CAPITOLO VENTUNO
Il grido stremato di Sophie strappò Josh da un sonno profondo e senza sogni, scaraventandolo fuori dal letto e lasciandolo lì, barcollante, a cercare di orientarsi nel buio.
Sophie gridò di nuovo, un suono roco e terrorizzante. Muovendosi a tentoni, Josh sbatté con le ginocchia su una sedia prima di individuare la porta, visibile solo per via della sottile striscia di luce che filtrava dalla soglia. Sua sorella era nella stanza in fondo al corridoio.
Quando Saint-Germain li aveva accompagnati al piano di sopra, li aveva lasciati liberi di scegliere quale stanza occupare. Sophie aveva subito scelto quella affacciata sugli Champs-Elysées - dalla finestra, oltre il profilo dei tetti, si vedeva anche l'Arco di Trionfo - mentre Josh aveva preferito la stanza opposta, in fondo al corridoio, che dava sul giardino inaridito del retro. Le camere erano piccole, col soffitto basso e le pareti irregolari e leggermente oblique, ma ognuna aveva il proprio bagno, provvisto di una minuscola cabina doccia. Il rubinetto aveva solo due posizioni: freddo polare o caldo bollente, e quando Sophie aveva fatto scorrere l'acqua nella sua stanza, la doccia di Josh aveva smesso di funzionare. Il ragazzo aveva promesso alla sorella di andare da lei dopo essersi lavato e cambiato, ma quando si era seduto sul letto era crollato quasi all'istante, piombando in un sonno esausto.
Sophie gridò per la terza volta, un singulto tremante che fece venire a Josh le lacrime agli occhi.
Il ragazzo spalancò la porta e si precipitò nel corridoio. Aprì la porta della stanza di sua sorella... e si fermò.
Jeanne era seduta sul bordo del letto di Sophie e le teneva una mano tra le sue. Non c'erano luci accese, però non era totalmente buio. La mano di Jeanne brillava di una fredda luce, come se indossasse un guanto d'argento fuso. Sotto gli occhi di Josh, la mano di Sophie assunse la stessa consistenza e lo stesso colore. L'aria profumava di vaniglia e lavanda.
Jeanne si voltò a guardare Josh. Il ragazzo trasalì nel vedere che gli occhi dell'immortale erano due monete d'argento. Fece per avvicinarsi al letto, ma la donna si portò un dito alle labbra e scosse leggermente la testa, ordinandogli di non parlare. Il bagliore dei suoi occhi svanì.
— Tua sorella sta sognando — disse Jeanne. — L'incubo sta già passando. Non tornerà — promise.
Josh sentì un cigolio alle sue spalle e si voltò.
Il conte di Saint-Germain stava scendendo per una scala stretta in fondo al corridoio. — Mia moglie si prenderà cura di tua sorella. Vieni via.
Josh scosse la testa. — Dovrei restare. — Non voleva lasciare Sophie da sola con quella strana donna, eppure l'istinto gli diceva che Jeanne non le avrebbe mai fatto del male.
— Non puoi fare niente per lei — disse Saint-Ger- main. — Vestiti e vieni in soffitta, nel mio studio. — Si girò e scomparve di nuovo su per le scale.
Josh lanciò un ultimo sguardo a Sophie. Adesso riposava tranquilla, la respirazione era tranquilla e le erano anche scomparsi i cerchi scuri sotto agli occhi.
— Ora vai — esclamò Jeanne. — Devo dire alcune cose a tua sorella. Cose personali.
— Ma sta dormendo...
— Io le dirò lo stesso — mormorò la donna. — E lei mi sentirà.
Tornato nella sua stanza, Josh si vestì in fretta. Qualcuno aveva lasciato un fagotto di vestiti su una sedia sotto la finestra: biancheria intima, jeans, magliette e calzini. Si infilò un paio di jeans neri firmati e una maglietta di seta nera, si rimise le scarpe e gettò un'occhiata allo specchio. Non riuscì a trattenere un sorriso; non avrebbe mai immaginato di poter indossare vestiti così costosi. In bagno scartò uno spazzolino nuovo dalla confezione e si lavò i denti, si sciacquò la faccia con l'acqua fredda e si passò le dita tra i capelli biondi, un po' troppo lunghi, tirandoseli all'indietro. Quando si allacciò l'orologio rimase scioccato: era domenica, poco dopo la mezzanotte. Aveva dormito per tutto il giorno e parte della notte.
