CAPITOLO VENTICINQUE
— Credo di essere rimasto all'ora americana — disse Josh.
— Perché? — chiese Scathach.
Si trovavano nel seminterrato della casa di Saint-Germain, una palestra completa di tutto punto. Una parete era ricoperta di specchi, e rifletteva il ragazzo e la Guerriera circondati dagli attrezzi più tecnologici.
Josh lanciò un'occhiata all'orologio sul muro. — Sono le tre del mattino... dovrei essere esausto, ma sono ancora sveglissimo. Forse perché a casa sono solo le sei del pomeriggio.
Scathach annuì. — Anche per questo, sì. Un altro motivo è la vicinanza di persone come Nicholas e Saint-Germain, e soprattutto come tua sorella e Jeanne. Anche se i tuoi poteri non sono stati risvegliati, sei in compagnia di alcune delle più potenti aure del pianeta. La tua aura capta un po' del loro potere, dandoti energia. Ma solo perché non ti senti stanco non significa che tu non debba riposare — aggiunse. — E devi bere tanta acqua. La tua aura sta bruciando molti liquidi. Devi mantenere l'idratazione.
Una porta si aprì e Jeanne entrò in palestra. Mentre Scathach era vestita di nero, lei indossava una maglietta bianca a maniche lunghe su un paio di pantaloni larghi e delle scarpe da ginnastica dello stesso colore. Come la Guerriera, però, impugnava una spada. — Mi chiedevo se non ti servisse un'assistente — disse.
— Pensavo che fossi andata a letto — replicò Scathach.
— Non dormo molto negli ultimi tempi. E quando lo faccio, i miei sogni sono tormentati dagli incubi. Sogno il fuoco. — Jeanne fece un sorriso triste. — Che ironia, vero? Sposata con un Maestro del Fuoco e terrorizzata da incubi con il fuoco.
— Dov'è Francois?
— Nel suo studio, al lavoro. Ci resterà per ore. Non so nemmeno se dorme più, ormai. — Jeanne si rivolse a Josh. — Come te la stai cavando?
— Sto ancora imparando come impugnare Clarent — mugugnò il ragazzo, imbarazzato. Aveva visto molti film e pensava di sapere come si tirava di scherma. Non avrebbe mai immaginato, però, che fosse tanto difficile anche solo tenere in mano la spada.
Scathach aveva passato gli ultimi trenta minuti a cercare di insegnargli a impugnare e muovere Clarent senza farla cadere. Non aveva ottenuto molti risultati: ogni volta che Josh la faceva roteare, Clarent gli sfuggiva di mano in virtù del suo stesso peso. Il lucido parquet della palestra era pieno di graffi e scalfitture nei punti in cui la lama l'aveva colpito.
— È più difficile di quanto pensassi — ammise il ragazzo. — Non so se imparerò mai.
— Scathach ti insegnerà a combattere — replicò Jeanne con convinzione. — C'è riuscita con me. Ha preso una semplice contadinella e ne ha fatto una guerriera. — Piegò il polso, e la sua spada, che era alta quasi quanto lei, si mosse e volteggiò nell'aria emettendo un gemito quasi umano.
Josh cercò di copiarla, ma Clarent gli sfuggì di mano e si conficcò nel pavimento, spaccando il legno. — Mi dispiace.
— Dimentica tutto ciò che pensi di sapere sulla scherma — disse Scathach. Lanciò un'occhiata a Jeanne. — Ha guardato troppa TV. Pensa che una spada si faccia roteare come il bastone di una majorette.
Jeanne sorrise. Capovolse con agilità la sua spada e la porse a Josh, offrendogli l'elsa. — Prendila.
Josh allungò la mano destra.
— Forse dovresti usare tutte e due le mani — suggerì lei.
Il ragazzo ignorò il consiglio. Avvolgendo le dita intorno all'elsa della spada di Jeanne, cercò di togliergliela di mano. E fallì. Era incredibilmente pesante.
