CAPITOLO TRENTADUE
Niccolò Machiavelli era sempre stato un uomo prudente. Era riuscito a prosperare perfino alla pericolosa corte dei Medici, nella Firenze del Quindicesimo secolo, un'epoca in cui l'intrigo era uno stile di vita e la morte violenta e l'assassinio erano all'ordine del giorno. La sua opera più famosa, Il Principe, era stata tra le prime a suggerire che il sotterfugio, la menzogna e l'inganno fossero strumenti del tutto ammissibili per un sovrano.
Machiavelli ce l'aveva sempre fatta perché era sottile, cauto, intelligente e, sopratutto, scaltro. Come aveva potuto ridursi a chiamare le Disir? La parola "sottile" non rientrava nel vocabolario delle Valchirie, le quali ignoravano anche il significato della parola "cautela". La loro idea di intelligenza e scaltrezza era portare Nidhogg - un incontrollabile mostro primordiale - nel cuore stesso di una città moderna. E lui glielo aveva permesso.
Ormai la strada riecheggiava del suono di vetri infranti, legno spezzato e calcinacci che crollavano a terra. Gli allarmi delle macchine e delle case del quartiere strillavano a più non posso, e in tutte le altre abitazioni del vicolo c'era la luce accesa, anche se nessuno si era ancora azzardato a uscire.
— Che starà succedendo laggiù? — si chiese ad alta voce.
— Nidhogg sta divorando Scathach? — suggerì Dee con voce assente. Il suo cellulare si era messo a ronzare, distraendolo.
— Direi proprio di no! — gridò Machiavelli all'improvviso. Aprì la portiera, balzò fuori, afferrò l'inglese per il colletto e se lo trascinò dietro nell'aria notturna. — Dagon, fuori!
Dee cercò di rimettersi in piedi, ma Machiavelli continuava a trascinarlo lontano dall'auto. — Ti ha dato di volta il cervello? — strillò l'inglese.
Un vetro esplose all'improvviso: Dagon aveva sfondato il parabrezza per gettarsi fuori dall'auto. Scivolò sul cofano e atterrò accanto ai due immortali, ma il Mago non lo degnò neppure di uno sguardo: aveva visto ciò che aveva atterrito l'italiano.
Nidhogg si stava precipitando verso di loro correndo sulle poderose zampe posteriori. Una figura con i capelli rossi pendeva come un fantoccio dai suoi artigli anteriori.
— Indietro! — gridò Machiavelli, gettandosi a terra e trascinando Dee con sé.
Nidhogg passò direttamente sopra il veicolo, calpestandolo. Una zampa atterrò al centro del tetto, schiacciandolo fino a terra. I finestrini scoppiarono, spruzzando proiettili di vetro, e la macchina si incurvò nel mezzo, mentre le ruote anteriori e posteriori si staccavano da terra.
La creatura scomparve nella notte. Un attimo dopo, una Disir vestita di bianco volò letteralmente sopra i resti dell'auto, superandoli con un solo salto, all'inseguimento di Nidhogg.
— Dagon? — sussurrò Machiavelli, girandosi su un fianco. — Dove sei?
— Sono qui. — L'autista si drizzò agilmente in piedi, ripulendosi l'abito nero dalle schegge di vetro. Si tolse gli occhiali da sole incrinati e li gettò a terra. Tutti i colori dell'arcobaleno luccicarono nei suoi occhi da pesce. — Aveva Scathach — disse, allentandosi la cravatta e facendo saltare l'ultimo bottone della camicia.
— Era morta? — chiese Machiavelli.
— Non crederò alla morte di Scathach finché non la vedrò con i miei occhi.
— Concordo. Nel corso degli anni ci sono stati troppi annunci di una sua morte presunta. Ed è sempre rispuntata fuori! Ci serve il corpo.
Dee si tirò su da una pozzanghera, con il sospetto che Machiavelli ce lo avesse spinto apposta. Si scrollò l'acqua da una scarpa. — Se Nidhogg l'ha presa, allora l'Ombra è morta. Ce l'abbiamo fatta!
