CAPITOLO QUINDICI
— Fuochi d'artificio — mormorò Sophie, sbigottita. La Torre Eiffel si accese con una spettacolare esibizione di fuochi d'artificio. Nervature di luce d'oro e d'argento percorsero trecento metri di altezza fino al pennone più alto, e di lì sgorgarono in fontane di globuli azzurri. Fili scintillanti, sibilanti e sfrigolanti di tutti i colori dell'arcobaleno si avvolsero ai tralicci, schioccando e scoppiettando. I grossi bulloni della torre esplosero di fuoco bianco, mentre dagli archi metallici una pioggia di goccioline azzurro ghiaccio si riversò in strada.
L'effetto fu molto scenografico, ma divenne davvero spettacolare quando Saint-Germain schioccò le dita e, nel sole del mattino, l'intera Torre Eiffel diventò prima di bronzo, poi d'oro, poi verde e infine azzurra. Nervature tremolanti di luce sfrecciarono lungo il metallo in ogni direzione. Girandole e razzi, fontane e candelette, eliche e mulinelli vorticarono su ogni piano. Dal pennone più alto sprizzarono scintille azzurre, bianche e rosse, che ricaddero come un liquido gorgogliante nel cuore stesso della torre.
La folla era ipnotizzata.
Tutti si raccolsero intorno alla base, in un coro di esclamazioni di meraviglia, applaudendo a ogni esplosione, scattando foto all'impazzata. Gli automobilisti si fermarono in mezzo alla strada e scesero dalle macchine, cellulare alla mano, per catturare le stupefacenti immagini. Nel giro di pochi attimi, le decine di persone raccolte intorno alla torre erano diventate centinaia, e nel giro di pochi minuti raddoppiarono e si moltiplicarono ancora, con la gente che accorreva dai negozi e dalle case per ammirare quello spettacolo straordinario.
Nicholas Flamel e i suoi compagni furono inghiottiti dalla folla.
In una rara manifestazione di emotività, Machiavelli sferrò un pugno sulla fiancata della macchina, facendosi male alla mano. Osservò la moltitudine crescente e capì che i suoi uomini non sarebbero riusciti a impedire la fuga dell'Alchimista e dei suoi compagni.
L'aria sfrigolava e crepitava di fuochi d'artificio; razzi fendevano sibilanti l'aria ed esplodevano in sfere e strisce di luce. Petardi e castagnole scoppiettavano intorno a ciascuno dei quattro giganteschi piedi metallici della torre.
— Signore! — Un giovane capitano della polizia si fermò davanti a Machiavelli e gli fece il saluto militare. — Cosa comanda? Possiamo farci largo a forza, ma potrebbero esserci dei feriti.
Machiavelli scosse la testa. — No. — Dee l'avrebbe fatto, lo sapeva. Dee non avrebbe esitato a radere al suolo l'intera torre, uccidendo centinaia di persone, solo per catturare Flamel. Drizzandosi in tutta la sua altezza, l'italiano fece appena in tempo a scorgere le sagome di Saint-Germain e di Scathach che conducevano via i due giovani; si confusero in mezzo alla folla e svanirono. Ma, con sua enorme sorpresa, Nicholas Flamel era ancora lì, quasi al centro della torre.
L'Alchimista alzò la mano destra in un saluto di scherno, mandando un riflesso di luce con il bracciale d'argento.
Machiavelli afferrò il capitano di polizia per una spalla, lo costrinse con una forza sorprendente a girarsi e indicò con le lunghe dita affusolate. — Lui! A costo di lasciar perdere tutto il resto, prendetemi lui. E lo voglio vivo e illeso!
Flamel si girò e corse verso il lato occidentale della Torre Eiffel, in direzione del Pont d'Ièna; però, mentre i suoi amici lo avevano attraversato, lui svoltò a destra, verso Quai Branly.
— Sissignore! — Il capitano scattò in diagonale, deciso a tagliare la strada a Flamel. — Seguitemi! — gridò, e le truppe si accodarono alle sue spalle.
Dagon si affiancò al suo padrone. — Vuole che segua Saint-Germain e l'Ombra? — Girò la testa, dilatando le narici con uno schiocco umido e appiccicoso. — Posso rintracciarli dall'odore.
Niccolò Machiavelli scosse la testa leggermente, risalendo in macchina. — Portami fuori di qui prima che arrivi la stampa. Saint-Germain è sempre stato prevedibile. Senza dubbio è diretto a una delle sue abitazioni, e le teniamo tutte sotto sorveglianza. Possiamo solo sperare di prendere Flamel, adesso.