— Ora capisci perché siamo ancora alle basi! — esclamò Scatty, con un sospiro. Strappò la spada dalla mano di Josh e la lanciò all'amica, che la prese con facilità.
— Cominciamo dall'impugnatura. — Jeanne si sistemò a destra del ragazzo, mentre Scathach rimase alla sua sinistra. — Guarda davanti a te.
Josh guardò nello specchio. Mentre lui e Scathach erano chiaramente visibili nella superficie di vetro, una nebbiolina argentata circondava la Pulzella d'Orléans. Chiuse gli occhi e li riaprì, ma la nebbiolina c'era ancora.
— È la mia aura — spiegò Jeanne, anticipando la domanda che il ragazzo stava per farle. — Di solito a occhio nudo è invisibile, ma qualche volta spunta fuori nelle foto e negli specchi.
— È come quella di Sophie — osservò Josh.
Jeanne scosse la testa. — Oh, no, non è come quella di tua sorella. La sua aura è molto più forte. — Sollevò la spada lunga, la ruotò in modo da posizionare la punta tra i suoi piedi e posò le mani sul pomo dell'elsa. — Ora fa' come facciamo noi... lentamente. — Distese il braccio destro, mantenendo una presa salda sulla lama.
Alla sinistra di Josh, l'Ombra distese entrambe le braccia, puntando le sue due spade corte davanti a sé.
Il ragazzo avvolse le dita sull'elsa della spada di pietra e sollevò il braccio destro. Prima ancora che fosse del tutto disteso, però, il braccio cominciò a tremare sotto il peso della lama. Stringendo i denti, Josh cercò di mantenerlo saldo. — È troppo pesante — singhiozzò, abbassando il braccio e ruotando la spalla; i muscoli gli bruciavano per lo sforzo, un po' come il primo giorno di allenamento dopo le vacanze estive.
— Prova così. Guarda me. — Jeanne gli mostrò come impugnare l'elsa con tutte e due le mani.
Imitandola, Josh scoprì che era più facile tenere la spada diritta. Ci riprovò, stavolta con una mano sola. Per una trentina di secondi la lama rimase immobile; poi la punta cominciò a tremare. Con un sospiro, il ragazzo abbassò il braccio. — Non ce la faccio con una mano sola — mugugnò.
— Ci riuscirai col tempo — sbottò Scathach, perdendo la pazienza. — Ma per ora ti insegnerò a combattere con tutte e due le mani, alla maniera orientale.
Josh annuì. — Forse così è più facile. — Aveva studiato taekwondo per anni e aveva sempre voluto imparare il kendo, la scherma giapponese, ma i suoi genitori avevano detto di no perché pensavano che fosse troppo pericoloso.
— Gli serve solo un po' di pratica — disse Jeanne, guardando il riflesso di Scathach nello specchio.
— Quanta di preciso? — chiese Josh.
— Almeno tre anni.
— Tre anni? — Facendo un bel respiro, il ragazzo si asciugò prima un palmo e poi l'altro sui pantaloni e impugnò di nuovo l'elsa. Poi si guardò nello specchio e distese entrambe le braccia. — Spero che Sophie se la stia cavando meglio di me — borbottò.
Il conte di Saint-Germain aveva portato Sophie nel piccolo giardino pensile sopra la casa. La vista su Parigi era spettacolare, e la ragazza si appoggiò alla balaustra per scrutare gli Champs-Elysées. Il traffico si era finalmente ridotto, e la città era immobile e silenziosa. L'aria era fredda e umida, e l'odore leggermente acre del fiume era coperto dagli aromi che si levavano dalle decine di vasi traboccanti e di contenitori bizzarri sparsi sul tetto. Sophie si strofinò le braccia, rabbrividendo.
— Hai freddo? — chiese Saint-Germain.
