CAPITOLO QUARANTOTTO

 

- Ossa — mormorò Josh, scrutando il tunnel nelle due direzioni. La parete che aveva di fronte era composta di centinaia di teschi giallastri. Dee si stava inoltrando nel corridoio e la sua sfera di luce faceva guizzare le ombre.

A Josh parve che le orbite vuote dei teschi lo seguissero con lo sguardo. Era cresciuto con le ossa, e sapeva che non c'era niente di cui aver paura. Lo studio di suo padre ne era pieno. Da bambini, lui e Sophie avevano giocato nei magazzini del museo pieni di scheletri, che però appartenevano tutti ad animali e dinosauri. Josh aveva perfino aiutato a montare la coda di un velociraptor destinata al Museo Nazionale di Storia Naturale. Ma quelle ossa... erano... — Sono tutte ossa umane? — bisbigliò.

— Sì — confermò Machiavelli. — Ci sono i resti di almeno sei milioni di corpi, qui. Forse di più. In origine le catacombe erano della cave di calcare. — Indicò col pollice verso l'alto. — Lo stesso calcare usato per costruire la città. Parigi sorge sopra un labirinto di tunnel.

— Come sono finite quaggiù? — A Josh tremava la voce. Tossì, si strinse le braccia intorno al corpo e cercò di assumere un'aria noncurante, come se non fosse terrorizzato da morire. — Sembrano antiche; da quanto tempo sono qui?

— Solo da un paio di secoli — rispose Machiavelli.

— Alla fine del Diciottesimo secolo, i cimiteri di Parigi stavano diventando troppo affollati. Ero in città all'epoca — aggiunse, piegando la bocca in una smorfia disgustata. — Non avevo mai visto niente del genere. C'erano talmente tanti morti che spesso i cimiteri erano solo ammassi di terra con ossa che affioravano ovunque. Parigi sarà stata una delle città più belle del mondo, ma era anche la più lercia. Peggio di Londra, il che è tutto dire! — Rise, e il suono riecheggiò più volte sulle pareti di ossa, distorcendosi in un verso orribile. — La puzza era indescrivibile, e c'erano ratti grossi come cani. Le malattie imperversavano e le epidemie erano frequenti. Alla fine compresero che i cimiteri troppo pieni erano tra le cause del contagio. Così decisero di svuotarli e di trasferire i resti quaggiù, nelle cave vuote.

Sforzandosi di non pensare al fatto di essere circondato da ossa di persone probabilmente morte di qualche terribile malattia, Josh si concentrò sulle pareti.

— Chi ha realizzato i disegni ornamentali? — chiese, indicando un sole i cui raggi erano formati da ossa di varia lunghezza.

Machiavelli alzò le spalle. — Lo ignoro. Qualcuno che desiderava onorare i morti, forse,- qualcuno che cercava di trovare un senso in quello che doveva sembrare un caos terrificante. Gli esseri umani cercano sempre di fare ordine nel caos.

Josh lo guardò. — Li ha chiamati - ci ha chiamati - "esseri umani". — Si voltò a cercare Dee, ma il Mago aveva quasi raggiunto la fine del corridoio e non era a portata di orecchio. — Dee ci chiama "homines".

— Non confondermi con Dee — replicò Machiavelli, con un sorriso gelido.

Josh era perplesso. Chi era il più potente tra i due? Aveva pensato che fosse il Mago, ma stava cominciando a sospettare che fosse l'italiano ad avere il vero controllo della situazione. — Scathach ci ha detto che lei è più pericoloso e scaltro di Dee — disse.

Il sorriso di Machiavelli si trasformò in un ghigno lusingato. — È la cosa più carina che l'Ombra abbia mai detto sul mio conto.

— È vero? Lei è più pericoloso di Dee?

Machiavelli rifletté per un attimo. Poi sorrise, e

un debolissimo sentore di serpente riempì il tunnel. — Assolutamente sì.

