturare dalla polizia — li interruppe Flamel, brusco. — Non abbiamo passaporti né alibi. Dobbiamo filare via di qui!

— E come? — chiesero i gemelli.

L'Alchimista scosse la testa. — Deve esserci un altro

ingresso... — Si interruppe, le narici dilatate.

Josh osservò con un certo disagio che all'improvviso anche Sophie e Scatty stavano reagendo a un odore che lui non riusciva a sentire. — Che cos'è? — domandò. Poi colse un soffio debolissimo di qualcosa di rancido e muschiato. Era il genere di odore che di solito associava allo zoo.

— Guai — rispose Scatty, mettendo via il nunchaku e sguainando le spade. — Grossi guai.

 

I segreti di Nicholas Flamel l'immortale - 2. Il Mago
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