— Un po' — ammise lei. Ma non sapeva se stesse tremando per il freddo o per il nervosismo. Sapeva che Saint-Germain l'aveva portata lì per insegnarle la Magia del Fuoco.
— Dopo questa notte, non avrai mai più freddo — promise il Conte. — Potrai attraversare l'Antartico in pantaloncini e maglietta senza sentire nulla. — Scostandosi i capelli dalla fronte, staccò una foglia da un vaso e l'arrotolò tra i palmi delle mani, strofinandoli. L'odore nitido della menta si sprigionò nell'aria. — Jeanne adora cucinare, e quassù coltiva tutte le sue erhe aromatiche — spiegò, inspirando a fondo. — Abbiamo una dozzina di diversi tipi di menta, origano, timo, salvia e basilico. E naturalmente, lavanda. Le piace molto la lavanda; le ricorda la sua giovinezza.
— Dove ha conosciuto Jeanne? Qui in Francia?
— Alla fine è stato qui che ci siamo messi insieme ma, che tu ci creda o no, ci siamo incontrati per la prima volta in California. Era il 1849; io stavo cercando l'oro e Jeanne lavorava come missionaria, dirigendo una mensa gratuita e un ospedale per tutti quelli che erano andati all'ovest a caccia di fortuna.
Sophie aggrottò la fronte. — Perché ha partecipato alla corsa all'oro?
Saint-Germain alzò le spalle, imbarazzato. — Come tanti altri nell'America di quegli anni, anch'io volevo l'oro.
— Ma pensavo che sapesse fabbricarlo. L'ha detto Nicholas.
— Fabbricare l'oro è un processo lungo e laborioso. Pensavo che sarebbe stato più facile estrarlo dal terreno. E quando un alchimista ha un po' d'oro, può usarlo per fabbricarne altro. Erano queste le mie intenzioni. Ma la terra che comprai si rivelò senza valore. Così piantai qualche frammento d'oro nel terreno e cominciai a vendere appezzamenti di terra ai nuovi arrivati.
— Ma era un imbroglio! — esclamò Sophie.
— Ero giovane, allora — replicò Saint-Germain. — E avevo fame. Ma questa non è una scusa — aggiunse. — A ogni modo, Jeanne lavorava a Sacramento, e continuava a incontrare gente a cui avevo venduto terreni senza valore. Lei pensò che fossi un ciarlatano - e aveva ragione - e io la presi per una di quelle insopportabili missionarie impiccione. Nessuno dei due sapeva che l'altro era immortale, naturalmente, e in pratica fu odio a prima vista. Continuammo a incappare l'uno nell'altra nel corso degli anni, e poi, durante la Seconda Guerra Mondiale, ci siamo incontrati di nuovo, qui a Parigi. Lei combatteva con la Resistenza e io facevo la spia per gli americani. Fu allora che ci rendemmo conto di essere diversi. Siamo sopravvissuti alla guerra, e siamo inseparabili da allora, anche se Jeanne preferisce tenersi molto in disparte. I blog dei miei fan e le riviste scandalistiche non sanno nemmeno che siamo sposati. Avremmo potuto fare una fortuna vendendo le foto del matrimonio, ma Jeanne preferisce restare nell'ombra.
— Come mai? — Sophie sapeva che i personaggi famosi tenevano molto alla riservatezza, ma rimanere completamente invisibili le sembrava proprio strano.
— Be', l'ultima volta che è stata famosa, hanno cercato di bruciarla sul rogo.
Sophie annuì. Di colpo, rimanere invisibili le sembrò alquanto ragionevole. — Da quanto tempo conoscete Scathach?
— Da secoli. Quando io e Jeanne ci siamo messi insieme, abbiamo scoperto di avere molte conoscenze in comune. Tutte immortali, naturalmente. Ma Jeanne conosce l'Ombra da molto più tempo di me. Ammesso che qualcuno possa dire di conoscerla — aggiunse Saint-Germain con un sorriso. — Sembra sempre così... — si fermò, cercando la parola giusta.
