CAPITOLO SEI

Sto bene — mormorò Sophie con voce affaticata — Davvero, sto bene.

— Non sembra proprio — mugugnò Josh a denti stretti. Per la seconda volta in due giorni stava portando in braccio sua sorella, sostenendola per la schiena e per le gambe. Scendeva con la massima cautela la scalinata del Sacré-Coeur. — Flamel ci ha detto che ogni volta che usi i tuoi poteri consumi un po' di energia. Sembri esausta.

— Sto bene — protestò di nuovo lei. — Mettimi giù. — Ma poi richiuse gli occhi in un battito di ciglia.

Il gruppetto si muoveva silenzioso nella fitta nebbia profumata di vaniglia, con Scathach in testa e Flamel in retroguardia. Tutt'intorno sentivano il calpestio degli stivali, il picchiettio delle armi e gli ordini smorzati della polizia e delle forze speciali francesi che salivano la scalinata. Qualche agente gli passò pericolosamente vicino, e Josh fu costretto ad accovacciarsi due volte mentre una figura in uniforme gli sfrecciava accanto.

All'improvviso Scathach emerse dalla nebbia fitta, un dito corto e tozzo premuto sulle labbra,- una brina di goccioline d'acqua le ricopriva i capelli rossi e irti, e la sua pelle chiara sembrava perfino più pallida del solito. Indicò a destra con il nunchaku.

La nebbia vorticò, e di colpo si ritrovarono davanti un poliziotto, a un soffio di distanza, l'uniforme scura imperlata di gocce scintillanti. Alle spalle dell'uomo, Josh riusciva a scorgere un gruppo di agenti assiepati in cerchio, come in un girotondo. Avevano tutti lo sguardo fisso verso l'alto, e il ragazzo li sentì mormorare più volte la parola brouillard. Sapeva che stavano parlando della strana nebbia che era calata così all'improvviso sulla chiesa. L'agente impugnava la pistola d'ordinanza, canna puntata al cielo ma indice piegato leggermente sul grilletto, e Josh dovette ancora una volta ricordarsi di quanto fossero in pericolo non solo per colpa degli avversari non umani di Flamel, ma anche per quei suoi altri nemici, umani al cento per cento.

Scesero un'altra dozzina di gradini... e tutt'a un tratto la nebbia si interruppe. Un attimo prima, Josh trasportava la sorella nel fitto della foschia, e l'attimo dopo, come se avesse varcato un sipario, si trovò di fronte una piccola galleria d'arte, un caffè e un negozio di souvenir; si girò e vide che alle sue spalle c'era la solida parete bianca. Poi anche Scathach e Flamel uscirono dalla nebbia.

— Lasciala pure a me — disse la Guerriera, afferrando Sophie e sollevandola dalle braccia del fratello.

Josh provò a protestare - era sua la responsabilità della gemella - ma era esausto. Aveva crampi ai polpacci e i muscoli delle braccia in fiamme per lo sforzo di trasportarla per tutti quei gradini. Guardò Scathach dritto nei suoi vivaci occhi verdi. — Starà bene?

L'antica guerriera celtica fece per replicare, ma Nicholas Flamel la fermò scuotendo la testa. Poggiò la mano sinistra sulla spalla di Josh, ma il ragazzo la scostò con un gesto brusco. Se Flamel vi fece caso, preferì ignorarlo. — Ha solo bisogno di dormire. Lo sforzo di far sollevare la nebbia, così presto dopo aver fuso il tulpa, ha prosciugato totalmente le sue ultime forze.

— È stato lei a chiederglielo — replicò Josh in tono accusatorio.

Nicholas allargò le braccia. — Che altro potevo fare?

— Io... non lo so — ammise il ragazzo. — Doveva esserci un'altra possibilità. Lei poteva fare qualcosa. L'ho vista scagliare lance di energia verde.

— La nebbia ci ha permesso di fuggire senza far del male a nessuno — disse Flamel.

— Tranne a Sophie — ribatté Josh, amareggiato.