Dagon, impassibile, chiuse la portiera. Poi si voltò nella direzione imboccata da Flamel e lo vide scomparire nella folla. I poliziotti che lo inseguivano si muovevano veloci, nonostante il peso dell'equipaggiamento; tuttavia nel corso dei secoli Flamel era sfuggito a inseguitori di ogni genere, umani e non umani, era sgusciato dalle grinfie di creature che appartenevano a miti precedenti all'avvento delle scimmie e aveva sconfitto mostri che non sarebbero dovuti esistere al di fuori degli incubi. Dagon dubitò che la polizia avrebbe preso l'Alchimista.
Poi chinò la testa, dilatando di nuovo le narici, e colse l'odore di Scathach. L'Ombra era tornata!
L'inimicizia tra Dagon e l'Ombra era vecchia di millenni. Lui era l'ultimo della sua specie... perché lei, in una terribile notte di duemila anni prima, aveva distrutto tutta la sua razza. Dietro le avvolgenti lenti a specchio, gli occhi della creatura si riempirono di collose lacrime incolori, e Dagon giurò che, comunque fosse finita tra Machiavelli e Flamel, stavolta avrebbe ottenuto la sua vendetta sull'Ombra.
— Camminate, non correte — ordinò Scathach. — Saint-Germain, vai avanti tu. Sophie e Josh restano nel mezzo. Io terrò la retroguardia. — Il tono di Scatty non lasciava spazio a repliche.
Attraversarono di buon passo il ponte e girarono a destra, imboccando Avenue de New York. Una serie di svolte a destra e a sinistra li condusse in una stretta via secondaria. Era ancora presto, e la strada era immersa nella penombra. La temperatura calò di diversi gradi, e i gemelli notarono immediatamente che le dita della mano sinistra di Saint-Germain, sfiorando il muro sporco, si lasciavano dietro una scia di minuscole scintille.
Con la fronte aggrottata, Sophie si mise a scandagliare i suoi ricordi - i ricordi della Strega di Endor, rammentò a se stessa - alla ricerca di informazioni sul conte di Saint-Germain. Poi si accorse che il fratello la guardava di sottecchi, le sopracciglia alzate in una domanda muta.
— Gli occhi ti sono diventati d'argento, solo per un secondo — disse Josh.
Sophie si girò prima verso Scathach e poi verso l'uomo con il cappotto di pelle. Nessuno dei due era a portata di orecchio. — Stavo cercando di ricordare quello che sapevo... — Scosse la testa. — Quello che la Strega sapeva sul conto di Saint-Germain.
— E allora che mi dici? — chiese Josh. — Io non l'avevo mai sentito nominare.
— È un famoso alchimista francese ed è probabilmente, con Flamel, uno degli uomini più misteriosi della Storia.
— È umano?
— Non appartiene né all'Antica Razza né alla Nuova Generazione. È umano. E la Strega di Endor non ne sapeva molto sul suo conto. Lo incontrò per la prima volta a Londra nel 1740; capì subito che era un umano immortale, e lui dichiarò di aver scoperto il segreto dell'immortalità durante i suoi studi con Nicholas Flamel. — Sophie scosse la testa. — Ma penso che la Strega non ci credesse. Lui le disse che in Tibet aveva perfezionato una formula dell'immortalità che non aveva bisogno di essere rinnovata ogni mese. Ma quando lei gliene chiese una copia, Saint-Germain disse che l'aveva persa. A quanto pare, parlava perfettamente un sacco di lingue, era un brillante musicista e un famoso orefice. — Gli occhi di Sophie brillarono di nuovo d'argento, mentre i ricordi si affievolivano. — Alla Strega non piaceva. Non si fidava di lui.
— Allora non dovremmo fidarci neppure noi — commentò Josh, agitato.
Sophie concordò con un cenno della testa. — Ma a Nicholas piace, e ovviamente si fida di lui — aggiunse piano. — Perché?
Josh fece una faccia cupa. — Te l'ho già detto: secondo me non dovremmo fidarci nemmeno di Flamel. C'è qualcosa che non torna, in lui, ne sono sicuro.
Sophie si morse il labbro per evitare di replicare. Sapeva perché Josh era arrabbiato con l'Alchimista; suo fratello era invidioso dei suoi poteri, e poi incolpava Flamel per averla messa in pericolo. Ma questo non significava che avesse torto.