— Sola? — suggerì Sophie.
— Sì, sola. — Il Conte lasciò vagare lo sguardo sulla città, quindi scosse mestamente la testa e si voltò a guardare la ragazza. — Sai quante volte ha combattuto da sola gli Oscuri Signori, quante volte si è messa in un tremendo pericolo per proteggere il mondo?
Nel momento stesso in cui Sophie cominciava a scuotere la testa, una serie di immagini le balenò nella mente: frammenti dei ricordi della Strega. Scathach, in cotta di maglia di ferro e cuoio, sola su un ponte, con due spade fiammeggianti tra le mani, mentre enormi mostri viscidi come lumache si radunavano dalla parte opposta. Scathach in completa armatura medievale, sotto la porta di un grande castello, le braccia incrociate sul petto, le spade conficcate nel terreno. Di fronte a lei, un esercito di gigantesche creature simili a lucertole. Scathach rivestita di pelli di foca e pellicce, in equilibrio sulla superficie di un iceberg, mentre creature che sembravano scolpite nel ghiaccio la circondavano.
Sophie si passò la lingua sulle labbra. — Perché... perché lo fa?
— Perché questo è ciò che la identifica, questo è quello che è — rispose il Conte, con un sorriso mesto. — E anche perché non ha mai conosciuto altro. — Saint- Germain si strofinò di nuovo le mani e, sprigionando scintille e braci nell'aria notturna, disse: — Allora, Nicholas vuole che ti insegni la Magia del Fuoco. Nervosa?
— Un po'. L'ha mai insegnata a qualcun altro?
— No. Sarai la mia prima allieva... e probabilmente l'ultima — rispose Saint-Germain, sorridendo.
Sophie si sentì rivoltare lo stomaco, e di colpo tutta quella storia non le sembrò più una buona idea. — Perché dice così?
— Be', le probabilità di incontrare un'altra persona le cui capacità magiche siano state risvegliate sono molto scarse, e quelle di trovare qualcuno con un'aura pura come la tua sono quasi nulle. L'aura d'argento è incredibilmente rara. Jeanne è stata l'ultima degli homines ad averne una, e lei è nata nel 1412. Tu sei davvero molto speciale, Sophie Newman.
Sophie deglutì; in quel momento non si sentiva per niente speciale.
Il Conte si mise a sedere su una semplice panchina di legno appoggiata alla parete del comignolo. — Siediti vicino a me, e ti dirò quello che so.
Sophie si sedette accanto a lui e spinse lo sguardo oltre il tetto, sulla città. Ricordi che non le appartenevano le si affacciarono alla mente, suggerendo una città dal profilo diverso, fatta di bassi edifici arroccati intorno a una massiccia fortezza, migliaia di fili di fumo che salivano nella notte. Con uno sforzo di volontà, scansò quei pensieri, rendendosi conto che stava vedendo Parigi così come la ricordava la Strega di Endor, in un punto imprecisato del passato.
Saint-Germain si spostò per guardarla in faccia. — Dammi la mano — mormorò.
Sophie mise la mano destra nella sua, e subito una sensazione di calore la avvolse, scacciando il freddo.
— Lascia che ti dica quello che il mio maestro mi insegnò sul fuoco. — Mentre parlava, il Conte muoveva l'indice incandescente sul palmo della ragazza, seguendo le linee e i rilievi della carne, tracciando un disegno sulla pelle. — Ecco cosa mi disse il mio maestro: «Alcuni ti diranno che la Magia dell'Aria o dell'Acqua, o perfino della Terra, è la più potente di tutte. Ma si sbagliano. La Magia del Fuoco supera sempre le altre.»