— Svelti! Da questa parte — li richiamò il Mago, la cui voce era distorta dalle pareti strette e dal soffitto basso. Svoltò e uscì dal tunnel tappezzato di ossa, portando la luce con sé.

Josh ebbe la tentazione di corrergli dietro per non restare al buio, ma Machiavelli schioccò le dita, e un'elegante fiammella grigio-biancastra, sottile come una candela, comparve nel palmo della sua mano.

— Non tutti i tunnel sono come questo — continuò l'italiano, indicando le ossa ordinatamente disposte sulle pareti, le forme e i disegni regolari. — Alcuni di quelli piccoli sono riempiti alla rinfusa di ossa assortite.

Svoltarono la curva e trovarono Dee che li aspettava tamburellando impaziente con il piede. Quando li vide, girò sui tacchi e ripartì impettito senza dire una parola.

Mentre si inoltravano sempre di più nelle profondità delle catacombe, Josh si concentrò sulla schiena di Dee e sul globo di luce che ondeggiava sopra la sua spalla: così riusciva a ignorare meglio il fatto che le pareti sembrassero restringersi a ogni passo. Notò che alcune delle ossa avevano delle date incise sopra, e si rese conto che le uniche impronte visibili sullo spesso strato di polvere del pavimento erano quelle dei piccoli piedi del dottore. Quei tunnel non venivano usati da moltissimo tempo.

— La gente non scende mai quaggiù? — chiese a Machiavelli, facendo conversazione solo per rompere il silenzio opprimente.

— Alcuni tratti delle catacombe sono aperti al pubblico — rispose l'italiano, tenendo la mano alta, con la fiamma sottile che metteva in risalto gli elaborati disegni di ossa incastonati sulle pareti, animandoli di ombre danzanti. — Ma ci sono molti chilometri di catacombe sotto la città, e vasti tratti non compaiono in nessuna mappa. Esplorare questi tunnel è pericoloso e illegale, naturalmente, ma la gente lo fa lo stesso. Li chiamano cataphiles. C'è perfino un'unità speciale della polizia, i cataflics, che pattuglia i tunnel. — Machiavelli fece un ampio gesto col braccio per indicare le pareti circostanti. La fiamma danzò furiosamente, ma non si spense. — Tuttavia non ci imbatteremo in nessuno dei due gruppi quaggiù. Quest'area è totalmente sconosciuta. Siamo nelle viscere della città, adesso, in una delle prime cave aperte molti secoli fa.

— Nelle viscere della città... — ripetè Josh lentamente. Incurvò le spalle, riuscendo quasi a percepire con l'immaginazione il peso di Parigi, le molte tonnellate di terra, cemento e acciaio che gli premevano sopra la testa. La claustrofobia minacciò di sopraffarlo, gli sembrò quasi che le pareti si mettessero a pulsare. Aveva la gola secca, le labbra screpolate, e la lingua gli sembrò a un tratto troppo grande per la sua bocca. — Preferirei tornare in superficie, adesso, se è possibile — bisbigliò.

Machiavelli sgranò gli occhi, sorpreso. — No, Josh, non è più possibile. — Gli posò una mano sulla spalla e strinse, e il ragazzo si sentì travolgere da un'ondata di calore. La sua aura crepitò, e l'aria chiusa del tunnel si tinse del profumo di arance e dell'odore fetido di serpente. — È troppo tardi, ormai — aggiunse l'italiano, abbassando la voce in un sussurro. — Siamo scesi troppo in profondità... è impossibile tornare indietro. Uscirai da queste catacombe risvegliato o...

— O cosa? — chiese Josh, ma poi capì, con un crescente senso d'orrore.

— O non ne uscirai affatto — concluse Machiavelli senza giri di parole.

