CAPITOLO TRENTACINQUE
Josh continuava a guardarsi alle spalle, cercando di orientarsi. Si stava allontanando sempre di più dalla casa di Saint-Germain e temeva di perdersi. Ma non poteva tornare indietro, non poteva lasciare Scatty a quella creatura. E finché riusciva a individuare l'Arco di Trionfo in fondo agli Champs-Elysées, pensava di riuscire a tornare a casa. In alternativa, doveva solo seguire il flusso continuo di macchine della polizia, carri dei pompieri e ambulanze che sfrecciavano sulla strada principale in direzione opposta alla sua.
Cercava di non pensare troppo a quello che stava facendo - inseguire una specie di dinosauro per le strade di Parigi - altrimenti avrebbe rischiato di fermarsi, e Scatty sarebbe... be', non era sicuro di ciò che sarebbe successo a Scatty. Niente di buono, in ogni caso.
Seguire Nidhogg era la cosa più semplice del mondo. La creatura correva in linea retta, avanzando rumorosamente per le innumerevoli strade secondarie parallele agli Champs-Elysées. Si lasciava alle spalle una scia di devastazione, trasformando in rottami contorti le macchine parcheggiate. Sfrecciando in un vicolo più stretto degli altri, sfondò con la coda l'ingresso di alcuni negozi, infrangendone le vetrine. Gli allarmi antifurto si aggiunsero alla caos generale.
All'improvviso, un barlume bianco attirò l'attenzione di Josh. Il ragazzo aveva intravisto quella figura bianca fuori dalla casa di Saint-Germain. Era uno dei guardiani del mostro, intuì. A quanto pareva, anch'essi lo stavano inseguendo... e ciò significava una cosa sola: ne avevano perso il controllo.
Josh guardò in alto, cercando di capire che ora fosse. Il cielo stava schiarendo: l'alba era prossima. Cosa sarebbe successo quando la città, al suo risveglio, avrebbe scoperto che un mostro preistorico imperversava per le strade? Sarebbe scoppiato il panico, e senza dubbio i parigini terrorizzati avrebbero invocato l'intervento dell'esercito. Josh aveva colpito il mostro con la spada e non gli aveva fatto nulla, e aveva l'orribile sensazione che le pallottole sarebbero state altrettanto inutili.
Le strade si restrinsero ulteriormente, e la creatura fu costretta a rallentare sbattendo contro i muri. Josh scoprì che stava per raggiungere la figura vestita di bianco; pensava che fosse un uomo, ma non poteva dirlo con certezza. Si accorse di stare correndo con facilità, senza neanche il fiato grosso, e ne attribuì il merito ai mesi di allenamento per il football. Le scarpe da ginnastica non facevano rumore sul selciato, e il ragazzo suppose che la figura vestita di bianco non avesse il minimo sospetto di essere seguita. Dopotutto, chi sarebbe stato tanto pazzo da correre dietro a un mostro, armato soltanto di una spada? Avvicinandosi, però, vide che anche la figura impugnava una spada in una mano e qualcosa di simile a un grosso martello nell'altra. Riconobbe l'arma grazie alle lunghe partite a World of Warcraft: era un maglio da guerra, una feroce e violenta variante della mazza ferrata. Avvicinandosi ancora di più, scoprì che il guardiano indossava una cotta di maglia di ferro, gambali metallici e un elmo rotondo con una goletta a protezione del collo. Chissà perché, la cosa non lo sorprese.
Poi, bruscamente, la figura mutò. Il guerriero corazzato si trasformò in una giovane donna dai capelli biondi, vestita con un giubbotto di pelle, jeans e un paio di stivali. Solo la spada e il maglio da guerra continuavano a rivelarne la natura straordinaria.
La donna scomparve dietro un angolo. Josh rallentò: non voleva andarle a sbattere contro. E intuì che probabilmente lei non era affatto giovane come sembrava.
Ci fu un'esplosione di mattoni e di vetro, e il ragazzo affrettò il passo, girò l'angolo e si fermò. Nidhogg era bloccato nel vicolo. Josh avanzò con cautela,- il vicolo imboccato dal mostro sembrava diritto come tutti gli altri, ma in realtà si restringeva con una curva sul fondo, e i due palazzi che lo costeggiavano ai lati sporgevano con i piani superiori sopra il marciapiede. Il mostro era andato a sbattere contro l'apertura, demolendo un blocco di entrambi gli edifici, e mentre spingeva per continuare la sua corsa si era ritrovato incastrato. Scuotendosi in ogni direzione, Nidhogg provocava una pioggia di mattoni e vetro sulla strada. Ci fu un rapido movimento in una finestra vicina, e apparve la faccia di un uomo che sbirciava giù, con gli occhi e la bocca spalancati dall'orrore, impietrito alla vista del mostro fuori dalla sua finestra. Un lastrone di calcestruzzo delle dimensioni di un divano piombò sulla testa di Nidhogg, che non sembrò nemmeno farci caso.
