CAPITOLO QUARANTA
La spada della Disir sfrecciò come un lampo verso la testa di Josh. Stava accadendo tutto così in fretta che il ragazzo non ebbe il tempo di avere paura; intuì la mossa e reagì d'istinto, sollevando Clarent in orizzontale a coprire la testa. Lo spadone della Disir colpì la spada di pietra e vi stridette sopra in un'esplosione di scintille, che piovvero sui capelli di Josh, pungendolo sul viso. Il ragazzo si lamentò per il dolore, mentre l'urto lo faceva cadere in ginocchio. E a quel punto la Disir indietreggiò di un passo e roteò la lama per sferrare un ampio fendente. Lo spadone fischiò squarciando l'aria... e con una stretta nauseante alla bocca dello stomaco, Josh capì che non sarebbe riuscito a evitarlo.
Clarent vibrò nel palmo della sua mano. Ebbe un fremito. E si mosse.
Una bruciante ondata di calore saettò nella mano di Josh, come una scossa elettrica, e lo spasmo gli fece stringere le dita intorno all'elsa. La spada si sollevò di scatto e sfrecciò di lato per parare la lama della Disir in un'altra esplosione di scintille.
Con gli occhi azzurri sgranati dalla meraviglia, la Disir si allontanò con un balzo. — Nessuno tra gli homines possiede un'abilità del genere — disse. — Chi sei?
Tremando, Josh si rimise in piedi, senza capire pienamente quello che era appena successo, ma sapendo solo che aveva a che fare con la spada, la quale aveva preso il controllo e lo aveva salvato. Posò lo sguardo sulla terrificante fanciulla guerriera, scrutandone il volto mascherato e la scintillante spada d'argento. Impugnò Clarent davanti a sé, con tutte e due le mani, cercando di imitare la posizione che aveva visto usare da Jeanne e Scatty, ma la spada continuava a muoversi da sola, vibrando e ondeggiando di propria iniziativa. — Sono Josh Newman — rispose.
— Mai sentito nominare — ribatté la Disir, sprezzante, gettandosi una rapida occhiata alle spalle. Nidhogg si stava trascinando lentamente verso l'acqua. La coda era talmente incrostata di pietra nera che il mostro si muoveva a stento.
— Forse non hai mai sentito il mio nome, ma questa è Clarent. — Josh osservò i vivaci occhi azzurri della donna sgranarsi leggermente. — E vedo che ne hai sentito parlare!
Facendo roteare liberamente la spadone in una mano, la Disir cominciò a muoversi a poco a poco intorno a Josh, che si mosse con lei, girandosi in modo da guardarla sempre in faccia. Sapeva che cosa stava facendo la sua avversaria - voleva costringerlo a dare le spalle al mostro - ma non sapeva come fare a evitarlo.
Quando il ragazzo arrivò quasi a sfiorare la pelle pietrificata di Nidhogg, la Disir si fermò. — Nelle mani di un maestro, quella spada potrebbe essere pericolosa — disse.
— Non sono un maestro — replicò Josh, lieto di sentire che non c'erano fremiti nella sua voce. — Ma non è necessario. Scathach mi ha detto che quest'arma è in grado di ucciderla. Prima non capivo cosa volesse dire, ma ora sì. E se può uccidere l'Ombra, immagino che la cosa valga anche per te. Guarda cosa ho fatto a questo mostro con un colpo solo. Mi basterà farti un graffio. — La lama gli tremò letteralmente in mano, con un ronzio che sembrò quasi di approvazione.
— Non riuscirai nemmeno ad avvicinarti — lo schernì la Disir, facendosi avanti, con lo spadone che tracciava in aria un disegno ipnotizzante. All'improvviso si lanciò all'attacco, con una raffica di colpi veloci.
Josh non ebbe nemmeno il tempo di prendere fiato. Riuscì a pararne tre, con Clarent che si muoveva per intercettare ogni affondo, mentre la spada metallica della Disir urtava contro la pietra in una pioggia di scintille. I colpi però costrinsero il ragazzo a indietreggiare, scuotendolo violentemente. La Disir era troppo veloce, e con l'allungo successivo mirò al braccio nudo dell'avversario, tra la spalla e il gomito. Clarent riuscì a deviarne la traiettoria all'ultimo momento, e lo spadone colpì Josh solo di piatto, non con il taglio affilato. Il braccio però gli si intorpidì all'istante, dalla spalla alla punta delle dita, e lui si sentì travolgere da un'improvvisa ondata di nausea, provocata dal dolore, dalla paura e dall'improvvisa consapevolezza della morte imminente. Clarent gli sfuggì di mano e cadde a terra.
