CAPITOLO TRENTASEI
— Come mai il garage non è attaccato al resto della casa? — domandò Sophie mentre saliva sul sedile posteriore della Citroen Due Cavalli rossa e nera e si sistemava alle spalle di Flamel, seduto davanti con Jeanne.
— Perché queste una volta erano le stalle. Nei secoli passati, le stalle non erano mai troppo vicine alla casa. Immagino che ai ricchi non piacesse l'odore del letame. Non è tanto male, anche se può essere un po' scomodo nelle notti di pioggia. E comunque io e Francois di solito prendiamo la metropolitana.
Jeanne li guidò fuori dal garage e girò a destra, allontanandosi dalla casa danneggiata, che veniva rapidamente presa d'assalto da polizia, vigili del fuoco e giornalisti. Quando si erano lasciati, Francois era salito di sopra a cambiarsi; pensava che tutta quella pubblicità avrebbe fatto meraviglie per la vendita del suo nuovo album.
— Taglieremo per gli Champs-Elysées e andremo dritti al fiume — disse Jeanne, manovrando agilmente l'auto nello stretto vicolo. — Sei sicuro che Nidhogg andrà da quella parte?
— È solo un'ipotesi — ammise Flamel. — In realtà non l'ho mai visto - e non mi risulta di nessuno che l'abbia visto e sia sopravvissuto - ma mi sono imbattuto in creature simili nel corso dei miei viaggi, e sono tutte imparentate con le lucertole marine, come il mo- sasauro. È spaventato, forse è ferito. Andrà verso l'acqua per cercare il refrigerio e il sollievo del fango.
Sophie si affacciò tra i due sedili anteriori. Si concentrò su Nidhogg, rovistando disperatamente tra i ricordi della Strega, cercando qualcosa di utile. Ma perfino la Strega sapeva poco di quella creatura primordiale, tranne il fatto che era tenuta prigioniera tra le radici dell'Albero del Mondo, l'albero che Dee aveva distrutto... — Excalibur — sussurrò.
L'Alchimista si voltò a guardarla.
— Josh mi ha detto che Dee ha distrutto l'Yggdia- sill con Excalibur.
Flamel annuì.
— E lei mi ha detto che Clarent è la gemella di Excalibur.
— È vero.
— Ha anche gli stessi poteri?
I freddi occhi grigi dell'Alchimista lampeggiarono. — Dal momento che Excalibur ha potuto distruggere qualcosa di tanto antico come l'Albero del Mondo, ti stai chiedendo se Clarent potrebbe distruggere Nidhogg. — Flamel annuì. — Le antiche armi di potere risalgono a un'epoca che precede la stessa Antica Razza. Nessuno ha idea di quali siano le loro origini, anche se sappiamo che gli Antichi Signori ne hanno usata qualcuna. Il fatto che ancora oggi siano in circolazione dimostra quanto siano indistruttibili. — L'Alchimista annuì di nuovo. — Sono sicuro che Clarent possa ferire e forse perfino uccidere Nidhogg.
— E credi che Nidhogg adesso sia ferito? — Jeanne individuò un varco nel traffico rado del primo mattino e vi si infilò, attirandosi le proteste dei clacson.
— Qualcosa l'ha spinto a fuggire dalla casa.
— Sai che cosa hai appena confermato, vero? — gli fece notare Jeanne.
Flamel fece cenno di sì. — Sappiamo che Scatty non toccherebbe mai Clarent. Perciò Josh ha ferito la creatura, tanto da farla fuggire inferocita per Parigi. E adesso lui la sta inseguendo.
— E Machiavelli e Dee?
— Probabilmente inseguono lui.
Jeanne tagliò due corsie di traffico e sfrecciò verso gli Champs-Elysées. — Speriamo che non lo raggiungano.
Sophie ebbe un pensiero improvviso. — Dee ha incontrato Josh... — Si interruppe, rendendosi conto di quello che aveva appena rivelato.
— A Ojai, lo so — disse Flamel, cogliendola di sorpresa. — Me l'ha detto.