L'aria dinanzi a loro si accese e brillò. Come attraverso una foschia di calore, Sophie osservò il fumo piegarsi e danzare alle parole del conte, creando immagini, simboli, figure. Avrebbe voluto allungare la mano e toccarlo, ma rimase immobile. Poi il tetto svanì e Parigi scomparve; la voce sommessa ma incalzante di Saint-Germain rimase tutto ciò che la ragazza udiva, e le braci ardenti rimasero tutto ciò che vedeva. Nel fuoco cominciarono a prendere forma delle immagini.
— Il fuoco consuma l'aria. Fa evaporare l'acqua e spacca la terra.
Sophie vide un vulcano eruttare roccia fusa nell'aria. Lava e braci incandescenti piovvero sopra una città di fango e di pietra...
— Il fuoco distrugge, ma può anche creare. Le foreste hanno bisogno del fuoco. Certi semi dipendono da esso per germinare.
Le fiamme si piegarono come foglie, e Sophie vide una foresta annerita e riarsa, i tronchi sfregiati dalle tracce di un terribile incendio. Ma ai piedi degli alberi, brillanti germogli verdi spuntavano tra le ceneri...
— Nelle epoche passate, il fuoco scaldava gli homines e permetteva loro di sopravvivere nei climi più avversi.
Il fuoco mostrò un paesaggio desolato, roccioso e ricoperto di neve, ma Sophie vide che la scogliera punteggiata di grotte si illuminava di calde fiamme. Poi ci fu uno schianto improvviso e una striscia filiforme di fuoco sfrecciò verso l'alto, nel cielo notturno. Sophie allungò il collo e la seguì con lo sguardo, su, sempre più su, finché non scomparve tra le stelle.
— Questa è la Magia del Fuoco.
Sophie annuì. Si sentì pizzicare la pelle e abbassò lo sguardo: minuscole fiammelle giallo-verdi si staccarono dalle dita di Saint-Germain e guizzarono sulla sua pelle, attorcigliandosi intorno al suo polso, fresche e leggere come piume, lasciando deboli tracce nerastre sulla carne. — So quanto è importante il fuoco. Mia madre è un'archeologa — disse la ragazza, come in sogno. — Una volta mi ha detto che l'uomo si avviò sulla strada della civiltà solo quando cominciò a cuocere la carne.
Saint-Germain sorrise. — Devi ringraziare Prometeo e la Strega di Endor per questo. Furono loro a portare il fuoco agli homines primitivi. La cottura rese più digeribile la carne che gli uomini cacciavano, permettendo loro di assimilarne meglio le sostanze nutritive. Il fuoco li tenne al caldo e al sicuro nelle grotte, e Prometeo insegnò loro a usarlo anche per rendere più robusti gli attrezzi e le armi. — Il Conte afferrò il polso di Sophie e lo strinse, come per misurarle i battiti del cuore. — Il fuoco ha guidato tutte le grandi civiltà, dal mondo antico fino al giorno d'oggi. Senza il calore del sole, questo pianeta sarebbe solo un cumulo di pietre e ghiaccio.
E nuovamente, a quelle parole, delle immagini crepitanti comparvero davanti al volto di Sophie, plasmandosi con il fumo che saliva dalle mani del Conte. Rimasero a ondeggiare nell'aria immobile. Un pianeta grigio che girava nello spazio, con una sola luna intorno. Niente nuvole candide, niente acqua azzurra, nessun continente verde o deserto dorato. Solo grigio. E deboli profili di masse di terra scolpite nella roccia.
A un tratto, Sophie comprese che stava guardando la Terra, in un futuro forse molto lontano. Trasalì, restando a bocca aperta, e il suo fiato soffiò via il fumo, cancellando l'immagine.
— La Magia del Fuoco è più forte alla luce del sole. — Saint-Germain mosse la mano destra e tracciò un simbolo con il dito indice. Un cerchio con degli spunzoni intorno - un sole raggiante - rimase sospeso nell'aria. Il Conte vi soffiò sopra, e l'immagine si dissolse in scintille. — Senza il fuoco, non siamo nulla.
