CAPITOLO VENTISETTE
Josh aprì fiaccamente la porta della cucina ed I entrò nella lunga stanza bassa. Sophie si scostò dal lavello e osservò il fratello che si lascia- cadere su una sedia, mollava la spada di pietra sul pavimento e stendeva le braccia sul tavolo, abbandonandovi la testa sopra.
— Com'è andata? — chiese la ragazza.
— Non riesco neanche a muovermi — mugugnò Josh. — Mi fa male tutto: le spalle, la schiena, le braccia e pure la testa. Mi sono venute le vesciche sulle mani e quasi non riesco più a stringere le dita. — Le mostrò i palmi scorticati. — Non avrei mai immaginato che reggere una spada fosse così difficile.
— Ma hai imparato qualcosa?
— Ho imparato a impugnarla.
Sophie fece scivolare un piatto di pane tostato sul tavolo e Josh drizzò subito la schiena, agguantò una fetta e se la ficcò in bocca. — Almeno riesci ancora a mangiare — commentò lei. Poi gli prese la mano destra e la capovolse, per controllare il palmo. — Ahi!
— esclamò con partecipazione. La pelle alla base del pollice era rossa e gonfia, con una vescica dall'aspetto alquanto doloroso.
— Te l'avevo detto — ribatté Josh con la bocca piena. — Mi serve un cerotto.
— Fammi provare una cosa. — Sophie si strofinò rapidamente le mani, poi pigiò il pollice destro sul polso sinistro. Chiuse gli occhi, si concentrò... e sul suo dito mignolo si accese una fiammella azzurra.
Josh smise di masticare e la guardò con tanto d'occhi. Senza dargli il tempo di protestare, Sophie fece scorrere il dito sulla vescica. Josh cercò di scostarsi, ma lei gli serrava il polso con una forza sorprendente.
Quando finalmente lo lasciò andare, il ragazzo ritrasse la mano di scatto. — Ma cosa pensavi di fare?
— sbottò, guardandosi il palmo. Ma poi scoprì che la vescica era svanita: gli era rimasta solo una vaga impronta circolare sulla pelle.
— Francois mi ha detto che il fuoco può curare. — Sophie alzò la mano destra. Sbuffi di fumo grigio si sprigionarono dalle sue dita, che un attimo dopo si accesero con uno schiocco. Quando chiuse il pugno, il fuoco si spense.
— Pensavo... — Josh deglutì— Non sapevo nemmeno che avessi cominciato a studiare il fuoco.
— Ho cominciato e finito.
— Finito?
— Finito. Tutto quanto. — Sophie si strofinò le mani e volarono scintille.
Masticando il pane tostato, Josh scrutò attentamente la sorella. Quando era stata risvegliata e quando aveva imparato la Magia dell'Aria, lui aveva visto subito le differenze, soprattutto intorno agli occhi e al viso. Aveva perfino notato la nuova e sottile sfumatura di colore delle iridi. Stavolta però non vedeva nessun cambiamento. Sophie sembrava uguale a prima... ma non lo era. E la Magia del Fuoco la allontanava ancora di più da lui.
— Non sembri affatto diversa — disse il ragazzo.
— E non mi ci sento nemmeno. Tranne per il calore — replicò Sophie. — Non ho più freddo.
Turbato, Josh guardò sua sorella. Somigliava a tutte le altre ragazze che conosceva. Eppure... non c'era nessuno come lei su tutto il pianeta: era in grado di controllare due delle magie dementali. Forse era proprio quello a spaventarlo di più: gli umani immortali - persone come Flamel e Perenelle, Jeanne, lo scenografico Saint-Germain e perfino Dee - sembravano tutti così ordinari. Il genere di persone che si incontrano per strada e che si degnano a malapena di uno sguardo. Scathach, con quei capelli rossi e gli occhi verde erba, avrebbe sempre attirato l'attenzione; ma lei non era umana.
— Ti ha fatto male? — chiese Josh, curioso.
— Per niente. — Sophie sorrise. — Sono rimasta quasi delusa. Francois mi ha lavato le mani con il fuoco, più o meno... Oh, e mi è venuto questo — aggiunse, sollevando il braccio destro e facendo scorrere la manica per scoprire il disegno bruciato sulla pelle. .
Josh si avvicinò per guardarlo meglio. — È un tatuaggio — disse, con una punta evidente di invidia nella voce. I gemelli avevano sempre parlato di farsi tatuare insieme.
— La mamma darà fuori di matto quando lo vedrà.
— Non è fatto con l'inchiostro, è bruciato col fuoco
— spiegò Sophie, girando il polso per mostrargli meglio il disegno.
Josh le afferrò la mano e indicò il puntino rosso dentro il cerchio dorato all'interno del polso. — Ho già visto una cosa del genere — disse lentamente, e aggrottò la fronte sforzandosi di ricordare.
La gemella annuì. — Ci ho messo un po', ma poi mi sono ricordata che Nicholas ha qualcosa di simile sul polso. Un cerchio con una croce.
— Giusto. — Josh chiuse gli occhi. Aveva notato per la prima volta l'insolito tatuaggio sul polso di Flamel quando aveva cominciato a lavorare in libreria, ma non aveva mai fatto domande. Riaprì gli occhi e osservò il tatuaggio, e a un tratto comprese che Sophie aveva ricevuto il marchio dalla magia, il segno di chi è capace di controllare gli elementi. E la cosa non gli piaceva.
— A che ti serve?
— Quando voglio usare il fuoco, devo premere il centro del cerchio e concentrare la mia aura. Saint-Germain l'ha chiamato una scorciatoia, un'esca per accendere il mio potere.
— Chissà a che cosa serve l'esca di Flamel — mormorò Josh.
Il bollitore fischiò e Sophie si avvicinò di nuovo al lavello. Si era chiesta la stessa cosa. — Forse possiamo domandarlo a lui, quando si sveglia.
— C'è altro pane tostato? — chiese Josh. — Muoio di fame.
— Hai sempre fame?!
— Già... be', è colpa dell'allenamento di scherma. Sophie infilzò una fetta di pane con la forchetta e se
la tenne di fronte al viso. — Sta' a guardare — disse. Schiacciò l'interno del polso e il dito indice si infuocò. Con il viso aggrottato, concentratissima, trasformò la fiamma tremolante in un sottile fuoco azzurro e la fece scorrere sopra la fetta di pane, tostandola piano. — Lo vuoi tostato su entrambi i lati?
Josh osservò la scena con un misto di incanto e orrore. Dalle lezioni di scienze, ricordava che il pane tostava alla temperatura di 154 gradi.