Sophie appoggiò la schiena al sedile, stupita che il fratello lo avesse raccontato all'Alchimista. Arrossì un poco. — Penso che Dee lo abbia colpito molto. —Si sentiva quasi imbarazzata a rivelarlo a Flamel, come se stesse tradendo suo fratello, ma continuò. Non era il momento di tenersi dei segreti. — Dee gli ha detto alcune cose sul suo conto. Penso che Josh un po' gli abbia creduto.
— Lo so — replicò Flamel. — Il Mago inglese sa essere molto persuasivo.
Jeanne fermò la macchina. — Le cose si mettono male — borbottò. — Non dovrebbe esserci praticamente nessuno in strada a quest'ora.
Erano finiti in un ingorgo enorme, che si allungava fino agli Champs-Elysées. Per il secondo giorno di fila, il traffico sull'arteria principale di Parigi era fermo. La gente era scesa dalle auto e guardava lo squarcio sul fianco dell'edificio dall'altra parte della strada. La polizia era appena arrivata e si stava sforzando di assumere alla svelta il controllo della situazione, sollecitando gli automobilisti a muoversi e a permettere ai mezzi d'emergenza di raggiungere l'edificio.
Jeanne si sporse sul volante, valutando la situazione con gli occhi grigi e impassibili. — Ha attraversato la strada e si è diretto da questa parte — concluse, segnalando e imboccando rapidamente Rue de Marignan sulla destra. Superò due semafori ridotti a un mucchio di ferraglia. — Non li vedo.
Flamel si drizzò sul sedile, cercando di spingere lo sguardo il più lontano possibile lungo la strada diritta.
— Questa strada dove sbuca?
— Su Rue Francois, poco prima di Avenue Montaigne
— rispose Jeanne. — A piedi, in bicicletta o in macchina, percorro queste strade da decenni. Le conosco come il palmo della mia mano. — Superarono una dozzina di auto, ciascuna con il marchio evidente di Nidhogg: lamiere accartocciate come fogli di latta, finestrini incrinati e infranti. Una bicicletta ridotta a un gomitolo di metallo era praticamente incastonata nel selciato.
— Jeanne, penso che dovresti accelerare — disse Flamel.
— Non mi piace andare forte. — Jeanne guardò l'Alchimista di sottecchi. Qualunque fosse l'espressione che vide sul suo viso, la convinse a schiacciare il piede sull'acceleratore. Il piccolo motore gemette e la macchina si slanciò in avanti con uno strattone. — Che succede?
Flamel si morse il labbro. — Mi sono appena reso conto di un potenziale problema.
— Che genere di problema?
— Un problema serio.
— Più serio di Nidhogg? — Jeanne tirò la leva del cambio e inserì la quarta. Sophie non riuscì a percepire nessuna differenza; continuava a pensare che sarebbe andata più veloce a piedi. Diede un pugno al sedile, al colmo della preoccupazione. Dovevano raggiungere suo fratello a tutti i costi.
— Josh ha le due pagine mancanti del Codice — disse l'Alchimista. Si girò a guardare Sophie. — Pensi che tuo fratello le abbia con sé?
— È probabile — rispose la ragazza, poi annuì. — Sì, sono sicura di sì. L'ultima volta che abbiamo parlato portava la busta sotto la maglietta.
— E come mai è Josh a custodire le pagine? — chiese Jeanne. — Pensavo che tu non perdessi mai di vista il Codice.
— Gliele ho date io.
— Gliele hai date tu? — ripetè la donna, stupita.
— Perché?
Flamel distolse lo sguardo e scrutò la strada, ingombra delle prove del passaggio di Nidhogg. Quando si voltò di nuovo verso Jeanne, la sua faccia era una maschera cupa. — Dal momento che è l'unico di noi a non essere né immortale né Antico Signore né risvegliato, supponevo che non sarebbe stato coinvolto in nessun conflitto, e che non sarebbe stato un bersaglio: è soltanto un ragazzo. Pensavo che le pagine sarebbero state al sicuro con lui.
Qualcosa in quel discorso infastidì Sophie, ma non riuscì a capire cosa di preciso. — Josh non darebbe mai le pagine a Dee — obiettò.
L'Alchimista si volta per guardarla dritto in faccia. L'espressione dei suoi occhi chiari era terrificante.
— Oh, credimi: Dee ottiene sempre quello che vuole — disse, con amarezza. — E quello che non può avere... lo distrugge.