CAPITOLO QUARANTASEI
Josh Newman si fermò e deglutì. Da un momento all'altro avrebbe potuto vomitare. Anche se sottoterra l'aria era fredda e umida, sudava lo -, aveva i capelli appiccicati al cranio, la maglietta gelida e incollata lungo la schiena. Non era semplicemente spaventato o terrorizzato: era pietrificato.
Scendere nelle fogne era stato già di per sé una brutta esperienza. Dee aveva strappato il tombino da terra senza il minimo sforzo, e si erano tutti tirati indietro quando un'orribile ventata di gas fetido si era liberata in strada. Quando si era dispersa, Dee si era infilato nell'apertura, seguito da Josh e poi da Machiavelli. Dopo aver sceso una corta scaletta metallica, si erano ritrovati in un tunnel talmente basso e angusto da costringerli a marciare in fila indiana, con il solo Dee in grado di camminare a testa alta.
Il tunnel digradò, e Josh trasalì quando un'ondata di acqua gelida gli investì le scarpe da ginnastica. L'odore era disgustoso, e il ragazzo cercò con tutte le sue forze di non pensare a quello che probabilmente stava attraversando. La puzza sulfurea mascherò per un attimo gli odori della fogna, quando Dee creò un globo di fredda luce che rimase a nell'aria a una trentina di centimetri di fronte al Mago, tingendo l'interno del tunnel arcuato di una luce cinerea e di ombre impenetrabili.
Mentre continuavano ad avanzare sguazzando, Josh sentì una specie di scalpiccio e intravide degli scintillanti puntini di luce rossa che si muovevano nell'oscurità. Sperò che fossero solo ratti. — Non mi piacciono molto gli spazi stretti — disse, e le sue parole riecheggiarono distorte nel tunnel.
— Nemmeno a me — concordò Machiavelli. — Ho passato un po' di tempo in prigione, molti anni fa. Non l'ho mai dimenticato.
— Era paragonabile a questo? — chiese Josh.
— Era peggio. — Machiavelli camminava alle spalle del ragazzo, e si sporse in avanti per aggiungere: — Cerca di stare calmo. È solo un condotto di manutenzione; raggiungeremo le fogne vere e proprie tra qualche momento.
Josh trasse un respiro profondo, e il fetore gli procurò un conato di vomito. Doveva ricordarsi di respirare solo con la bocca. — Servirà a qualcosa? — mugugnò a denti stretti.
— Le fogne di Parigi rispecchiano le strade sovrastanti — spiegò Machiavelli. — Quelle più vaste superano i quattro metri e mezzo di altezza.
Era vero. Qualche attimo più tardi sbucarono dall'angusto tunnel di servizio in un ampio ambiente dal soffitto alto e a volta, in cui avrebbero potuto circolare anche le auto. Le pareti erano bene illuminate e ricoperte di tubature di vario spessore. Da qualche parte in lontananza, l'acqua gorgogliava.
Josh sentì allentarsi un po' la morsa della claustrofobia. Sophie qualche volta aveva paura dei grandi spazi aperti; lui di quelli angusti e chiusi. Agorafobia e claustrofobia. Il ragazzo inspirò a fondo; l'aria era ancora gravida di cattivi odori, ma almeno era respirabile. Si portò la maglietta alla faccia e annusò: puzzava. Quando sarebbe uscito di lì - se fosse uscito di lì - avrebbe dovuto bruciare tutto, inclusi i jeans firmati che Saint-Germain gli aveva regalato. Ma poi abbassò la maglietta in fretta e furia: per poco non aveva scoperto la busta che aveva intorno al collo, quella con le pagine del Codice. Qualunque cosa fosse successa, era deciso a non cedere le pagine a Dee, almeno finché non fosse stato sicuro che le ragioni del Mago inglese erano giuste. — Dove siamo? — chiese, girandosi a guardare Machiavelli.
Dee intanto si era spostato al centro della fogna, con il globo di luce bianca che roteava sul palmo della sua mano distesa.
L'italiano si guardò intorno. — Non ne ho idea — ammise. — Ci sono circa duecentodieci chilometri di fogne. Più o meno, centotrenta miglia — tradusse a beneficio di Josh. — Ma non ti preoccupare, non ci perderemo. Basta seguire i cartelli stradali.
— Cartelli stradali nelle fogne?
Machiavelli sorrise. — Le fogne di Parigi sono una delle grandi meraviglie di questa città.
— Venite! — La voce di Dee risuonò forte, riecheggiando sulle pareti.
— Lei sa dove stiamo andando? — chiese ancora Josh a Machiavelli. Sapeva per esperienza che aveva bisogno di distrarsi; se si metteva a pensare ai tunnel e al peso della terra sopra la sua testa, la claustrofobia lo avrebbe ridotto uno straccio.
— Stiamo scendendo nella parte più profonda e antica delle catacombe. È lì che sarai risvegliato.
— Conosce chi stiamo per incontrare?
Il volto solitamente impassibile dell'italiano guizzò in una smorfia. — Sì, ma solo di fama. Non l'ho mai visto di persona. — Avvicinò la bocca all'orecchio di Josh e abbassò la voce a poco più di un sussurro. — Non è troppo tardi per tirarsi indietro.
Il ragazzo sgranò gli occhi, sorpreso. — Dee non sarebbe contento di sentirglielo dire.
— Probabilmente no — concordò l'italiano, con un sorriso ironico.
Josh era confuso. Dee aveva detto che Machiavelli non gli era amico, ed era palese che i due uomini non andavano d'accordo. — Pensavo che voi due foste dalla stessa parte.
