CAPITOLO VENTI

Perenelle uscì dalla sua cella. La porta non era mai stata chiusa a chiave. Non ce n'era bisogno: niente poteva oltrepassare la sfinge. Ma la sfinge se n'era andata. Perenelle inspirò profondamente: il sentore acre della creatura, una stantia combinazione di serpente, leone e uccello, si era affievolito, lasciando che gli odori abituali di Alcatraz - salsedine e metallo arrugginito, alghe e pietre fatiscenti - prendessero il sopravvento. Girò a destra, muovendosi leggera per il lungo corridoio tappezzato di celle. Era nel famoso carcere di massima sicurezza, ma non aveva idea di dove si trovasse di preciso all'interno dell'enorme complesso in rovina. Viveva a San Francisco da anni, ma non era mai stata tentata di visitare quell'isola infestata dai fantasmi. Sapeva solo di trovarsi molto al di sotto del livello del mare. L'unica fonte di luce era una fila irregolare di lampadine a basso voltaggio, montate in gabbiette metalliche. Perenelle sorrise; la luce non era a suo beneficio. La sfinge aveva paura del buio, poiché proveniva da un'epoca e da un luogo in cui le tenebre erano realmente popolate di mostri.

La sfinge era stata attirata altrove dal fantasma di Juan Manuel de Ayala. Era andata alla ricerca dei rumori misteriosi che all'improvviso avevano riempito l'edificio: il clangore delle sbarre e gli schianti delle porte che sbattevano. E più rimaneva lontana, più l'aura di Perenelle si ricaricava.

La donna non aveva ancora recuperato tutte le sue forze - prima avrebbe dovuto dormire e mangiare - ma almeno non era più indifesa. Non doveva fare altro che tenersi alla larga dalla creatura.

Una porta sbatté da qualche parte, al piano di sopra, e Perenelle si immobilizzò al ticchettio di artigli. Poi una campana cominciò a suonare, un rintocco lento e solenne, distante e desolato. Ci fu un improvviso calpestio di unghie d'acciaio sulla pietra, mentre la sfinge si precipitava fuori a investigare.

Perenelle incrociò le braccia al petto e si strofinò la pelle nuda. Indossava un vestito estivo senza maniche, ma mentre di norma avrebbe saputo regolare la sua temperatura attraverso l'aura, in quel momento aveva pochissimo potere e preferiva non sprecarlo. Era sfinita, ma non aveva paura. Viveva da più di seicento anni, e mentre Nicholas era rimasto affascinato dall'alchimia, lei si era concentrata sulla stregoneria. Le sue ricerche l'avevano condotta in luoghi oscuri e pericolosi, su tutta la Terra ma anche oltre i suoi confini, in alcuni dei vicini Regni d'Ombra.

Da qualche parte in lontananza un vetro si infranse e cadde a terra tintinnando. La sfinge sibilò e guaì dalla frustrazione, distante. Perenelle sorrise: lo spettro del marinaio stava tenendo occupata la creatura mitologica,- per quanto la sfinge lo cercasse, non l'avrebbe mai trovato.

Perenelle sapeva di dover salire a un livello superiore se voleva uscire alla luce del sole, dove la sua aura si sarebbe ricaricata più in fretta. Una volta all'aria aperta, avrebbe potuto usare dozzine di semplici incantesimi, malie e fatture per rendere la vita della sfinge un inferno. Un mago della Scizia, che dichiarava di aver contribuito a costruire le piramidi per i sopravvissuti di Danu Talis trasferitisi in Egitto, le aveva insegnato un incantesimo molto utile per fondere la pietra. Perenelle non avrebbe esitato a usarlo per radere il carcere al suolo e seppellire la sfinge sotto le macerie. La creatura mitologica non sarebbe morta - le sfingi erano praticamente impossibili da uccidere - ma di certo sarebbe stata rallentata.

Perenelle scorse una scaletta di metallo arrugginito e si precipitò a raggiungerla. Stava per poggiarvi il piede sopra quando notò il filamento grigio che solcava il metallo. Restò con il piede fermo a mezz'aria... e poi indietreggiò lentamente, con cautela. Accovacciandosi, studiò i gradini metallici. Da quell'angolatura riuscì a scorgere le ragnatele che si intessevano e si intrecciavano sulla scaletta: chiunque avesse messo piede sul gradino sarebbe rimasto in trappola.

Fece ancora qualche passo indietro, scrutando con la massima attenzione nel buio. 1 fili erano troppo spessi per essere opera di un ragno comune, ed erano punteggiati di minuscole sferule di liquido argenteo. Perenelle conosceva una dozzina di creature in grado di tessere ragnatele simili, e non aveva nessuna voglia di incontrarne qualcuna, soprattutto lì e in un momento del genere, con i poteri così scarichi.

Girò sui tacchi e imboccò un lungo corridoio illuminato da un'unica lampadina. Adesso che sapeva cosa cercare, notò le ragnatele argentee ovunque, da un lato all'altro del soffitto, tra le pareti e negli angoli, dove dei grossi nidi si raggomitolavano nelle tenebre. Forse la presenza delle ragnatele spiegava perché non avesse visto insetti o piccoli animali nella prigione: niente formiche, mosche, zanzare o ratti. Quando i nidi si fossero schiusi, l'edificio avrebbe pullulato di ragni... sempre che di quello si trattasse. Nel corso dei secoli, Perenelle si era imbattuta in Antichi Signori associati con i ragni, inclusi Aracne e il misterioso Anansi, ma, per quanto ne sapeva, nessuno di essi era schierato con Dee e gli Oscuri Signori.

Dopo aver oltrepassato una porta aperta, la cui soglia era incorniciata da una ragnatela impeccabile, Perenelle colse un odore acre e acidulo nell'aria. Era nuovo; non apparteneva alla sfinge. Girandosi a guardare la porta, la donna si avvicinò il più possibile alla ragnatela senza toccarla e sbirciò dentro. Ci mise un po' per abituare gli occhi al buio, e un po' di più per rendersi pienamente conto di quello che vedeva.

"Vetala!"

Il cuore cominciò a batterle talmente forte nel petto che se lo sentì vibrare sulla pelle. Sul soffitto, appese a testa in giù, c'erano delle creature. Zampe a metà strada tra piedi umani e artigli rapaci affondavano nella pietra morbida, mentre ruvide ali di pipistrello si avvolgevano intorno a scheletrici corpi umani. Le teste capovolte erano bellissime, con il volto di giovani non ancora adolescenti.

"Vetala."

Perenelle sillabò la parola con le labbra, la voce muta. Vampiri del subcontinente indiano. E a differenza di Scathach, quel clan si nutriva di carne e sangue. Ma cosa ci facevano lì, e soprattutto, come c'erano arrivati? I vetala erano sempre legati a una regione o a una tribù: non si era mai saputo di un solo esemplare che avesse abbandonato la terra d'origine.

La fattucchiera si volse lentamente a guardare le altre porte aperte che tappezzavano il lugubre corridoio. Cos'altro si nascondeva nelle celle sotterranee di Alcatraz? Che cosa stava progettando il dottor Dee?

 

I segreti di Nicholas Flamel l'immortale - 2. Il Mago
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