La stradina laterale conduceva a un ampio viale alberato. Anche se era troppo presto per l'ora di punta, lo spettacolo di luci e fuochi d'artificio intorno alla Torre Eiffel aveva bloccato tutto il traffico della zona. L'aria risuonava di clacson e sirene della polizia. Un'autopompa era rimasta imbottigliata nell'ingorgo e continuava a strepitare, anche se non aveva vie d'uscita. Saint-Germain attraversò la strada e tirò fuori dalla tasca un sottile cellulare nero. Aprì lo sportellino e digitò un solo numero. Poi parlò in un rapidissimo francese.
— Sta chiamando aiuto? — domandò Sophie quando l'uomo chiuse il telefono.
Saint-Germain scosse la testa. — Ho ordinato la colazione. Sto morendo di fame. — Indicò col pollice la Torre Eiffel alle loro spalle, ancora infiammata dai fuochi. — Creare una cosa del genere brucia un sacco di calorie.
Sophie annuì. Finalmente capiva perché il proprio stomaco non aveva smesso di brontolare da quando lei aveva suscitato la nebbia.
Scathach raggiunse i gemelli e si mise al fianco di Sophie mentre oltrepassavano la Cattedrale Americana. — Non penso che ci stiano inseguendo — constatò, sorpresa. — Mi aspettavo che Machiavelli ci mandasse dietro qualcuno. — Si strofinò il pollice sul labbro, mordendosi le unghie irregolari.
Sophie le scostò automaticamente la mano dalla bocca. — Non mangiarti le unghie.
Scathach sbatté le palpebre, sorpresa. Poi abbassò la mano, imbarazzata. — Una vecchia abitudine — disse. — Molto vecchia.
— Adesso che succede? — chiese Josh.
— Ci leviamo di torno e riposiamo un po' — rispose la Guerriera. — Quanto manca? — domandò a Saint- Germain, ancora in testa al gruppo.
— Pochi minuti. Una delle mie case più piccole è proprio da queste parti.
Scathach annuì. — Una volta arrivati, ce ne staremo buoni finché non torna Nicholas. Ci riposiamo un po' e ci cambiamo. — Arricciò il naso in direzione di Josh.
— E magari ci facciamo anche una doccia.
Le guance del ragazzo si colorarono di rosa. — Stai dicendo che puzzo? — chiese, a metà tra l'imbarazzato e l'offeso.
Sophie poggiò una mano sul braccio del fratello prima che la Guerriera potesse rispondere. — Solo un po'
— disse. — Come tutti quanti, del resto.
Josh scansò lo sguardo, chiaramente offeso, poi lanciò di nuovo un'occhiata a Scathach. — Immagino che tu non puzzi — sbottò.
— No, infatti. Niente ghiandole sudoripare. I vampiri sono una specie molto più evoluta degli homines.
Continuarono in silenzio finche Rue Pierre Charron non si aprì sulla vastità degli Champs-Elysées. A sinistra videro l'Arco di Trionfo. Il traffico su entrambi i lati della strada era fermo, e gli automobilisti discutevano e gesticolavano animatamente fuori dalle macchine. Tutti gli occhi erano puntati sugli scoppiettanti fuochi d'artificio che ancora incendiavano la torre.
— Cosa pensate che diranno al telegiornale? — chiese Josh. — «Improvviso scoppio di fuochi d'artificio sulla Torre Eiffel...»
Saint-Germain si girò a guardarlo. — In realtà non è un evento tanto fuori dal comune. La torre viene spesso illuminata dai fuochi d'artificio... a Capodanno e per la festa nazionale del quattordici luglio, per esempio. Diranno che i fuochi previsti per il mese prossimo sono scoppiati prima. — Si fermò per guardarsi intorno, sentendosi chiamare.
— Non vi girate... — cominciò Scatty, ma era troppo tardi: i gemelli e Saint-Germain si erano già voltati in direzione delle grida.
— Germain...
— Ehi, Germain...
Due giovani accanto a una delle auto ferme stavano indicando Saint-Germain e gridavano il suo nome.
Erano tutti e due in jeans e maglietta e si somigliavano, con i capelli tirati indietro con il gel e un paio di occhialoni sul naso. Abbandonando la macchina in mezzo alla strada, si fecero strada zigzagando nel traffico bloccato, tenendo in mano quelli che a Josh sembrarono due lunghi coltelli sottili.
— Francois — chiamò Scatty allarmata, serrando i pugni. Fece per scattare in avanti non appena il primo dei due tizi raggiunse Saint-Germain. — Ci penso io a...
— Signori. — Il Conte si rivolse ai due giovani con un grande sorriso, anche se i gemelli, alle sue spalle, gli videro danzare delle fiammelle giallo-blu tra le dita.