Josh non aveva idea di cosa fare. Doveva arrivare a Scatty, ma ciò significava girare intorno al mostro, e non c'era lo spazio necessario. Osservò la donna bionda correre in fondo al vicolo e balzare senza un attimo di esitazione sulla groppa della creatura, arrampicandosi agilmente fin quasi alla testa, con le armi pronte.
"Vuole uccidere il mostro" stabilì Josh con un'ondata di sollievo. E dopo, forse, lui sarebbe riuscito a recuperare Scatty.
Seduta a cavalcioni sull'ampio collo della creatura, la donna si sporse verso il basso e sferrò un colpo in direzione del corpo di Scathach, che pareva senza vita.
Il grido d'orrore di Josh si perse nel lamento delle sirene.
— Signore, ci hanno appena riferito di un... incidente. — Un agente di polizia cereo in viso consegnò il telefono a Machiavelli. — L'ufficiale della RAID vuole parlare con lei personalmente.
Dee prese il poliziotto per un braccio e lo costrinse a girarsi. — Che succede? — domandò, mentre Machiavelli ascoltava attentamente la telefonata tappandosi un orecchio con un dito.
— Non ne sono sicuro, signore. Un errore, certamente. — Il poliziotto tentò una risata incerta. — Poco lontano da qui, la gente riferisce che c'è... un mostro incastrato in un palazzo. Impossibile, lo so... — La voce dell'uomo si spense quando, voltandosi, vide un grosso squarcio aperto sul fianco di quella che una volta era una massiccia casa di tre piani.
Machiavelli lanciò il telefono al poliziotto. — Mi procuri un'auto.
— Un'auto?
— Un'auto e una mappa della città.
— Sissignore. Può prendere la mia.
Il poliziotto era stato uno dei primi a presentarsi sulla scena in seguito a decine di chiamate da parte di cittadini allarmati. Aveva individuato Machiavelli e Dee che sbucavano di corsa dal vicolo da cui proveniva tutto quel chiasso e li aveva fermati, convinto che fossero coinvolti in qualche modo nell'esplosione che gli era stata riferita. La spavalderia con cui li aveva bloccati, però, si era trasformata in sgomento quando aveva scoperto che l'uomo con i capelli bianchi, i vestiti strappati e sporchi di fango era il capo della DGSE.
L'agente porse a Machiavelli le chiavi della macchina e una vecchia mappa Michelin di Parigi, tutta spiegazzata. — Mi dispiace, non ho altro.
L'italiano afferrò gli oggetti in malo modo. — Può andare. — Fece un gesto verso la strada. — Diriga il traffico. Non lasci avvicinare nessuno alla casa, nemmeno la stampa. È chiaro?
— Sissignore. — Il poliziotto corse via, grato di avere ancora il suo lavoro; nessuno voleva pestare i piedi a uno degli uomini più potenti di Francia.
Machiavelli distese la cartina sul cofano della macchina. — Ora siamo qui — spiegò a Dee. — Nidhogg si sta dirigendo a est, ma a un certo punto dovrà attraversare gli Champs-Elysées per raggiungere il fiume. Se continua a correre da questa parte, ho idea che molto probabilmente sbucherà fuori — infilzò il dito sulla cartina — qui... più o meno.
I due uomini salirono nella piccola automobile e Machiavelli si guardò intorno per un attimo, cercando di orientarsi. Non riusciva a ricordare l'ultima volta che aveva guidato,- a quello aveva sempre pensato Dagon. Alla fine, facendo stridere pesantemente il cambio, riuscì a mettere in moto, e con un'inversione vietata che rasentò il testacoda partì alla volta degli Champs-Elysées, lasciando il segno delle gomme sul selciato.
Dee sedeva in silenzio sul lato del passeggero, una mano stretta sulla cintura, l'altra aggrappata al cruscotto. — Chi ti ha insegnato a guidare? — chiese, con voce incrinata, mentre sobbalzavano sul marciapiede.
— Karl Benz — rispose Machiavelli. — Molto tempo fa.
— E quante ruote aveva la macchina?
— Tre.
