CAPITOLO CINQUE

I fantasmi di Alcatraz svegliarono Percnelle.

La donna giaceva immobile sulla brandina della gelida cella nelle profondità della prigione abbandonata e li ascoltava bisbigliare e mormorare nell'oscurità. C'erano dozzine di lingue che comprendeva bene, molte altre che identificava e alcune, poche, del tutto incomprensibili.

A occhi chiusi, Percnelle si concentrò e cercò di distinguere le singole voci, chiedendosi se ne riconosceva qualcuna. E poi un pensiero improvviso la colpì: perché riusciva a sentire i fantasmi?

Accovacciata fuori dalla cella c'era una sfinge, un mostro con il corpo di un leone, le ali di un'aquila e la testa di una bellissima donna. Tra i particolari poteri che la leggendaria creatura possedeva c'era l'abilità di assorbire le energie magiche degli altri esseri viventi; difatti aveva prosciugato quelle di Percnelle, spossandola e intrappolandola in quella terribile cella carceraria.

Un sorriso impercettibile piegò le labbra della donna, quando capi: era la settima figlia di una settima figlia; era nata con la capacità di sentire e di vedere gli spettri. Lo faceva già da molto tempo prima di imparare a convogliare e a concentrare la propria aura. Quel dono non aveva niente a che vedere con la magia, e perciò la sfinge non aveva su di esso nessun potere. Durante i secoli della sua lunga vita, Perenelle aveva usato le abilità magiche acquisite per proteggersi dai fantasmi, per rivestire e schermare la propria aura di colori che la rendevano invisibile alle apparizioni. Ma quando la sfinge aveva assorbito le sue energie, la protezione era venuta meno, rivelandola al regno degli spiriti.

E gli spiriti stavano accorrendo.

Perenelle Flamel aveva visto il suo primo fantasma - quello della sua amata nonna Mamom - all'età di sette anni. Sapeva che non c'era nulla da temere dagli spettri; potevano essere fastidiosi, spesso erano irritanti e talvolta decisamente maleducati, ma non avevano una presenza fisica. Con alcuni poteva perfino dire di avere stretto amicizia. Nel corso dei secoli, certi spiriti erano tornati a trovarla più volte, attratti da lei perché sapevano che poteva sentirli, vederli e aiutarli, o anche, pensava Perenelle, semplicemente perché soffrivano di solitudine; Mamom si ripresentava più o meno ogni decennio, per controllare come stesse la nipote. Tuttavia, sebbene non avessero una presenza nel mondo reale, i fantasmi non erano privi di poteri.

Aprendo gli occhi, Perenelle si concentrò sul muro di pietra screpolato di fronte a sé. C'erano rivoli d'acqua verdognola che odoravano di ruggine e sale, i due elementi che alla fine erano riusciti a distruggere la storica prigione.

Dee aveva commesso un errore; se aveva un grande e unico punto debole, era l'arroganza, si disse Perenelle. Evidentemente pensava che imprigionata così com'era nelle profondità di Alcatraz, sotto la guardia di una sfinge, lei sarebbe stata inerme. Ma si sbagliava di grosso.

Alcatraz era un luogo di fantasmi. E Perenelle Flamel gli avrebbe dimostrato quanto fosse potente.

Con gli occhi chiusi, rilassata, la donna si mise in ascolto dei fantasmi di Alcatraz. Poi, lentamente, con poco più di un filo di voce, cominciò a parlare con loro, chiamandoli a raccolta intorno a sé.

 

I segreti di Nicholas Flamel l'immortale - 2. Il Mago
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