Flamel lo guardò per un istante e si voltò dall'altra

parte. — Andiamo. — Indicò con un cenno della testa una stradina laterale in ripida discesa, e il gruppo ripartì di corsa nella notte.

— Dove andiamo? — chiese Scathach.

— Dobbiamo toglierci dalla circolazione — mormorò Flamel. — Sembra che ogni singolo poliziotto di Parigi sia venuto al Sacré-Coeur. Ho visto anche uomini delle forze speciali e agenti in borghese, probabilmente dei servizi segreti. Quando si saranno resi conto che non siamo nella basilica, probabilmente chiuderanno tutta l'area e si metteranno a cercare strada per strada.

Scathach fece un rapido sorriso, lasciando intravedere i lunghi incisivi. — Non si può dire che non diamo nell'occhio.

Flamel annuì. — Dobbiamo trovare un posto per...

Il poliziotto che spuntò di corsa da dietro l'angolo non sembrava avere più di diciannove anni - alto, magro e allampanato - con le guance paonazze e un velo di baffetti ispidi sul labbro superiore. Teneva una mano sulla fondina e con l'altra si reggeva il cappello. Frenò di scatto proprio lì davanti, stupefatto, e armeggiò con la fondina per estrarre la pistola. — Ehi! Arrètez!

Flamel si slanciò in avanti, e Josh vide che gli sgorgava del vapore verde dalla mano. L'Alchimista sfiorò con le dita il petto dell'agente. Una luce smeraldo brillò intorno al corpo del poliziotto, contornandolo di un verde brillante,- l'uomo si afflosciò a terra.

— Cos'ha fatto? — chiese Josh in un sussurro inorridito. Guardò il giovane poliziotto che giaceva immobile, e si sentì gelare il sangue. — Non l'avrà... ucciso?

— No. Ho solo sovraccaricato la sua aura — rispose Flamel, stanco. — Una specie di scossa elettrica. Tra poco si sveglierà con un bel mal di testa. — Si premette i polpastrelli sulla fronte, massaggiandosi sopra l'occhio sinistro. — Spero meno forte del mio.

— Il tuo spettacolino avrà rivelato a Machiavelli la nostra posizione — intervenne Scathach in tono cupo, dilatando le narici. L'aria sapeva di menta piperita: l'odore caratteristico del potere di Nicholas Flamel.

— Che altro potevo fare? — replicò l'Alchimista. — Tu avevi le mani occupate.

— Lo avrei bloccato. Non ti ricordi chi ti ha tirato fuori dalle prigioni della Lubianka con le mani ammanettate dietro la schiena?

— Ma di che parli? Dov'è questa Lubianka? — domandò Josh, confuso.

— A Mosca — rispose Nicholas, lanciando una rapida occhiata al ragazzo. — Non chiedermi altro, è una storia lunga.

— Stavano per fucilarlo come spia — chiarì Scathach in tono allegro.

— Una storia molto lunga — ribadì Flamel.

Mentre li seguiva per le stradine tortuose di Montmartre, Josh ripensò alle parole con cui John Dee gli aveva descritto Nicholas Flamel soltanto il giorno prima: "È stato molte cose ai suoi tempi: medico e cuoco, libraio e soldato, maestro di lingue e di chimica, ufficiale della legge e ladro insieme. Ma è ed è sempre stato un bugiardo, un ciarlatano e un imbroglione".

"E una spia" aggiunse Josh. Si chiese se Dee lo sapesse. Scrutò con la coda dell'occhio quell'uomo dall'aspetto tanto ordinario: con i suoi capelli corti e gli occhi chiari, i jeans, la maglietta e il giubbotto di pelle nera scolorito, Flamel sarebbe passato inosservato in qualsiasi città del mondo. Eppure era tutt'altro che ordinario: nato nel 1330, dichiarava di agire per il bene dell'umanità proteggendo il Codice da John Dee e dalle creature misteriose e terrificanti che l'inglese serviva, gli Oscuri Signori.

Josh si chiese al servizio di chi fosse Flamel. Chi era davvero l'immortale Alchimista?

 

I segreti di Nicholas Flamel l'immortale - 2. Il Mago
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