Dee chiuse gli occhi mentre attraversavano sparati un incrocio, mancando di un soffio un camion della pulizia stradale. — E che facciamo quando avremo raggiunto Nidhogg? — chiese, concentrandosi sul problema e sforzandosi di non pensare alla pessima guida di Machiavelli.
— Questo è un problema tuo — replicò l'italiano. — Dopotutto, sei stato tu a liberarlo.
— Ma sei stato tu a invitare le Disir. Perciò è anche colpa tua.
Machiavelli frenò di scatto, slittando e facendo stridere le gomme. La macchina sbandò di lato e il motore si spense.
— Perché ci siamo fermati? — domandò Dee.
Machiavelli indicò fuori dal finestrino. — Ascolta.
— Non sento niente, a parte le sirene.
— Sta arrivando qualcosa. — L'italiano indicò a sinistra. — Laggiù.
Dee aprì il finestrino. Oltre alle sirene della polizia, delle ambulanze e dei vigili del fuoco, udirono un rumore di pietre sgretolate e mattoni che crollavano, insieme al suono stridulo del vetro che si infrangeva...
Josh rimase a guardare, impotente, la donna che cercava di colpire Scatty.
All'improvviso Nidhogg scrollò le spalle, cercando di nuovo di liberarsi dall'edificio in cui si era incastrato, e la lama mancò il bersaglio, sibilando pericolosamente vicina alla testa della Guerriera. Arrampicandosi un po' più in alto sul grosso collo del mostro, la donna si aggrappò a una piega di pelle spessa, si sporse davanti a un grosso occhio immobile e tentò un altro affondo. Ma la creatura si mosse di nuovo e la spada la colpì sul braccio, vicino all'artiglio che serrava Scathach. Il mostro non reagì, ma Josh vide quanto la lama fosse caduta vicino a Scatty. La donna si sporse di nuovo, e stavolta, Josh lo sapeva, avrebbe colpito il bersaglio.
Doveva fare qualcosa! Era l'unica speranza di Scatty. Non poteva starsene lì a guardare mentre veniva uccisa. Si mise a correre. Quando aveva colpito la creatura di piatto, in casa, non era successo niente; ma quando aveva conficcato la punta della spada nella pelle coriacea...
Impugnando Clarent con tutte e due le mani, come gli aveva insegnato Jeanne, Josh prese un'ultima rincorsa e si lanciò sulla creatura. Un attimo prima di conficcare la lama nella coda del mostro, sentì la spada ronzargli tra le mani.
Un improvviso calore fluì sulle sue braccia e gli scoppiò nel petto. L'aria si riempì di un profumo pungente di arance e la sua aura divampò d'oro, per affievolirsi poi subito dopo in un bagliore rossastro, lo stesso che emanava dalla spada conficcata nella pelle spessa e nodosa della creatura.
Josh fece ruotare Clarent e la liberò.
Sulla pelle di Nidhogg bruciava una ferita rosso acceso, che subito cominciò a indurirsi in una crosta nera. Ci volle qualche secondo perché la sensazione attraversasse tutto il sistema nervoso primitivo della creatura. Poi Nidhogg si impennò bruscamente sulle zampe posteriori, sibilando e stridendo dal dolore. Si liberò con uno strattone dal palazzo, e l'improvvisa pioggia di mattoni, tegole e travi fece arretrare Josh, che cadde a terra e si coprì la testa.
La mossa inattesa del mostro, però, aveva quasi disarcionato anche la donna. Josh la vide vacillare e perdere il maglio da guerra, aggrappandosi disperatamente per non finire sotto le grosse zampe. Disteso a terra, con i mattoni che gli piovevano intorno, il ragazzo notò che la spessa crosta nera della ferita cominciava a diffondersi e a risalire la coda del mostro. Con un ultimo strattone, Nidhogg riuscì a sfondare l'angolo del palazzo e si lanciò in avanti, sbucando sugli Champs- Elysées.
Sollevato, Josh vide che la sagoma floscia di Scatty era ancora stretta tra i suoi artigli anteriori.