— E stato facile, troppo facile. Una spada leggendaria non basta a fare di te uno spadaccino. — La Disir sorrise, mostrando denti appuntiti e sottili come spilli. Sollevò lo spadone e avanzò verso fosh, mandandolo a sbattere contro la pelle pietrificata di Nidhogg. Quindi, portando le braccia in alto, strillò un feroce grido di guerra: — Odino!
Il ragazzo chiuse gli occhi e sussurrò: — Sophie...
— Josh! — A due isolati di distanza, bloccata nel traffico, Sophie Newman si drizzò a sedere sul sedile posteriore dell'auto, con un'improvvisa e nauseante sensazione di terrore che le serrava il petto, mentre il cuore le batteva all'impazzata.
Nicholas Flamel si girò e le prese la mano. — Dimmi!
Gli occhi di Sophie si riempirono di lacrime. — Josh — ripetè in un singulto, faticando a parlare per l'improvviso groppo in gola. — Josh è in pericolo, in pericolo tremendo. — La macchina si riempì del profumo intenso e stucchevole della vaniglia mentre l'aura della ragazza divampava. Minuscole scintille danzarono sulla punta dei suoi capelli, crepitando. — Dobbiamo raggiungerlo!
— Purtroppo non possiamo andare da nessuna parte — disse Jeanne, cupa. Il traffico era completamente fermo.
Una sensazione di gelo si piazzò in fondo allo stomaco di Sophie: era la paura spaventosa che suo fratello stesse per morire.
— Passa sul marciapiede, Jeanne — suggerì l'Alchimista.
— Ma i pedoni...
— Possono togliersi di mezzo. Usa il clacson. — Flamel si girò a guardare Sophie. — Siamo a pochi minuti di distanza — la rassicurò, mentre Jeanne faceva sobbalzare la piccola macchina sopra il cordolo e ripartiva a manetta sul marciapiede, tra i gemiti lamentosi del clacson.
— Sarà troppo tardi. Deve esserci qualcosa che può fare... — lo pregò Sophie, disperata. — Non può fare niente?
Con il volto stanco e invecchiato, le rughe scolpite profondamente sulla fronte e intorno agli occhi, Nicholas Flamel scosse la testa. — Non posso fare niente — ammise, sconfortato.
Scintillando e crepitando, una parete di fetide fiamme giallo-biancastre lampeggiò e si accese tra Josh e la Disir. Il calore era così intenso che costrinse il ragazzo a indietreggiare verso le zampe artigliate di Nidhogg, increspandogli i capelli e scottandogli ciglia e sopracciglia. Anche la Disir arretrò incerta, accecata dalle fiamme maleodoranti.
— Josh!
Qualcuno lo stava chiamando, ma quelle fiamme terrificanti ruggivano proprio davanti alla sua faccia.
La vicinanza del fuoco ridestò il mostro. Il passo tremante di una delle sue grosse zampe fece cadere Josh, gettandolo pericolosamente vicino alle fiamme... che si spensero all'improvviso così come si erano sollevate. Il ragazzo urtò pesantemente la strada, ammaccandosi le ginocchia e le mani. La puzza di uova marce era disgustosa. Con il naso che gocciolava e le lacrime agli occhi, intravide Clarent e tese il braccio per afferrarla, ma qualcuno gridò ancora il suo nome.
— Josh!
La Disir si scagliò di nuovo su Josh, assalendolo con la spada. Una solida lancia di fuoco giallo la colpì, esplodendo sulla sua cotta di maglia, che cominciò subito a sfaldarsi. E un altro muro di fiamme scoppiò tra il ragazzo e la guerriera.
— Josh.
Quando una mano si posò sulla sua spalla, Josh sobbalzò e gridò per lo spavento e per il dolore dei lividi. Alzò lo sguardo e vide il dottor John Dee che si sporgeva sopra di lui. Un sudicio fumo giallo colava dalle mani del Mago, tra i guanti grigi e strappati, e il suo abito elegante era ormai ridotto a uno straccio.
Dee rivolse a Josh un sorriso gentile. — Sarebbe meglio andarcene subito. — Fece un gesto verso le fiamme. — Non posso tenerle accese per sempre. — La Disir stava già menando colpi alla cieca, mentre le fiamme si avviluppavano intorno alla lama che cercava il suo bersaglio. Dee tirò su il ragazzo e lo trascinò via.
— Aspetti — protestò Josh con la voce arrochita dal fumo e dalla paura. — Scatty... — Tossì e ricominciò. — Scatty è intrappolata...
— È fuggita — si affrettò a rispondergli Dee, mettendo una mano sulla spalla del ragazzo, per sostenerlo e al tempo stesso guidarlo verso una macchina della polizia.