— Siamo tutti e due al servizio degli Antichi Signori, è vero... ma io non ho mai approvato i suoi metodi.
Davanti a loro, Dee imboccò un tunnel più piccolo e si fermò di fronte a una stretta porta metallica chiusa con un grosso lucchetto. Frugò la superficie del lucchetto con la punta delle dita, fetide di energia gialla, e aprì. — Svelti — chiamò, impaziente.
— Questa... persona che stiamo per incontrare può davvero risvegliare i miei poteri? — chiese il ragazzo.
— Non ho dubbi al riguardo — rispose Machiavelli. — Il Risveglio è così importante per te?
Josh si rese conto che l'italiano lo stava studiando attentamente. — Mia sorella gemella è stata risvegliata — spiegò. — Io voglio... ho bisogno che i miei poteri siano risvegliati, perché torniamo a essere di nuovo uguali. — Scrutò l'uomo alto e canuto. — Ha senso, secondo lei?
Machiavelli annuì, il volto atteggiato a una maschera imperscrutabile. — Ma è l'unico motivo?
Il ragazzo lo osservò per un lungo momento prima di distogliere lo sguardo. Machiavelli aveva ragione; quello non era l'unico motivo. Impugnando Clarent, aveva sperimentato un barlume di quello che si doveva provare a essere risvegliati; per pochi attimi si era sentito veramente vivo, si era sentito completo. Più di ogni altra cosa al mondo, voleva sperimentare di nuovo quella sensazione.
Dee li condusse in un altro tunnel, perfino più stretto del primo. Josh si sentì serrare lo stomaco, e il cuore cominciò a battergli forte. Il tunnel digradava svoltando più e più volte in una serie di scalette. Le pietre lì erano più vecchie e i gradini irregolari, e le pareti morbide si sgretolavano ogni volta che le sfioravano passando. In alcuni punti il tunnel era talmente stretto che Josh dovette mettersi di fianco per riuscire a passare. Quando rimase bloccato in un angolo particolarmente angusto, il panico cominciò subito a montargli nel petto.
Dee allora lo prese per un braccio e con uno strattone lo liberò, senza tanti complimenti, strappandogli un lungo lembo di stoffa dal dorso della maglietta.
— Ci siamo quasi — borbottò. Alzò un poco il braccio, e la sfera di luce si alzò nell'aria, rivelando le pareti bucherellate.
— Aspetti un secondo, mi faccia riprendere fiato. — Josh si piegò, con le mani sulle ginocchia, e respirò profondamente. Si rese conto che, finché si concentrava sulla sfera di luce e non pensava alle pareti e al soffitto che gli si chiudevano intorno, riusciva a stare bene.
— Come fa a sapere dove stiamo andando? — chiese col fiato grosso. — C'è già stato?
— Una volta... molto tempo fa — confermò Dee, con un sorriso. — In questo momento, mi limito a seguire la luce. — Il bagliore della sfera trasformò il ghigno del Mago in qualcosa di terrificante.
Josh si ricordò un trucco che gli aveva insegnato l'allenatore di football. Poggiò le mani sullo stomaco, strinse forte e inspirò raddrizzandosi. La sensazione di nausea si affievolì immediatamente. — Chi dobbiamo incontrare? — chiese.
— Devi avere pazienza. — Dee scrutò oltre le spalle di Josh, nel punto in cui si trovava Machiavelli. — Sono sicuro che il nostro amico italiano sarà d'accordo. Uno dei grandi vantaggi dell'immortalità è che si impara la pazienza. C'è un detto: «Le cose buone arrivano a chi sa aspettare».
— Non sono sempre buone — mugugnò Machiavelli.
Alla fine del tunnel c'era una bassa porta di metallo.
Sembrava che non venisse aperta da decenni, e la ruggine l'aveva saldata al muro di calcare, macchiando la pietra candida con il colore del sangue rappreso.
La sfera di luce ondeggiava nell'aria mentre Dee seguiva con l'indice che sprizzava energia il profilo della porta, staccandola dal telaio. La puzza di zolfo soffocò nuovamente quella delle fogne.
— Che c'è dall'altra parte? — chiese Josh. Ora che teneva la paura più sotto controllo, cominciava a sentirsi un po' eccitato. Dopo il Risveglio sarebbe riuscito a fuggire e a tornare da Sophie. Si girò a guardare Machiavelli, ma l'italiano scosse la testa e indicò Dee.
L'inglese strappò la porta dal telaio. La pietra morbida si sgretolò, sbriciolandosi intorno. — Se ho ragione - e io non sbaglio quasi mai - da questa parte ci sono le catacombe di Parigi. — Appoggiò la porta al muro ed entrò nell'apertura.
Josh abbassò la testa per seguirlo. — Non ne ho mai sentito parlare.
— Poche persone al di fuori di Parigi le conoscono. Eppure, insieme alle fogne, sono una delle meraviglie della città — disse Machiavelli. — Oltre duecentocinquanta chilometri di misteriose e labirintiche gallerie. Un tempo erano cave di calcare. E adesso sono piene... di ossa.
Josh varcò l'apertura, si raddrizzò e si guardò intorno. Qualcosa si mosse in fondo al suo stomaco. Il ragazzo deglutì, scacciando il sapore acido che gli era salito in gola. Direttamente davanti a lui, fin dove la penombra del tunnel gli consentiva di spingere lo sguardo, le pareti, i soffitti curvi e perfino il pavimento erano realizzati con ossa umane.