— Il concerto dell'altra sera è stato grandioso — disse il primo, parlando con un forte accento tedesco. Si alzò gli occhiali sulla fronte e tese la mano destra, porgendo una grossa penna. — Posso avere un autografo?
Le fiamme tra le dita di Saint-Germain si spensero subito. — Ma certo! — disse con un sorriso compiaciuto, afferrando la penna e tirando fuori un taccuino a spirale da una tasca interna del cappotto. — Avete già il nuovo CD? — chiese, aprendo di scatto il taccuino.
Il secondo ammiratore, che indossava un paio di occhiali identici all'amico, si sfilò un lettore MP3 rosso e nero dalla tasca posteriore dei jeans. — L'ho scaricato da ieri.
— Non dimenticate che tra un mese esce il DVD dello spettacolo, con qualche scena extra, un paio di remix e un sacco di roba buona — aggiunse Saint-Germain mentre firmava con uno svolazzo e strappava le pagine dal taccuino. — Mi piacerebbe fermarmi a fare quattro chiacchiere, ragazzi, ma vado di fretta. Grazie comunque, lo apprezzo molto.
Si strinsero rapidamente la mano, e i due tornarono di corsa alla macchina, scambiandosi un cinque e confrontandosi gli autografi.
Con un grande sorriso, Saint-Germain inspirò profondamente e si girò a guardare i gemelli. — Ve l'avevo detto che sono famoso.
— E lo sarai ancora di più, da morto, se non ci leviamo presto di torno — ribatté Scathach.
— Ci siamo quasi — borbottò il Conte. Attraversando gli Champs-Elysées li condusse in un'altra stradina laterale e poi imboccò uno stretto vicolo selciato che si incuneava sul retro degli edifici, in mezzo ad alte mura. Fermandosi a metà strada, infilò una chiave in un'anonima porta,- il legno era sudicio e scheggiato, con la vernice che si scrostava e ne scopriva qua e là la superficie butterata.
— Potrei suggerirti un ingresso nuovo? — lo canzonò Scathach.
— Ma questo è nuovo. — Saint-Germain sorrise. — Il legno rovinato è solo una facciata. In realtà all'interno c'è una lamina d'acciaio massiccio con una serratura di massima sicurezza. — Si scostò per lasciar passare i gemelli. — Accomodatevi, fate come se foste a casa vostra.
Sophie e Josh varcarono la soglia e rimasero un po' delusi da quello che si trovarono di fronte: un piccolo cortile e un edificio a quattro piani; ai due lati, alte mura sormontate da chiodi separavano la casa dalle abitazioni adiacenti. Si erano aspettati qualcosa di esotico o scenografico, ma c'era solo un giardino trascurato e invaso dalle erbacce. Un'enorme e orribile vasca per gli uccelli occupava il centro del cortile, ma al posto dell'acqua c'erano solo foglie morte e i resti di un nido. Tutte le piante dei vasi che circondavano la fontana centrale erano morte o appassite.
— Il giardiniere non c'è — spiegò Saint-Germain senza un'ombra di imbarazzo — e io decisamente non ho il pollice verde. — Alzò la mano destra e allargò le dita. Su ognuna si accese una fiamma di colore diverso. Sorrise, e le fiamme colorate gli tinsero il viso di ombre tremolanti. — La mia specialità è un'altra.
Scathach si fermò all'ingresso, scrutò il vicolo nelle due direzioni e piegò la testa, in ascolto. Quando si convinse che nessuno li aveva seguiti, chiuse la porta e girò la chiave. La serratura scattò con un suono rassicurante.
— Come ci troverà Flamel? — domandò Josh. Anche se non si fidava dell'Alchimista e aveva un po' timore di lui, si sentiva perfino più nervoso con Saint-Germain intorno.
— Gli ho lasciato una piccola guida — spiegò il Conte.
— Starà bene? — chiese Sophie a Scathach.
— Sono sicura di sì — rispose la Guerriera, anche se il tono della voce e l'espressione degli occhi tradivano i suoi timori. Si stava allontanando dall'ingresso quando di colpo si irrigidì, la bocca spalancata, i denti da vampiro esposti e terrificanti.
La porta sul retro della casa si era aperta all'improvviso e una figura si era affacciata nel cortile.
A un tratto, l'aura d'argento di Sophie divampò e la ragazza arretrò sbigottita, finendo addosso al fratello; il contatto risvegliò anche l'aura di Josh, che si accese in un crepitio di scintille, incorniciando d'oro e di bronzo il corpo del ragazzo. Mentre si tenevano stretti, accecati dall'oro e dall'argento delle rispettive aure, i gemelli sentirono Scathach gridare. Era il suono più terrificante che avessero mai udito.