— Fuggita? — borbottò Josh, confuso.
— Nidhogg ha allentato la presa quando ho creato la cortina di fuoco tra te e la Disir. L'ho vista rotolare via dai suoi artigli, balzare in piedi e fuggire in fondo alla banchina.
— Scatty è... è scappata? — La cosa gli suonava strana. L'ultima volta che l'aveva vista, era svenuta e abbandonata tra le zampe del mostro. Cercò di concentrarsi, ma si sentiva pulsare la testa e tirare la pelle del viso per colpa delle fiamme.
— Perfino la leggendaria Guerriera non ha potuto reggere il confronto con Nidhogg. Gli eroi sopravvivono e continuano a combattere perché sanno quando è il momento di scappare.
— Mi ha abbandonato?
— Dubito che sapesse della tua presenza — replicò il dottore, caricando Josh sul sedile posteriore dell'auto della polizia. Si sedette al suo fianco, quindi diede un colpetto sulla spalla all'uomo che era al volante.
— Andiamo...
— Aspetti... Ho perso Clarent... — disse Josh.
— Fidati di me, non ti conviene andare a prenderla.
— Dee si scostò per permettere a Josh di guardare fuori dal finestrino.
La Disir, con la cotta di maglia non più immacolata ridotta a brandelli, attraversò le fiamme morenti. Vide il ragazzo sul sedile posteriore della macchina e si mise a correre verso di lui, gridando qualcosa di incomprensibile in una lingua che ricordava l'ululato dei lupi.
— Niccolò, mi pare piuttosto arrabbiata — disse Dee.
— Dovremmo proprio andare, adesso.
Josh distolse lo sguardo dalla Disir che correva verso di loro e scoprì con orrore l'identità dell'autista: era lo stesso uomo che aveva visto sulla scalinata del Sacré-Coeur.
Machiavelli girò la chiave. La macchina vacillò, sobbalzò in avanti e si spense.
— Grandioso — mugugnò Dee. Quindi si sporse dal finestrino, avvicinò la mano alla bocca e soffiò forte.
Una sfera di fumo giallo roteò e cadde a terra. Rimbalzò due volte come una pallina di gomma, quindi esplose di fronte alla Disir. Spessi filamenti appiccicosi del colore e della consistenza del miele ricaddero sopra la donna in lunghe scie fluenti, incollandola a terra.
— Questo dovrebbe trattenerla... — cominciò Dee. Ma lo spadone della Disir si fece strada facilmente tra i filamenti. — O forse no.
Nonostante il dolore, Josh si accorse che Machiavelli aveva inutilmente riprovato a mettere in moto la macchina. — Lasci fare a me — mugugnò, arrampicandosi tra i sedili e infilandosi al volante, mentre l'italiano scivolava sul lato del passeggero. La spalla destra gli faceva ancora male, ma almeno gli era tornata la sensibilità nelle dita, e pensava di non avere niente di rotto,- forse sarebbe soltanto stato l'ennesimo livido della sua già ricca collezione. Girò la chiave, schiacciò l'acceleratore e partì subito con una violenta inversione, nel momento stesso in cui la Disir li raggiungeva. Ebbe un moto di gratitudine verso il padre, che gli aveva insegnato a guidare con il cambio manuale sulla sua vecchia Volvo.
La lama della guerriera colpì lo sportello e si conficcò nel metallo: la punta sbucò a pochi centimetri dalla gamba di Josh. Mentre la macchina strideva in retromarcia, la Disir rimase ben piantata a terra, reggendo la spada con tutte e due le mani. La lama aprì uno squarcio orizzontale su tutta la portiera fino al cofano del motore, tagliando il metallo come se fosse carta. Squarciò anche la gomma anteriore, che esplose con un colpo sordo.
— Non ti fermare! — gridò Dee.
— E chi si ferma! — ribatté Josh.
Con il motore che gemeva e la gomma anteriore che sbatacchiava a terra, la macchina si allontanò dalla banchina.
E proprio in quel momento una Due Cavalli sbucò in fondo alla strada. Nicholas Flamel, Jeanne e Sophie videro Josh allontanarsi da Nidhogg e dalla Disir, al volante di una malconcia auto della polizia. Mentre il ragazzo sbandava goffamente e ripartiva a manetta, riconobbero gli altri due passeggeri dell'auto: Dee e Machiavelli.
Per qualche istante, la Disir rimase immobile sulla banchina, confusa. Poi si accorse dei nuovi arrivati. Si voltò e ripartì alla carica, con la spada alta sopra la testa, strillando un selvaggio grido di guerra.