Svoltarono un'altra curva e cominciarono a scendere per un lungo tunnel dritto. Le decorazioni alle pareti erano perfino più elaborate, ma le ossa formavano dei curiosi disegni squadrati che a Josh parve quasi di conoscere. Aveva visto qualcosa di simile nello studio di suo padre: somigliavano ai glifi maya o aztechi. Ma che ci facevano dei geroglifici mesoamericani nelle catacombe di Parigi?

Dee li stava aspettando in fondo al tunnel. I suoi occhi grigi scintillavano nella luce riflessa, che gli tingeva il viso di un bagliore malsano. Quando parlò, lo fece con un accento inglese più marcato del solito, e le parole gli uscirono di bocca così in fretta che si stentava a comprenderlo. Josh non capiva se il Mago fosse eccitato o nervoso, e ciò lo spaventò ancora di più.

— Questo è un giorno importantissimo per te, ragazzo, un giorno importantissimo. Poiché non solo i tuoi poteri saranno risvegliati, ma incontrerai anche uno dei pochi Antichi Signori il cui ricordo è ancora vivo presso l'umanità. È un grande onore! — Batté un colpo secco con le mani, poi chinò la testa e alzò il braccio per sollevare in alto la sfera di luce, rivelando due alte colonne di ossa cui era stata data la forma di una soglia arcuata. Oltre quel varco, il buio più assoluto. Fece un passo indietro e ordinò: — Prima tu.

Josh esitò.

Machiavelli lo prese per il braccio e strinse forte. Quando parlò, lo fece sottovoce, in tono concitato. — Qualunque cosa accada, non mostrare paura e non farti cogliere dal panico. La tua vita, la tua stessa sanità mentale, dipendono da questo. Capito?

— Niente paura, niente panico — ripetè Josh. Stava andando in iperventilazione. — Niente paura, niente panico.

— Ora vai, che i tuoi poteri siano risvegliati. — Machiavelli gli liberò il braccio e lo spinse avanti, verso Dee e la soglia di ossa. — Spero che ne valga la pena.

Qualcosa nella voce dell'italiano spinse il ragazzo a voltarsi indietro. C'era quasi un'espressione di pietà sul suo viso, e Josh si fermò.

Dee lo guardò, con le labbra piegate in un brutto sorriso. Inarcò le sopracciglia. — Non vuoi essere risvegliato?

A quella domanda, Josh aveva soltanto una risposta da dare. Lanciando un'ultima occhiata a Machiavelli, gli rivolse un mezzo cenno di addio con la mano, trasse un respiro profondo e oltrepassò la soglia arcuata, entrando nel buio pesto. La luce rifiorì quando Dee comparve alla sue spalle, e il ragazzo scoprì di trovarsi in un'ampia sala circolare che sembrava scavata interamente in un unico osso gigantesco. Le pareti lisce e curve, il soffitto giallo e levigato, perfino il pavimento color pergamena avevano la stessa sfumatura e consistenza delle pareti tappezzate di ossa dell'esterno.

Dee poggiò una mano sulla schiena di Josh e lo spinse ad avanzare. Il ragazzo fece altri due passi e si fermò. I giorni appena trascorsi gli avevano insegnato ad aspettarsi meraviglie, creature e mostri, ma quello che vide fu... una delusione.

La sala era vuota, tranne per un lungo plinto rettangolare al centro. La sfera di Dee ondeggiò sopra il piedistallo, illuminando con la sua luce cruda ogni dettaglio scolpito. Distesa sulla lastra di calcare butterato c'era l'enorme statua di un uomo in antica armatura di cuoio e ferro, le mani guantate strette intorno alla grossa elsa di uno spadone lungo quasi due metri. La testa della statua era coperta da un elmo che gli nascondeva totalmente il viso.

Josh si guardò intorno. Dee era rimasto sulla destra della soglia mentre Machiavelli si era sistemato sulla sinistra; tutti e due lo stavano guardando con attenzione. — E adesso... adesso che succede ? — chiese, con la voce che risuonò piatta e attutita nella vasta sala.