Uscito dalla sua stanza si fermò davanti alla porta della sorella e guardò nella camera. Il profumo di lavanda era così intenso da fargli lacrimare gli occhi. Sophie giaceva immobile sul letto, il respiro regolare e armonioso. Jeanne le stava accanto e le teneva la mano, mormorando in una lingua che lui non comprendeva. La donna voltò la testa lentamente e lo guardò: gli occhi erano di nuovo due piatti dischi d'argento, senz'ombra di bianco o di pupilla,- quindi tornò a rivolgersi a Sophie.
Josh le fissò per un momento prima di allontanarsi. Quando la Strega di Endor aveva istruito Sophie nella Magia dell'Aria, lo avevano allontanato; e adesso era successo di nuovo. Stava cominciando a comprendere, ormai, che in quel nuovo mondo magico non c'era posto per uno come lui, privo di poteri.
Salì lentamente la stretta scala a chiocciola che conduceva allo studio di Saint-Germain. Non si era aspettato niente di preciso, ma quella stanza vasta, luminosa, tutta di legno bianco e acciaio cromato lo lasciò a bocca aperta. La soffitta occupava l'intera superficie della casa ed era stata ristrutturata in un unico e vasto open space, con una finestra ad arco affacciata sugli Champs-Elysées.
C'erano strumenti musicali ed elettronici dappertutto, ma di Saint-Germain nemmeno l'ombra.
A destra, a ridosso del muro, c'era un lungo tavolo che correva da un lato all'altro dello studio e traboccava di computer di ogni genere, schermi di tutte le forme e dimensioni, sintetizzatori, mixer, tastiere e percussioni elettroniche.
Sul lato opposto della stanza c'era un trio di chitarre elettriche appollaiato su dei cavalietti, mentre intorno a un gigantesco schermo a cristalli liquidi era disposto un assortimento di tastiere.
— Come stai? — chiese Saint-Germain.
Josh ci mise qualche secondo per individuare da dove venisse la voce; l'immortale era carponi sotto al tavolo, con un fascio di cavi tra le mani. — Bene — rispose il ragazzo, e si sorprese nel constatare che era vero. Era da parecchio che non si sentiva così. — Non mi ricordo nemmeno di essermi messo a letto...
— Eravate tutti e due esausti, fisicamente e mentalmente. Pare che le porte d'energia prosciughino le forze fino all'ultima goccia. Non che io ne abbia mai usata una — disse Saint-Germain. — A dire il vero, mi ha sorpreso vedere che vi reggevate ancora in piedi — mormorò liberandosi dei cavi. — Avete dormito per circa quattordici ore.
Josh si inginocchiò accanto all'immortale. — Cosa sta cercando di fare?
— Ho spostato un monitor e mi è caduto il cavo; non so più quale sia quello giusto.
— Dovrebbe contrassegnarli con lo scotch colorato — suggerì Josh. — Io faccio così. — Drizzando la schiena, raccolse l'estremità del cavo attaccato al monitor e tirò. — È questo. — Il cavo si mosse tra le mani di Saint-Germain.
— Grazie!
Il monitor si accese in un lampo, mostrando una schermata piena di cursori e di manopole.
Saint-Germain si rimise in piedi e si spolverò i vestiti, identici a quelli di Josh. — Ti vanno bene, vedo. E ti stanno anche bene. Dovresti portare più spesso il nero.
— Grazie per i vestiti — replicò il ragazzo. — Però non so come faremo a restituirglieli.
Il Conte rise. — Non sono un prestito, sono un regalo. Non devi darmeli indietro.
Prima che Josh potesse ringraziarlo di nuovo, Saint-Germain pigiò sulla tastiera, e il ragazzo sobbalzò al suono dei pesanti accordi di pianoforte che fuoriuscirono dalle casse nascoste.
— Non ti preoccupare, la soffitta è insonorizzata — lo rassicurò il Conte. — Non sveglierà Sophie.
Josh annuì osservando lo schermo. — Scrive tutta la sua musica al computer?
— Sì, quasi tutta. — Saint-Germain fece vagare lo sguardo per la stanza. — Tutti possono fare musica, adesso,- servono solo un computer, qualche programma, un po' di pazienza e un sacco di immaginazione. Se per il missaggio finale mi servono degli strumenti veri, assumo dei musicisti. Ma riesco a fare qui la maggior parte del lavoro.