La mano sinistra di Saint-Germain era completamente avvolta dalle fiamme, ma continuava a stringere il polso di Sophie. Nastri di fuoco bianco-rosso si avvilupparono intorno alle dita della ragazza, rimescolandosi in una pozza nel palmo della sua mano. Ogni dito ardeva come una candela in miniatura - rosso, giallo, verde, blu e bianco - eppure lei non sentiva dolore e non aveva paura.
— Il fuoco può curare; può chiudere le ferite, può stroncare i mali — continuò Saint-Germain con trasporto. Braci di fuoco dorato arsero nei suoi occhi chiari. — La Magia del Fuoco è diversa da tutte le altre, perché è l'unica collegata direttamente alla purezza e alla forza della propria aura. Quasi tutti possono imparare le basi della Magia della Terra, dell'Aria e dell'Acqua. Incantesimi e sortilegi si possono mandare a memoria e scrivere nei libri, ma il potere di accendere il fuoco si trova solo nell'intimo di chi lo evoca. Più l'aura è pura, più il fuoco è forte, e questo significa, Sophie, che dovrai essere molto prudente, perché la tua aura è purissima. Quando sprigionerai la Magia del Fuoco, essa avrà una potenza incredibile. Flamel ti ha avvisato di non abusare dei tuoi poteri, se non vuoi scoppiare in fiamme?
— Me ne ha parlato Scatty.
Saint-Germain annuì. — Non creare mai il fuoco quando sei debole o stanca. Se perdi il controllo di questo elemento, ti si ritorcerà contro, e ti ridurrà in cenere in un secondo.
Una solida sfera infuocata ardeva ormai saldamente nella mano destra di Sophie, che percepì un formicolio sulla mano sinistra e la sollevò subito dalla panchina, lasciando un'impronta annerita e fumante nel legno. Con uno schiocco sordo, una pozza di fuoco azzurro comparve nella sua mano sinistra e tutte le dita si accesero con una scintilla.
— Perché non sento niente? — chiese la ragazza.
— La tua aura ti protegge — spiegò Saint-Germain. — Puoi plasmare il fuoco proprio come puoi plasmare l'aura in oggetti d'argento, come ti ha mostrato Jeanne. Puoi creare globi e lance di fuoco. — Schioccò le dita, e una manciata di dense scintille rotonde rimbalzò sul tetto. Poi puntò il dito indice, e una piccola saetta di fuoco sfrecciò verso la scintilla più vicina, centrandola con precisione micidiale. — Quando avrai il pieno controllo dei tuoi poteri, sarai in grado di attingere alla Magia del Fuoco a tuo piacimento, ma fino ad allora ti servirà un'esca.
— Un'esca?
— Di norma ci vorrebbero ore di meditazione per concentrare la propria aura al punto da accenderla. Ma un giorno, nel lontano passato, qualcuno ha scoperto come creare un'esca. Una scorciatoia. Hai visto le mie farfalle?
Sophie annuì, ricordando le dozzine di minuscole farfalle tatuate che si avvolgevano intorno ai polsi e agli avambracci del conte.
— Loro sono la mia esca. — Saint-Germain sollevò le mani della ragazza. — E adesso anche tu hai la tua.
Sophie si guardò le mani. Il fuoco si era estinto, lasciandole delle scie nere e fuligginose sulla pelle e intorno ai polsi. Provò a strofinarle via, ma riuscì soltanto a spargere di più lo sporco.
— Permetti? — Saint-Germain prese un innaffiatoio e lo scosse: si udì uno sciabordio. — Tendi le mani. — Il Conte le versò l'acqua sui palmi - che sfrigolarono al contatto - e lavò via il nero. Poi tirò fuori un fazzoletto immacolato dalla tasca dei pantaloni, lo immerse nell'innaffiatoio e tolse con delicatezza la fuliggine rimasta. Ma intorno al polso destro di Sophie, nel punto in cui Saint-Germain l'aveva stretto, la fuliggine non se ne volle andare. Uno spesso nastro nero le avvolgeva il polso come un braccialetto.