Nessuno dei due rispose. Machiavelli incrociò le braccia e piegò la testa di lato, socchiudendo gli occhi.

— Questo chi è? — chiese ancora Josh, indicando la statua col pollice. Non si aspettava risposte da Dee, ma quando si voltò verso l'italiano si rese conto che Machiavelli non stava guardando lui: stava guardando dietro di lui. Si girò... e in quel mentre due creature da incubo si materializzarono dalle tenebre.

Ogni singolo particolare del loro aspetto era bianco, dalla pelle quasi trasparente ai capelli, lunghi e leggerissimi, che fluivano sulle schiene strusciando sul pavimento. Era impossibile capire se fossero maschi o femmine. Erano piccoli come bambini, di una magrezza innaturale, con la fronte ampia e il mento aguzzo. Dal cranio spuntavano due grosse orecchie e delle minuscole corna. Enormi occhi circolari privi di pupille si posarono su Josh e, quando le creature si avvicinarono, il ragazzo si rese conto che avevano qualcosa di strano alle gambe: le cosce si curvavano all'indietro, mentre il resto della gamba si slanciava in avanti all'altezza del ginocchio, terminando in zoccoli caprini.

Le due creature si separarono girando intorno al piedistallo, e Josh ebbe voglia di allontanarsi, ma poi ricordò il consiglio di Machiavelli e rimase dov'era. Traendo un respiro profondo, scrutò attentamente la creatura più vicina e scoprì che non era così terrificante com'era sembrata di primo acchito: era talmente piccola da sembrare quasi fragile. Pensò di sapere cosa fossero; li aveva già visti, sui frammenti di ceramica greca e romana conservati nello studio di sua madre. Erano fauni, o forse satiri; non sapeva quale fosse la differenza di preciso.

Le creature accerchiarono lentamente Josh, tendendo le mani gelide, con le dita affusolate e le unghie nere di sporco, accarezzandogli la maglietta strappata, parlottando con vocine acute, quasi impercettibili, che gli fecero allegare i denti. Un dito agghiacciante gli sfiorò la pelle all'altezza dello stomaco e la sua aura reagì, crepitando di scintille dorate.

— Ehi! — gridò il ragazzo.

Le creature trasalirono e arretrarono con un balzo, ma quel singolo tocco era bastato a dare a Josh il batticuore. All'improvviso si sentì avvinghiare da ogni paura innominabile che avesse mai immaginato, e tutti gli incubi che più lo terrorizzavano affiorarono in superficie. In un attimo si ritrovò tremante, senza fiato, in un bagno di sudore gelido. Il secondo fauno si sporse in avanti e gli posò una mano fredda sul viso. Di colpo, il cuore di Josh prese a battere all'impazzata, e un panico insensato gli fece ribollire lo stomaco. Le due creature si abbracciarono e si misero a saltellare, tremando in quello che poteva essere solo uno scoppio di risa.

— Josh. — La voce autorevole di Machiavelli riuscì a penetrare nel panico crescente del ragazzo e ammutolì le creature. — Josh, ascoltami. Ascolta la mia voce, concentrati su di essa. I satiri sono creature semplici che si nutrono delle emozioni umane più fondamentali: uno si rimpinza di paura, l'altro si nutre di panico. Sono Phobos e Deimos.

Sentendosi nominare, i due satiri arretrarono sbigottiti, svanendo nelle tenebre, finché soltanto i loro enormi occhi liquidi rimasero visibili, neri e scintillanti alla luce della sfera che aleggiava nell'aria.

— Sono i guardiani del Dio Addormentato.

E poi, in uno sgretolio di pietre antiche, la statua si alzò a sedere e ruotò la testa per guardare Josh. Dietro l'elmo, due occhi rossi lampeggiarono.

 

I segreti di Nicholas Flamel l'immortale - 2. Il Mago
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