Con un profondo respiro, si rimise goffamente in piedi e ghermì la spada. E subito si sentì inondare da una vibrante scossa di potere, che amplificò tutti i suoi sensi. Vacillò per un attimo mentre il potere grezzo lo caricava di energia; poi si girò e si tuffò di nuovo all'inseguimento del mostro. Non si era mai sentito meglio. L'alba non era ancora del tutto sorta, ma il ragazzo ci vedeva benissimo lo stesso, anche se i colori erano un po' smorzati. Riusciva a percepire la miriade di odori della città dietro il fetore rancido della creatura. Aveva un udito così acuto da riuscire a cogliere distintamente tutte le varie sirene dei diversi mezzi d'emergenza, identificando perfino le singole auto. Attraverso la suola di gomma delle scarpe da ginnastica, sentiva le irregolarità del selciato sotto i suoi piedi. Mosse la spada davanti a sé. La lama emise un gemito tetro e ronzante, e subito Josh immaginò di poter udire dei sussurri lontani, di distinguere parole che riusciva quasi a comprendere. Per la prima volta in vita sua, si sentiva veramente vivo: e capì che Sophie si era sentita nello stesso modo quando era stata risvegliata. Ma lei era rimasta atterrita e confusa dalle sensazioni... lui invece ne era esaltato. Voleva tutto ciò, più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Dagon sbucò nel vicolo, raccolse il maglio da guerra della Disir e corse dietro al ragazzo.
Aveva visto il bagliore della sua aura e capito che era davvero potente, ma non era ancora convinto che i due fossero davvero i gemelli della leggenda. L'Alchimista e perfino Dee sembravano convinti di sì, ma Dagon sapeva che anche Machiavelli - uno degli homines più brillanti con cui si fosse mai alleato - nutriva dubbi al riguardo, e quel poco che aveva appena visto non era abbastanza per convincerlo. Le aure d'oro e d'argento erano rare, ma non quanto quella nera; nel corso delle varie epoche, Dagon aveva incontrato almeno quattro coppie di gemelli con aure del sole e della luna, oltre che dozzine di singoli.
Ma quello che né Dee né Machiavelli sapevano era che lui aveva visto i gemelli originari. Era rimasto a Danu Talis fino all'ultimo, per la Battaglia Finale. In quel giorno fatidico aveva indossato l'armatura di suo padre: tutti sapevano che il destino dell'isola era incerto. Come tutti gli altri, si era accovacciato con orrore mentre le luci d'argento e d'oro fiammeggiavano in cima alla Piramide del Sole, in un'esplosione di potere primordiale. Le magie dementali avevano devastato l'antico paesaggio, spaccando l'isola nel cuore del mondo.
Dagon non dormiva quasi più; non possedeva nemmeno un letto. Come uno squalo, riusciva a dormire in movimento. Sognava di rado, ma, quando lo faceva, i sogni erano sempre gli stessi: un vivido incubo dell'epoca in cui i cieli divampavano di luci d'oro e d'argento e il mondo era finito.
Aveva trascorso molti anni al servizio di Machiavelli. Nel corso di quei secoli aveva visto meraviglie e orrori, e insieme avevano assistito ad alcuni dei momenti più interessanti e significativi della storia recente del pianeta.
E Dagon stava cominciando a pensare che quella notte sarebbe stata una delle più memorabili.
— Ecco uno spettacolo che non si vede tutti i giorni — borbottò Dee.
Il Mago e Machiavelli osservarono Nidhogg che sfondava un edificio alla sinistra degli Champs-Elysées, investiva gli alberi che costeggiavano la strada e caracollava in avanti. Aveva ancora la Guerriera dai capelli rossi tra gli artigli, e la Disir abbarbicata sulla groppa. I due immortali osservarono la grossa coda ondeggiante che riduceva una serie di semafori a un cumulo di ferraglia, mentre la creatura imboccava un'altra strada.
— Va verso il fiume — disse Machiavelli.
— Che sarà successo al ragazzo?
— Forse si è perso, oppure Nidhogg l'ha schiacciato.
In quel momento Josh sbucò nell'ampio viale, scavalcando gli alberi sradicati. Guardò a destra e sinistra, ma non c'era traffico, e non degnò nemmeno di un'occhiata la macchina della polizia parcheggiata malamente sul marciapiede. Attraversò di corsa il viale, con la spada fumante di vapore dorato tra le mani.
— Il ragazzo è un vincente — commentò Dee, con ammirazione. — Ha fegato.
Qualche secondo dopo, anche Dagon sbucò fuori dalla strada secondaria. Aveva un maglio da guerra in mano. Scorgendo Dee e Machiavelli, sollevò l'-altra mano in quello che avrebbe potuto essere un saluto, o un addio.
— E adesso? — domandò Dee.
Machiavelli girò la chiave nel cruscotto e inserì la prima. La macchina sobbalzò in avanti; il motore gemette mentre l'italiano schiacciava l'acceleratore. — Rue de Marignan sbuca su Avenue Montaigne. Dovremmo riuscire ad arrivarci prima di Nidhogg. — E accese la sirena.
— Forse potresti cambiare marcia — suggerì Dee, piegando la labbra in un sorriso impercettibile. — Vedrai che così la macchina andrà più veloce.