— Una volta ho scaricato un programma del genere — ammise Josh. — Ma non ho combinato un granché.
— Che cosa componi?
— Be', non esageriamo... ho fatto solo un po' di musica ambient.
— Fammi sentire qualcosa, mi farebbe piacere.
— Non ho più niente. Ho perso il computer, il cellulare e il lettore MP3 quando l'Yggdrasill è stato distrutto. — Josh si sentiva male al solo pensiero. E la cosa peggiore era che non sapeva esattamente che cosa avesse perduto. — Sono andati a pallino tutti i compiti estivi e tutta la mia musica, una novantina di giga. Avevo dei bootleg grandiosi, non riuscirò mai a recuperarli. — Sospirò. — Ho perso anche centinaia di foto,- tutti i posti in cui siamo stati con mamma e papà. I nostri genitori sono scienziati, perciò abbiamo visto dei posti incredibili.
— E ti sei giocato tutto! Dev'essere dura — commentò Saint-Germain in tono comprensivo. — Niente backup?
L'espressione sofferta che si dipinse sulla faccia di Josh fu una risposta sufficiente.
— Usavi un Mac o un PC?
— Tutti e due, in realtà. Papà usa il PC a casa, ma nella maggior parte delle scuole che abbiamo frequentato Sophie e io c'erano i Mac. Sophie li adora, ma io preferisco i PC perché, se si guasta qualcosa, di solito riesco ad aprirli e ad aggiustarli da solo.
Saint-Germain andò in fondo al tavolo e si mise a frugare sotto. Tirò fuori tre portatili, di marchi e dimensioni diverse, e li allineò sul pavimento. — Prendine uno.
Josh sbarrò gli occhi per la sorpresa.
— Sono tutti PC, e a me non servono. Ormai faccio tutto con i Mac.
Josh guardò Saint-Germain, poi i portatili e poi di nuovo Saint-Germain. Aveva appena incontrato quell'uomo, e lui gli stava offrendo di scegliere tra quei tre computer costosi. Scosse la testa. — Grazie, non posso.
— Perché no?
Josh non sapeva cosa rispondere.
— A te serve un computer, e io te ne sto offrendo uno. Mi farebbe piacere, se accettassi. — Saint-Germain sorrise. — Sono cresciuto in un'epoca in cui fare doni era un'arte, e trovo che in questo secolo la gente non sappia più accettarli con garbo.
— Non so che cosa dire.
— Grazie? — suggerì l'uomo.
Josh fece un largo sorriso. — Sì. Be'... grazie — disse, esitando. — Grazie mille. — Mentre lo diceva, sapeva già quale computer scegliere: il portatile più piccolo e sottile, con lo schermo da undici pollici.
Saint-Germain frugò ancora sotto il tavolo ed estrasse tre cavi, che gettò in terra accanto ai computer. — Io non li uso, e probabilmente non li userà più nessuno. Finirò per regalarli alle scuole locali. Prendi quello che preferisci. Sotto il tavolo troverai anche uno zaino. — Il conte fece una pausa, con gli occhi azzurri scintillanti, e tamburellò con le dita sul computer che Josh stava guardando, quindi aggiunse: — Per quello ho anche una batteria a lunga durata. Era il mio preferito.
— Be', se proprio non li usa...
Saint-Germain fece scorrere il dito sulla superficie
del piccolo portatile, tracciando una linea nella polvere; poi mostrò a Josh il segno nero rimasto sul polpastrello. — Fidati, non li uso.
— Okay... grazie. Cioè, la ringrazio molto. Nessuno mi aveva mai fatto un regalo del genere — disse Josh, raccogliendo il piccolo computer e rigirandoselo tra le mani. — Prendo questo... se è davvero sicuro che...
— Sono sicuro. Ci sono già tutti i programmi, ha anche il wireless e funziona sia in America sia in Europa — disse Saint-Germain. — In più ci trovi anche tutti i miei album, così puoi ricominciare la tua raccolta musicale. Ci trovi anche un filmato del mio ultimo concerto. Guardalo, è forte.
— Lo farò — assicurò Josh, inserendo la spina per ricaricare la batteria.