Il Conte schioccò le dita, e l'indice e il mignolo si accesero. Avvicinò la luce alla mano della ragazza.
Sophie abbassò lo sguardo e scoprì di avere un tatuaggio bruciato sulla pelle. Sollevò il braccio e piegò il polso, studiando il nastro elaborato che lo circondava. Due fili, d'oro e d'argento, si intrecciavano e si avvolgevano l'uno all'altro, formando un complesso motivo ornamentale, quasi celtico. All'interno del polso, dove Saint-Germain aveva premuto il pollice, c'era un cerchio perfetto con un puntino rosso al centro.
— Quando desideri innescare la Magia del Fuoco, premi il pollice sul cerchio e concentra la tua aura — spiegò Saint-Germain. — Il fuoco si accenderà all'istante.
— Così, semplicemente? — domandò la ragazza, sorpresa.
Il conte annuì. — Perché, che cosa ti aspettavi?
Sophie scosse la testa. — Non lo so, ma quando la Strega di Endor mi ha insegnato la Magia dell'Aria, mi ha avvolto come una mummia nelle bende.
Saint-Germain fece un sorriso timido. — Be', io non sono la Strega di Endor, naturalmente. Jeanne mi ha detto che la Strega ti ha infuso tutti i suoi ricordi e il suo sapere. Non ho idea del perché lo abbia fatto,- di certo non era necessario. Ma senza dubbio aveva le sue ragioni. Oltretutto, io non sarei in grado di farlo, e non sono sicuro che mi piacerebbe farti sapere tutti i miei pensieri e i miei ricordi — aggiunse con una smorfia.
— Alcuni non sono molto simpatici.
Sophie sorrise. — Per me è un sollievo! Non so come avrei fatto a gestire un'altra infornata di ricordi.
— Sollevando la mano, schiacciò il cerchio che aveva sul polso: il dito mignolo cominciò a fumare. Poi l'unghia sprigionò un cupo bagliore color arancio e infine si accese, liberando una fiammella esile e tremolante.
— Come faceva a sapere cosa fare?
— Be', prima di qualunque altra cosa, io sono stato un alchimista, quello che tu oggi chiameresti uno scienziato. Quando Nicholas mi ha chiesto di addestrarti nella Magia del Fuoco, non avevo idea di cosa fare, perciò ho affrontato la cosa come qualunque altro esperimento.
— Un esperimento? — Sophie sgranò gli occhi. — Poteva anche andare male?
— L'unico vero pericolo era che non funzionasse.
— Grazie! — esclamò la ragazza, quindi fece un grande sorriso. — Mi aspettavo che il processo fosse molto più scenografico. Sono molto contenta che sia stato così... — si fermò, cercando la parola giusta — ordinario.
— Be', mica tanto. Non capita tutti i giorni di imparare a controllare il fuoco. Non sarebbe meglio dire straordinario? — suggerì Saint-Germain.
— Sì, certo. Straordinario!
— Basta così. Oh, posso insegnarti anche qualche trucco... e lo farò. Domani ti mostrerò come creare globi, ciambelle e anelli di fuoco. Ma, una volta ottenuta la tua esca, puoi evocare il fuoco quando vuoi.
— Non devo dire niente? — chiese Sophie. — Non devo imparare qualche formula?
— Per esempio?
— Be', quando lei ha illuminato la Torre Eiffel con i fuochi, ha detto qualcosa tipo "ninnis" o roba del genere.
— Ignis — la corresse il Conte. — Vuol dire "fuoco" in latino. No, non c'è bisogno di dire nulla.
— Allora perché lo ha detto?
Saint-Germain sorrise. — Suonava bene, no?