Gli occhi da pesce di Dagon ruotarono verso il basso per guardare il Mago in faccia. — Piccolo individuo ottuso e arrogante! Qualcosa in quella casa ha spaventato Nidhogg, ecco perché sta scappando, e non può trattarsi dell'Ombra, dal momento che l'ha portata via con sé. E quella è una creatura che non ha paura di nulla. Tre Disir sono entrate in quell'edificio, e ne è uscita soltanto una! Qualcosa di terribile è successo lì dentro.
— Dagon ha ragione: è un disastro. Dobbiamo ripensare totalmente la nostra strategia. — Machiavelli si rivolse al suo autista. — Ti ho promesso che, se le Disir avessero fallito, Scathach sarebbe stata tua.
Dagon annuì. — E lei ha sempre mantenuto le sue promesse.
— Sei stato con me per quasi quattrocento anni. Mi sei sempre stato leale, e ti devo la vita e la libertà. Ti dispenso dal servizio — disse Machiavelli in tono formale. — Trova il corpo dell'Ombra... e se è ancora viva, fa' quello che devi fare. Ora vai, e sii prudente, amico mio.
Dagon fece per partire. Poi si fermò di colpo e si girò a guardare l'italiano. — Come mi ha chiamato?
Machiavelli sorrise. — Amico. Sta' attento — aggiunse piano. — L'Ombra è micidiale, e di amici me ne ha già uccisi troppi.
Dagon annuì. Si tolse le scarpe e i calzini, scoprendo i piedi palmati, a tre dita. — Nidhogg cercherà rifugio al fiume. — A un tratto, la bocca irta di denti della creatura si aprì in quello che avrebbe potuto essere un sorriso. — E l'acqua è la mia casa. — Poi si lanciò nella notte, con i piedi nudi che risuonavano come schiaffi sul marciapiede.
Machiavelli si voltò a guardare la casa. Dagon aveva ragione: qualcosa aveva terrorizzato Nidhogg.
Cos'era successo lì dentro?
E dov'erano le altre due Disir?
All'improvviso Josh Newman sbucò di corsa dal vicolo, con in mano la spada di pietra che emanava fili di fuoco dorato. Senza neanche guardarsi intorno, aggirò la macchina distrutta e seguì la scia rivelatrice degli allarmi delle auto, scattati al passaggio del mostro.
Machiavelli guardò Dee. — Suppongo che quello sia il ragazzo americano...
Il dottore annuì.
— Hai visto che cosa aveva in mano? Sembrava una spada — osservò. — Una spada di pietra... Non sarà Excalibur?
— No, non era Excalibur — replicò Dee.
— Era decisamente una spada di pietra.
— Non era Excalibur.
— Come lo sai? — domandò Machiavelli.
Dee si infilò la mano nella giacca ed estrasse una corta spada di pietra, identica a quella di Josh. La lama tremava, vibrando in modo quasi impercettibile.
— Excalibur ce l'ho io — replicò. — Quella del ragazzo era Clarent. Avevamo sempre sospettato che ce l'avesse Flamel.
Machiavelli chiuse gli occhi e rivolse la faccia al cielo. — Clarent. Non c'è da stupirsi che Nidhogg sia fuggito. — Scosse la testa, chiedendosi se quella notte potesse andare peggio di così.
Il cellulare di Dee ronzò di nuovo e i due uomini sobbalzarono. Il Mago per poco non lo spezzò per aprirlo.
— Che c'è? — ringhiò. Rimase per un attimo in ascolto, poi richiuse il telefono. Quando parlò di nuovo, la sua voce era poco più di un sussurro. — Perenelle è fuggita. Si muove a piede libero sull'isola di Alcatraz.
Scuotendo la testa, Machiavelli girò sui tacchi e si allontanò lungo il vicolo, in direzione degli Champs- Elysées. Aveva appena ricevuto una risposta alla sua domanda.
La notte era appena peggiorata, e di molto. Nicholas Flamel incuteva un certo timore a Machiavelli, ma Perenelle lo terrorizzava.