— Poi dimmi che ne pensi. Puoi essere onesto con me — aggiunse il Conte.
— Davvero?
Saint-Germain ci pensò su per un momento. Poi scosse la testa. — No, non esattamente. Dimmi solo se pensi che sia bravo. Non mi piacciono le recensioni negative, anche se dopo quasi trecento anni dovrei esserci abituato.
Josh aprì il portatile e lo accese. Con un fischio sottile, la macchina riprese vita. Il ragazzo soffiò via la polvere dalla tastiera. Quando lo schermo si accese, comparve l'immagine di Saint-Germain sul palcoscenico, circondato da una dozzina di strumenti. — Ha messo una sua fotografia come sfondo del desktop?
— È una delle mie preferite — si giustificò il Conte.
Josh accennò allo schermo e poi si guardò intorno.
— Sa suonare tutti questi strumenti?
— Sì, tutti. Ho cominciato con il violino molto tempo fa, poi sono passato alla spinetta e al flauto. Ma mi sono tenuto aggiornato con i tempi, imparando sempre nuovi strumenti. Questa è una grande epoca per fare il musicista. E grazie alla tecnologia, finalmente riesco a riprodurre tutti i suoni che ho in testa. — Sfiorò la tastiera con le dita, e il canto di un intero coro uscì dalla casse.
Josh sobbalzò. Le voci erano così nitide che si guardò alle spalle.
— Faccio molte campionature, così in pratica posso usare di tutto. — Saint-Germain tornò a guardare lo schermo, e le sue dita danzarono sulla tastiera. — Non pensi che quei fuochi d'artificio ieri mattina facessero dei suoni grandiosi? Crepitìi. Schiocchi. Forse è ora di comporre un'altra Suite per fuochi d'artificio.
Josh camminò per la stanza, osservando i dischi d'oro incorniciati, i poster autografati e le copertine di CD. — Non sapevo che ne esistesse già una — commentò.
— George Friedric Handel, 1749, Musica per i fuochi d'artificio reali. Che serata! Che musica! — Le dita di Saint-Germain corsero di nuovo sulla tastiera, riempiendo la stanza di una melodia che Josh trovò vagamente familiare, forse perché era stata usata in uno spot televisivo. — Il vecchio George! — esclamò il Conte.
— Non mi è mai piaciuto...
— Invece lei non piace alla Strega di Endor — replicò Josh, esitante. — Come mai?
Saint-Germain sorrise. — Alla Strega non piace mai nessuno. Quanto a me in particolare, non le piaccio perché sono diventato immortale da solo e, a differenza di Nicholas e Perry, non mi servono le formule di un libro per restare tale.
Josh aggrottò la fronte. — Vuole dire che esistono tipi diversi di immortalità?
— Sì. Molti tipi diversi, e molti tipi diversi di immortali. I più pericolosi sono quelli che diventano immortali in cambio della fedeltà a un Antico Signore. Se però cadono in disgrazia, il dono è revocato, naturalmente. — Il conte schioccò le dita, e Josh trasalì.
— Il risultato è l'invecchiamento istantaneo. Un invecchiamento molto radicale. È un ottimo modo per garantirsi la fedeltà di qualcuno. — Saint-Germain pigiò sulla tastiera e le sue dita estrassero un suono lugubre e ansimante dalle casse. Alzò lo sguardo quando Josh lo raggiunse di fronte allo schermo. — Ma il vero motivo per cui la Strega di Endor non mi sopporta è perché io - un comune mortale - sono diventato Maestro del Fuoco. — Alzò la mano sinistra e su ogni dito guizzò una fiamma di colore diverso, sprigionando odore di foglie bruciate nello studio.
— E perché dovrebbe darle fastidio? — chiese Josh, fissando ipnotizzato le fiamme danzanti.
— Forse perché ho appreso il segreto del fuoco da suo fratello. — La musica cambiò, facendosi dura e discordante. — Be', in effetti, più che "appreso" dovrei dire "rubato".
— Ha rubato il segreto del fuoco?!
Il conte di Saint-Germain annuì, soddisfatto. — Da Prometeo.
— E uno di questi giorni mio zio lo rivorrà indietro.
— La voce di Scathach li fece sobbalzare entrambi. Nessuno dei due l'aveva sentita entrare. — Nicholas è qui
— disse, e se ne andò.